È corretto parlare di durata del contratto? Se sì, quanto dura, o può durare, un contratto? Analizziamo la disciplina del termine dettata in materia dal Codice civile

 

Introduzione

Quando si parla di durata del contratto si fa implicitamente riferimento alla disciplina del termine contrattuale.

Le parti, in ossequio a quanto loro riconosciuto dall’ordinamento rispetto alla libertà di autodeterminazione del contenuto contrattuale (art. 1322 c.c.[1]), possono inserire un “termine” per determinare la durata del contratto o per pattuire entro quando dovrà essere adempiuta lobbligazione.

 

Natura e tipi di termine

Nel nostro ordinamento esistono due tipologie di termine che si distinguono a seconda della funzione ad essi attribuita:

  • Termine di adempimento, riferito al momento in cui dovrà essere eseguita l’obbligazione, artt. 1183 e ss. c.c. (es. Tizio concede in prestito a Caio una somma di denaro pattuendo che questa dovrà essergli restituita entro il 31 dicembre 2024);
  • Termine di efficacia, riferito al periodo in cui il rapporto dovrà produrre i suoi effetti (es. Tizio concede in locazione a Caio un appartamento dal 1° gennaio 2023 al 1° gennaio 2027). Tale tipologia di termine incide sulla durata del contratto e sui suoi effetti: se e da quando questi si produrranno (c.d. termine iniziale); se e da quando questi cesseranno di prodursi (c.d. termine finale).

 

Il termine di efficacia è ricompreso tra gli elementi accidentali del contratto insieme alla condizione (art. 1353 c.c.[2]) e al modus (onere gravante su un atto di liberalità a carico del beneficiario). Occorre precisare che il termine si distingue dalla condizione per la certezza dell’evento futuro cui è legato, consiste infatti in un evento futuro e certo dal quale dipende proprio l’efficacia del contratto o la sua cessazione.

Va precisato tuttavia che tale grado di certezza non esiste riguardo al momento in cui detto evento si verificherà. Per tale ragione possiamo distinguere tra:

  • Termine determinato: vi è certezza sul fatto che il termine giungerà e vi è certezza su quando giungerà (es. il 18 dicembre del 2023);
  • Termine indeterminato: vi è certezza sul fatto che il termine giungerà ma non vi è certezza su quando giungerà (es. il giorno della morte di Tizio).

 

Alla luce di tale classificazione in dottrina[3] si è sostenuto che il termine di efficacia possa essere o meno pattuito così come possa essere o meno determinato. Il termine di adempimento invece risulta essenziale rispetto ad unobbligazione: può essere o meno determinato, ma intrinsecamente esiste sempre. Non è infatti possibile immaginare un’obbligazione senza che questa porti all’esecuzione di quanto nella stessa dedotto. Diversamente, un’obbligazione siffatta sarebbe non solo priva di causa, ma anche inutile[4].

Le due tipologie di termine sino ad ora analizzate possono comunque coesistere all’interno dello stesso contratto. Si pensi ad un contratto di locazione in cui venga limitata la durata del rapporto per un certo periodo di tempo (termine di efficacia) e in cui siano fissati i termini di pagamento in determinate date prestabilite (termini di adempimento).

 

Termine: elemento essenziale o elemento accidentale del contratto?

Il termine, come già precisato, è ricompreso tra i c.d. elementi accidentali del contratto dal momento che la sua esistenza e la sua determinazione sono liberamente lasciate alla disponibilità delle parti.

Tuttavia c’è chi ha sostenuto che, in realtà, il termine sia da considerarsi elemento essenziale del contratto nonostante la sua mancata previsione nell’elenco di cui all’art. 1325 c.c. recante i requisiti (essenziali) del contratto.

Secondo tale interpretazione non potrebbe ipotizzarsi l’esistenza di un contratto a tempo indefinito. Ogni rapporto giuridico ha inevitabilmente un inizio e una fine e per alcuni il termine risulta caratterizzare l’intera fattispecie.

Si pensi all’usufrutto dove la temporaneità ai sensi dell’art. 979 c.c. c.1: “la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario” risulta caratterizzante la causa dell’intero istituto; o alla locazione[5] nella quale una parte si obbliga nei confronti di un’altra a far godere un bene mobile o immobile per un dato tempo e dietro corrispettivo determinato.

Pare allora corretto sostenere che il carattere della essenzialità del termine vada letto alla luce di quanto disposto dall’art. 1457 c.c. che recita:

Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne lesecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni. In mancanza, il contratto si intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione”.

 

In tale ipotesi il Codice civile attribuisce rilevanza al termine con riferimento al suo mancato rispetto, in quanto costituisce elemento essenziale al soddisfacimento dell’interesse della controparte.

Tale assunto pare legittimare la qualificazione del termine quale elemento accidentale del contratto, che diventa tuttavia essenziale nel momento in cui le parti ne pattuiscono l’esistenza[6].

 

Conclusioni

Per rispondere dunque alla domanda: “quanto dura, o può durare, un contratto?” dobbiamo inevitabilmente fare riferimento alla c.d. autonomia contrattuale riconosciuta ai contraenti dal già citato art. 1322 c.c. Tale disposizione considera le parti libere di determinare il contenuto del contratto e le clausole che regoleranno il loro rapporto, nel rispetto dei limiti di legge.

Ciò significa che i contraenti hanno facoltà di pattuire liberamente il prezzo della cosa venduta, le modalità di esecuzione della prestazione, il tempo dell’esecuzione e, altresì, la durata del contratto.

Le parti dunque non devono necessariamente adottare i c.d. modelli contrattuali “nominati”, ma possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, elaborando così schemi di fatto non contemplati dalla legge ma che essi ritengano più confacenti alle loro esigenze[7].

Va precisato tuttavia che, in tale spazio di libertà contrattuale concesso ai contraenti, la bussola disciplinare deve inevitabilmente seguire le norme recanti le disposizioni sul contratto in generale.

Informazioni

Torrente – Schlesinger, Giuffrè Editore, ed. XXV, 2021;

Commentario breve al Codice Civile a cura di Giorgio Cian, CEDAM, ed. 2020;

Costanza, La condizione e gli elementi accidentali, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999;

Enc. Dir., Giuffrè, 2015;

Banca dati De Jure.

[1] Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge [41 Cost.] e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare [1323], purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

[2] Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.

[3] Costanza, La condizione e gli elementi accidentali, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p. 883 e ss.

[4] Cfr. voce Termine, in Enc. Dir., Giuffrè, 2015.

[5] http://www.dirittoconsenso.it/2022/03/22/introduzione-al-contratto-di-locazione/

[6] L’essenzialità è una caratteristica che deve risultare o dalla volontà espressa delle parti o dalla natura del contratto (Cass. 3710/2013).

[7] Torrente – Shelesinger, Giuffrè Editore, ed. XXV, 2021.