L’evoluzione delle funzioni della polizia penitenziaria oltre la concezione meramente custodiale

 

Premessa

Le principali funzioni della Polizia Penitenziaria sono efficacemente sintetizzate nel motto “Despondere spem munus nostrum” (garantire la speranza è il nostro compito), trascritto sullo stemma araldico del Corpo.

Il percorso che ha condotto all’attribuzione di tali funzioni è lungo e si intreccia con i mutamenti giuridici e sociali del carcere e della funzione della pena: dall’ottica meramente retributiva ed afflittiva, alla rieducazione e al reinserimento in società dei detenuti.

Oggi la polizia penitenziaria è un Corpo che fa capo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), espleta mansioni specialistiche sia all’interno che all’esterno degli istituti penitenziari.

 

Brevi cenni storici sull’evoluzione della polizia penitenziaria

Il 15 dicembre 1990 è stata emanata la legge numero 395 con la quale si prevedeva la smilitarizzazione e l’istituzione del Corpo così come lo conosciamo oggi, comprensivo anche di nuove funzioni della polizia penitenziaria. Nell’arco di cento anni le funzioni della polizia penitenziaria sono passate dalla mera – seppur importante – custodia dei carcerati, alla partecipazione al trattamento.

I passaggi salienti dell’iter di evoluzione e trasformazione, che ha indotto questo epocale mutamento, possono essere così sintetizzati:

  • le Regie Patenti “Regolamento della famiglia di giustizia modificato” del 18 marzo 1817 statuiscono la nascita ufficiale del Corpo. La volontà del sovrano Vittorio Emanuele I era il radicale smantellamento del sistema giuridico francese – soprattutto penale – allora vigente, comprensivo anche della nascita di un sistema carcerario statale[1]. Le “famiglie di giustizia”, cui era affidata la gestione dei detenuti, erano organizzate gerarchicamente: brigadieri (per la città di Torino erano previsti anche un Primo Brigadiere ed un Vice Questore), sotto-brigadieri e soldati semplici. Il testo normativo prevedeva che: «Le funzioni di custode saranno esercitate da brigadieri e sotto-brigadieri di custodia». In base all’organizzazione gerarchica sopracitata, al vertice di ogni Famiglia era collocato un ispettore che vigilava sull’operato dei sottoposti e procedeva a controlli nelle carceri, oltre a svolgere una funzione assistenziale nei confronti dei detenuti. Gli ispettori, infatti, dovevano occuparsi delle esigenze delle persone inferme o malate private delle libertà personali[2];
  • tra il 1860 ed il 1862, in corrispondenza all’unità nazionale, è realizzata una suddivisione più organica degli stabilimenti carcerari e del personale in essi operante: bagni penali, carceri giudiziarie, case di custodia, case penali. Di grande rilievo è stata l’istituzione nel 1861 (R.D. n. 255) della Direzione Generale delle carceri, direttamente alle dipendenze del Ministero dell’Interno;
  • nel 1922 l’amministrazione della polizia penitenziaria è assegnata al Ministero di Grazia e Giustizia, ora nominato solo Ministero della Giustizia, ove rimarrà;
  • la smilitarizzazione del 1990 “cambia volto” alla polizia penitenziaria, tramutandola in una forza di polizia con regolamento civile. Si tratta nello specifico di un “corpo militarmente organizzato”, ossia ispirato ad una struttura organizzativa militare ma privo di militarità[3];
  • la nascita nel 1997 del Gruppo Operativo Mobile (G.O.M.), composto da personale scelto tra i ranghi della Polizia Penitenziaria, ed adibito al mantenimento dell’ordine negli istituti in situazioni critiche.

 

Le funzioni della polizia penitenziaria per le persone private della libertà personale

Quando si pensa alle funzioni della polizia penitenziaria, tendenzialmente, affiora alla mente il compito storico ed universalmente riconosciuto ai “custodi del carcere”: la gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o di limitazione delle libertà personali.

Tale affermazione, seppur corretta, può risultare tuttavia incompleta ed imprecisa.

L’art. 5 della legge n. 395/1990, infatti, enuclea in modo più dettagliato le mansioni che gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono espletare:

  • assicurare l’esecuzione delle misure privative della libertà personale;
  • garantire l’ordine interno e la sicurezza degli istituti di prevenzione e di pena;
  • tradurre i detenuti e gli internati e svolgere il servizio di piantonamento per gli stessi soggetti nei luoghi esterni di cura (ad esempio negli ospedali);
  • partecipare ai servizi di ordine e di pubblica sicurezza o pubblico soccorso;
  • prendere parte alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo per i detenuti e gli internati, nei limiti dei compiti di polizia.

