Analisi del reato di rissa mediante gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità più recente

 

Profili generali

La rissa è il delitto previsto dall’art. 588, del Codice Penale, il quale dispone:

«Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a 309 euro.

Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l’uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.»

 

Il reato in oggetto è collocato nell’alveo dei delitti contro la persona, giacché i beni giuridici meritevoli di tutela penale sono da ravvisare nell’incolumità personale e la vita dei partecipanti alla rissa ed altresì dei soggetti terzi estranei alla suddetta.

In quanto la condotta può essere posta in essere da chiunque, la rissa si presenta quale reato comune, e inoltre come reato plurisoggettivo, poiché ai fini della configurazione richiede la necessaria partecipazione di più soggetti.

 

Pronunce della Cassazione sul reato di rissa

Sull’integrazione della rissa quale fattispecie criminosa la Cassazione è unanime nel ravvisare il reato in questione come di pericolo rispetto al solo bene giuridico dell’incolumità individuale e non del bene giuridico dell’incolumità pubblica, ritenuto una sola conseguenza del reato. Difatti, il verificarsi di un turbamento dell’incolumità pubblica, si pensi all’ipotesi di una rissa in uno spazio pubblico o aperto al pubblico, non rappresenta un requisito richiesto dalla norma incriminatrice, tantomeno circostanza condizionante il reato di rissa. (ex multis, Cass. Pen. 25 febbraio 1988, Chibbono)

Con riguardo l’elemento oggettivo, è necessario che un gruppo di persone venga alle mani con il proposito di ledersi reciprocamente, tanto che il reato di cui all’art. 588 c.p. è integrato anche nell’ipotesi in cui i partecipanti non siano stati coinvolti tutti contemporaneamente nella colluttazione e l’azione si sia sviluppata in varie fasi e si sia frazionata in singoli episodi, tra i quali non vi sia stata alcuna apprezzabile soluzione di continuità, essendosi tutti seguiti in rapida successione, in modo da saldarsi in un’unica sequenza di eventi (Cass. Pen., sez. V, 23 febbraio 2011, n. 7013).

Mentre, per ciò che concerne l’elemento soggettivo risulta sufficiente il mero dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di partecipare alla contesa con animo offensivo. Pertanto, i gruppi contendenti devono essere guidati da un animus volto al solo scopo di arrecare una lesione ai contendenti.

Ne consegue come si debba escludere la fattispecie criminosa della rissa nelle ipotesi in cui un gruppo di persone ne assalga deliberatamente altre e queste si limitino a difendersi (Cass. Pen., sez. I, 20 maggio 2013, n. 21353) poiché verrebbe a mancare la parte avversaria corrissante, ovvero nei confronti di chi interviene in una colluttazione in corso tra terzi allo scopo di difendere alcuno di essi (Cass. Pen. Sez. I, 23 aprile 1971, n. 1324).

Inoltre, il comma II dell’art. 588 c.p., prevede un aumento di pena consistente nella reclusione da tre mesi a cinque anni, qualora dalla rissa taluno rimanga ucciso o riporti lesioni personali ovvero l’uccisione o la lesione avvenga immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

In tema l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità ha statuito come l’art. 588, comma I, sia applicabile anche nei confronti del compartecipe che abbia riportato lesioni personali, in quanto colui che partecipa volontariamente alla condotta violenta collettiva diretta ad offendere oltre che difendere, si assume la responsabilità per rissa semplice o aggravata a seconda degli effetti della colluttazione (Cass. Pen. Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 4402).

 

Sul numero necessario di partecipanti

Come si evince da un’interpretazione letterale, il Legislatore non ha fornito alcuna definizione precisa della condotta punibile ai sensi del sopracitato articolo, costringendo dottrina e giurisprudenza a circoscrivere la portata applicativa della norma. Innanzitutto, una prima problematica si era creata attorno al numero necessario ai fini della configurazione della rissa. Difatti la norma non specifica quanti soggetti debbano essere coinvolti. Tuttavia, sul numero minimo dei partecipanti alla rissa o dei cosiddetti corrissanti, ad oggi giurisprudenza e dottrina sono concordi sulla sufficienza della partecipazione di almeno tre contendenti, giacché se il fatto fosse commesso da un numero inferiore, ossia di due, si verrebbe a configurare il reato di lesioni (Cass. Pen., Sez. V 17 marzo 2014, n. 12508).

