In tema di produzione e traffico di droga l’art. 73 DPR 309/90 è norma base dei reati in materia di stupefacenti.Un’analisi delle condotte punite

 

L’art. 73 DPR 309/90: il testo della disposizione

L’art. 73 DPR 309/90[1] è la pietra angolare dei reati in materia di stupefacenti. Sottolineando che il testo unico in materia di stupefacenti intende tutelare il bene giuridico della salute pubblica, si discute da tempo dell’efficacia di un assetto normativo così complesso proprio per il tema della salvaguardia di diritti fondamentali. Sono state tipizzate varie condotte che devono essere represse per la tutela dell’ordine pubblico e della salute a partire dalla firma di trattati internazionali di cui l’Italia è parte.

Tornando all’art. 73, la norma prevede che:

1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’art. 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.

1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:

a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;

b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà.

2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’art. 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all’art. 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000.

3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.

4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’art. 14 e non ricorrono le condizioni di cui all’art. 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà.

5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente art. che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329.

5-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente art. commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l’ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato art. 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell’art. 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal citato art. 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o quello dell’esecuzione, con le formalità di cui all’art. 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte.

5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona.

6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.

7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

 

Il primo comma dell’art. 73 DPR 309/90

Partendo dal presupposto che l’art. 73 DPR 309/90 si lega all’art. 75, disposizione che rappresenta il fulcro del sistema sanzionatorio amministrativo, è bene comprendere di cosa si parli a livello di condotte punite. L’architettura repressiva del Testo Unico sugli stupefacenti infatti è costruita secondo un modello di “doppio binario” in cui ai fatti penalmente rilevanti individuati dall’art. 73 si affiancano gli illeciti amministrativi dell’art. 75. Quando vi è rilevanza penale e quando amministrativa? Dipende dalla destinazione della droga: se questa è a uso esclusivamente personale si considera l’illecito amministrativo. Ciò deve essere dimostrato dal giudice, caso per caso. Ricordo inoltre che soltanto alcune delle condotte previste dall’art. 73 sono considerate compatibili con l’uso personale: l’importazione illecita, l’esportazione, l’acquisto, la ricezione a qualsiasi titolo, la detenzione.

Ora, tenendo in considerazione che le condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione sono incriminate dall’art. 73 DPR 309/90 e che queste consistono in attività materiali finalizzate ad ottenere sostanze stupefacenti, la coltivazione fa parte di condotte neutre che possono essere finalizzate tanto all’uso personale quanto alla cessione. Sul tema della coltivazione ad uso personale infatti vi è una sterminata quanto tortuosa serie di pronunce giurisprudenziali.

Nell’art. 73 DPR 309/90, nei commi 1 e 1 bis, sono elencati i processi che riguardano gli stupefacenti ed è quindi meglio cercare di capire cosa si intenda per ciascuno di questi termini. Vediamoli con un breve elenco:

  • Coltivazione: riguarda l’attività di ottenere un rendimento dal terreno in uso. Questo ovviamente non è possibile per le sostanze chimiche.
  • Produzione: è l’attività volta ad ottenere la sostanza stupefacenti dalle spese vegetali. È quindi l’attività successiva alla “Coltivazione”.
  • Fabbricazione: è un’attività simile a quella di “Produzione” dato che la fabbricazione si occupa in realtà di una preparazione della droga dal punto di vista di processi chimici o sintetici.
  • Estrazione: è l’attività che consiste nella separazione dal principio attivo dal vegetale che lo contiene.
  • Raffinazione: è l’attività che consiste nel ricavare, a partire dal prodotto grezzo o naturale, la sostanza stupefacente attraverso metodi chimici o fisici. La raffinazione riguarda specificamente l’eroina[2], sostanza ricavata dall’oppio.

 

Il primo comma dell’art. 73 DPR 309/90 menziona la tabella 1. Che cos’è? La Tabella in questione[3], aggiornata al 23 dicembre 2019[4], contiene le sostanze più pericolose (e più ricorrenti nei ritrovamenti delle operazioni antidroga) come l’oppio e i derivati oppiacei, le foglie di coca e i derivati, anfetamina e sostanze affini e gli allucinogeni. La presenza di queste sostanze nella Tabella I è lo specchio della politica antidroga e proibizionista. I prodotti menzionati infatti non sono soltanto collegati al sistema sanzionatorio italiano ma rappresentano quelle sostanze su cui la comunità internazionale da anni ha posto al centro della “war on drugs” e dei trattati internazionali[5] la massima forma repressiva.

