Il tema di grande attualità in ambito scientifico è quello dei vaccini. In pochi anni la diffusione di teorie no-vax ha creato un dibattito fatto di studi e fake news. La seguente analisi si concentra sulla rilevanza dei dati scientifici

 

Il contesto contemporaneo

Negli anni recenti ha preso nuovamente vigore il dibattito circa il ruolo della pratica vaccinale rispetto all’insorgere di patologie altamente invalidanti, come l’autismo, nei pazienti in età pediatrica. Il propagarsi di teorie di tal genere è stato alimentato anche da pronunce giurisprudenziali che, sposando acriticamente i contributi peritali talvolta lontani dalla stringente metodologia scientifica, hanno prodotto decisioni e motivazioni più vicine alla, pur comprensibile, solidarietà umana, piuttosto che al rigore metodologico della disciplina medico-legale.

La risonanza mediatica di tali pronunce ha contribuito ad indirizzare i sospetti sull’industria dei vaccini e all’accrescersi della c.d. “Conspiracy theory[1].

Il rischio dell’insorgere di un clima di ingiustificato allarmismo si è concretizzato, tanto da indurre il governo ad intervenire sul tema, tramite decretazione d’urgenza. In effetti il D.L. 7 Giugno 2017, n. 73 (convertito con modificazioni dalla legge 31 Luglio 2017, n. 119) prevede l’obbligo vaccinale quale condicio sine qua non per poter iscrivere il bambino presso gli istituti scolastici. Tale misura si rende necessaria al fine di evitare che i diffusi comportamenti e teorie antiscientifiche, determinino la trasformazione dell’abbassamento dei livelli generali di protezione in una vera e propria emergenza sanitaria[2].

Sul tema si impone una seria riflessione in quanto in tale ambito si rende necessario operare un delicato bilanciamento di diritti in tema di salute. In effetti a ben vedere si confrontano istanze differenti: l’interesse pubblico volto ad impedire il diffondersi di determinati agenti patogeni e l’interesse del singolo a non essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la sua volontà.

È quindi importante individuare quando, in ambito sanitario, il diritto ad autodeterminarsi dell’individuo possa essere sacrificato in un’ottica di tutela della salute collettiva.

 

La normativa italiana sui vaccini e sugli indennizzi

Quale forma di solidarietà sociale, lo Stato ha previsto, con la legge n. 210 del 25 Febbraio 1992, uno speciale indennizzo riconosciuto a coloro che hanno subito danni diretti o da contatto causalmente riconducibili alla somministrazione di vaccini obbligatori[3]. L’erogazione dell’indennizzo è dovuta anche quando la somministrazione di vaccini sia stata raccomandata dalle istituzioni pubbliche, tramite campagne pubblicitarie promozionali[4].

In ragione di ciò, la natura dell’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 ha caratteristiche diverse rispetto al diritto al risarcimento del danno.

La prima differenza ravvisabile ictu oculi è rappresentata dal fatto che l’indennizzo – pur non ristorando totalmente il danno subito dal soggetto a cui sono stati somministrati i vaccini – opera come una sorta di corsia preferenziale che permette di agire, per ottenerne il riconoscimento, anche in situazioni di c.d. no fault, ovvero in situazioni di assenza di una condotta censurabile.

Rimane tuttavia fermo, che il danneggiato dovrà fornire la prova dell’esistenza del nesso causale tra la somministrazione dei vaccini e la patologia invalidante.

Diversi sono anche i termini entro i quali agire: mentre l’azione di responsabilità si prescrive in 5 anni dal momento del fatto illecito, la domanda per ottenere l’indennizzo ex L. n. 210/1992 va proposta, a pena di decadenza, entro tre anni dal contagio, rectius dal momento in cui il soggetto ha obiettiva consapevolezza dello stesso.

Un aspetto processualmente interessante riguarda la cumulabilità tra le due azioni. Ipotesi, questa, ammessa dalla giurisprudenza[5] che ritiene tendenzialmente applicabile l’istituto della compensatio lucri cum damno, per cui al quantum accordato in sede di risarcimento va detratto l’importo dell’indennizzo già percepito[6].

