Il diritto internazionale non prevede che uno stato possa essere assoggettato alla giurisdizione di un altro stato. Ma fino a che punto il regime di immunità degli Stati incide sulla tutela dei diritti umani?
L’immunità degli Stati: cos’è
La norma sull’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa prevede che lo Stato non possa essere convenuto in giudizio dallo Stato territoriale. L’immunità dello Stato è invocabile anche a fronte di violazioni gravi dei diritti umani, impedendo lo svolgimento del processo. Essere immuni non vuol dire però essere al di sopra delle leggi. L’immunità risponde infatti alla logica del principio par in parem non habet iudicium. La commissione di un illecito internazionale, quindi anche una violazione del diritto cogente, presuppone l’insorgere della responsabilità internazionale dello Stato e le conseguenze che ne derivano. Inoltre, alla responsabilità dello Stato per gravi violazioni dei diritti umani si affianca la responsabilità penale dell’individuo[1].
La tutela dei diritti umani quale valore fondamentale della società contemporanea
La Dichiarazione universale dei diritti umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazione Unite il 10 dicembre del 1948 rappresenta il momento di affermazione dei diritti umani a livello internazionale nonché il documento più lungimirante mai adottato in materia fino ad allora. È, infatti, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale che inizia il proliferarsi di convenzioni e documenti che pongono la tutela dei diritti umani in primo piano: l’individuo acquisisce una centralità nella comunità internazionale che non aveva mai avuto.
Ad oggi esistono numerose Convenzioni internazionali che si occupano di una molteplicità di diritti dell’individuo. Tra le altre si ricordano i Patti sui diritti civili e politici, e sui diritti economici, sociali e culturali del 1966; la Convenzione contro la tortura e altre pene inumane e degradanti del 1984; la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950.
Se da un lato, la comunità internazionale si è dotata di numerose norme che ribadiscono l’importanza dei diritti umani quale valore fondamentale della società contemporanea, dall’altro lato, la complessità della materia risiede nei meccanismi di controllo volti a garantirne l’effettività. L’esistenza di norme sui diritti umani, infatti, non vuol dire un pieno rispetto da parte degli Stati che dovrebbero adottare gli strumenti necessari atti a garantire la protezione dei diritti umani a chi sotto la propria giurisdizione. Molto spesso gli Stati si rendono complici di violazioni dei diritti umani concorrendo direttamente alla commissione dei crimini o non adottando misure necessarie atte ad impedirne la commissione.
In ogni caso, è prevista dal diritto internazionale la responsabilità internazionale dello Stato per le gravi violazioni dei diritti umani, quale violazione di norme cogenti del diritto internazionale. Un grande limite che incontra il regime di responsabilità dello Stato si riscontra, però, nelle norme sull’immunità dello Stato dalla giurisdizione civile e amministrativa di un altro Stato.
Il regime di immunità dello Stato dalla giurisdizione
Par in parem non habet iudicium è il principio del diritto internazionale consuetudinario su cui si fonda la norma sull’immunità dello Stato dalla giurisdizione civile e amministrativa dello Stato territoriale, codificata nella Convenzione delle Nazioni Unite sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni adottata nel 2004.
La norma sull’immunità prevede la non assoggettabilità dello Stato alla giurisdizione di un altro Stato. L’immunità così riconosciuta tendenzialmente non si applica a tutti gli atti compiuti dallo Stato, ma solo agli atti iure imperii, ovvero quegli atti compiuti dallo stato nell’esercizio dei propri poteri sovrani. Resterebbero quindi esclusi dal regime di immunità gli atti iure gestionis, ovvero quegli atti a carattere privatistico. In tal senso si può parlare di immunità relativa dello Stato e non invece di immunità assoluta.
Si deve però sottolineare che, anche se in netta minoranza, non tutti gli Stati concordano nel riconoscere un’immunità ristretta allo Stato, ma tendono invece ad estenderla il più possibile. Inoltre, spesso non è facile definire il contenuto degli atti iure imperii e iure gestionis, e in ogni caso sono le corti interne a configurare un atto in una o nell’altra categoria. Ne deriva che spesso è discrezione delle Corti riconoscere o meno l’immunità. In ogni caso, qualunque sia l’approccio adottato, quindi sia che si voglia riconoscere l’immunità solo agli atti iure imperii o anche a quelli iure gestionis, le violazioni dei diritti umani rientrano nella categoria degli atti iure imperii e quindi sono coperti dalla norma sull’immunità degli stati.
La tutela dei diritti umani, come abbiamo già sottolineato, è una norma imperativa del diritto internazionale. Ad una grave violazione dei diritti umani corrisponde quindi una violazione del diritto cogente.
Ci si chiede a questo punto se la violazione di una norma imperativa del diritto internazionale possa far venire meno la norma sull’immunità. La giurisprudenza internazionale non è orientata in tal senso.
Tra le altre, si ricordano le sentenze della Corte EDU Jones e Al-Adsani, dove la Corte riconosce l’immunità rispettivamente dell’Arabia Saudita e del Kuwait. Infatti, nonostante la gravità dei fatti derivanti dalla commissione di atti di tortura, in entrambi i casi, la Corte si pronuncia in favore dell’immunità.[2] Posizione confermata dalla CIG nel 2012 nella sentenza sull’immunità dello Stato dalla giurisdizione, in cui vengono respinti gli argomenti italiani che ritengono che la Germania non possa invocare l’immunità per la riparazione ai crimini nazisti. La posizione italiana in materia di immunità dello Stato e gravi violazioni dei diritti umani è in controtendenza rispetto alla maggioranza degli Stati seppure rimanendo isolata.
