Profili giuridici e peculiarità della dichiarazione di morte presunta
Premessa alla trattazione della dichiarazione di morte presunta
Prima di definire il concetto di ‘morte presunta’ è opportuno fare chiarezza sull’uso – erroneo – di alcuni termini che viene fatto nel linguaggio di tutti i giorni. Accade spesso, infatti, di usare o di sentire usare come sinonimi i termini ‘assenza’ e ‘scomparsa’. Tuttavia, nel linguaggio giuridico, essi descrivono situazioni distinte.
Si dice ‘scomparso’ il soggetto che “non è più comparso nel luogo del suo ultimo domicilio o dell’ultima residenza e non se ne hanno più notizie”. Trattasi, dunque, di una situazione fattuale. L’assenza, invece, è una situazione di diritto, che garantisce ai legittimati una tutela specifica dei loro interessi: i presunti successori per legge dello scomparso, nonché coloro che ritengano di avere diritti dipendenti dalla morte del soggetto, trascorsi due anni “dal giorno a cui risale l’ultima notizia”, possono domandare al tribunale competente che venga dichiarata l’assenza.
Il passaggio successivo (e per ‘successivo’ si intende “quando siano trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia dello scomparso”) sarà proprio la dichiarazione di morte presunta[1].
Definizione
La morte presunta, a differenza dell’assenza, tende a realizzare un assetto definitivo, al fine di rimediare a una situazione di incertezza. Essa, infatti, produce gli stessi effetti patrimoniali e personali della morte naturale: si apre una successione per causa di morte, con tutti gli effetti che ne derivano; il coniuge del presunto morto ha la facoltà di contrarre nuovo matrimonio civile (per il diritto canonico, la dichiarazione di morte presunta non abilita il coniuge a contrarre matrimonio canonico)[2].
In definitiva, con la dichiarazione di morte presunta si attua un “mezzo di accertamento indiretto della morte di un soggetto”, secondo le modalità indicate dalla legge.
Procedura ed effetti
Il Codice Civile individua un elenco tassativo di soggetti che, portatori di diritti di carattere patrimoniale, possono presentare il ricorso per la dichiarazione di morte presunta. Il ricorso non può essere presentato in relazione ai minorenni, per i quali la legge stabilisce che “la sentenza” possa essere pronunciata solo una volta trascorsi 9 anni dal compimento della maggiore età.
Il rito richiede la pubblicazione del ricorso in Gazzetta Ufficiale, per due volte consecutive a distanza di 10 giorni, e sul sito internet del Ministero della Giustizia, cui segue una sospensione semestrale del giudizio. In questo modo si realizza una notificazione per pubblici proclami[3], a beneficio di tutti coloro che avessero interesse a partecipare al procedimento.
A conclusione della procedura se il giudice lo riterrà, pronuncerà sentenza dichiarativa della morte presunta[4], la quale dovrà contenere l’ora del decesso al fine di determinare i successori del defunto (che rientrano nell’elenco “chiuso” dei soggetti legittimati a presentare il ricorso).
La legge richiede, inoltre, l’annotazione della sentenza nell’atto di nascita e anche negli eventuali atti di matrimonio.
Agli stessi soggetti legittimati a presentare il ricorso, il legislatore ha riservato anche il diritto all’impugnazione.
Rimedi
Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi: “cosa accade nel caso di ritorno del presunto morto?”.
L’assetto che si viene a creare con la dichiarazione di morte presunta è una situazione reversibile, poiché l’ipotesi di ritorno del presunto morto ripristina la situazione anteriore all’accertamento, senza necessità di alcun intervento giudiziale[5].
Il Codice Civile riconosce al presunto morto, che abbia fatto ritorno o del quale si ha la prova essere in vita, il diritto di recuperare “i beni nello stato in cui si trovano” e di “conseguire il prezzo di quelli alienati o i beni nei quali sia stato investito”.
Nel rispetto dei principi di buona fede che governano il nostro ordinamento civile, i possessori dei beni del presunto morto sono considerati “in buona fede” e, pertanto, gli atti compiuti da questi ultimi risultano irrevocabili.
Quanto invece al coniuge superstite che abbia contratto nuove nozze, il secondo matrimonio, nell’ipotesi di ritorno del coniuge presunto morto, è nullo, considerato che sarebbe stato celebrato in assenza del requisito della libertà di status, richiesto ai fini della validità dell’atto.
Tuttavia, la nullità (o annullabilità assoluta, come sostenuto dalla dottrina[6]) non inficia i diritti civili derivanti dall’unione coniugale ai figli nati dal secondo matrimonio.
Informazioni
Figone A., Assenza, scomparsa e morte presunta, in Il Familiarista
De Rosa A., La morte presunta, in AA.VV., Formulario commentato della volontaria giurisdizione, CEDAM, Padova, 2006
Codice Civile – https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/codiceCivile
[1] La dichiarazione di morte presunta non richiede la preventiva pronuncia di assenza del soggetto.
[2] La legge Cirinnà estende espressamente la specifica disciplina matrimoniale all’unione civile tra persone del medesimo sesso. Pertanto, con la morte presunta della persona civilmente unita, il superstite potrà contrarre nuova unione civile. Sulla Legge Cirinnà si veda: http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/15/legge-cirinna-e-successive-conseguenze/
[3] Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede, può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami (art. 150 c.p.c.).
[4] Il tribunale dichiara la morte presunta solo quando ritenga estremamente probabile l’avvenuto decesso, tenendo conto delle circostanze in cui è avvenuta la scomparsa e di tutti gli elementi del caso concreto.
[5] La regola non si estende all’esercizio dell’azione di accertamento di cui all’art. 67, opportuna relativamente agli obblighi di rettifica degli atti dello stato civile.
[6] La nullità non opera in automatico, essendo necessario un procedimento di impugnazione ex art. 117 c.c. da parte dei legittimati, all’esito del quale il tribunale pronuncerà una sentenza di carattere costitutivo.

Benedetta Probo
Ciao, sono Benedetta. Sono nata a Milano il 24 novembre 1994, ma ho vissuto fino al compimento della maggiore età in un paese della provincia di Lecce, Tricase. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il liceo statale locale, nel 2013 sono tornata nella mia città natale per intraprendere gli studi giuridici presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e nel luglio 2018 ho conseguito a pieni voti la laurea magistrale in giurisprudenza, discutendo una tesi in diritto pubblico comparato, dal titolo: “Profili di Ordinamento Giudiziario nel Diritto Comparato”. Successivamente ho iniziato e concluso il periodo di tirocinio della durata di 18 mesi presso la Corte d’Appello di Milano, e parallelamente ho svolto un periodo di pratica forense presso uno studio legale di diritto civile. Nella fase post lauream ho potuto approfondire il diritto civile puro, sostanziale e procedurale, senza però accantonare mai del tutto la mia passione per le materie penalistiche.