La disputa Germania contro Italia per comprendere il tema dell’immunità degli Stati e dei loro beni dalla giurisdizione straniera

 

L’immunità degli Stati e dei loro beni dalla giurisdizione straniera e i motivi del ricorso Germania contro Italia

Nell’ambito del diritto internazionale generale si è consolidato il principio “Par in parem non habeat iudicium, in virtù del quale uno Stato non può essere sottoposto alla giurisdizione di un suo omologo straniero. Ne è derivato che, oltre allo Stato in quanto persona giuridica, tale principio si estendesse anche ai beni di proprietà dello stesso.

Pertanto, sulla base del principio sopra richiamato, nell’ambito della comunità internazionale classica qualunque atto dello Stato compiuto sul piano internazionale fosse coperto da immunità.

Tuttavia, su impulso soprattutto della giurisdizione italiana e belga, si è assistito ad un’erosione dell’immunità assoluta riconosciuta in precedenza allo Stato. In particolare, si è cominciato a distinguere gli atti compiuti dallo Stato cc.dd. iure imperii da quelli cc.dd. iure privatorum:

  • i primi ricomprendono tutte le attività poste in essere dallo Stato nell’esercizio dei propri poteri sovrani per i quali è pacifico il riconoscimento dell’immunità dalla giurisdizione straniera;
  • diversamente, tutte le altre attività dello Stato devono essere ricomprese nel secondo gruppo di atti, per i quali la gran parte degli Stati non riconosce più l’immunità.

 

Approdati a questa nuova prassi internazionale, la questione che ha destato maggiori complessità è stata quella di individuare un criterio condiviso che venisse utilizzato da tutta la comunità internazionale al fine di distinguere le due categorie di atti.

Più nello specifico, vi sono Stati che operano tale valutazione sulla base del tipo di atto utilizzato[1], altri sulla base della finalità pubblicistica ovvero privatistica dell’atto[2]. Anche la giurisprudenza italiana ha, per così dire, partecipato al dibattito, ritenendo che la valutazione circa la natura dell’atto compiuto dallo Stato dovesse avvenire in base allo strumento utilizzato dallo Stato straniero per operare nell’ordinamento italiano[3].

A questo punto, si è reso necessario che gli Stati operassero una sintesi rispetto ad una delle questioni che maggiormente incide sul proprio dominio riservato. Pertanto, nel 2004, a seguito di una conferenza internazionale svoltasi a New York, è stata adottata una Convenzione che codifica soprattutto il diritto internazionale generale in materia. Tuttavia, essa non è in vigore, non avendo raggiunto il numero minimo delle ratifiche, fissato a trenta[4], proprio in ragione di alcune parti che contengono sviluppo progressivo del diritto internazionale.

La Convenzione di New York prevede quale regola generale l’immunità degli Stati dalla giurisdizione straniera, salvo poi individuare delle eccezioni che la fanno venir meno.

Fermo restando che il diritto all’immunità è disponibile per il suo titolare che può rinunciarvi espressamente[5] o tacitamente[6], appare opportuno analizzare brevemente proprio le eccezioni previste dalla Convenzione suddetta, atteso che è sulla base di queste che vengono a crearsi le controversie tra gli Stati.

In primo luogo, l’immunità dello Stato dalla giurisdizione straniera viene meno in presenza di transizioni commerciali tra Stato straniero e persona fisica dello Stato del foro[7].

Una seconda eccezione riguarda i contratti di lavoro conclusi tra Stato straniero e persona fisica dello Stato del foro, a patto che gli stessi vengano eseguiti – in tutto o in parte – sul territorio dello Stato del foro[8].