L’immunità dello Stato e le gravi violazioni dei diritti umani: la posizione italiana
La Corte di Cassazione italiana negli anni ha emesso una serie di sentenze contro la Germania per i crimini di guerra nazisti, facendo venir meno l’immunità della Germania e non ammettendo, quindi, le norme sull’immunità così come riconosciute dal diritto internazionale generale e pattizio[3].
La sentenza della Cassazione più nota in materia risale al 2004 ed è relativa al caso Ferrini, in cui la Corte ritiene che la Germania non abbia titolo ad invocare l’immunità di fronte ai crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale[4]. L’Italia non ammettendo l’immunità della Germania, nel 2007 riconosce ed è pronta a dar esecuzione ad una sentenza greca del 2000, la sentenza Distomo, che condannava la Germania al risarcimento del danno per i crimini nazisti commessi contro la popolazione[5]. Il reiterato mancato riconoscimento dell’immunità spinge la Germania a ricorrere alla CIG chiedendo di accertare il rispetto dell’Italia delle norme sull’immunità.
La CIG si pronuncia nel 2012 in favore della Germania nella già citata sentenza sulle immunità dello stato dalla giurisdizione. Le tesi sostenute dall’Italia vengono respinte dalla CIG, che sostiene la mancanza di prassi che condiziona l’immunità alle violazioni gravi dei diritti umani; la non applicabilità del criterio di gerarchia tra le norme sull’immunità che sono norme procedurali e le norme di jus cogens[6] che sono norme sostanziali; la non applicabilità della tort exception che non corrisponde al diritto consuetudinario e che comunque non potrebbe essere estesa ai crimini internazionali essendo pensata per danni da comuni illeciti civili; e la non dipendenza del riconoscimento dell’immunità dall’esistenza di altri mezzi effettivi di risarcimento dei danni.
L’Italia si conforma alla sentenza della CIG con l’art. 3 della legge n. 5 del 14 gennaio 2013, ma la sentenza n. 238 del 2014 della Corte Costituzionale ne dichiara l’incostituzionalità auspicando ad un’evoluzione del diritto internazionale che possa andare a restringere il concetto d’immunità a fronte di gravi violazioni dei diritti umani[7]. L’immunità, a partire dal 2014, è quindi disconosciuta dalle nostre corti che addirittura potrebbero riconoscere e dare esecuzione ad eventuali sentenze estere.
Conclusione
Sembra consolidata la prassi che garantisce l’immunità dello Stato estero dalla giurisdizione civile e amministrativa delle Corti interne di un altro Stato anche in caso di violazioni gravi dei diritti umani. Non solo le Corti interne degli Stati si esprimono in tal senso, ma anche la CIG ha confermato questa prassi nella sentenza del 2012 Germania c. Italia.
L’Italia assume una posizione eccentrica rispetto agli altri stati in quanto disconosce la norma sull’immunità in caso di gravi violazioni dei diritti umani. Il riconoscimento dell’immunità dello stato in caso di gravi violazioni dei diritti umani contrasterebbe infatti con gli art. 2 e 24 della Costituzione italiana che sanciscono il principio fondamentale della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali. Sarà interessante osservare gli sviluppi del diritto internazionale per capire se la posizione italiana rimarrà isolata o se al contrario darà impulso a un processo di sviluppo del diritto andando a restringere il campo di applicazione della norma sull’immunità.
Informazioni
A. Sinagra, P. Bargiacchi, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano, Giuffrè, 2019
B. Conforti, Diritto internazionale, Napoli, Editoriale Scientifica, 2013
CIG, Sentenza 3/02/2012, immunità dello Stato dalla Giurisdizione (Germania c. Italia)
Corte di Cassazione, Sentenza del 11/03/2004, n. 5044/04, nel caso Ferrini c. Repubblica Federale di Germania
Corte Costituzionale, Sentenza del 22/10/2014, n. 238/2014
[1] Anche la responsabilità penale dell’individuo incontra dei limiti nelle norme sull’immunità.
[2] CorEDU, sentenza 14 gennaio 2014, Jones e a. c. Regno Unito; Cor.EDU, sentenza 21 novembre 2001, Al-Adsani c. Regno Unito.
[3] Tra le altre sentenze emesse dalla Cassazione si ricorda, Cass. Sez. Un. 29 maggio 2008 n. 14199, Germania c. Prefettura di Voiotia; Cass. Civ. 20 maggio 2011 n. 11163, Germania c. Prefettura di Voiotia.
[4] Cass. Sez. Un. 11 marzo 2004 n. 5044, Ferrini.
[5] In Grecia non era stata data esecuzione alla sentenza Distomo in quanto una pronuncia della cassazione successiva aveva riconosciuto l’immunità della Germania (Margellos c. Germania). La sentenza Distomo era quindi rimasta una posizione isolata, ed anche la Corte EDU nel 2002 si pronuncia in favore dell’immunità della Germania con la sentenza Kalogeropolou e altri c. Grecia e Germania.
[6] Un articolo di DirittoConsenso in tema di fonti del diritto internazionale, tra cui appunto lo jus cogens: http://www.dirittoconsenso.it/2019/10/28/le-fonti-del-diritto-internazionale-e-i-cambiamenti-della-comunita-internazionale/
[7] La giurisprudenza italiana insieme a quella belga, nel primo dopo guerra, dette già avvio al processo che ha portato al passaggio da immunità assoluta dello stato a immunità relativa.

Benedetta Candelise
Ciao, sono Benedetta. Mi sono laureata in relazioni internazionali presso l'Università Luiss Guido Carli ed ho conseguito un master di secondo livello in tutela internazionale dei diritti umani presso l'Università La Sapienza. Sono da sempre interessata al diritto internazionale e in particolare alle tematiche legate ai diritti umani, il diritto umanitario e i crimini internazionali.