Sul mappamondo è possibile vedere Stati dalle forme più variegate. La delimitazione territoriale degli Stati infatti segue alcuni criteri molto particolari, vediamo quali

 

Cos’è una frontiera?

La delimitazione del territorio di uno Stato si esprime per mezzo di uno strumento giuridico e politico che conosciamo tutti come frontiera. Questa altro non è che la linea che segna il limite del territorio dentro il quale uno Stato può esercitare i propri diritti di sovranità. Ciò è possibile per gli Stati esistenti, ossia per gli Stati che oggi sono riconosciuti nel diritto internazionale.

Stabilire una frontiera è possibile seguendo un processo che è costituito da due fasi: la delimitazione e la demarcazione. La delimitazione è la parte più complessa per la costituzione di una frontiera. Normalmente la frontiera viene individuata o stabilita di comune accordo tra gli Stati confinanti. Pensiamo alla frontiera tra Italia e Austria o tra Stati Uniti e Canada. Tale accordo ovviamente si riflette in un trattato internazionale che viene appunto definito trattato di frontiera: in caso di mancato raggiungimento dell’accordo sorge una controversia che solitamente viene risolta attraverso l’arbitrato internazionale[1] o la Corte Internazionale di Giustizia[2]. Con la sentenza quindi verrà stabilita la delimitazione territoriale degli Stati coinvolti.

 

I criteri di delimitazione territoriale degli Stati

Da questo momento, le cose però possono complicarsi. Il limite adottato può essere un limite preesistente. Questo succede nei casi in cui si applica il principio dell’uti possidetis iuris (traducibile in “così come possedete”) o di successione ai trattati di frontiera per gli Stati che hanno ottenuto l’indipendenza, nei quali le frontiere dei nuovi Stati sono i limiti che avevano quando erano colonie.

È possibile però stabilire anche un nuovo limite. Quando avviene il fenomeno della successione di Stati nella ipotesi di Stati che hanno ottenuto da poco l’indipendenza, il successore succede ai limiti che erano dello Stato predecessore. Il nuovo Stato quindi manterrà i confini preesistenti. L’aspetto più importante in questi casi è relativo ai trattati di frontiera. Qui infatti vige il principio della continuità dei trattati di frontiera, la cui formulazione si ritrova nell’articolo 11 della Convenzione di Vienna sulla successione degli Stati in materia di trattati del 1978.

In base appunto all’articolo 11, nel caso in cui fossero esistiti trattati internazionali che stabilissero limiti, lo Stato successore è obbligato a rispettare le frontiere preesistenti così come i trattati che le hanno stabilite. Esempi di applicazione di questi titoli giuridici sono:

  • Il caso della controversia territoriale tra Libia e Chad del 1994, la cui soluzione è stata raggiunta dalla Corte Internazionale di Giustizia sulla base del trattato franco-libico del 1955 stabilendo la sovranità del Ciad sulla striscia di Aouzou
  • Il caso della frontiera terreste e marittima tra Camerun e Nigeria del 2002, per il quale la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che le regioni del Lago Chad e di Bakassi fossero di sovranità camerunense basandosi sui trattati franco-britannico del 1919 e del 1931 (nel caso del Lago Chad) e dell’accordo anglo-tedesco del 1913 (nel caso della penisola e delle isole di Bakassi)

 

Il principio dell’uti possidetis iuris

La regola dell’uti possidetis iuris è strettamente legata al fenomeno della decolonizzazione. Tale principio[3] può essere definito come il criterio in base al quale i nuovi Stati devono rispettare e mantenere come frontiere i limiti coloniali esistenti al momento dell’ottenimento dell’indipendenza, nel modo in cui erano stati stabiliti dal diritto interno del precedente Stato colonizzatore.

Teniamo presente che per decolonizzazione, indipendentemente se preceduta da un conflitto o dal semplice riconoscimento con un processo di transizione pacifico, intendiamo quel fenomeno in cui Stati che erano stati colonizzati da potenze straniere raggiunsero l’indipendenza tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni70[4]. Tale percorso ha accomunato perlopiù paesi africani e asiatici. Con l’ottenimento dell’indipendenza viene così riconosciuta la soggettività giuridica di diritto internazionale per uno Stato. Con questo mutamento dello scenario internazionale si assistette ad un vero e proprio boom dei membri delle Nazioni Unite. Basti guardare che dal 1950 al 1980 si passò da 60 a 154 Stati membri delle Nazioni Unite.

Il principio quindi dell’uti possidetis iuris svolge un doppio ruolo nei conflitti territoriali: è un criterio giuridico acquisitivo della sovranità su un territorio così come un criterio delimitatore delle frontiere. Attenzione però. Il principio in questione richiede che i nuovi Stati debbano essere della stessa potenza coloniale (un esempio potrebbe essere del caso di Ruanda e Burundi, ex colonie belghe, o di Uganda e Kenya, ex colonie britanniche). Nel caso in cui i limiti siano tra due nuovi Stati che abbiano avuto due potenze coloniali diverse allora è necessario un trattato di frontiera (come è avvenuto per esempio tra Mozambico e Sudafrica, antiche colonie rispettivamente di Portogallo e Regno Unito).