 

Il rapporto con la legittima difesa

Altra quaestio risolta dalla Suprema Corte riguarda l’applicabilità della causa di giustificazione della legittima difesa di cui all’art. 52 c.p. alla rissa[1]. Consolidato orientamento di legittimità esclude che la scriminante suddetta possa trovar spazio considerato che i corrissanti sono ordinariamente animati dall’intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non può dirsi necessitata (Cass. Pen. Sez. V, 29 novembre 2019, n. 15090). Tuttavia, tale principio è derogato solo in via eccezionale, ove l’esimente in esame può essere riconosciuta qualora, in costanza di tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Cass, Pen. Sez. V, 23 luglio 2015, n. 32381).

Per fini di completezza appare opportuno per il sottoscritto ravvisare anche la sentenza di merito del Tribunale di Ascoli Piceno, estremamente recente, che chiamata ad esprimersi sul rapporto tra rissa e legittima difesa, ha dichiarato che quest’ultima ricorra nel caso in cui il soggetto si sia lasciato coinvolgere al solo fine di resistere alla violenza subita, contrapponendo la sua violenza a quella degli avversari sulla base di una reciproca sopraffazione (Trib. Ascoli Piceno, 3 giugno 2020, n. 272).

 

Provocazione e rissa

Infine, sul tema della provocazione ex art. 62, n. 2 c.p., alla stregua di quanto anzidetto per la legittima difesa, essa risulta configurabile solo in via eccezionale, nell’ipotesi in cui l’azione offensiva di uno dei due gruppi contendenti sia stata preceduta e determinata da una tracotante pretesa, eticamente e giuridicamente illecita o da una gravissima offesa proveniente esclusivamente dall’altro gruppo (Cass. Pen., sez. V, 19 febbraio 2013, n. 8020).

 

Il concorso di persone

Prima di procedere ad affrontare quanto statuito dalla Cassazione in tema di concorso esterno nel reato di rissa, secondo lo scrivente, appare opportuno delineare in modo sintetico, e mi auguro esaustivo, il fenomeno del c.d. concorso di persone di cui all’art. 110 c.p.

Il concorso di persone nel reato è costituito da quattro elementi quali:

  • la pluralità degli agenti,
  • la realizzazione del fatto tipico,
  • il contributo causale di ogni singolo concorrente alla realizzazione ed infine
  • la volontà di cooperare nell’evento.

 

La condotta del concorrente può esplicarsi attraverso compimento materiale degli atti che costituiscono il reato, ovvero essere un mero impulso psicologico: si parla nel primo caso di concorso materiale e nel secondo di concorso morale.

Tuttavia, si ravvisa un importante distinguo tra:

  • concorso c.d. necessario di persone nel reato e
  • concorso c.d. eventuale.

Il primo si configura qualora la norma preveda più condotte che siano tutte necessarie alla realizzazione del reato e debbano essere tenute da più soggetti (ad esempio oltre che dal reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p., tale ipotesi è costituita proprio dal reato di rissa).

Viceversa, sussistono i reati a concorso eventuale, in cui indifferentemente la fattispecie può essere commessa da un singolo soggetto o da una pluralità di persone.

In via di ulteriore precisazione, all’interno del concorso necessario si distingue tra:

  • reati plurisoggettivi propri in cui tutti i soggetti sono punibili, e
  • reati plurisoggettivi impropri in cui solo taluno dei soggetti sono puniti (esempio l’usura).

É inoltre ravvisabile un’aggiuntiva specificazione nel novero dei singoli reati plurisoggettivi, distinguendo tra:

  1. reati plurisoggettivi collettivi, ove l’attività dei soggetti è diretta verso un univoco risultato;
  2. reciproci, in cui le condotte criminose collaborano ai fini del medesimo scopo;
  3. bilaterali, in cui le condotte si muovono l’una contro l’altra.

In tale contesto si inserisce il tema del concorso esterno, istituto di matrice giurisprudenziale creatosi con particolare riferimento al c.d. concorso esterno nei reati associativi, in cui si ammette la possibilità di un concorso eventuale nel reato associativo o comunque a concorso necessario.

Tuttavia, non vi è univocità di vedute in seno alla dottrina.

Per la tesi affermativa il concorrente esterno fornisce un contribuito causale, rilevante senza voler far parte dell’associazione, e senza necessariamente condividerne gli scopi, pur nella consapevolezza tramite la propria condotta di apportare un ausilio alla medesima.

