Effetti collaterali della pandemia: analisi dell’impatto del Covid-19 sulla delinquenza minorile

 

Di cosa parliamo quando ci riferiamo alla delinquenza minorile?

Al fine di analizzare la problematica inerente la delinquenza minorile e l’impatto del Covid-19, è fondamentale identificare preliminarmente il primo dei due fenomeni appena citati. La delinquenza minorile rientra tra le problematiche che destano maggiore preoccupazione a livello sociale. Ciò, anche alla luce del fatto che spesso non è facile comprendere il motivo che spinge i minori a delinquere. Non a caso, si tratta di un tema che, per sua natura, è altamente composito, nonché caratterizzato da innumerevoli risvolti che coinvolgono diverse discipline, innestando un continuo scambio di saperi.

Tanto premesso, nell’interrogarsi sul fenomeno della delinquenza minorile si è soliti fare riferimento al concetto di devianza, ovvero l’insieme di comportamenti che violino un complesso di valori che siano percepiti come validi e fondanti del gruppo sociale dominante in un dato momento storico.

A ben vedere, indipendentemente dalle definizioni teoriche, va sottolineato che la devianza minorile non implica necessariamente che siano posti in essere comportamenti delinquenziali, ma si fa riferimento ad un insieme eterogeneo di condotte accumunate dalla valenza trasgressiva e che, solo in parte, assumono i caratteri dell’illegalità. In senso ampio, si tratta di fenomeni quali la fuga da casa o l’assenteismo scolastico, espressione di un disagio giovanile capace di riassorbirsi spontaneamente nella maggior parte dei casi. Tuttavia, ove ciò non accada, la correlazione fra devianza e delinquenza si esplica nel compimento di reati, che possono essere più o meno gravi, ma il cui comune denominatore è dato dal fatto che siano stati ignorati o sottovalutati i precedenti comportamenti devianti, i quali, seppur in una prima fase leciti, determinano un’escalation comportamentale che culmina con il compimento del fatto penalmente rilevante.

Tale affermazione si comprende se si guarda al fenomeno della devianza minorile come espressione di un “grido d’aiuto” del minore, un suo tentativo di rivolgersi al mondo adulto, percepito come estraneo e giudicante, per comunicare un disagio personale e un’incapacità di risolvere autonomamente le proprie problematiche.

Questo è il rivoluzionario insegnamento di cui si a portavoce la legislazione minorile e, in particolare, il D.P.R. 448 del 1988 riguardante le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, espressione della volontà di rapportarsi ai minori perseguendo un obiettivo di tutela, coerentemente al dettato costituzionale.

Tale approccio è reso necessario non solo dalle particolari esigenze educative minorili, ma anche al fine di garantire la sicurezza sociale. L’interesse del minore e l’interesse della società costituiscono infatti due dimensioni strettamente interdipendenti, in rapporto di continuità tra loro.

 

Le cause della delinquenza minorile

Dalle ricerche consolidate in questo settore emerge che il fenomeno della devianza minorile nasce e dipende da problemi sociali. Nello specifico, gli studi psicologici, psichiatrici e sociologici sono volti a sondare le vicende personali e familiari del soggetto nel tentativo di rinvenire le cause del comportamento delinquenziale minorile. Sebbene si tratti di un’indagine ardua data la complessità del fenomeno oggetto di studio, una delle cause più frequenti che spingono i minorenni a commettere il reato è legata alle difficoltà economiche e famigliari in cui versa il minore, ovvero in primis lo stato di povertà che sovente isola ed emargina i giovani. Quest’ultimi, in suddetti contesti, tendono di conseguenza ad inserirsi in una subcultura che diviene naturale luogo di identificazione e comunicazione degli stessi, una fonte di identità. Allora, le norme dominanti in questa cerchia di riferimento costituiscono – ciò ben si comprende nel caso degli adolescenti che stanno formando e sviluppando la propria personalità – un’importante bussola per le condotte individuali.

