A causa dei frequenti squilibri contrattuali tra consumatori e professionisti il Legislatore ha predisposto una vera e propria disciplina posta a tutela dei diritti dei consumatori

 

La necessità di tutela dei diritti dei consumatori e breve inquadramento storico

Il consumatore è definito dal Codice del Consumo come la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta[1]. I consumatori, notoriamente, rappresentano una categoria di soggetti particolarmente bisognosa di tutela da parte del Legislatore. Infatti, nella prassi si verificano situazioni di vero e proprio squilibrio tra consumatori e professionisti dal punto di vista contrattuale, stante l’asimmetria che connota queste due categorie. I consumatori, pertanto, sin dal momento genetico della formazione del contratto con il professionista si pongono come “parte debole”: il Legislatore ha per questo ritenuto opportuno intervenire con una disciplina che potesse in qualche modo reprimere gli abusi che si verificavano a danno di questi[2].

A fronte di tale esigenza, il Legislatore è intervenuto con l’introduzione di un’importante fonte normativa che potesse fungere da pietra miliare nella tutela dei diritti dei consumatori: questa è rappresentata dal decreto legislativo del 6 settembre 2005 n. 206, c.d. Codice del Consumo[3].

Prima dell’attuale Codice del Consumo, a tutela dei diritti dei consumatori era posta un’altra importante fonte normativa, la Legge 281/1998. Tale legge, recante la “disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti”, si è posta come particolarmente innovativa per quegli anni, fungendo da raccordo per la normativa di settore precedentemente emanata e apportando anche una serie di novità[4]. In particolare, innovazioni significative si sono registrate nel riconoscere a consumatori e utenti una serie di diritti fondamentali, i quali fino ad allora assumevano rilievo solo quali interessi diffusi o collettivi e azionabili in giudizio solo in forma collettiva[5].

Ad oggi, ad ogni modo, la predetta legge è stata espressamente abrogata dall’articolo 146 del Codice del Consumo, sostituendosi quest’ultimo alla precedente disciplina.

 

L’articolo 2 del Codice del Consumo: i diritti fondamentali

Come premesso, il Codice del Consumo ha apportato un significativo impulso alla tutela dei diritti dei consumatori, in particolare enunciando, tra i suoi primo articoli, una serie di principi e di diritti per così dire fondamentali del consumatore stesso. L’articolo 2 del codice, infatti, rubricato proprio Diritti dei consumatori, riconosce e garantisce i diritti e gli interessi sia individuali che collettivi dei consumatori, promuovendone la tutela anche in forma collettiva e associativa[6].

Al secondo comma del medesimo articolo viene realizzata invece una vera e propria elencazione di quelli che sono i fondamentali diritti dei consumatori, ossia:

  • diritto alla tutela della salute;
  • diritto alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
  • diritto ad un’adeguata informazione e una corretta pubblicità;
  • diritto all’esercizio delle pratiche commerciali secondo buona fede, correttezza e lealtà;
  • diritto all’educazione al consumo;
  • diritto alla correttezza, alla trasparenza e all’equità nei rapporti contrattuali;
  • diritto alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;
  • all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

 

Anzitutto, alla luce di questa disamina, è importante precisare che la dicitura “diritti fondamentali” non ha la medesima cogenza dei diritti di rango costituzionale. Tali diritti, infatti, sono enunciati da una norma ordinaria: il concetto di fondamentale può essere inteso come essenziale, ossia suscettibile di tutela tramite applicazione di una sanzione a seguito di una loro violazione[7]. Altra importante osservazione è quella per cui tali diritti non costituiscono nemmeno un numero chiuso, ma si pongono come basilari rispetto a nuove pretese e nuove necessità di tutele che potrebbero sorgere, giustificando una integrazione degli stessi[8].

 

La correttezza, la trasparenza e l’equità nei rapporti contrattuali

Tra i diritti enunciati dall’articolo 2 comma 2 del Codice del Consumo figura alla lettera e anche quello alla correttezza, alla trasparenza e all’equità da parte dei professionisti.

Volendo procedere ad una analisi più dettagliata degli stessi, si potrebbe inquadrare il primo diritto, quello di correttezza, come un dovere da parte del professionista di non abusare della propria posizione di “contraente forte” per procurarsi un ingiusto vantaggio a scapito del consumatore, che sarà tenuto dall’altra parte a sopportare maggiori sacrifici. Pertanto, la correttezza si pone come una sorta di attenuazione di quello squilibrio tra le parti di cui inizialmente si è parlato. La correttezza assume rilievo quale regola di condotta, ossia parametro a cui deve conformarsi l’agire del professionista.[9]

L’altro importante diritto riportato alla lettera e del medesimo articolo è quello di trasparenza: non si può non considerare il diritto alla trasparenza come direttamente collegato a quello della correttezza, in quanto è di tutta evidenza che, ad esempio, un contratto redatto in maniera chiara, non arzigogolata e appunto trasparente rappresenti uno strumento di maggiore tutela per il consumatore. Proprio anche attraverso la forma del contratto si estrinseca il diritto alla correttezza verso il consumatore, e questa passa necessariamente attraverso la trasparenza che consente al consumatore stesso di prestare un consenso pieno e consapevole[10].

