Riciclaggio di denaro e traffico di beni culturali possono certamente coesistere. Un sistema potenzialmente difficile da sconvolgere per vari motivi analizzati in questo articolo
Il binomio riciclaggio di denaro e beni culturali e la Convenzione di Palermo
Per inquadrare il rapporto tra riciclaggio di denaro e il traffico di beni culturali è necessario specificare alcuni fattori che riguardano direttamente la comunità internazionale. Sia il riciclaggio che il traffico illecito di beni culturali sono oggetto di trattazione di trattati internazionali. Infatti è ampio lo sforzo non solo dei singoli Stati ma anche di organizzazioni internazionali: gli Stati dispongono di norme punitive del riciclaggio e del traffico di beni culturali mentre i trattati, oltre a richiamare l’attenzione sulla pericolosità di questi fenomeni[1], invocano la collaborazione tra gli Stati e l’adozione di criteri comuni.
Il trattato internazionale più importante per la lotta alla criminalità internazionale è la Convenzione di Palermo del 2000, che non è specifica: non punisce un singolo reato. È il trattato contro la criminalità transnazionale, cioè quella che trascende i confini nazionali nelle attività e nei gruppi criminali. La Convenzione abbraccia un ampio ventaglio di reati di natura internazionale e include le importanti definizioni sui serious crimes[2] e sulla transnational offence[3].
La Convenzione di Palermo[4] estende pertanto l’ambito dei reati di riciclaggio di denaro oltre quello del (tipico) traffico di droga a quelli come i crimini contro il patrimonio culturale. La Convenzione elenca una serie di reati (crimes) ai sensi del diritto internazionale e richiede agli Stati parte di attuare misure per combattere questi reati. In considerazione di ciò, gli articoli 6 e 7 si riferiscono specificamente al riciclaggio di denaro come un crimine che deve essere stabilito dalla legge nazionale di quello Stato parte o attraverso altre misure.
I sistemi di tutela e protezione non sono (ahinoi) perfetti e su molti di questi ci sarebbe da discutere. Il binomio riciclaggio di denaro e beni culturali è forse la parte più oscura del mondo criminale per varie ragioni qui considerate.
Come può esserci riciclaggio per un bene culturale?
Procedendo in un ordine tendenzialmente cronologico si presume che:
- Un certo bene sia rimosso da un contesto archeologico, rubato o illecitamente esportato
- Questo bene sia poi venduto da un intermediario[5] ad un privato o ad un collezionista che intenda a sua volta rivenderlo
- Il bene, ricomparso in forma pulita sul mercato, sia ormai esposto (rimanendo tale fin quando non si scopra che il bene sia stato oggetto di furto, esportazione illecita, etc.).
Questo un esempio di ciò che avviene nel mercato illecito dei beni culturali. In tale ordine, il riciclaggio può avvenire tra i passaggi di proprietà (illecita). Le possibilità sono che accada questo:
- Chi ha rimosso il bene lo vende ad un intermediario e quest’ultimo acquista con i proventi di un’altra transazione riguardante un diverso bene rubato
- Il privato che abbia ricevuto il denaro da un collezionista si comporterà in modo tale per cui quei proventi siano falsamente dichiarati leciti
Nelle parole di Burroughs[6] si legge come esempio:
“The archetypical example follows. Criminal proceeds are collected by a money launderer and placed in bank accounts or used to purchase a series of monetary instruments that are deposited into accounts at another location. The money launderer layers the funds by using a complex chain of domestic and international shell company accounts, utilizing virtual currencies or by using trade-based techniques such as purchasing high-value goods and then shipping and reselling the goods overseas. Finally, the laundered funds are returned to clients for investment or asset acquisition, which could include the purchase of luxury goods.”
Il riciclatore di denaro[7] dovrebbe acquisire una certa conoscenza del mondo dell’arte prima di utilizzare questo metodo, ma non è necessario che questi abbia perfetta familiarità con tutti gli aspetti del mercato dei beni culturali. Questo, si può facilmente immaginare, non è sempre agevole.
In ogni caso, chi vorrà riciclare il denaro si concentrerà su pezzi meno conosciuti anziché su quelli che potenzialmente potrebbero attirare l’attenzione nelle aste pubbliche: manipolare i loro prezzi sarebbe infatti assai più rischioso. Colui che ricicla denaro non vuole affatto questo[8] e, pertanto, eviterà sia le aste che i pezzi, specie se di altissimo prestigio, che sono apparsi di recente nelle aste.
Quando la realtà si complica
A volte il legame tra riciclaggio e beni culturali è ancora più complesso, specie se di mezzo vi è un’organizzazione criminale o terroristica.
I beni culturali infatti possono essere acquistati direttamente con il denaro[9] proveniente da attività come la tratta di persone, il traffico di stupefacenti, la compravendita di armi, la contraffazione di documenti etc. Sono affascinanti i casi di antichità, quadri famosi e beni dal valore incalcolabile ritrovati nei nascondigli dei boss mafiosi così come beni archeologici misteriosamente (è ironico) rimossi o rubati in Iraq, Siria e Iran.