La giurisprudenza ritiene, altresì, che la proposizione dell’azione volta ad ottenere l’indennizzo funga da dies a quo della prescrizione per l’esercizio dell’azione risarcitoria[7].

L’unico elemento che accomuna l’azione risarcitoria e quella indennitaria è la prova del nesso causale, elemento dal quale non si può prescindere.

Va detto tuttavia che soprattutto in materia di indennizzo si registra la tendenza di una parte della giurisprudenza di merito a legittimare un automatismo solidaristico che va oltre le intenzioni del legislatore. Tale benevola inclinazione dei giudicanti non è scevra da critiche, in quanto, spesso, nelle motivazioni che accordano l’indennizzo si evidenzia la precarietà del coefficiente minimo di probabilità posto alla base dell’esistenza del nesso di causa, che “non solo non è corroborato da un positivo riscontro scientifico ma è affidato a interpretazioni personali della materia, talora complessa[8].

 

Alcuni casi

Quanto appena detto si è concretizzato nelle pronunce, poche a dire il vero, di merito che hanno riconosciuto il diritto all’indennizzo ai genitori dei bambini che, successivamente alla somministrazione dei vaccini, abbiano manifestato disturbi dello spettro autistico. Tra queste, due sentenze si rilevano particolarmente interessanti: Trib. Rimini, sez. lav., 15.3.2012, n. 148 e Trib. Milano, sez. lav., 29.9.2014[9]. La prima riconosce il diritto all’indennizzo ex L. n. 210/1992, sulla base di un rinvio sic et simpliciter alle risultanze della CTU espletata nel corso del contenzioso che, in definitiva, asseverava l’esistenza di un nesso causale tra la somministrazione dei vaccini e l’insorgenza della malattia sulla base della stretta consecuzione temporale dei due eventi. La sentenza milanese, sempre con riferimento alle risultanze della consulenza tecnica, evidenzia la specifica idoneità lesiva dei metalli pesanti contenuti nel vaccino, sulla base di due dati: una relazione, che va in questo senso, della casa produttrice e la decisione delle autorità sanitarie australiane di sequestrare i lotti del prodotto contenenti dosi eccessive di mercurio. In definitiva, a parere del Tribunale di Milano, queste circostanze renderebbero il vaccino la causa più probabile del disturbo autistico rispetto ad altri fattori.

In queste pronunce – e ciò si può notare in pressoché tutte le sentenze che concedono l’indennizzo – i fatti considerati sono la prossimità temporale tra somministrazione del vaccino e l’insorgenza della patologia e l’assenza di cause alternative alla malattia.

Ora, se si considerano le sentenze che negano l’esistenza del nesso causale, si può notare un ribaltamento nell’argomentazione del giudicante.

A tal proposito si guardi la sentenza della Corte d’Appello di Bologna[10] che, in completa riforma della sentenza del Tribunale di Rimini summenzionata, rileva l’infondatezza scientifica del c.d. “nesso cronologico”, privandolo di significato eziologico e capacità persuasiva. La Corte, peraltro, censura la metodologia seguita dalla curia riminese, che, disinteressandosi della copiosa letteratura di senso contrario in materia e sposando apoditticamente le conclusioni della perizia medico-legale, abdica al suo ruolo di peritus peritorum. In altra sentenza, questa volta del Tribunale di Napoli, si osserva che se il CTU nelle sue conclusioni si limita a non escludere un “flebile” nesso di causa, ciò non può far ritenere raggiunta la prova dell’eziologia tra i due avvenimenti[11].

La giurisprudenza di merito maggioritaria, quindi, afferma che, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, non sia possibile sostenere l’esistenza di qualche nesso tra vaccinazione e sindrome autistica[12]. A seguito di questa rapidissima carrellata è possibile mettere in luce alcuni aspetti del modus operandi della giurisprudenza.