Sempre a tutela dei diritti dei consumatori è posto l’ultimo dei tre diritti enunciati alla lettera e, ossia l’equità, che si pone come un importante strumento correttivo e integrativo del contratto. L’equità qui considerata va peraltro posta in relazione all’articolo 33 del Codice del Consumo, in quale al comma 1 dispone che:” nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Il significativo squilibrio qui menzionato fa riferimento unicamente allo squilibrio nella sua accezione normativa e non già anche economica. Per questa ragione, l’equità enunciata dall’articolo 2 quale diritto fondamentale del consumatore sarà da intendersi come equità di tipo meramente normativo, e non attinente ad esempio all’adeguatezza del corrispettivo nel contratto[11].

 

L’irrinunciabilità dei diritti dei consumatori e le tutele in caso di violazione degli stessi

L’articolo 143 del Codice del Consumo, posto quale norma di chiusura tra le disposizioni finali del decreto, enuncia quanto segue: “i diritti attribuiti al consumatore dal codice sono irrinunciabili. È nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice. Ove le parti abbiano scelto di applicare al contratto una legislazione diversa da quella italiana, al consumatore devono comunque essere riconosciute le condizioni minime di tutela previste dal codice.”.

Ciò significa che la tutela dei diritti dei consumatori passa anche attraverso l’irrinunciabilità degli stessi, disposta per legge. Infatti, risulterà nulla ogni pattuizione in senso contrario, volta a contrastare le disposizioni del codice. Con ciò, il livello di protezione assicurato al consumatore assume certamente un rilievo ancor più significativo.

Ove queste disposizioni non fossero sufficienti per scongiurare una lesione dei diritti fondamentali dei consumatori, il Legislatore ha opportunamente predisposto un insieme di rimedi che possano riparare ad eventuali violazioni.

La tutela dei diritti dei consumatori, in caso di violazione degli stessi e in particolare di quelli enunciati all’articolo 2 del Codice del Consumo, si estrinseca in varie tipologie. Nel caso in cui la violazione dei suoi diritti generi un significativo squilibrio contrattuale, così come disposto dal già menzionato articolo 33, il consumatore potrà esperire lo strumento della c.d. nullità di protezione: essa si distingue dalla nullità in senso classico per il fatto di essere posta a specifico presidio dei diritti dei consumatori. La nullità di protezione ha come scopo proprio quello di evitare che, in presenza ad esempio di una clausola vessatoria nel contratto, questo possa essere invalidato in toto sulla base dei principi generali della nullità, comportando quindi un maggior danno al consumatore. Diversamente, la nullità di protezione comporterà conseguentemente la caducazione solamente della clausola vessatoria in questione.

Altro rimedio posto a tutela dei diritti del consumatore è rappresentato invece da quello risarcitorio: ciò assume rilievo qualora la violazione dei diritti non abbia generato un significativo squilibrio tra le parti. In questo caso il risarcimento dovrà essere parametrato, secondo la Cassazione[12], al minor vantaggio o maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, salvo la prova di ulteriori danni[13].

Di recente introduzione è infine lo strumento della class action, o azione di classe, introdotta con legge 12 aprile 2019 n.31 tramite l’inserimento dell’articolo 140 bis del Codice del Consumo. Con tale strumento potranno agire in giudizio a tutela dei diritti dei consumatori, contro l’autore di condotte lesive, le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un pubblico elenco presso il Ministero della Giustizia, così come anche ciascun componente della classe. Sul piano processuale, le procedure da seguire per porre in essere la class action sono contenute negli articoli dall’840 bis all’840 sexiesdecies del codice di procedura civile.

Informazioni

F. CAMILLETTI, L’articolo 2 del codice del consumo e i diritti fondamentali del consumatore nei rapporti contrattuali, Contratti, 2007,10,907 (commento alla normativa);

O. CARLI, A. SAMENGO, G. GIULIANO, G. MELE, La legge 281/98. Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. La tutela in sede di giurisdizione amministrativa, Lexitalia.it, http://lexitalia.it/articoli/codacons_tutelaconsum.htm ;

CODICE DEL CONSUMO.

[1] Articolo 3 comma 1 lett. a del Codice del Consumo.

[2] F. CAMILLETTI, L’articolo 2 del Codice del Consumo e i diritti fondamentali del consumatore nei rapporti contrattuali, Contratti, 2007,10,907 (commento alla normativa), in Leggi d’Italia, Wolters Kluwer Italia, (ultimo accesso 23/02/2022).

[3] Per approfondimenti relativi al Codice del Consumo, e in particolare sulla protezione dal danno da prodotto difettoso, si veda l’articolo su DirittoConsenso di Morena Grilli, Il danno da prodotto difettoso, 4 settembre 2021, http://www.dirittoconsenso.it/2021/09/04/il-danno-da-prodotto-difettoso/

[4] Tra queste, si fa menzione dell’istituzione di un elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale “riconosciute” e di un Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti presso il Ministero dell’Industria, costituito e partecipato dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti e da un rappresentante delle regioni e delle province autonome.  O. CARLI, A. SAMENGO, G. GIULIANO, G. MELE, La legge 281/98. Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. La tutela in sede di giurisdizione amministrativa, Lexitalia.it, (ultimo accesso 23/02/2022), http://lexitalia.it/articoli/codacons_tutelaconsum.htm

[5] O. CARLI, A. SAMENGO, G. GIULIANO, G. MELE, opera citata

[6] Art. 2 comma 1 Codice del Consumo: ”Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni.”.

[7] F. CAMILLETTI, opera citata.

[8] F. CAMILLETTI, opera citata.

[9] F. CAMILLETTI, opera citata.

[10] F. CAMILLETTI, opera citata.

[11] F. CAMILLETTI, opera citata.

[12] Cass. 29 settembre 2005, n. 19024

[13] F. CAMILLETTI, opera citata.