Ultima, e più dibattuta, eccezione – prevista dall’art. 12 della Convenzione – attiene alla possibilità di esperire un’azione di risarcimento del danno nei confronti dello Stato straniero per morte o lesione di un cittadino dello Stato del foro ovvero per distruzione o danneggiamento di un bene che si trova sul territorio dello Stato del foro. È proprio sul fatto che taluni Stati neghino la vigenza di tale norma nell’ambito del diritto internazionale generale – accusando, così, i relatori della Convenzione di New York di aver inserito nella stessa uno sviluppo progressivo del diritto internazionale – che si fonda il ricorso presentato nel 2008 dalla Germania contro l’Italia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, di cui si parlerà di seguito.

 

Il caso Germania contro Italia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia

Dopo la caduta del muro di Berlino[9], gli eredi degli italiani morti a causa delle barbarie compiute dal Terzo Reich sul territorio della penisola oppure i superstiti catturati dai nazisti durante l’occupazione tedesca iniziano a citare la Germania, ormai riunificata, davanti ai Tribunali repubblicani per ottenere il risarcimento del danno rispettivamente per la morte dei propri congiunti o per le lesioni subite.

I giudici italiani, senza esitazioni, accertano il danno e liquidano il risarcimento. La questione viene affrontata anche dalla giurisprudenza di legittimità che, nell’ormai famosa sentenza Ferrini del 2004, non riconosce l’immunità dalla giurisdizione italiana alla Germania poiché la domanda di risarcimento dei cittadini italiani trova il suo fondamento nella commissione di crimini iuris gentium da parte del Terzo Reich.

Ne è derivato che, passate in giudicato, le sentenze dovevano essere messe in esecuzione. Alla luce del mancato ristoro della Germania, lo Stato italiano inizia ad individuare beni tedeschi sul territorio della penisola al fine di poterli pignorare.

Tale atto, nel 2008, conduce la Germania a presentare, davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, un ricorso contro l’Italia per violazione della norma generale relativa all’immunità degli Stati dalla giurisdizione straniera.

Nella propria memoria difensiva, lo Stato italiano solleva principalmente quattro eccezioni:

  1. le violazioni poste in essere dal Terzo Reich integrano crimina iuris gentium e, pertanto, l’immunità alla Germania va negata;
  2. le norme in materia di crimina iuris gentium sono inderogabili; diversamente, la norma sull’immunità è derogabile;
  3. l’art. 12 della Convenzione di New York codifica diritto internazionale generale e si applica anche alle forze armate;
  4. se all’attore viene opposta l’immunità, egli non avrà alcun altro rimedio giurisdizionale per poter far valere la sua pretesa.

 

Ebbene, la Corte dell’Aja, con una sentenza del 2012, accoglie le istanze tedesche, intimando all’Italia di adottare una legge che impedisca alle decisioni giudiziarie lesive dell’immunità tedesca di produrre i propri effetti.

In particolare, la Corte Internazionale di Giustizia rigettava le quattro eccezioni sollevate dall’Italia utilizzando – rispettivamente – le seguenti argomentazioni:

  1. nessuna norma di diritto internazionale parametra l’immunità sulla base della gravità del fatto;
  2. le norme in materia di crimina iuris gentium hanno natura sostanziale, mentre quelle in materia di immunità hanno natura procedurale; pertanto, proceduralmente devono affrontarsi prima le questioni in rito e poi, eventualmente, quelle in merito;
  3. l’Italia non può invocare l’art. 12 della Convenzione di New York, in quanto la stessa non è in vigore; inoltre, anche qualora fosse in vigore, la norma non si applicherebbe alle forze armate;
  4. il riconoscimento o meno dell’immunità ad uno Stato non dipende dai mezzi giurisdizionali a disposizione del ricorrente.

 

Le conseguenze della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia in Italia

All’esito della pronuncia di condanna da parte della Corte Internazionale di Giustizia, l’Italia – ai sensi dell’art. 94 Carta ONU – è tenuta ad adottare tutti i mezzi necessari per far cessare gli effetti delle sentenze italiane nei confronti dello Stato tedesco.

Proprio in ragione del fatto che alcuni di questi provvedimenti erano già passati in giudicato, l’art. 3 co. 2 della l. 5/2013 ha introdotto un’ipotesi di revocazione straordinaria delle sentenze contrarie alla pronuncia della Corte dell’Aja.