 

Il ruolo del consulente tecnico

Partendo dal presupposto che la sussistenza del nesso causale, anche quando si versi in tema di indennizzo ex L. 210/1992, viene accertata applicando il canone del “più probabile che non”, lo standard valutativo è quello della ragionevole probabilità scientifica[13].

A questi fini, dunque, il rinvio alla CTU è un passaggio obbligato per ottenere indicazioni su circostanze di fatto da cui inferire la possibile sussistenza del nesso causale. L’incertezza, ineliminabile in casi in cui viene in gioco la causalità c.d. generale, viene gestita dalla giurisprudenza tramite l’utilizzo delle presunzioni semplici, ovvero “le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato[14]. L’inferenza alla base del ragionamento può avvenire indifferentemente in base ad una legge scientifica o ad un giudizio di probabilità, fondato sull’id quod plerumque accidit.

Tuttavia, l’ammissibilità e la forza probatoria delle presunzioni si basa sulla loro gravità[15], precisione[16] e concordanza[17][18] . Se così è, non si potrà non notare la tendenza della giurisprudenza di merito esaminata a riconoscere il nesso di causa tra vaccini e danno sulla base di elementi marginali o di contorno, che individuano una mera ipotesi causale, a cui non è possibile riconoscere la dignità di ragionevole probabilità scientifica alla base del rapporto tra evento e danno[19]. Allora è legittimo domandarsi se proseguendo per tale via “non si finisca per tradurre la mera possibilità scientifica in probabilità giuridica con un sovvertimento delle regole in tema di causalità, pure nella massima comprensione delle vicende umane sottese alle decisioni”[20].

In un contesto così delineato, è evidente come il nodo gordiano sia rappresentato, da un lato, dalle competenze e dalla professionalità del consulente tecnico d’ufficio e, dall’altro lato, dal ruolo del giudice quale effettivo peritus peritorum.

Per ciò che riguarda il consulente, “il peccato originale è, a ben vedere, da rinvenirsi nella mancata, preventiva e chiara definizione di criteri qualitativi, che oggi appaiono irrinunciabili e non procrastinabili, in grado di “certificare” le competenze e le conoscenze dell’expert witness[21].

La letteratura scientifica ha auspicato a più riprese l’intervento da parte delle Società Scientifiche per la creazione di un Albo di Consulenti qualificati, a seconda delle specifiche competenze. Un modello a cui ispirarsi potrebbe essere quello americano che dal 1988 ha istituito l’American Medical Association House of Delegates, ovvero un organismo che vigila sulla qualità dell’esperto chiamato a fungere da consulente per l’autorità giudiziaria. Il sistema di controlli americano trova la sua forza soprattutto nelle sanzioni previste: il consulente, infatti, può incorrere in sanzioni disciplinari, che arrivano sino alla radiazione, in caso di parere falso o scientificamente discutibile.

Ad ogni buon conto, a prescindere dalla previsioni di affidamento ad organismi terzi di compiti di peer-review, ciò che oggi, più che in passato, risulta determinante nell’espletamento dei compiti di consulenza tecnica è l’applicazione rigorosa del metodo criteriologico, ovvero di un metodo fondato su osservazioni di valore statistico e di alta probabilità, che deve essere necessariamente corredato anche da un procedimento controfattuale, al fine di verificare la tenuta dei risultati raggiunti.

 

La figura del giudice: disponibilità dei dati scientifici e pronunce rese

Per quel che attiene il ruolo del giudice, dalla giurisprudenza sopra citata si è potuto evidenziare come, talvolta, l’approccio all’incertezza causale sia stato fondato su meccanismi presuntivi che hanno condotto all’azzardato riconoscimento di una correlazione tra vaccini e danno.

Sul punto un’applicazione attenta del principio di precauzione potrebbe comportare una gestione più equilibrata dell’incertezza causale.

