In questo elaborato si prosegue nello studio critico della responsabilità civile sulla tematica, completando la prospettazione speciale offerta dal legislatore con l’esegesi della responsabilità contrattuale prevista in tema di appalti: l’articolo 1667 c.c. “difformità e difetti di cose immobili”
L’articolo 1667 c.c.
Se in altro articolo[1] è stata trattata la responsabilità extracontrattuale nella disciplina dell’appalto, prevista all’articolo 1669 c.c., in questo contributo verrà analizzata la responsabilità contrattuale ex articolo 1667 c.c..
Di seguito, il testo dell’articolo:
“L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denuncia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.”
L’articolo 1667 c.c. e la responsabilità: natura e caratteri
Il presupposto per l’applicazione dell’articolo 1667 c.c. è l’avvenuta integrale esecuzione dell’opera, in violazione delle prescrizioni pattuite per l’esecuzione o delle regole tecniche necessarie per la costruzione della stessa. L’articolo 1667 c.c. non è invocabile nel caso di non integrale esecuzione dell’opera. Infatti, secondo l’orientamento prevalente, la garanzia prevista ex articolo 1667 c.c. rappresenta un’ipotesi di responsabilità contrattuale per inadempimento speciale rispetto a quella generale ex articolo 1453 c.c. e 1455 c.c.
La responsabilità generale dell’appaltatore sorge allorquando egli non ha eseguito l’opera oppure, se l’ha eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine pattuito (C. Cass. 1186/15; C. Cass. 8103/06). La colpa dell’appaltatore si presume ai sensi del 1218 c.c., egli soggiace alla responsabilità di cui all’articolo 1667 c.c. anche nel caso in cui i vizi e le difformità dell’opera siano imputabili ai suoi dipendenti.
Tale presunzione di colpa in capo all’appaltatore può essere superata se:
- il difetto dipende da un vizio contenuto nel progetto fornito dal committente, non riconoscibile secondo la perizia e l’ordinaria diligenza;
- i vizi dell’opera derivano dalla totale aderenza alle richieste del committente e non per una errata progettazione o deficienze tecniche;
- il vizio deriva dal caso fortuito;
- l’appaltatore è stato un mero esecutore di ordini senza alcun potere direttivo e di esecuzione (c.d. nudus minister) (C. Cass. 8016/12; 28605/08).
I vizi e le difformità: vizi palesi e vizi occulti
Per difformità deve intendersi la risultante di una comparazione tra quanto contenuto nella previsione contrattuale e quanto in concreto realizzato, mentre per vizio si intende la violazione delle regole dell’arte nella realizzazione dell’opera che compromettano la funzionalità di quanto realizzato, sebbene astrattamente conforme a quanto pattuito. Cosa avviene in relazione all’articolo 1667 c.c.?
La liberazione dell’appaltatore dalla garanzia per difformità o vizi è sottoposta ad una duplice condizione alternativa:
- accettazione del committente;
- che i vizi siano riconoscibili in sede di verifica.
Nel caso di vizi conosciuti, sia occulti che palesi, l’accettazione pura e semplice libera dalle responsabilità l’appaltatore. Di conseguenza il committente non potrà più far valere le azioni di garanzia, salvo il caso in cui, successivamente alla liberazione, l’appaltatore riconosce la presenza del vizio. In questo unico caso diviene nuovamente responsabile.
Il committente che non abbia accettato l’opera non è tenuto ad alcun adempimento a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore, in quanto solo l’accettazione libera quest’ultimo dalla responsabilità (C. Cass. 14136/16).
La riconoscibilità del vizio secondo la giurisprudenza “storica” va valutata secondo la competenza media tra tecnici, è quindi onere del committente scevro di competenze tecniche in materia farsi assistere da un esperto durante la fase del collaudo. Tuttavia la giurisprudenza più recente sostiene che se l’accettazione è commessa da un “profano” in materia, senza che si sia proceduto a verifica, non comporta la decadenza della garanzia.
I vizi occulti sono quelli che non sono facilmente riconoscibili; ad essi sono equiparati i vizi riconoscibili taciuti dall’appaltatore in mala fede, non necessariamente con un comportamento doloso, essendo sufficiente la semplice reticenza. Qualora il vizio sia taciuto con artifici o raggiri, il committente potrà esercitare l’azione di annullamento del contratto per vizio del consenso ai sensi dell’articolo 1439 c.c. (dolo).
La denuncia
Per esercitare l’azione di garanzia è necessaria la denuncia dei vizi e delle difformità entro 60 giorni, decorrenti da quando si determina e si consolida una situazione tale da fare ragionevolmente ritenere al committente che il difetto o il vizio riscontrato sia da attribuire a responsabilità dell’appaltatore.
Qualora il committente si sia avvalso di tecnici per la costruzione dell’opera (es. direttore dei lavori) ed essi accertino la presenza di vizi; tale accertamento non costituisce denuncia in quanto solo il committente ha la legittimazione a farlo, l’unico effetto dell’accertamento del tecnico è quello di far decorrere dal suo compimento i termini decadenziali previsti dalla norma per la denuncia da parte del committente.