 

Quest’ultimo punto assume una rilevanza fondamentale tra le funzioni della Polizia Penitenziaria: non si occupa direttamente del trattamento, ma vi contribuisce fornendo osservazioni che possono rivelarsi utili ai fini della programmazione delle attività. Il regolamento del Corpo, all’art. 34, è chiaro: il personale della penitenziaria vigila ed osserva. È un corpo di polizia, non può avere funzioni trattamentali, ma può dare in tale senso – e nei limiti imposti –  il proprio apporto[4].

Il superamento della concezione tipicamente custodiale delle funzioni della Polizia Penitenziaria è, però, particolarmente evidente nel penitenziario minorile. Il nostro legislatore ha inteso la pena detentiva per i minori come l’extrema ratio, solamente per coloro che hanno già usufruito di misure alternative[5].

Il “poliziotto penitenziario minorile” deve essere in possesso di alcuni requisiti attitudinali, perché in questo caso partecipa attivamente all’équipe psico-sociale tramite un proprio rappresentante (circolare dell’Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile del 17 febbraio 2006)[6].

 

Le funzioni della Polizia Penitenziaria fuori dal carcere

In conformità al processo di smilitarizzazione e di riconoscimento dello status di forza di polizia, il nostro ordinamento ha riservato altre funzioni alla polizia penitenziaria.

Un interesse particolare è dato dai nuovi ruoli considerati “maggiormente investigativi”:

  • la presenza negli organi della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) e dell’Interpol, sanciti nel D.lgs. n. 218/2012 (il c.d. “codice antimafia”);
  • la gestione della Banca Dati Nazionale del D.N.A. e del Laboratorio Centrale presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (L. n. 85/2009), volto a contrastare la criminalità. A tale fine, il regolamento attuativo (D.P.R. 7 aprile 2016, n. 87) ha autorizzato i tecnici della Polizia Penitenziaria al prelievo di campioni biologici utilizzabili a scopo di indagine.

 

Inoltre, i ruoli direttivi del Corpo sono “sostituti ufficiali di pubblica sicurezza”; mentre sono “agenti di pubblica sicurezza” i ruoli subordinati; nonché “ufficiali e agenti di polizia giudiziaria” a seconda delle qualifiche. In riferimento a quest’ultimo punto, è bene sottolineare come i commissari, gli ispettori ed i sovrintendenti siano ufficiali di polizia giudiziaria in tutto il territorio nazionale e, come per le altre forze di polizia, anche fuori servizio.

Infine, ma non di secondaria importanza, le funzioni della Polizia Penitenziaria comprendono anche:

  • servizi di ordine pubblico richiesti dal Prefetto;
  • controllo dei soggetti agli arresti domiciliari;
  • scorta per obiettivi potenzialmente sensibili o personalità sottoposte a misure di protezione (ad esempio i collaboratori di giustizia, oppure i magistrati);
  • controllo durante lo svolgimento delle procedure concorsuali per l’assunzione del personale dipendente del Ministero della Giustizia, ovvero all’esame di abilitazione per la professione forense o al concorso per il notariato. In alcuni tipi di concorso, principalmente destinati al reclutamento di commissari o dirigenti del Corpo, possono essere membri delle commissioni esaminatrici;
  • espletamento dei servizi di polizia stradale, ex 12 lettera f-bis del Codice della strada.

 

 

Il ruolo delle donne nella Polizia Penitenziaria

Con l’entrata in vigore della L. n. 395/1990 è stato definitivamente sancito l’ingresso delle donne nella Polizia Penitenziaria, prima impiegate come vigilatrici o operaie.

Le donne potevano così essere assunte con pari dignità rispetto ai colleghi uomini, per essere assegnate alle sezioni femminili. L’art. 6 comma 2 della medesima legge, infatti, prevedeva che il personale adibito alle diverse sezioni degli istituti penitenziari sia lo stesso dei detenuti o internati.

Alla base di questa suddivisione vi erano esigenze che, al momento dell’emanazione della L. m. 395/1990, apparivano come prioritarie: adibire le donne a ruoli di ascolto e di comunicazione, aiutare le detenute e le internate nella gestione quotidiana della reclusione.

In sintesi, è possibile affermare che – almeno inizialmente – la presenza delle donne era percepita ancora come una “professione di aiuto e cura”.

La concezione di un carcere moderno, attento al trattamento ed alla non completa separazione con la società, poco si coniuga ancora con tale considerazione del ruolo femminile; nonché con una considerazione di cura nettamente arcaica.

