Cosa significa Giustizia Riparativa? Un approfondimento delle fonti normative e delle modalità di utilizzo del suo strumento principe

 

Le fonti di diritto internazionale della Giustizia Riparativa, quali sono i suoi strumenti e come avviene il procedimento di mediazione

Tra le principali norme sovranazionali che si riferiscono alla giustizia riparativa vi sono:

  • La Raccomandazione R (85) 11[1];
  • la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99, che definisce lo strumento della mediazione penale;[2]
  • La Raccomandazione R (2006) 2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee al paragrafo 103 n. 7 prevede che “I detenuti che lo desiderano possono partecipare a programmi di giustizia riparativa e riparare le infrazioni commesse”;[3]
  • Dichiarazione di Vienna su criminalità e giustizia[4];
  • Direttiva europea 29 del 2012[5].

 

Dal punto di vista normativo la giustizia riparativa è definita pertanto da norme di carattere internazionale, quale la Direttiva UE n. 29/2012, che la definisce come:

“Qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale”.

 

Questa definizione è frutto dei Basic Principles on the use of restorative justice – ONU 2000-2002, che definiva tale paradigma di Giustizia come:

“il procedimento in cui la vittima, il reo e/i altri soggetti o membri della comunità lesi da un reato partecipano attivamente insieme alla risoluzione della questione emersa dell’illecito, spesso con l’aiuto di un terzo equo e imparziale”.

 

Il reato, nella sua nuova accezione, è inteso quindi come conflitto tra esseri umani. È una lesione altrui e l’obiettivo è quello di porre rimedio a tale lesione, attraverso la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti alla commissione del delitto. La caratteristica pregnante è quella di passare dalla responsabilità oggettiva verso qualcosa, alla responsabilità soggettiva verso qualcuno, l’Altro.

 

I diversi strumenti della giustizia riparativa

Numerosi sono anche i diversi strumenti di cui la giustizia riparativa si serve:

  • Mediazione reo-vittima;
  • Mediazione con vittima a-specifica (in alcuni reati l’individuazione della vittima non è immediata o non è possibile pertanto la mediazione può essere effettuata con un’altra vittima che abbia subito un reato analogo sempre sulla base del principio di volontarietà);
  • Community/Family Group Conferencing (mediazione allargata a gruppi parentali);
  • scuse formali attraverso lo strumento della lettera (apology)
  • community restorative board (dove gruppi di cittadini incontrano l’autore del fatto per predisporre un percorso riparativo);
  • community sentencing/peacemaking circles (la comunità viene coinvolta nel predisporre un programma sanzionatorio corrispondente agli interessi di tutti i soggetti coinvolti);
  • community/neighbourhood/victim impact statements (una modalità che viene utilizzata soprattutto nei reati senza vittima individuata per sottolineare le conseguenze sociali del crimine);
  • victim/community impact (scambi comunicativi di piccoli gruppi di vittime e di autori);

 

Lo strumento principe della Giustizia Riparativa è la mediazione. Questa è definita dalla Raccomandazione 19 (1999) del Consiglio d’Europa come:

il procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla risoluzione delle difficoltà derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo indipendente“.

 

Tale terzo indipendente è stato individuato nella figura del mediatore, il quale facilita il confronto tra le parti.

 

Le caratteristiche e le funzioni del mediatore e i principi della mediazione

Il mediatore è una figura terza, imparziale, equiprossima alle parti. Il linguaggio usato dal mediatore deve tendere al riconoscimento delle emozioni del conflitto per mirare al raggiungimento di una possibilità di riparazione.

Il mediatore differisce dalla tradizionale figura del giudice per la sua equiprossimità. Questo neologismo (equiprossimo) significa che occorre una uguale vicinanza a entrambe le parti in conflitto per avviare in loro un processo di responsabilizzazione e riconoscimento di quanto accaduto.

La mediazione non è uno strumento obbligatorio ma si basa sul principio della volontarietà, ovvero sono le parti a scegliere quando e se entrare in mediazione.

Altri principi dello strumento mediativo sono la confidenzialità e il non giudizio:

  • La confidenzialità implica che le questioni emerse durante la mediazione non vengono riportate all’esterno da parte del mediatore e nemmeno quanto detto nei colloqui preliminari dalle singole parti verrà riferito ad entrambe durante il procedimento di mediazione.
  • Il principio del non giudizio prevede che il ruolo dei mediatori esuli da quello dell’organo giudicante, dal creare un nuovo processo o dall’emettere sentenze, né sul piano relazione di dare consigli o di interpretare le questioni emerse ma di ascoltare in maniera attiva/riflessiva per rimandare i sentiti e le questioni emerse alle parti. I mediatori hanno il ruolo di facilitare la comunicazione che si è interrotta, prima portando le parti ad un riconoscimento delle proprie emozioni e di quelle dell’altro, poi dei valori, fino ad arrivare, se ci sono le condizioni, ad un atto di riparazione.