Tuttavia, il Tribunale di Firenze solleva tre distinte questioni di legittimità costituzionale con cui, in buona sostanza, considerava la norma sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione straniera nel caso di commissione di crimina iuris gentium contraria agli artt. 2 e 24 della Costituzione[10]. Ebbene, la Corte Costituzionale con sentenza 238/2014 ha ritenuto infondata la questione sollevata dal giudice a quo, atteso che la norma sull’immunità degli Stati, così come interpretata dalla Corte Internazionale di Giustizia, non è mai entrata a far parte dell’ordinamento italiano attraverso lo strumento dell’art. 10 co.1 Cost.[11] perché contraria ai principi fondamentali di cui agli artt. 2 e 24 Cost.

 

Gli ultimi sviluppi della saga

La sentenza 238/2014 della Corte Costituzionale ha nuovamente incentivato i cittadini italiani, lesi dai crimini commessi dal Terzo Reich tra il 1943 e il 1945 sul territorio della penisola, a citare in giudizio la Germania per ottenere il risarcimento dei danni subiti[12]. Ne è derivato che l’Italia ha attivato le procedure per mettere in esecuzione le sentenze di condanna passate in giudicato rese dai propri giudici.

Il pericolo di vendita di alcuni dei beni tedeschi presenti sul territorio italiano ha condotto la Germania, nell’aprile 2022, a presentare un ricorso cautelare contro l’Italia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, lamentando il mancato rispetto della sentenza del 2012 da parte di Roma e chiedendo la sospensione immediata delle procedure esecutive attivate.

Il giorno successivo alla presentazione del ricorso cautelare, il 30 aprile 2022, l’Italia adotta un decreto legge con cui istituisce un fondo per il ristoro dei cittadini italiani lesi dai crimini commessi dai nazisti durante il periodo di occupazione.

Questo inaspettato atto dell’Italia ha indotto la Germania a ritirare il ricorso presentato davanti ai giudici dell’Aja.

Può dirsi che stiamo vivendo l’ultimo atto dell’annosa saga Germania contro Italia che ha appassionato i giuristi di tutto il mondo?

Informazioni

FOCARELLI, 2019, Diritto internazionale, Wolters Kluwer CEDAM.

NIGRO, 2018, Le immunità giurisdizionali dello stato e dei suoi organi e l’evoluzione della sovranità nel diritto internazionale, CEDAM.

SINAGRA-BARGIACCHI, 2019, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Giuffré Francis Lefebvre.

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[1] A titolo esemplificativo, secondo questa impostazione, se lo Stato era contraente di una locazione, allora l’atto poteva definirsi iure privatorum; diversamente, una legge è un atto iure imperii.

[2] A titolo esemplificativo, secondo questa impostazione, se il contratto di locazione concluso dallo Stato avesse ad oggetto i locali di una propria missione diplomatica, allora l’atto era da considerarsi comunque iure imperii.

[3] Cfr. Cass., Sez. Un., sent. 145/1990; Cass., Sez. Un., sent. 5092/1990.

[4] L’Italia ha ratificato la Convenzione di New York nel 2013.

[5] Mediante dichiarazione unilaterale dello Stato titolare ovvero accordo bilaterale tra Stato titolare e Stato straniero.

[6] Mediante presentazione di domanda riconvenzionale.

[7] Cfr. art. 10 Convenzione di New York.

[8] Cfr. art. 11 Convenzione di New York.

[9] Convenzionalmente fatta risalire al 9 novembre 1989.

[10] Rispettivamente disciplinanti la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e il diritto di difesa. Sul punto, si rimanda a:  I diritti costituzionali – DirittoConsenso.

[11] Norma che consente l’adattamento del diritto interno al diritto internazionale generale.

[12] Tra le tante, Cass., Sez. Un., sent. n. 20442/2020.