Le prime rivendicazioni per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro all’interno del “gigante dell’e-commerce

 

Brevi cenni sulla normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

In materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro le fonti interne al nostro ordinamento sono così articolate: in primo luogo la Costituzione, fonte primaria cui si devono conformare le leggi del nostro ordinamento, in particolare il riferimento è agli art. 32 e 38.

In secondo luogo il D.lgs 81/2008 (e successive modifiche) e le leggi in materia di infortunio sul lavoro.

In base a quanto stabilito dall’art. 32, la salute è contemporaneamente un diritto fondamentale ed inviolabile della persona ed un interesse della collettività.

Esso è inviolabile perché si estrinseca nella tutela dell’integrità psico-fisica[1], ed assume una connotazione collettiva tramite l’impegno dello Stato nel raggiungimento del benessere delle persone fisiche[2]. Si tratta di un diritto “proteiforme” e personalissimo, che si ripercuote anche sulla tutela della salute dei lavoratori.

Con l’art. 32 i Costituenti hanno espresso la volontà di attribuire allo Stato il diritto alla salute, superando così la visione “privatista” ottocentesca[3]. Il diritto alla salute ha come finalità il raggiungimento di condizioni qualitativamente migliori della vita, articolato su due livelli: il benessere fisico e l’ambito relazionale delle persone.

Il lavoro è riconducibile a quest’ultimo aspetto, poiché è parte integrante della vita sociale e come tale meritevole di tutele in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’art. 38 Cost. enuclea i seguenti diritti: il diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale per i cittadini inabili al lavoro (comma 1); il diritto per i lavoratori a ricevere mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria (comma 2); il diritto all’avviamento professionale per gli inabili ed i minorati (comma 3).

È il dettato costituzionale che consacra lo “stato sociale”, fondato sulla sicurezza e sul rispetto della dignità per i coloro che si trovano in uno stato di bisogno.

In merito alle fonti di rango inferiore, grande rilievo è dato al D.lgs. 81/2008 “T.U. sulla sicurezza sul lavoro” (e le successive modifiche), che sostituisce e riordina la normativa precedente, contenuta principalmente nel D.lgs. 626/1994.

L’obiettivo della Legge è l’eliminazione delle potenziali fonti di pericolo e rischio nei luoghi di lavoro, realizzabile con il coinvolgimento diretto del datore.

Si tratta di un “coinvolgimento obbligatorio”, dal momento che il datore è tenuto ad effettuare una valutazione preventiva dei probabili rischi aziendali presenti ed a adottare le misure idonee per la sicurezza.

Gli aspetti salienti sono: gli adempimenti di tutela, la valutazione di rischi e la sorveglianza sanitaria.

Gli obblighi principali del datore di lavoro comprendono: la valutazione dei rischi, le modalità con cui attuarla; l’assolvimento dei compiti di prevenzione e protezione.

Il Testo Unico del 2008 attribuisce in modo esplicito la responsabilità al datore di lavoro per l’organizzazione o per l’unità produttiva, estendendola così anche ai soggetti che ricoprono incarichi di direzione e gestione.

 

Il codice penale come fonte

Il codice penale contiene disposizioni – ovviamente fattispecie incriminatrici – applicabili alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

La prima norma utile è l’art. 437 c.p., rubricato: “Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. Al primo comma l’articolo prevede che: «Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».

 

Si tratta di una disposizione interessante per il seguente motivo:

  • un equivoco potrebbe sorgere interpretando letteralmente la parola “chiunque”; in realtà occorre precisare che il reato in questione nella sua forma omissiva può essere commesso solamente dai soggetti incaricati di realizzare e mantenere i meccanismi di protezione dei lavoratori.

 

Appare difficile ipotizzare che il legislatore, nell’indicare “chiunque” nell’incipit dell’articolo, volesse realmente attribuire la responsabilità per la rimozione o l’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni a soggetti privi dei poteri necessari nel contesto lavorativo. A parte, ovviamente, l’omissione; la rimozione ed il danneggiamento, che possono essere commesse da chiunque.

Quello in esame è quindi un reato riconducibile al datore di lavoro, oppure di altre figure dell’organigramma aziendale incaricate di adottare le misure di sicurezza e protezione richieste dalla legge (è pertanto configurabile come reato proprio).

Il secondo comma dell’art. 437 c.p. prevede l’ipotesi di un’aggravante speciale: «Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni».

Il tipo di dolo richiesto è quello generico, che si esplica nella volontà di non adempiere all’obbligo di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro contro gli infortuni.

Le condotte descritte dall’art. 437 c.p. sono previste, nella forma colposa e con una significativa differenza, all’art. 451 c.p., rubricato “Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro”.

È richiesta la colpa, violazione di leggi, regolamenti, ordini, discipline o derivante da imprudenza, imperizia o negligenza che devono essere rapportate alle caratteristiche del soggetto agente (ad esempio: le mansioni svolte ed il ruolo nell’organigramma aziendale).