La tesi negativa trova forza, in assenza di modifiche legislative, sull’applicazione coerente del principio del terzo escluso[2].

 

Il concorso esterno nel reato di rissa

Come accennato nel primo paragrafo, la rissa si configura quale reato plurisoggettivo necessario bilaterale. In particolare, la fattispecie criminosa in esame rientra tra i cosiddetti reati plurisoggettivi necessari propri, ove tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione della fattispecie delittuosa sono punibili. Tuttavia, per essere perfezionati, tali delitti richiedono non solo la partecipazione di più persone alla realizzazione del fatto tipico, ma altresì che ciascuna di esse ponga in essere un’altrettanta tipica condotta.

Difatti, come analizzato nei paragrafi precedenti, perché un soggetto possa rispondere del delitto di cui all’art. 588 c.p., occorre che abbia partecipato alla rissa, attraverso cioè una condotta attiva e che, secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, debba sostanziarsi in una contesa violenta tra almeno tre persone.

Pertanto, non ogni comportamento, sebbene posto in essere nell’ambito spazio-temporale in cui la rissa ha luogo, potrà assumere rilevanza penale ai sensi dell’art. 588 c.p.

Si pensi all’ipotesi in cui soggetti diversi da quelli coinvolti nella colluttazione tengano condotte atipiche rispetto a quelle che caratterizzano il reato plurisoggettivo e che tuttavia determinino o agevolino la commissione del reato.

In questo caso emerge la problematica attinente alla compatibilità del concorso eventuale di persone con reati quali la rissa, necessariamente plurisoggettivi.

 

Un caso recente di rissa

Sul punto è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, chiamata a giudicare in ordine al ricorso presentato dall’imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina sez. Minorenni, la quale aveva confermato la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato di rissa a seguito della concessione del perdono giudiziale[3].

Nel caso di specie, il Giudice di Primo Grado aveva ravvisato la responsabilità dell’imputato, pur avendo escluso che egli avesse materialmente partecipato alla rissa, sull’assunto che l’aver “accerchiato” i contendenti insieme ad altre persone avesse rafforzato il loro proposito criminoso.

Il ricorso, dunque, muoveva su due motivi: ossia il numero effettivo di partecipanti alla rissa, che dall’istruttoria è emerso essere due, e che l’attività posta in essere dall’imputato è da considerarsi una condotta atipica.

Tali motivi sono strettamente connessi poiché qualificando come atipica la condotta del ricorrente, difetterebbe il numero minimo di partecipanti richiesto per l’integrazione del reato di rissa, ossia tre.

La Corte di Legittimità, difatti, ravvisa siffatto vizio sul numero minimo, ma ne riscontra un ulteriore relativo alla mancata motivazione del contributo causale dell’imputato al rafforzamento del proposito criminoso dei contendenti.

Per tali motivi, la Cassazione annullava con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, sez. Minorenni per un nuovo esame che ricostruisca puntualmente l’episodio contestato al fine di comprendere se la condotta dell’imputato fosse effettivamente un segmento della rissa ovvero altro e precedente, ma soprattutto verificare la sussistenza di ulteriori soggetti compartecipi, rispetto ai due indicati.

Tale sentenza assume grande rilievo nel nostro caso, poiché la Corte d’Appello nel ricostruire i fatti storici secondo le risultanze probatorie si dovrà attenere al principio sancito dalla Suprema Corte la quale conferma la configurabilità del concorso esterno nel reato di rissa “attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l’istigazione ed il rafforzamento della volontà dell’effettivo partecipe alla rissa, purché, ovviamente, si traducano in un effettivo e concreto contributo alla sua consumazione” (Cass. Pen., Sez. V, 3 ottobre 2019, n. 51103).

Informazioni

A. Bazzichi, I presupposti per la responsabilità del concorrente esterno nel reato di rissa, cit., in CamminoDiritto, 11 marzo 2020

[1] Per un approfondimento sul tema della legittima difesa, si rimanda a http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/10/la-legittima-difesa-nella-cronaca-e-nel-codice/

[2] A. Bazzichi, I presupposti per la responsabilità del concorrente esterno nel reato di rissa, cit., in CamminoDiritto, 11 marzo 2020

[3] Mi si consenta rinviare sul perdono giudiziale a http://www.dirittoconsenso.it/2020/02/18/perdono-giudiziale-processo-penale-minorile/