La divisione di sesso all’interno delle sezioni rappresenta, inoltre, un’anomalia nell’organizzazione della Polizia Penitenziaria e del carcere stesso. Basti pensare al fatto che ai vertici essa non sussiste, così come non vi è alcuna differenziazione tra uomini e donne per tutti gli altri operatori: educatori, psicologi…[7].

 

La missione all’estero al servizio delle Nazioni Unite

Nelle società occidentali contemporanee, caratterizzate da una stabilità interna, i corpi di polizia sono stati progressivamente impiegati in operazioni all’estero sotto la guida delle Nazioni Unite.

Nel corso degli ultimi trent’anni si sono moltiplicati gli interventi, sia di peacekeeping che di peacebuilding in aree conflittuali del pianeta[8].

Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila la Polizia Penitenziaria ha partecipato ad un piano di cooperazione con la missione internazionale in Kosovo, mediante l’assegnazione al Penal Management Division Kosovo Correctional – Missione ONU (UNMIK) presso il carcere di Dubrava.

I compiti assegnati prevedevano sia l’addestramento del personale locale dell’istituto di pena, sia la sorveglianza e la traduzione dei detenuti anche dalle prigioni serbe[9].

 

Conclusioni

Nell’incipit dell’articolo è riportato il motto del Corpo: Despondere spem munus nostrum“. Sono parole cariche di impegno nei confronti delle funzioni assegnate, specie alla luce dei cambiamenti sino a questo punto illustrati.

Le funzioni della Polizia Penitenziaria di osservazione e vigilanza ai fini dell’opera rieducativa – consacrata all’art. 27 della Costituzione – così come il coinvolgimento in delicate operazioni all’estero a sostegno di popolazioni afflitte dalla guerra o da persecuzioni, implicano una sentita consapevolezza della locuzione “garantire la speranza”.

Al dì là di ogni retorica, non si tratta di un compito irrealizzabile e lo dimostra la progressiva attribuzione di nuove mansioni, che vanno oltre la tradizionale “custodia dei detenuti”.

Coinvolgimento nel trattamento, ricerca di personale tecnico per i contributi alle indagini, protezione di soggetti rischio… è stata percorsa molta strada dalle prime funzioni prettamente custodiali, altra se ne dovrà ancora percorrere specie per il ruolo delle donne.

Informazioni

Cannizzazo E., Diritto internazionale, Torino, Giappichelli Editore, ed. 2019.

Concas A., La polizia penitenziaria, compiti, funzioni, disciplina giuridica, www.diritto.it , 2017.

Durante G.B., Perché la Polizia Penitenziaria non fa (e non può fare) il trattamento rieducativo dei detenuti, www.poliziapenitenziaria.it .

Pasquali S., Le donne della Polizia Penitenziaria, 2009, www.leduecitta.it , Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Speciale M.C., L’ordinamento penitenziario minorile, 2021, www.dirittoconsenso.it .

Thomas R., Il ruolo della Polizia Penitenziaria minorile per il recupero del minore detenuto, 2020, www.poliziapenitenziaria.it .

Fonte: Le due città. Raccontare il carcere, 2004, www.leduecitta.it , Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Fonte: Notiziario 2017/2, www.carabinieri.it .

[1] Fonte: sito internet della polizia penitenziaria, www.poliziapenitenziaria.gov.it .

[2] Fonte: Notiziario 2017/2, www.carabinieri.it .

[3] A. Concas, La polizia penitenziaria, compiti, funzioni, disciplina giuridica, www.diritto.it , 2017.

[4] G.B. Durante, Perché la Polizia Penitenziaria non fa (e non può fare) il trattamento rieducativo dei detenuti, www.poliziapenitenziaria.it .

[5] M.C. Speciale, L’ordinamento penitenziario minorile, 2021, www.dirittoconsenso.it .

[6] R. Thomas, Il ruolo della Polizia Penitenziaria minorile per il recupero del minore detenuto, 2020, www.poliziapenitenziaria.it .

[7] S. Pasquali, Le donne della Polizia Penitenziaria, 2009, www.leduecitta.it, Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

[8] Con il termine peacekeeping, tradotto come “mantenimento della pace”, si intendono le attività militari e politiche dei “caschi blu” ONU finalizzate a garantire la pace internazionale. Le operazioni di peacebuilding (costruzione della pace), invece, sono volte alla risoluzione dei conflitti bellici. (E. Cannizzazo, Diritto internazionale, Torino, Giappichelli Editore, ed. 2019)

[9] Fonte: Le due città. Raccontare il carcere, 2004, www.leduecitta.it, Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.