Il processo esecutivo: analisi dell’espropriazione forzata e delle fasi che la caratterizzano, dagli atti preliminari alla distribuzione della somma ricavata ai creditori
Il processo esecutivo: brevi cenni generali
Prima di comprendere l’espropriazione forzata e le fasi di questa, è necessario fare una breve introduzione. Il processo di esecuzione tende all’attuazione coattiva di un diritto di credito già accertato[1] ma non eseguito spontaneamente. Tale procedimento è rivolto alla soddisfazione materiale del diritto e si affianca, in molti casi in rapporto di strumentalità, al processo di cognizione, che contrariamente è rivolto all’accertamento del diritto, all’ottenimento di una sentenza di condanna ovvero alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico.
L’azione esecutiva, dunque, presuppone l’accertamento del diritto che si vuole far valere, e tale accertamento deve essere contenuto in un documento che lo rappresenti senza incertezze e dal quale si evinca chiaramente l’identità del creditore e del debitore (il c.d. titolo esecutivo).
Gli atti preliminari del processo esecutivo: titolo esecutivo e precetto
Come anticipato, dunque, Il processo esecutivo presuppone l’esistenza di un valido titolo esecutivo. L’art. 474 c.p.c. cristallizza il principio della nulla executio sine titulo, affermando che l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto: certo, liquido ed esigibile. Salvo alcune specifiche eccezioni, ai fini della validità come titolo esecutivo, è necessario che sul documento vi sia la c.d. “spedizione in forma esecutiva” che consiste in un’ingiunzione scritta che il cancelliere o il notaio appone materialmente sul documento.
Possiamo definire il titolo esecutivo come condizione necessaria e sufficiente per esercitare l’azione esecutiva. Più precisamente condizione sufficiente perché basta essere in possesso di un titolo tra quelli individuati dal codice di rito per iniziare ad avvalersi del procedimento esecutivo previsto dalla legge, mentre è condizione necessaria perché se si è privi di tale documento non si può dar inizio alla suddetta procedura[2].
Il precetto, invece, consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Questo deve contenere, a pena di nullità: l’indicazione delle parti, la data di notifica del titolo esecutivo, l’avvertimento al debitore che può avvalersi di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice per cercare un accordo con il creditore, e infine, la dichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice dell’esecuzione[3].
Sia il titolo esecutivo che il precetto devono essere notificati al debitore. La notificazione del titolo esecutivo e del precetto consiste nella consegna al debitore da parte dell’ufficiale giudiziario e a seguito della richiesta del creditore, di una copia autenticata del documento. La ratio è quella di offrire per l’ultima volta al debitore la possibilità di adempiere spontaneamente, evitando l’esecuzione forzata, oltre a garantirgli una effettiva conoscenza di tutti gli elementi dell’azione esecutiva. Notificazione di titolo e precetto sono atti autonomi tra i quali non deve intercorrere alcun intervallo, anzi la legge consente la notificazione contemporanea dei due atti, purché sia fatta personalmente.
Diversi tipi di processo esecutivo
Si prevedono diversi tipi di processo d’esecuzione a seconda di quale sia il diritto che si vuole far valere. In particolare si distingue tra:
- esecuzione in forma specifica ed
- espropriazione forzata in forma generica.
La prima è prevista nei casi di esecuzione per consegna di mobili o rilascio di immobili, di esecuzione di obblighi di fare o non fare o nei casi in cui si applicano misure di coercizione indiretta. L’espropriazione forzata[4] può invece essere definita come quel particolare processo esecutivo che consta di una serie di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio e a convertirli in denaro al fine di soddisfare il credito o la pretesa creditoria vantata dal creditore. Essa è una forma di esecuzione c.d. indiretta, a differenza dell’esecuzione in forma specifica, che invece è definita diretta in quanto ha ad oggetto proprio il bene dovuto.
Le fasi dell’espropriazione forzata
Il procedimento esecutivo per espropriazione forzata si articola, necessariamente, in tre fasi:
- 1° FASE: il pignoramento: atto con il quale i beni sottratti alla libera disponibilità del debitore vengono sottoposti al potere dell’ufficio esecutivo;
- 2° FASE: la liquidazione dell’attivo: i suddetti beni vengono trasformati in una somma di denaro;
- 3° FASE: la distribuzione forzata di quanto ricavato ai creditori[5].
