Come gestire la convivenza con gli altri condomini quando si possiedono animali domestici
Legge vigente e garanzie per il possessore/detentore di animali
L’accresciuta sensibilità nei confronti degli animali e più nello specifico rispetto agli animali domestici, ritrovata con l’avvento del nuovo millennio, ha portato con sé l’esigenza di un rinnovamento anche sul piano normativo.
La L. n. 220 del 11 dicembre 2012, recante “modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, ha sdoganato la presenza degli animali da compagnia[1] all’interno del condominio, modificando l’art. 1138 c.c., con l’aggiunta del comma di seguito indicato: «Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici».
Più chiaro di così! La legge vigente funge dunque da baluardo dei diritti di possessori/detentori di animali domestici, ai quali nessuna delibera assembleare può proibire la detenzione o il possesso di animali domestici all’interno della propria proprietà.
Infatti, tra i rimedi esperibili dal condomino al quale venisse interdetto il possesso o la detenzione di un animale all’interno delle proprie mura domestiche vi è sicuramente l’impugnativa della delibera assembleare, con ricorso davanti al Giudice di pace da depositarsi entro 30 giorni dalla data in cui è stata emessa o da quella in cui il soggetto ha ricevuto il verbale[2].
Ogni delibera avente ad oggetto il predetto divieto sarebbe infatti tacciabile di nullità, ponendosi in aperto contrasto con il dettato legislativo.
Limiti e conseguenze
Esistono tuttavia dei limiti alla facoltà del condomino di possedere/detenere animali domestici.
Innanzitutto, la regola generale secondo cui è ammessa la presenza di animali domestici all’interno del condominio può essere derogata dal proprietario dell’immobile condominiale che decida di affittarlo. In sede di firma del contratto di locazione, egli potrà infatti inserire una clausola ad hoc con cui impedire al locatario di possedere/detenere animali domestici.
In secondo luogo, nessuno è esente dal rispettare i diritti degli altri condomini e le parti comuni dell’edificio. Infatti, la vita condominiale deve svolgersi in ossequio alla regola generale sull’uso della cosa comune, contenuta nell’art. 1102 c.c., secondo la quale «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».
Al condomino è dunque richiesto di mantenere puliti gli spazi comuni cui ha accesso con i propri animali domestici, nonché adottare guinzaglio e mascherina (specialmente per animali di taglia grande), affinché agli altri condomini venga garantito un uso “in sicurezza” dei medesimi spazi.
La mancata adozione di cautele idonee a salvaguardare l’igiene può comportare problemi di immissioni olfattive, che diventano “moleste”, ergo perseguibili – penalmente e civilmente – se queste superano la soglia di normale tollerabilità fissata per gli odori, nonché per i rumori, dall’art. 844 c.c.
Lo stesso discorso vale per i rumori, come poc’anzi accennato: se la frequenza e il volume del rumore provocato dagli animali domestici superano questa soglia, la legge prevede il rimedio dell’inibitoria della condotta molesta, nonché la domanda di risarcimento del danno.
Non solo! Quando il disturbo, effettivo o potenziale, della pace non investe solo un numero definito di persone, abitanti nelle circostanze dell’abitazione dal quale lo stesso proviene, bensì raggiunge un numero indeterminato di soggetti, il detentore/possessore dell’animale “molestatore” si espone da un punto di vista penalistico, in quanto impendendo all’animale di disturbare, viola l’art. 659 c.p., configurandosi la fattispecie di disturbo alla quiete pubblica.
Ultimo, ma non per ordine di importanza, il nostro codice civile, all’art. 2052 c.c., disciplina il danno cagionato da animali, imputandone al possessore/detentore la responsabilità oggettiva. Con ciò a sottolineare l’importanza di un’attività di vigilanza incessante e scrupolosa sui propri animali, rimessa ai padroni.
In sintesi, e con questo mi avvio a concludere, il connubio condominio/animali domestici è possibile, ma, come per ogni aspetto della vita quotidiana, la buona riuscita di questo dipende dal senso civico di ciascun condomino e dal rispetto del prossimo.
Informazioni
A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano, 2013
[1] La L. n. 201/2010, che ha ratificato la Convenzione di Strasburgo ed è in vigore dal 4 dicembre 2010, contiene la definizione di animale da compagnia, come tale da intendersi “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia”.
[2] Quando la questione non era stata neppure inserita nell’ordine del giorno, ma era stata trattata sommariamente la delibera è intrinsecamente nulla e si rende inutile l’intervento dell’autorità giudiziaria.

Benedetta Probo
Ciao, sono Benedetta. Sono nata a Milano il 24 novembre 1994, ma ho vissuto fino al compimento della maggiore età in un paese della provincia di Lecce, Tricase. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il liceo statale locale, nel 2013 sono tornata nella mia città natale per intraprendere gli studi giuridici presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e nel luglio 2018 ho conseguito a pieni voti la laurea magistrale in giurisprudenza, discutendo una tesi in diritto pubblico comparato, dal titolo: “Profili di Ordinamento Giudiziario nel Diritto Comparato”. Successivamente ho iniziato e concluso il periodo di tirocinio della durata di 18 mesi presso la Corte d’Appello di Milano, e parallelamente ho svolto un periodo di pratica forense presso uno studio legale di diritto civile. Nella fase post lauream ho potuto approfondire il diritto civile puro, sostanziale e procedurale, senza però accantonare mai del tutto la mia passione per le materie penalistiche.