 

La mediazione reo/vittima avviene in un incontro congiunto delle parti con tre mediatori (possibilmente due dei quali non devono aver incontrato le parti nei colloqui preliminari). Dopo una premessa in cui i mediatori spiegano come si svolgerà la mediazione, le due parti iniziano a raccontare il loro punto di vista, senza interagire e senza interrompersi. Successivamente uno dei mediatori sintetizza e rimanda quanto riportato da entrambe e le parti possono iniziare ad interagire.

L’esito della mediazione viene valutato dai mediatori secondo la presenza o meno di alcuni indicatori “irrinunciabili” quali:

  • chiara percezione del mediatore che le parti hanno avuto la possibilità di esprimere a fondo i propri sentimenti;
  • chiara percezione del mediatore che le parti sono giunte a una diversa visione l’uno dell’altro, a un riconoscimento reciproco, a un rispetto della dignità dell’altro (non necessariamente a una riappacificazione);
  • chiara percezione del mediatore di un cambiamento fra le parti rispetto alle modalità di comunicazione;
  • raggiungimento di una riparazione simbolica o materiale.

 

Emerge il concetto di riparazione, sul quale è opportuno soffermarsi. A differenza infatti del concetto di riparazione che nella giustizia retributiva viene assimilato alla mera sanzione, al risarcimento del danno, ai lavori socialmente utili o alle restituzioni, l’obiettivo primario della riparazione nel paradigma della giustizia riparativa è quello di non confinare ad un ruolo marginale l’oggetto reale o simbolico dell’offesa, sia esso persona fisica, collettività, istituzioni o valori ideologici dell’ordinamento. Esulano infatti dalle forme di riparazione i cc.dd. lavori di pubblica utilità imposti al reo.

La riparazione che emerge dal procedimento mediativo è una riparazione voluta e concordata da entrambe le parti: vittima e reo partecipano attivamente (sempre su base volontaria) alla costruzione della riparazione, non subendo solamente una mera decisione passiva, seppur necessaria e imprescindibile quale proviene dalla sentenza.

 

Conclusioni

Il potenziale della giustizia riparativa è enorme in quanto essa non pone al centro l’autore di reato, ma la stessa vittima, la quale può partecipare attivamente. La giustizia riparativa coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto, generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo, attraverso un riconoscimento reciproco che porta a ricucire il patto di cittadinanza che è stato frantumato dalla commissione del reato.

Una giustizia nuova e inclusiva che rinnova in partenza la risposta al crimine commesso, al vulnus creato nell’ordinamento giuridico.

Informazioni

Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99 (https://rm.coe.int/168091ebf7 )

“Lo spirito della mediazione”, Jacqueline Morineau, Ed. Franco Angeli, 2004

Basic Principles on the use of restorative justice-ONU 2000-2002 (https://www.unodc.org/pdf/criminal_justice/Basic_Principles_on_the_use_of_Restorative_Justice_Programs_in_Criminal_Matters.pdf )

http://www.dirittoconsenso.it/2021/10/22/la-rieducazione-del-condannato/

[1] Raccomandazione R (85) 11, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 28 giugno 1985.

[2] Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99, adottata il 15/09/1999 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulla mediazione penale a Strasburgo.

[3] Art. 27, Raccomandazione R (2006) 2 “Con cui gli Stati membri si impegnano alla promozione del principio di legalità ed al potenziamento del sistema giustizia penale, nonché allo sviluppo ulteriore della cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità transnazionale ed all’effettiva prevenzione della criminalità. Alcuni punti della dichiarazione trattano specificatamente la definizione di impegni verso l’introduzione di “adeguati programmi di assistenza alle vittime del crimine, a livello nazionale, regionale, ed internazionale, quali meccanismi per la mediazione e la giustizia riparatrice” individuando nel 2002 il “termine ultimo per gli Stati per rivedere le proprie pertinenti procedure, al fine di sviluppare ulteriori servizi di sostegno alle vittime e campagne di sensibilizzazione sui diritti delle vittime, e prendere in considerazione l’istituzione di fondi per le vittime, oltre allo sviluppo e all’attuazione di politiche per la protezione dei testimoni”

[4] Dichiarazione di Vienna su criminalità e giustizia, adottata nel X Congresso delle Nazioni Unite sulla Prevenzione del Crimine e il trattamento dei detenuti, Vienna 10-17 aprile 2000

[5] Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.