Complicazione, segreto e trattative: i commercianti d’arte spesso non sono tenuti a identificare, figuriamoci a voler conoscere, la loro controparte. Questo è utilissimo per i criminali che vogliono nascondere la propria identità.
Ricordiamoci che il mercato delle antichità è caratterizzato da ricavi elevati. I beni di grande valore, specie se antichi, possono essere venduti per ingenti somme di denaro senza destare sospetti. A peggiorare le cose, è quasi impossibile definire oggettivamente il valore di un determinato oggetto: il prezzo pagato è spesso un riflesso di criteri soggettivi e preferenze personali. Gonfiando il prezzo un riciclatore ottiene ciò che vuole: in altre parole, se un bene che è stato precedentemente acquistato per 15.000 euro viene rivenduto a 30.000 euro, il riciclatore lo comprerà per questa seconda cifra senza problemi pur di riciclare il denaro.
Pare inoltre che negli ultimi anni i beni culturali antichi siano una gradita fonte di reddito per i terroristi. Lo Stato Islamico e organizzazioni simili traggono vantaggio finanziario dall’occupazione di aree e dal sequestro[10] di tali beni fisici ai legittimi proprietari. Tuttavia, poiché gli oggetti sono di per sé di scarsa utilità per i terroristi, questi devono venderli per ottenere il denaro necessario per poter acquistare armi e pagare i loro combattenti. Con un mercato di beni così liquido, la vendita di oggetti rimossi o rubati è un’ottima fonte di guadagno.
Che misure prendere?
Le misure antiriciclaggio e le disposizioni riguardanti la salvaguardia dei beni culturali devono quindi essere efficacemente e simultaneamente applicate. La restituzione dei beni culturali deve andare di pari passo alle regole sul sequestro e sulla confisca, le misure di lotta al finanziamento del terrorismo devono essere adottate per impedire la vendita di beni archeologici rubati.
Tra le misure che potrebbero avere maggior impatto nella lotta al riciclaggio e al traffico di beni culturali ci sono quelle sull’identità dei compratori e dei venditori (KYC requirements). Senza i requisiti KYC, i fornitori di beni di lusso e i commercianti d’arte possono continuare a sostenere di essere stati fuorviati dai riciclatori di denaro internazionali ed esprimere simpatia per coloro che sono stati danneggiati, senza assumersi la responsabilità.
Infine, le raccomandazioni del FATF/GAFI[11] risultano ancora più fondamentali per arginare il riciclaggio e il traffico di beni culturali.
Informazioni
Hufnagel, S. and King, C. (2020) “Anti-money laundering regulation and the art market,” Legal Studies. Cambridge University Press, 40(1), pp. 131–150
Burroughs, T. E. (2019) ‘US and EU Efforts to Combat International Money Laundering in the Art Market are no Masterpiece’, Vanderbilt Journal of Transnational Law, 52(4), pp. 1061–1096
Dombrowski, E. (2018) ‘Addressing Art Trafficking and Restitution through Anti-Money Laundering Legal Regimes’, Tulane Journal of International and Comparative Law, 27(1), pp. 111–130
Ulph, J. (2011) ‘The Impact of the Criminal Law and Money Laundering Measures upon the Illicit Trade in Art and Antiquities’, Art Antiquity and Law, 16(1), pp. 39–52
[1] Oltre a determinare una stima del valore complessivo delle attività illegali menzionate
[2] “’Serious crime’ shall mean conduct constituting an offence punishable by a maximum deprivation of liberty of at least four years or a more serious penalty”
[3] “[…] an offence is transnational in nature if: (a) It is committed in more than one State; (b) It is committed in one State but a substantial part of its preparation, planning, direction or control takes place in another State; (c) It is committed in one State but involves an organized criminal group that engages in criminal activities in more than one State; or (d) It is committed in one State but has substantial effects in another State”
[4] Ho parlato delle misure di prevenzione della Convenzione di Palermo in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2019/01/16/le-misure-di-prevenzione-nella-convenzione-di-palermo/
[5] E magari sia stato un tombarolo ad averlo venduto all’intermediario. Su chi sono i tombaroli: http://www.dirittoconsenso.it/2020/07/13/chi-sono-i-tombaroli/
[6] Burroughs, T. E. (2019) ‘US and EU Efforts to Combat International Money Laundering in the Art Market are no Masterpiece’, Vanderbilt Journal of Transnational Law, 52(4), p. 1066
[7] Che potrebbe anche essere un soggetto che intenda finanziare il terrorismo. In diritto internazionale infatti si ricorre alla sigla AML/CFT
[8] La segretezza è un’arma potente nel mondo dell’arte tanto quanto per riciclare denaro. Sotto questo aspetto cito le 3 modalità per riciclare denaro: placement, layering e integration. Ne ho parlato approfonditamente qui: http://www.dirittoconsenso.it/2020/08/17/riciclare-denaro-fenomeno-e-attivita/
[9] Le disponibilità economiche delle organizzazioni potrebbero variare: saranno maggiormente disponibili ad organizzazioni strutturate e ben ramificate anziché ad organizzazioni piccole e locali
[10] Non solo la distruzione di imponenti scavi o siti archeologici come è successo a Palmira o a Mosul
[11] Ho parlato del FATF in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2019/05/20/il-financial-action-task-force/

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.