Analisi delle possibili tipologie di maltrattamenti sui minori e approfondimento dei reati di cui agli artt. 571 e 572 c.p.
Introduzione al tema dei maltrattamenti sui minori
Diventare genitori è una scelta di autodeterminazione della coppia. I genitori hanno dei precisi doveri nei confronti dei propri figli, sanciti sia dalla Costituzione che dal Codice civile. Il minore è un soggetto che ha una personalità ancora da costruire, una fragilità emotiva e lati del carattere non del tutto definiti, è quindi un soggetto debole che necessita di particolare attenzione da parte del sistema giuridico. Le violenze fisiche e morali perpetrate a danno dei minori possono incidere negativamente sullo sviluppo della loro personalità, provocando danni psichici irreversibili. L’articolo in questione esamina i reati di cui agli artt. 571 e 572 c.p., con particolare attenzione all’ipotesi di maltrattamenti sui minori[1].
Maltrattamenti contro familiari e conviventi
L’art. 572 c.p. è rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi”. Esso tutela l’integrità psico-fisica di persone facenti parte di contesti familiari e para-familiari. L’articolo punisce chiunque “maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte”.
Nel tempo si è assistito ad un’evoluzione del concetto di “persona della famiglia”. Originariamente, questa nozione faceva riferimento ai soli coniugi, consanguinei, affini, adottati e adottanti. Oggi, invece, comprende tutti i soggetti legati da qualsiasi rapporto di parentela, nonché i domestici, a patto che vi sia convivenza. Si è deciso, quindi, di optare per un’interpretazione estensiva.
Il reato di cui all’art. 572 c.p. è un reato proprio, in quanto può essere commesso solo da persone legate da un particolare vincolo nei confronti del soggetto passivo. Questo vincolo può discendere da un rapporto familiare oppure da un rapporto di autorità, derivante dallo svolgimento di una professione, di un’arte o di rapporti di cura e di custodia.
Il dolo è generico. Quindi, ai fini della configurazione del reato, è sufficiente che l’agente sia consapevole del fatto e lo abbia cagionato volontariamente, compiendo sistematicamente degli atti con l’intenzione di maltrattare e umiliare il soggetto passivo.
Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi punisce le condotte, commissive (ad es. minacce, ingiurie, violenze) e omissive (ad es. privazioni di beni reali essenziali), reiterate nel tempo. Si tratta, quindi, di un reato abituale, in quanto caratterizzato dal ripetersi nel tempo di comportamenti vessatori che, considerati singolarmente, potrebbero anche non essere punibili e che acquistano rilevanza penale proprio per effetto della loro reiterazione nel tempo.
Dalla clausola di riserva posta in apertura del comma 1 (“fuori dei casi indicati nell’articolo precedente”) si deduce il carattere sussidiario della norma rispetto al reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina di cui all’art. 571 c.p.
L’art. 571 c.p.c. punisce chiunque abusi dei mezzi di correzione o di disciplina se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente.
L’art. 572 c.p., invece, non richiede il verificarsi di un pericolo di malattia nel corpo o nella mente.
Il delitto di maltrattamenti risulta aggravato qualora dagli atti di maltrattamento derivi una lesione grave o gravissima, oppure la morte del soggetto passivo.
La condanna del genitore per il delitto in esame comporta, inoltre, ai sensi dell’art. 569 c.p., la perdita della responsabilità genitoriale.
Modifiche all’art. 572 c.p.
La fattispecie in esame è stata oggetto di diversi interventi normativi volti ad inasprire il quadro sanzionatorio.
La prima riforma si ebbe con la legge 172/2012 che modificò la rubrica che prima faceva riferimento ai “maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli”. La legge ha inserito tra i possibili soggetti passivi del reato chiunque conviva con il soggetto agente.
Un altro intervento, piuttosto recente, fu quello della legge 69/2019, cd. codice rosso, il cui obiettivo è quello di assicurare una maggiore tutela alle vittime di violenza domestica e di genere. Quest’ultimo ha introdotto nuove circostanze aggravanti e ha previsto, all’ultimo comma, che il minore che assista ai maltrattamenti sia considerato persona offesa dal reato. Tra le aggravanti, introdotte al comma 2, c’è l’ipotesi dei maltrattamenti sui minori, laddove questi siano realizzati in presenza o in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile.
Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
Come sopra accennato, un altro reato previsto dal legislatore a tutela dell’integrità fisica del minore è l’abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 c.p.). Il soggetto agente può giustificare i maltrattamenti sui minori con la volontà di educarlo.
La norma punisce chiunque ecceda volontariamente nell’uso di mezzi correttivi o disciplinari, facendo insorgere il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente nei confronti del soggetto a lui sottoposto. I comportamenti che, pur avendo finalità educative, sfociano in maltrattamenti sono intollerabili e, di conseguenza, punibili.
L’art. 572 c.p. è collocato tra i “delitti contro l’assistenza familiare”, ma in realtà fa riferimento anche a rapporti differenti da quello strettamente familiare.
Come il reato esaminato in precedenza, anche questo è un reato proprio: ciò significa che non può essere commesso da chiunque, ma solo da chi è titolare di un potere disciplinare.