 

I criteri di delimitazione territoriale degli Stati

Detto questo, bisogna identificare i limiti degli Stati. Per tracciare le frontiere esistono vari criteri:

  • Criteri naturali, sono quelli segnati dalla presenza di elementi come montagne, fiumi e laghi. Alcuni esempi sono la cordigliera della Ande tra Argentina e Cile, il Danubio che segna in parte il confine tra Bulgaria e Romania e la regione dei Grandi Laghi tra Canada e Stati Uniti;
  • Criteri artificiali, sono quelli che implicano l’azione dell’uomo o che si relazionino a edifici o a strutture. Alcuni esempi sono la Grande Muraglia cinese, il Muro di Berlino o il Vallo di Adriano (alcuni di questi sono ovviamente esempi storici e non più adattabili ad oggi);
  • Criteri immaginari, sono quelli che si sovrappongono a limiti astronomici o geometrici. Limiti astronomici sono la frontiera tra Stati Uniti e Canada che è fissata in relazione al 45esimo parallelo nord o la frontiera tra l’Alaska e Canada che segue il 140esimo meridiano ovest, oppure, per un esempio storico, il 38esimo parallelo nord che segnava la divisione tra le due Coree prima dello scoppio della Guerra di Corea. Limiti geometrici invece sono le frontiere stabilite tra Egitto e Libia o tra Siria e Giordania.

 

La demarcazione della frontiera

La demarcazione, come abbiamo detto prima, è la seconda fase del trattato di frontiera. Rappresenta la parte che, potremmo definire, più tecnica: si tratta di un insieme di operazioni materiali che stabiliscono direttamente sul terreno il tracciato della frontiera stabilita. A questo proposito, gli Stati coinvolti devono nominare una “Commissione di demarcazione”, composta da tecnici esperti che si occuperanno della segnalazione della frontiera collocando pietre miliari e punti di riferimento.

 

La delimitazione territoriale e le contese territoriali

Le contese territoriali hanno storicamente causato (o sono state il pretesto, a volte neanche tanto velato) i conflitti militari tra Stati. Ad oggi, sperando di non rivivere episodi di guerra tra attori internazionali, ci sono ancora molte contese territoriali aperte.

L’elenco è molto lungo e potremmo considerare vari elementi che spiegano come mai le contese non siano state risolte. Ne elenco 7 che sono, a mio giudizio, particolarmente interessanti individuando dapprima l’area geografica.

  • L’Antartide: è il continente in cui non ci sono Stati ma che è contesa da Stati vicini ad esso (come Cile, Argentina, Nuova Zelanda e Australia) e Stati con legami e interessi economici come Francia, Regno Unito e Norvegia.
  • Il mar cinese meridionale: è un’area marittima in cui sono presenti da tempo diverse contese territoriali tra Cina, Filippine, Giappone, Vietnam, Indonesia, Maleysia e Brunei. L’influenza cinese nella regione è quella più forte[5].
  • Il confine tra Egitto e Sudan: i due Stati sono in contrasto su due zone al confine. Si tratta del triangolo di Hala’ib (un’area di circa 20.000 km2) e Bir Tawil che rappresenta una modesta zona di territorio che, forse per la prima volta nel diritto internazionale, ad oggi non è rivendicata da nessuno Stato.
  • Le isole Curili: isole divise geograficamente in Curili settentrionali, centrali e meridionali, sono il motivo di disputa territoriale dalla fine della seconda guerra mondiale tra Giappone e Russia ma trattati internazionali precedenti alla guerra hanno creato questa lunga contesa. Il Giappone infatti rivendica quattro isole delle Curili meridionali e i negoziati si protraggono[6] tra alti e bassi dal 1956.
  • Il Kashmir: territorio conteso da India e Pakistan e in misure minore dalla Cina, è motivo di contesa dal 1947. Un problema di non poco conto è la continua contesa tra India e Pakistan, stati con composizione religiosa, sociale ed economica molto diversa. Non meno particolare, entrambi gli Stati detengono armi nucleari ma non sono parte del Trattato di Non Proliferazione Nucleare[7].
  • Cipro: la contesa ovviamente non riguarda l’isola, ma la particolare situazione di divisione. Cipro infatti è un’isola segnata dalla distinzione in Repubblica di Cipro (greco-cipriota) e Repubblica Turca di Cipro del Nord (che occupa la parte settentrionale dell’isola).
  • Olivenza: in Europa, oltre a Cipro, si assiste ad una contesa che riguarda Portogallo e Spagna. La città di Olivenza infatti è motivo di contesa da più di 200 anni a seguito della Guerra delle Arance.

 

A ben vedere quindi il tema della delimitazione territoriale degli Stati è tutt’altro che arcaico e stabilito in forme cristalline. La comunità internazionale infatti è attiva anche su queste tematiche, tra lunghi negoziati in stallo e visibili tensioni.

Informazioni

María Teresa Infante Caffi, Las fronteras desde la perspectiva del Derecho Internacional in Estud. int. (Santiago, en línea) vol. 48 no. 185, Santiago, 2016

https://www.icj-cij.org/files/case-related/83/6687.pdf

https://www.britannica.com/place/Nigeria/Bakassi-Peninsula-dispute#ref953498

https://scielo.conicyt.cl/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S0719-37692016000300004

[1] Come nel caso tra Etiopia ed Eritrea del 2002.

[2] Come nel caso tra Benin e Niger del 2005.

[3] http://www.enciclopedia-juridica.com/it/d/uti-possidetis/uti-possidetis.htm.

[4] Ma con casi assai più recenti, come Macao nel 1999.

[5] Un’analisi geopolitica su quest’area è stata fatta da Luca Giro in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2019/07/22/mar-cinese-meridionale-geografia-e-diritto-internazionale/.

[6] https://www.bbc.com/news/world-asia-pacific-11671514.

[7] Di questo trattato ne ha parlato Giuseppe Guerra in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/02/10/il-regime-di-non-proliferazione-nucleare/.