Nel contempo, si registra un disagio generazionale crescente in tutte quelle situazioni famigliari caratterizzate da forte conflittualità e/o segnate da eventi traumatici, quali lutti, separazioni, divorzi, abusi, violenze e così via[1]. Nell’ampia gamma di tali evenienze e problematiche, la famiglia è il fondamento educativo e conoscitivo dell’adolescente, il quale affronta già di per sé una fase evolutiva altamente conflittuale e complessa, in cui la disattenzione dei genitori, un eccessivo permissivismo o, al contrario, un controllo asfissiante e serrato pongono i presupposti di eventuali e future reazioni di ribellione.

 

L’impatto del Covid-19

Nell’ambito di tale contesto, la crisi pandemica ha determinato vuoti di controllo, povertà e diseguaglianze su vari e molteplici livelli, tra cui, certamente, si annovera la giovane età, rischiando di determinare una vera e propria emergenza in punto di criminalità minorile.

La solitudine, l’isolamento e la paura dell’altro hanno infatti determinato effetti impattanti sulla personalità dei minorenni, sia in considerazione della delicatezza della fase evolutiva caratteristica della minore età, che in relazione alle personali situazioni sociali e famigliari, acuendo le diseguaglianze già esistenti e creando di nuove.

In questo senso, Fabiola Riccardini, capo ricercatore senior dell’Istat e presidente dell’ARPSESS (Associazione Sviluppo Benessere Sostenibile Solidale) rileva correttamente come la sostenibilità sociale vada di pari passo con il concetto di equità, trattandosi di due aspetti che si compenetrano mutualmente. In tale ottica, dunque, le diseguaglianze non fanno altro che rendere più insostenibili certe realtà, creando nuove disuguaglianze e amplificandone gli effetti.

Ciò emerge chiaramente dalla ricerca dell’Irccs Giannina Gaslini insieme all’Università di Genova, presentata il 16 giugno 2020, mediante cui sono state interpellate con un questionario un campione di più di 3 mila famiglie con figli minori, residenti sull’intero territorio italiano, tracciando un quadro dei sintomi di malessere psicologico e comportamentale che hanno colpito gli infradiciottenni, cagionati dal forzato isolamento in casa, distinti per due fasce di età: minori fino ai sei anni e quelli dai sei a diciotto.

Intanto colpisce che, purtroppo, le predette problematiche comportamentali regressive abbiano interessato sette ragazzi su dieci, ovvero il 65% dei minori di sei anni e il 71% dei minori fra i sei e i diciotto anni.

Concentrandosi sul campione comprendente i minorenni fra i 6 e i 18 anni, prevale in quasi tutti i casi una sensazione somatica ansiogena diffusa, irritabilità e cambio di umore, con difficoltà ad andare a letto e fatica a svegliarsi.

Inoltre, si è anche rilevato in molti casi, un utilizzo improprio dei social e in generale dei mezzi informatici, che hanno accompagnato i ragazzi durante tutto il periodo del lockdown, sia per l’eccessivo tempo quotidiano della connessione telematica, che per la curiosità e la facilità dell’accesso alla rete e ai siti.

Tale utilizzo, nel contempo, è stato un elemento positivo di compagnia per tanti minori, rendendo loro possibile il contatto con il mondo esterno. È bene infatti sottolineare come l’impossibilità negli spostamenti abbia esposto diverse famiglie ad un’inusuale e quotidiana condivisione temporale. I risvolti di tali convivenze si aggravano se costernate da incertezze lavorative e possibili fragilità interne al nucleo familiare: al diminuire degli spazi a disposizione del singolo, aumentano le violenze domestiche perpetrate.

Se il contatto educativo giornaliero con la scuola è stato indispensabile nel contenimento dei gravi danni del lockdown, dall’altro bisogna considerare che non tutti gli studenti hanno avuto la possibilità di accedere a tale forme di apprendimento, sia a causa della mancanza di un autonomo dispositivo informatico o della relativa connessione telematica sul territorio.