Perché si configuri il delitto in esame è sufficiente il dolo generico, quale coscienza e volontà di tenere un certo comportamento, abusando nell’esercizio della propria autorità. Non deve quindi essere voluto l’evento di pericolo dell’insorgere di una malattia, poiché in questo caso la condotta integrerebbe un delitto contro la persona, venendo meno l’intento disciplinare.
I concetti di mezzi di correzione e di disciplina hanno subito un’evoluzione storica. In origine, la dottrina riconosceva in capo ai soggetti in posizione di autorità (ad es. genitori e insegnanti) il potere di impiegare l’uso della violenza fisica o morale nei confronti di coloro che erano assoggettati alla loro autorità (si pensi al rapporto genitore-figlio; insegnante-alunno). Di conseguenza, il reato di cui all’art. 571 c.p., era configurabile qualora fossero travalicati i limiti di tale violenza.
La situazione è radicalmente cambiata nel tempo. Attualmente, è negata la possibilità di ricorrere all’uso di mezzi correttivi nell’ambito di alcune relazioni. Oggi si può parlare di abuso dei mezzi correttivi in caso di uso improprio o abnorme di mezzi leciti. Il presupposto per la realizzazione della fattispecie in esame è rappresentato dall’utilizzo di mezzi di correzione di per sé leciti, il cui eccesso, però, li renda illeciti.
Nel caso in cui vengano usati mezzi illeciti, come le percosse, le ingiurie e le minacce, si applicheranno i corrispondenti reati e non si potrebbe configurare il delitto in esame.
L’articolo parla del pericolo di una malattia. Infatti, il reato si configura “se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente”. In questo caso, il concetto è più ampio rispetto a quello individuato in tema di lesioni personali (art. 582 c.p.).
Conclusioni
I confini tra gli artt. 571 e 572 c.p. non sono sempre netti a causa della sovrapponibilità tra i soggetti attivi e passivi e delle condotte tipiche abbastanza simili. In realtà, le differenze tra le due tipologie di reato sono molteplici.
Il reato di cui all’art. 572 c.p. riguarda le condotte poste in essere nei confronti di soggetti conviventi. Le modifiche avvenute nel corso degli anni hanno ampliato, quindi, la platea dei soggetti passivi. Il codice rosso ha qualificato come persona offesa dal reato anche il minore che assista ai maltrattamenti e ha introdotto come circostanza aggravante l’ipotesi in cui i maltrattamenti siano realizzati in presenza o in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile.
L’art. 571 c.p., invece, punisce chi, abusando dei mezzi di correzione, arrivi a maltrattare un altro soggetto. Perché il reato sia integrato è necessario, in questo secondo caso, che dall’atto derivi il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente.
Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi presuppone un reiterato ricorso alla violenza, materiale e morale, mentre il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti.
L’elemento che differenzia i due reati non può essere il grado di intensità delle condotte violente tenute dall’agente, in quanto l’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito (Cass. 11956/2017).
In passato, se era presente l’intento correttivo, si tendeva a riconoscere l’ipotesi di cui all’art. 571 c.p., in caso contrario quella di cui all’art. 572 c.p. La concezione dell’epoca, infatti, era quella secondo la quale l’utilizzo della forza come mezzo correttivo, purché posto in essere entro determinati limiti, era legittimo.
Oggi la giurisprudenza rinnega l’uso della violenza come mezzo di correzione ed educazione, sul presupposto che il termine “correzione” sia sinonimo di “educazione”. Proprio per questo, il reato di abuso dei mezzi di correzione è configurabile solo nell’ipotesi in cui siano stati utilizzati mezzi leciti, il cui eccesso, però, li rende illeciti.
Per concludere, ai fini della distinzione tra il delitto di maltrattamenti e quello di abuso dei mezzi di correzione non rileva la finalità del reo, quindi non importa se egli abbia agito per scopi ritenuti educativi. Ciò che rileva è unicamente la natura oggettiva della condotta “sicché non è configurabile il meno grave reato di abuso dei mezzi di correzione quando i mezzi adoperati siano oggettivamente non compatibili con l’attività educativa, come nel caso di percosse e maltrattamenti fisici e psicologici”[2].
Informazioni
Codice penale aggiornato
[1] A questo link è possibile trovare un approfondimento circa gli strumenti di protezione ordinaria del minore: http://www.dirittoconsenso.it/2021/02/10/strumenti-di-protezione-ordinaria-del-minore/
[2] Cass. Pen., 22.9.2005; Cass. Pen., 18.3.1996; Cass. Pen., 7.2.2005.

Beatrice Alba
Ciao, sono Beatrice. Classe 1997. Abito nella città dei gianduiotti, ma nelle mie vene scorre sangue siculo. Collaboro con DirittoConsenso dal 2020. Nel 2021 ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza e nel 2022 ho portato a termine un Master di II° livello in Diritto dei mercati agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Attualmente svolgo la pratica forense presso uno studio legale in cui mi occupo di diritto civile, diritto penale e diritto del lavoro. È quindi chiaro che l’indiscusso protagonista del mio percorso professionale è il diritto. Sono una persona ottimista, affidabile ed estremamente organizzata. La pianificazione delle giornate è un ingrediente fondamentale per portare a termine con successo tutte le attività della professione forense e ritagliarmi del prezioso tempo libero (indispensabile per ricaricare le energie).