A queste fasi c.d. necessarie si aggiunge talvolta una ulteriore fase eventuale nel caso in cui vi sia l’intervento di altri creditori nella procedura.
Prima fase: il pignoramento
Salvo il caso in cui vi siano beni mobili sottoposti a pegno o ipoteca mobiliare, il pignoramento[6] è l’atto con cui inizia qualsiasi forma di espropriazione forzata. Questo consiste “in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi”[7] . In sostanza, consiste nel descrivere o indicare le cose da pignorare, vincolandole al processo esecutivo.
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 90 giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita. Da un punto di vista soggettivo il pignoramento è un atto dell’ufficiale giudiziario su istanza del creditore, previa esibizione di titolo esecutivo e precetto notificati. Dal punto di vista oggettivo, è un’ingiunzione fatta al debitore, eseguita previa l’esatta indicazione del credito e dei beni da assoggettare all’espropriazione.
Il creditore può scegliere liberamente i beni da pignorare[8], il debitore tuttavia in alcuni casi può evitare il pignoramento: in che modo può farlo? Può liberarsi versando una somma di danaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese; così può prevenirlo se corrisponde nelle mani dell’Ufficiale Giudiziario l’importo del credito e delle spese affinché questi lo destini al creditore[9][10].
Fase eventuale: l’intervento dei creditori
Nel processo civile di esecuzione, l’intervento dei creditori[11] consiste nella possibilità dei creditori interessati, purché sussistano le condizioni previste dalla legge, di intervenire in un’espropriazione già messa in atto da altro creditore[12]. In tal caso il creditore che assume l’iniziativa è chiamato creditore procedente, mentre tutti gli altri sono detti creditori intervenuti.
Quando vi sono più creditori, operano i seguenti principi generali:
- Sullo stesso bene è ammesso un solo processo di esecuzione[13];
- I creditori intervenuti, se muniti di titolo esecutivo, possono provocare i singoli atti espropriativi nell’inerzia del creditore procedente;
- In sede di distribuzione, tutti i creditori sono, per il principio della par condicio creditorum, in condizioni di parità, salva la sussistenza di cause legittime di prelazione.
L’intervento può avvenire in due modalità differenti:
- attraverso la partecipazione all’atto pignoratizio oppure
- attraverso la partecipazione alla distribuzione della somma ricavata.
Si distingue tra intervento tempestivo e tardivo ai fini della collocazione dei creditori nella distribuzione della somma ricavata.
Seconda fase: la vendita o assegnazione dei beni pignorati
Terminata la fase rappresentata dal pignoramento, ha inizio quella destinata alla trasformazione o meglio conversione dei beni pignorati in somma di denaro. Tale finalità si realizza di solito con la vendita forzata anche se è possibile, con le dovute cautele, che il bene sia assegnato direttamente al creditore a soddisfazione delle sue pretese.
Per l’istanza di vendita o assegnazione sono previsti un termine iniziale ed uno finale: questa può essere presentata solo dopo 10 giorni dal pignoramento e non oltre 45 giorni dallo stesso. Il giudice fissa l’udienza per procedere alla vendita o assegnazione nei modi previsti per le varie procedure espropriative. La vendita in particolare, può essere all’incanto se il giudice ritiene di realizzare in questo modo un prezzo superiore alla metà del valore del bene determinato ex art. 568 c.p.c. o senza incanto, modalità preferita dal legislatore. L’udienza per l’autorizzazione alla vendita è un momento fondamentale per i creditori, segna infatti il momento preclusivo per gli interventi tempestivi. In tale udienza, inoltre, sono decise tutte le opposizioni agli atti esecutivi, mentre sono ancora proponibili l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione di terzo.
Terza fase: la distribuzione del ricavato
Conclusasi la fase della conversione, ci si addentra nella terza fase, ovvero verso la conclusione del procedimento esecutivo: la distribuzione del ricavato tra i creditori.
Quest’ultima fase consiste nella ripartizione tra i creditori della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore per realizzare il soddisfacimento del loro credito.