A prescindere da quanto sopra enunciato, è doveroso ricordare l’applicabilità degli artt. 589 e 590 del codice penale, che disciplinano rispettivamente: “Omicidio colposo” e “Lesioni personali colpose”.

 

Marzo 2021: perché scioperano i lavoratori di Amazon

La salute e la sicurezza dei lavoratori, giuridicamente sintetizzate nel paragrafo precedente, sono sovente oggetto di attenzione mediatica. I casi riguardanti infortuni sul lavoro; mancanza dei sistemi di protezione o sicurezza; oppure ancora le cosiddette “morti bianche”, sono tutt’ora frequenti.

È in questo contesto che si colloca la protesta dei lavoratori italiani di Amazon, scoppiata nel marzo del 2021.

Il 22 marzo alcune sigle sindacali proclamano il primo importante sciopero delle sedi italiane di Amazon: l’obiettivo è ottenere condizioni di lavoro più sicure, capaci di garantire effettivamente la salute e la sicurezza del personale.

La società americana è chiamata ad apportare cambiamenti significativi per la gestione quotidiana del lavoro, come: riduzione dell’orario dei drivers; stabilizzazione dei tempi e rivedere la turnazione; continuità nel rapporto[4].

Lo sciopero di 24 ore, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica (ed i consumatori, sovente ignari di “cosa vi è dietro” i comodi acquisti a distanza), ha un impatto notevole. All’improvviso emerge una realtà fino a quel momento taciuta – oppure messa a tacere – caratterizzata da infortuni sul lavoro, patologie e malesseri, turni alienanti.

Gli addetti al magazzino, alla consegna ed alla logistica, intervistati da diverse testate giornalistiche, narrano esperienze simili: dolori e lesioni a tendini o articolazioni, malesseri[5], comparsi dopo giorni intensivi a quella che – a tutti gli effetti –  può essere definita come una “catena di montaggio”.

Tutto ciò corrisponde ad una mancata tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, causa primaria di infortuni e malattie professionali. A questo punto occorre fare chiarezza su questi due termini, in modo da comprendere al meglio i rischi che interessano i lavoratori del colosso americano.

 

Le definizioni di ‘infortunio sul lavoro’ e ‘malattia professionale’

L’infortunio sul lavoro è inteso come: «Ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona o ne menomi parzialmente o totalmente la capacità lavorativa. Gli elementi integranti l’infortunio sul lavoro sono: la lesione, la causa violenta, l’occasione di lavoro»[6].

La malattia professionale, invece, è definita come: «Un evento dannoso che agisce sulla capacità lavorativa della persona e trae origine da cause connesse allo svolgimento della prestazione lavorativa. La causa agisce lentamente e per gradi sull’organismo del soggetto e deve risultare in diretta relazione con l’esercizio di determinate attività nelle quali trovare la propria origine. Il vigente sistema di tutela si fonda su una presunzione legale del nesso di causalità tra la tecnopatia, elencata in un’apposita tabella, e le corrispondenti lavorazioni nocive»[7].

Queste due definizioni ben si adattano alle conseguenze sull’integrità psico-fisica di magazzinieri, trasportatori, addetti all’imballaggio, contestata dagli scioperanti. L’organizzazione quotidiana delle attività produttive deve coniugarsi con la possibilità di recuperare le energie, oltre a non esercitare pressioni che possono generare situazioni rischiose. Stanchezza, reiterazione frenetica dei compiti da svolgere, carichi sovente insostenibili, possono pregiudicare salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

È su tali premesse che i sindacati, in virtù di un interesse collettivo[8], invitano ad “incrociare le braccia”, per ottenere un ambiente lavorativo più sano.

L’avvento della pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione: da un lato incrementando i tempi necessari – già ritenuti “ossessivi” – per evadere le numerose richieste di consegna, dall’altro lato generando il timore per il contagio tra i lavoratori[9].

 

Lo sciopero italiano non è isolato: la protesta è globale

A livello internazionale si diffondono sempre più notizie riguardanti proteste e scioperi dei dipendenti di Amazon, le cui condizioni poste a garanzia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono venute meno.

È da alcuni anni, ad esempio, che “corrono voci” su limitazioni all’accesso al bagno durante l’orario di lavoro. Nel 2021 la società ammette la prassi di urinare in bottigliette a causa della frenesia lavorativa, attribuendola però solo agli autisti[10].

In realtà i casi di lesione alla salute e sicurezza nella filiera di Amazon sarebbero più ampi e complessi: basti pensare alle recenti rivendicazioni inglesi, volte a denunziare sfruttamento ed assenza di tutele. Anche in questo caso si parla di “cattive pratiche di lavoro” come: pressioni sulla produzione; controlli; precarietà[11]. O, ancora, è possibile fare riferimento ad alcuni dati francesi che evidenziano come buona parte dei lavoratori si rivolga ai medici per: malattie professionali, incidenti sul lavoro, stress, problematiche ai muscoli, ossa o articolazioni[12].

