I tombaroli sono figure che compiono danni enormi al patrimonio culturale e artistico. Che danni derivano dalla loro condotta?
Tombaroli: cosa fanno
I tombaroli sono soggetti molto importanti per il traffico illecito dei beni culturali. Sono coloro che ricercano e scavano abusivamente nelle aree archeologiche scoperte o non ancora scoperte per rubare beni antichi. Originariamente ci si riferiva ad una serie di persone che violavano le tombe antiche (specialmente etrusche) per rubarne i reperti e farne commercio.
I tombaroli[1] sono un fenomeno tutto italiano e che non conosce confini regionali: da nord a sud infatti sono tanti i reperti trafugati da singoli individui o da gruppi veri e propri di tombaroli. Quando un bene finisce nel mercato illecito, può finire nelle mani della criminalità organizzata oppure in contesti molto diversi, come un museo o una collezione privata.
L’Italia è purtroppo uno Stato di origine dei beni culturali[2], ossia uno Stato talmente ricco di storia che è impossibile quantificare i danni apportati al patrimonio. E i danni compiuti dai tombaroli sono ingenti.
Ma come è possibile che i tombaroli riescano a razziare scavi archeologici anche sottomarini? Che tutela offre l’ordinamento italiano?
La tutela dei beni culturali
L’attuale sistema normativo italiano in tema di protezione dei beni culturali si basa sul Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d. lgs. 42/2004 del 22 gennaio 2004)[3].
Nelle disposizioni generali del Codice si evidenziano importanti principi in nome dei quali si stabiliscono regole per la protezione dei beni di cui parliamo. Le funzioni di “tutela”, che consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione” (articolo 3 co. 1), dei beni culturali e paesaggistici spettano in parte allo Stato e in parte alle Regioni (artt. 4 e 5).
I beni archeologici nel Codice 42/2004
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio inoltre prevede al Capo VI – Ritrovamenti e scoperte, alcune disposizioni specifiche sui beni archeologici:
- Art. 88 – Attività di ricerca
- Art. 89 – Concessione di ricerca
- Art. 90 – Scoperte fortuite
- Art. 91 – Appartenenza e qualificazione delle cose ritrovate
- Art. 92 – Premio per i ritrovamenti
- Art. 93 – Determinazione del premio
In particolare l’art. 88 stabilisce che:
“Le ricerche archeologiche e, in genere, le opere per il ritrovamento delle cose indicate all’articolo 10 in qualunque parte del territorio nazionale sono riservate al Ministero.
Il Ministero può ordinare l’occupazione temporanea degli immobili ove devono eseguirsi le ricerche o le opere di cui al comma 1.
Il proprietario dell’immobile ha diritto ad un’indennità per l’occupazione, determinata secondo le modalità stabilite dalle disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità. L’indennità può essere corrisposta in denaro o, a richiesta del proprietario, mediante rilascio delle cose ritrovate o di parte di esse, quando non interessino le raccolte dello Stato.”
È illegale quindi impossessarsi di beni “ritrovati”: i tombaroli altro non sono che ladri di beni dello Stato.
La protezione dei beni culturali a livello penale passa anche da una tutela offerta dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Il Codice però non tutela direttamente i beni culturali ma tutela tutti i beni potenzialmente danneggiabili e ci sono disposizioni[4] (presenti alla Parte IV, Titolo II, Capo I) che devono essere in collegamento alle disposizioni del codice penale. Una tutela che è però lacunosa e questa mancanza favorisce in parte proprio i tombaroli: con rischi minimi, si ottengono grandi guadagni dalla vendita dei beni rubati.
I fattori che causano gli scavi archeologici illeciti
Il mercato illecito dei beni culturali è popolato da varie figure. Oltre ai tombaroli ci sono ricettatori, commercianti, intermediari, restauratori, trasportatori, esperti, curatori di musei, collezionisti. Competenze, motivazioni, condotte possono essere molto diverse tra persona e persona e tra le categorie elencate.
Tipicamente si può dire che un tombarolo non viene di certo spinto a razziare tombe per interesse storico o archeologico: si tratta invece di ottenere facili guadagni là dove vi siano richieste “dall’alto”, cioè da esperti e collezionisti disposti a pagare profumatamente per avere un vaso antico, un monile d’oro, etc.
Sono quindi partito dallo studio di Campbell in cui si legge[5]:
“Antiquities can be distinguished from other trafficking in three regards: Cultural heritage is a finite resource that cannot be cultivated or manufactured, profits increase progressively from source to market, and artifacts must be laundered in order to appear legitimate. While narcotics can be cultivated and arms can be manufactured, antiquities are a finite resource derived solely from looting cultural sites. Looters can be highly skilled at locating sites and knowledgeable about the local landscape, but they often lack the means to transport artifacts out of their immediate region or across international borders. Antiquities are therefore typically transferred to participants with the means and knowledge to transport illicit commodities internationally. In turn, these early stage intermediaries lack the knowledge to judge the value of antiquities, including whether artifacts are real or fake, or the ability to appear legitimate to collectors.”
A queste considerazioni così chiare, Campbell, citando altri studiosi, offre nel suo scritto un’interessante visione dei ruoli all’interno del mercato degli oggetti d’arte. Considerando infatti che in questo mercato il confine tra legale e illegale è molto sottile, vi sono dinamiche che cambiano dal momento in cui il bene viene saccheggiato fino al momento in cui viene venduto. In primo luogo aumenta il livello di conoscenza specifica dei soggetti coinvolti. In secondo luogo aumenta il margine di profitto.
Dove è possibile collocare i tombaroli nel mercato illecito dei beni culturali?
Le quattro fasi in cui si divide il traffico di beni culturali sono:
- Quando il bene è rubato (stolen)
- Quando è trasportato (transported)
- Quando è oggetto di riciclaggio (laundered)
- Quando è oggetto di acquisto (purchased)
I tombaroli rientrano ovviamente nella prima fase perché sono coloro che compiono materialmente la rimozione del bene dal contesto archeologico (sia esso già noto o no).
Non bisogna quindi sottovalutare queste figure. È fondamentale intervenire per evitare che una lenta e costante razzia contro il patrimonio continui a cancellare la storia e la cultura.
Informazioni
Cambpell, The Illicit Antiquities Trade as a Transnational Criminal Network: Characterizing and Anticipating Trafficking of Cultural Heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d. lgs. 42/2004 del 22 gennaio 2004)
[1] Il Perù conosce figure simili note come huaqueros.
[2] Sulla differenza tra Stati di origine e Stati di destinazione si veda: Il traffico illecito di beni culturali – DirittoConsenso
[3] In Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004.
[4] Ne ho parlato in questo articolo: I reati contro i beni culturali nel Codice 42/2004 – DirittoConsenso
[5] Cambpell, The Illicit Antiquities Trade as a Transnational Criminal Network: Characterizing and Anticipating Trafficking of Cultural Heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013, p. 117.

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.