La massa attiva da distribuire tra i creditori è composta da:
- il prezzo dei beni venduti;
- un conguaglio per le cose assegnate;
- eventuali rendite o proventi dei beni pignorati;
- eventuali multe o somme dovute dal creditore aggiudicatario inadempiente[14].
Le regole per la distribuzione, ai sensi dell’art. 510 c.p.c.[15] cambiano a seconda che vi sia uno solo o più creditori.
I criteri previsti sono i seguenti:
- le spese processuali hanno la priorità assoluta;
- vanno poi soddisfatti i creditori muniti di privilegi e di ipoteche in base ai rispettivi diritti di prelazione;
- i creditori chirografari che siano intervenuti tempestivamente e ai quali il ricavato si distribuisce in proporzione ai rispettivi crediti;
- l’eventuale residuo viene suddiviso proporzionalmente tra i creditori chirografari tardivamente intervenuti.
Infine, se avanza ancora qualcosa deve essere consegnata al debitore[16].
Informazioni
[1] In sede di cognizione o in via stragiudiziale.
[2] Cfr. Il procedimento esecutivo e pignoramento – Luisa Camboni su LeggiOggi
[3] Cfr. Art. 480 c.p.c
[4] In particolare è bene sottolineare che la struttura del procedimento esecutivo cambia a seconda della natura dei beni coinvolti (immobili, mobili e crediti) e del luogo in cui gli stessi si trovano (presso il debitore o presso terzi) si distingue infatti tra: Espropriazione forzata mobiliare presso il debitore; Espropriazione forzata mobiliare presso terzi; Espropriazione immobiliare; Espropriazione di beni indivisi; Espropriazione forzata contro il terzo proprietario.
[5] Cfr. Le fasi del procedimento esecutivo https://www.studiocataldi.it/guide_legali/alla-scoperta-dellespropriazione-forzata/fasi.asp#ixzz7Djybw85M
[6] Art. 491 c.p.c.
[7] Art. 492 cpc – Forma del pignoramento
[8] Salvo i casi di pegno o ipoteca sui beni del debitore, in tal caso il creditore non può pignorare altri beni se non sottopone prima ad esecuzione forzata i beni su cui grava il pegno o l’ipoteca.
[9] Come evitare il pignoramento: https://www.studiocataldi.it/guide_legali/alla-scoperta-dellespropriazione-forzata/evitarepignoramento.asp#ixzz7Dk5gurew
[10] Artt. 494 – 495 c.p.c.
[11] Art. 499 c.p.c. – Intervento
[12] Art. 498 – 500 c.p.c.
[13] “Pignoratio super pignorationem non admittitur”
[14] Art. 509 c.p.c.
[15] Per un focus sulla natura delle norme che governano la fase dell’esecuzione penale si rimanda all’articolo di Rebecca Giorli su DirittoConsenso http://www.dirittoconsenso.it/2020/12/28/natura-norme-che-governano-fase-esecuzione-penale/
[16] In questo articolo abbiamo analizzato sinteticamente le principali fasi del processo esecutivo per espropriazione forzata. Per un’analisi schematica sul processo di cognizione, si rimanda all’articolo di Biagio Sapone su DirittoConsenso: “Uno schema pratico del processo civile ordinario” http://www.dirittoconsenso.it/2020/09/01/uno-schema-pratico-del-processo-civile-ordinario/

Federica Della Monica
Ciao, sono Federica. Laureata con lode in giurisprudenza con una tesi di ricerca in diritto commerciale intitolata: "Le Garanzie sui diritti IP: La valorizzazione della proprietà intellettuale nei finanziamenti alle imprese". Avvocato dal 2021, ho svolto la pratica forense in uno studio associato di diritto commerciale e fallimentare. Dopo un percorso in azienda in area corporate legal affairs e alcune esperienze formative in tema business, oggi collaboro come associate in uno studio legale nel team che si occupa di operazioni di M&A. Da sempre attenta a temi politici e sociali, promuovo l'adozione di uno stile di vita sostenibile e la più ampia tutela dei diritti umani. Mi interesso alle nuove tecnologie e in particolare alla blockchain e alle sue infinite possibilità di sviluppo e applicazione.