Nell’ipotesi in cui il committente sia un condominio, in termine decorrerà da quando l’amministratore di condominio abbia avuto effettiva conoscenza dei vizi.
La denuncia è a forma libera. Può essere effettuata oralmente e non è necessario che contenga una analitica elencazione dei vizi dell’opera, essendo sufficiente una sintetica contestazione dei vizi.
La tempestività della denuncia è elemento costitutivo del diritto di garanzia spettante al committente ed è onere di quest’ultimo dimostrarla (C. Cass. 10579/12). La denuncia non è necessaria nei casi in cui:
- l’appaltatore ha riconosciuto le difformità e/o i vizi: il riconoscimento del vizio comporta la creazione di un nuovo rapporto che si sostituisce a quello originario, creando una nuova obbligazione non soggetta ai termini di cui all’articolo 1667 c.c., bensì al termine ordinario di prescrizione decennale;
- l’appaltatore ha occultato i vizi.
I rimedi esperibili (art. 1668 c.c.)
In dipendenza della sussistenza di vizi e difformità, al committente sono riconosciute tre diverse prerogative oltre al risarcimento del danno: l’eliminazione dei vizi, la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto.
L’eliminazione dei vizi (redibitoria)
Se le difformità e i vizi sono eliminabili, il committente ha la scelta tra chiederne l’eliminazione a spese dell’appaltatore o il pretendere una proporzionale riduzione del prezzo.
La locuzione “a spese dell’appaltatore” lascia intendere che il soggetto obbligato deve personalmente eliminare i vizi sull’opera, e qualora rifiuti, il committente può agire con l’esecuzione forzata degli obblighi di fare ex art. 2931 c.c., tuttavia può sempre chiedere il risarcimento del danno, senza dover necessariamente agire in precedenza alla azione di cui all’art. 2931 c.c. (C. Cass. 9033/2006).
La riduzione del prezzo (estimatoria)
Anch’essa, come la precedente, costituisce un rimedio volto a riparare le conseguenze di un inadempimento contrattuale (C. Cass. 11602/02). Il committente ha l’onere di provare la ridotta funzionalità o il deprezzamento, il quale verrà determinato un base a criteri obiettivi.
le due azioni sono alternative tra loro (C. Cass. 15167/01) in quanto il bene giuridico tutelato è il medesimo, e quindi può essere soddisfatto una sola volta.
La risoluzione del contratto
Tale rimedio è subordinato ai casi in cui l’opera in concreto realizzata risulta del tutto inadatta alla sua destinazione (C. Cass. 15167/01). Tale valutazione deve avvenire secondo parametri obiettivi, ma se la rilevanza di taluni aspetti soggettivi è stata pattuita ed è contenuta nel contratto, saranno rilevanti anche essi (C. Cass. 886/02). La domanda di risoluzione è cumulabile nel medesimo giudizio con quella estimatoria e quella redibitoria (C. Cass. 2037/19; 19825/14). La risoluzione ha efficacia retroattiva tra le parti, pertanto il committente viene liberato dall’obbligo di pagare il prezzo e, qualora lo abbia pagato, ha diritto alla ripetizione.
La prescrizione in relazione all’articolo 1667 c.c.
Il diritto alla garanzia si prescrive in due anni dalla consegna, tale termine si riferisce a tutte le azioni proponibili contro l’appaltatore previste all’articolo 1668 c.c., ma non anche alle altre azioni contrattuali. La domanda giudiziale relativa alle azioni proponibili ex art. 1668 c.c. non interrompe la prescrizione per le altre azioni esperibili, mentre la denuncia dei vizi vale ad interrompere la prescrizione per tutti gli altri rimedi.
La decorrenza dei termini si differenzia per i vizi palesi e occulti. Per i primi decorrono dalla accettazione con riserva dell’opera, mentre per i secondi dalla consegna materiale.
Eccezione di inadempimento
Qualora il committente venga convenuto in giudizio per il pagamento può opporre l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. per paralizzare la pretesa dell’attore facendo valere le difformità e i vizi dell’opera, anche quando non abbia proposto in via riconvenzionale la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta (C. Cass. 4446/12; C. Cass. 9333/04).
Informazioni
G.Bonini – M. Confortini; Codice civile commentato, UTET giuridica
G.Cian – A. Trabucchi; Commentario breve al codice civile, Cedam
G.Alpa – V. Mariconda; Codice civile commentato, Ipsoa

Biagio Sapone
Ciao, sono Biagio. Sono nato nel 1992 a Melito di Porto Salvo (RC). Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Ginnasio Statale “M. Morelli” di Vibo Valentia mi sono iscritto all’Università degli studi di Padova, città nella quale vivo. Laureato in giurisprudenza con una tesi sul reato di tortura, attualmente svolgo il tirocinio forense presso uno studio legale. Sono particolarmente interessato al diritto penale e al diritto penitenziario, sia sostanziale che processuale, pur affrontando per ragioni di lavoro tematiche attinenti il diritto societario e commerciale.