Italia, Inghilterra, America… Nel mondo globalizzato non sono solamente le storie a ripetersi, ma anche le forme di mobilitazione: in occasione dello sciopero italiano del 22 marzo giunge la solidarietà da oltre oceano, precisamene dall’Alabama dove si sta votando per “portare il sindacato in Amazon”[13].

 

Conclusioni

La nostra società postmoderna ha modificato ogni aspetto dell’esistenza umana, rendendola – citando le famose parole di Zygmunt Bauman – liquida. Da ciò deriva anche la possibilità di scegliere tra innumerevoli servizi a domicilio, come Amazon, spesso realizzati a discapito della sicurezza e sicurezza dei lavoratori. La società può essere anche liquida, caratterizzata da una fluidità orientata all’innovazione; ma non deve diventare gassosa ed evanescente.

A non dissolversi in nome della corsa estrema al profitto devono essere, tra le altre cose, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. I principi costituzionali del nostro ordinamento, argomentati nella parte iniziale dell’articolo, non possono essere derogati.

Informazioni

Antolisei F., Manuale di diritto penale. Leggi complementari, I, ed. 2007, Milano, Giuffrè Editore.

Berthelot B., Amazon: un rapport alarmant sur les conditions de travail à Montélimar, www.capital.fr, 26/10/2018

Davies R., UK must compel Amazon to improve worker conditions, say unions, www.theguardian.com, 12/10/2020.

Del Corno M., Sciopero Amazon, Cgil: “Adesioni al 75%”. L’azienda: “Non oltre il 20%”. Solidarietà ai dipendenti anche dagli Usa, www.ilfattoquotidiano.it, pubblicato il 22/03/2021.

Ferraglioni G., Amazon, oggi il primo sciopero dei lavoratori: “Chiediamo più tutele e ritmi di lavoro sostenibili”, www.open.online, pubblicato il 22/3/2021

Ferro E., Oggi lo sciopero Amazon, parlano i lavoratori: “Ecco perché vi chiediamo di non comprare per 24 ore”, www.repubblica.it, pubblicato il 22/03/2021.

Mastrandrea A., Storie e denunce di chi smista i pacchi di Amazon, www.internazionale.it, pubblicato il 18/03/2019.

REDAZIONE LA REPUBBLICA, Usa, Amazon ammette: dipendenti costretti a fare pipì nelle bottiglie, www.repubblica.it, pubblicato il 03/04/2021.

Sidari G., L’infortunio sul lavoro, Università LUISS, tesi di laurea Dipartimento di Giurisprudenza, A.A. 2018-2019.

Topolska V., Il diritto di sciopero. Il diritto di sciopero rappresenta l’astensione collettiva dal lavoro da parte di dipendenti a tutela dei propri interessi, www.dirittoconsenso.it, pubblicato il 09/12/2020. Link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/12/09/il-diritto-di-sciopero/

www.brocardi.it

www.lavoro.org.it

[1] Il riferimento è alla prima parte del comma 1 dell’art. 32: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo», nonché al comma 2: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

[2] Si rimanda alla seconda parte del comma 1 dell’art. 32 in cui è sancita la tutela della salute nell’interesse della collettività e le cure agli indigenti.

[3] G. Sidari, L’infortunio sul lavoro, Università LUISS, tesi di laurea Dipartimento di Giurisprudenza, A.A. 2018-2019.

[4] E. Ferro, Oggi lo sciopero Amazon, parlano i lavoratori: “Ecco perché vi chiediamo di non comprare per 24 ore”, www.repubblica.it, pubblicato il 22/03/2021.

[5] A. Mastrandrea, Storie e denunce di chi smista i pacchi di Amazon, www.internazionale.it, pubblicato il 18/03/2019; E. Ferro, cit.

[6] Definizione ufficiale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sito internet www.lavoro.gov.it.

[7] Definizione ufficiale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sito internet www.lavoro.gov.it.

[8] V. Topolska, Il diritto di sciopero. Il diritto di sciopero rappresenta l’astensione collettiva dal lavoro da parte di dipendenti a tutela dei propri interessi, www.dirittoconsenso.it, pubblicato il 09/12/2020.

[9] G. Ferraglioni, Amazon, oggi il primo sciopero dei lavoratori: “Chiediamo più tutele e ritmi di lavoro sostenibili”, www.open.online, pubblicato il 22/3/2021

[10] Redazione La Repubblica, Usa, Amazon ammette: dipendenti costretti a fare pipì nelle bottiglie, www.repubblica.it, pubblicato il 03/04/2021.

[11] R. Davies, UK must compel Amazon to improve worker conditions, say unions, www.theguardian.com, 12/10/2020.

[12] B. Berthelot, Amazon: un rapport alarmant sur les conditions de travail à Montélimar, www.capital.fr, 26/10/2018.

[13] M. Del Corno, Sciopero Amazon, Cgil: “Adesioni al 75%”. L’azienda: “Non oltre il 20%”. Solidarietà ai dipendenti anche dagli Usa, www.ilfattoquotidiano.it, pubblicato il 22/03/2021.