 

Le condotte punite

I primi 4 commi dell’art. 73 DPR 309/90 circoscrivono i fatti non lievi. I commi 5, 5-bis e 5-ter sono invece i fatti di lieve entità. Anche nella valutazione della lieve entità c’è molta giurisprudenza.

  • Il comma 1 punisce un ampio stretto di condotte, come ho spiegato prima, riconducibili alla produzione, traffico e detenzione delle sostanze elencate nella tabella I dell’art. 14 del Testo Unico sugli stupefacenti. Le condotte sanzionate sono quelle senza l’autorizzazione di cui all’art. 17. È un elemento negativo del reato così che le condotte tipizzate per essere punibili devono essere state realizzate senza autorizzazione. Tale certificazione infatti è indispensabile per “coltivare, produrre, fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio sostanze stupefacenti o psicotrope”.
  • In base poi ai commi 2 e 3 si prevede che: “2. Dall’obbligo dell’autorizzazione sono escluse le farmacie, per quanto riguarda l’acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope e per l’acquisto, la vendita o la cessione di dette sostanze in dose e forma di medicamenti. 3. L’importazione, il transito o l’esportazione di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte di chi è munito dell’autorizzazione di cui al comma 1, sono subordinati alla concessione di un permesso rilasciato dal Ministro della sanità in conformità delle convenzioni internazionali e delle disposizioni di cui al titolo V del presente testo unico.” Bisogna ricordare che è sufficiente anche una sola delle condotte (coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione) in assenza dell’autorizzazone per la configurazione del reato. I commi 2 e 3 dell’art. 73 DPR 309/90 prevedono due figure di reato proprio e riguardano il soggetto munito dell’autorizzazione di cui all’art. 17. Al comma 2 sono punite le condotte di illecita cessione o commercio di droghe “pesanti”, mentre al comma 3 sono incriminati fatti di coltivazione, produzione e fabbricazione di sostanze diverse da quelle autorizzate. Ci sono tra l’altro sanzioni molto più severe per chi coltivi, produca e fabbrichi sostanze diverse da quelle autorizzate ex comma 3: reclusione da 8 a 22 anni e multa da 25.882 a 309.874 euro.
  • Il comma 4 stabilisce che se taluno dei fatti individuati ai commi 1, 2 e 3 riguarda le sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dall’art. 14 (droghe “leggere”), si applicano sanzioni più lievi rispetto a quelle previste per le droghe “pesanti”.
  • Il comma 5 prevede la lieve entità per i fatti descritti in relazione a, testualmente, “la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze”. La pena è comunque la reclusione da 6 mesi a 4 anni.
  • In base al comma 6 vi è un aumento della pena se il fatto è commesso da 3 o più persone in concorso tra loro. Si tratta di un’aggravante prevista dal testo dell’art. 14 comma 1, 26 giugno 1990, n. 162, poi trasfuso nell’art. 73 DPR 309/90 e non più modificato.
  • Infine, il comma 7 prevede l’attenuante della collaborazione. Si prevede con questa uno sconto di pena piuttosto elevato che va dalla metà ai due terzi. Particolarmente importante è la sentenza della Corte Costituzionale n. 74 del 2016 e alla relazione della collaborazione con il risultato da raggiungere: non basta fornire informazioni per ottenere uno sconto di pena ma bisogna valutare concretamente il contributo offerto in relazione al risultato raggiunto.

Informazioni

Insolera, G., Della Ragione, L. and Spangher, G. (2019) I reati in materia di stupefacenti : fattispecie monosoggettive, criminalità organizzata, profili processuali. Giuffrè Francis Lefebvre (Teoria e pratica Maior. Penale e processo)

Gambardella, M. (2017) Norme incostituzionali e nuovo sistema degli stupefacenti. Sapienza Università editrice (Studi e ricerche. Diritto, politica, economia; 56)

https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/1393668560quadro%20storico%20nuovo.pdf

[1] Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza

[2] Non è un caso se l’eroina è ottenuta in “raffinerie”: da 10 kg di sostanza di base si ottiene mediamente 1 kg di prodotto raffinato

[3] Qui l’intera lista delle sostanze della Tabella I: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_3729_0_file.pdf

[4] Le tabelle sono aggiornate generalmente con Decreto ministeriale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) ogniqualvolta se ne presenti la necessità

[5] Ne ho parlato in quest’altro art.: http://www.dirittoconsenso.it/2018/10/08/traffico-di-droga-nel-diritto-internazionale/