La povertà educativa conseguente al blocco delle lezioni in presenza ha costretto alcuni degli studenti ad una sostanziale esclusione sociale, incrementando situazioni preesistenti di diseguaglianza.

Nel contempo, anche gli studenti che hanno avuto la possibilità di un collegamento quotidiano con la propria scuola hanno vissuto l’assenza dei compagni di scuola e degli insegnanti come uno stato di privazione oppressiva, a cui reagire anche, inconsciamente, con comportamenti devianti.

Ciò è evidente se si osservano i dati forniti dal database interforze sull’attività criminale, gestito dal dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, ove si registra, in via generale, un calo in media del 25,9% dei delitti commessi e denunciati durante i primi sei mesi del 2020. Un risultato atteso quale diretta conseguenza diretta delle limitazioni agli spostamenti imposte dall’emergenza sanitaria.

 

Altri dati rilevanti

Diversamente, un trend inverso si registra per i reati di maltrattamenti e violenze domestiche, testimoniato anche dall’incremento delle telefonate al numero Anti Violenza e Stalking 1522. Inoltre, il medesimo incremento si rinviene in relazione ai crimini informatici, ove la didattica a distanza ha spostato una parte della delittuosità in rete. In questi mesi di emergenza, il fenomeno è stato analizzato dal report della Direzione centrale della polizia criminale che ha evidenziato come vi sia stato un decremento degli arresti e delle segnalazioni dei minori e che, al contempo, i delitti con maggior numero di autori minori sono: l’accesso abusivo a sistema informatico o telematico, la frode informatica, l’istigazione od aiuto al suicidio, la detenzione di materiale pornografico, la pornografia minorile nonché i delitti di omicidio doloso, maltrattamenti contro familiari e conviventi, resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale.

Ad oggi, quindi, è evidente come molte delle forme di devianza minorile si diffondono attraverso il ricorso frequente al mondo del web e dei social media.

È questo il grave rischio che si addensa su tutti i minorenni, che siano studenti o meno, in un quadro sicuramente assai preoccupante per le potenziali ricadute sui loro futuri comportamenti regressivi e devianti che si sostanziano in ulteriori fragilità. I dati riportati infatti confermano il legame tra delinquenza minorile e Covid-19.

 

Conclusione

In conclusione, occorrerà un serio intervento da parte dello Stato nell’investire nel diritto all’istruzione, sostenendo adeguatamente i nuclei familiari più disagiati e coinvolgendo in tale opera gli enti del terzo settore e le altre forze sociali. Investire nella famiglia e nella scuola è la via per vincere le preesistenti e le nuove disuguaglianze dilaganti nel campo minorile, con un approccio equo e solidale, al fine di ridurre il più possibile la disgregazione sociale.

Informazioni

G. DE LEO – P. PATRIZI, Psicologia giuridica, Bologna, Il Mulino, 2002.

F. RICCARDINI, “La ripresa e le disuguaglianze di genere”, in Affari Internazionali, 13 giugno 2020.

http://www.dirittoconsenso.it/2021/02/10/strumenti-di-protezione-ordinaria-del-minore/

“L’incremento della devianza psicologica e sociale minorile dovuto al corona virus”, in poliziapenitenziaria.it

Irccs Giannina Gaslini e Università di Genova, “Impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia” 16 giugno 2020.

https://www.interno.gov.it/it/notizie/covid-19-e-devianza-minorile-lanalisi-polizia-criminale-0

https://www.minori.gov.it/it/node/7208

https://www.interno.gov.it/it/notizie/attivita-anticrimine-bilancio-fine-anno

E. ESPOSITO, Profili di criminologia minorile, in Diritto e Giustizia Minorile, Anno II, n. 2-3, 2013.

http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/357262.pdf

[1] A tal riguardo, è interessante approfondire gli strumenti di protezione ordinaria del minore http://www.dirittoconsenso.it/2021/02/10/strumenti-di-protezione-ordinaria-del-minore/