Tale principio mira a governare rischi potenziali, caratterizzati da incertezza scientifica. In altre parole, la precauzione trova spazio in ambiti in cui le informazioni e i dati disponibili mancano o non è possibile quantificarli, in termini di rischio probabile o certo. È chiaro che il rischio deve fondarsi su un’ipotesi scientificamente plausibile, per cui “[..] si ha un rischio rilevante ai fini precauzionali quando, sulla base dei dati disponibili, non si può escludere che un determinato fattore possa cagionare un danno, secondo una valutazione che, se non può essere espressa in termini di certezza né di probabilità, per mancanza delle informazioni necessarie, può essere formulata in termini di plausibilità scientifica. Non legittimano pertanto interventi in precauzione quei “rischi” che rappresentano delle semplici ipotesi di studio o mere elucubrazioni, pena la paralisi totale delle attività umane[22].

In ambito sanitario, in particolare nei casi di presunti danni eziologicamente collegati ai vaccini, tale principio ha trovato applicazione[23]. Ciò che non convince del metodo con cui viene applicato detto principio dai giudici, è la scarsa valorizzazione del criterio di plausibilità scientifica, con cui il rischio potenziale deve essere valutato[24]. La logica precauzionale, al contrario, vorrebbe che alla valutazione del rischio incerto si accompagni anche una considerazione sulla plausibilità scientifica dei dati disponibili: solo un rischio scientificamente plausibile può fondare un giudizio di “non esclusione” del nesso causale tra due fenomeni[25].

Da quanto si è esposto sinora in tema di danni connessi alla profilassi vaccinale e alla loro indennizzabilità, emerge con chiarezza la necessità di fondare il giudizio di accertamento del nesso causale tra danno ed evento su dati scientifici obiettivi e della corretta applicazione dei criteri giuridici che ne determinano il funzionamento.

Le conseguenze di approcci poco rigorosi, fondati sulla solidarietà umana anziché sulla correttezza scientifica e giuridica, sono pericolose in quanto disincentivano pratiche socialmente utili, poste a presidio della salute collettiva.

Informazioni

Eco U., Come vincere l’ossessione dei complotti fasulli, in Repubblica, 27.6.2015. COMUNELLO F., Oltre le filter bubbles. Una riflessione sulla controversia vaccinale nei social media, in Rivista italiana di Medicina Legale 2018.

D’Errico S. – Polimeni J. – Martelloni M. – Frati P., Autismo e vaccinazioni: la buona scienza nelle giuste mani. Un primo passo verso la «certificazione» dell’expert witness?, in Responsabilità Civile e Previdenza 2015.

Locatelli L., Danno no fault da vaccinazioni obbligatorie e facoltative e diritto all’indennizzo, in Responsabilità civile e previdenza 2012.

D’Errico S. – Pomara C. – Turilazzi E., Ancora in tema di “vaporizzazione giurisprudenziale” del nesso di causa: se e quando il sapere scientifico si sottomette all’umana solidarietà, in Responsabilità civile e previdenza 2014.

IOM, Immunization safety review: vaccines and autism.

King B.H., Promising forecast for autism spectrum disorders, in JAMA 2015.

R. Domenici – M. Gerbi – B. Guidi, Vaccini e Autismo: scienza e giurisprudenza a confronto, in Danno e Responsabilità 2016.

L. Locatelli, Causalità omissiva e responsabilità civile del medico: credibilità razionale o regola del “più probabile che non”? in Responsabilità civile e previdenza 2008.

Parziale A., Danno da vaccinazione e incertezza causale: il ruolo della prova per presunzioni, in Rivisita italiana di Medicina Legale 2017.

R. Breda, Danno da vaccinazione tra indennizzo e risarcimento del danno, in Rivista italiana di Medicina Legale 2018.

Fauran B., Précaution, prévention et gestion des risques dans le domaine du médicament: la nécessité d’une application rationalisée, in Revue de Droit Sanitaire et Social 2010.

[1] Le posizioni antivacciniste, infatti, sono state spesso contestualizzate nell’ampio ambito delle teorie cospirative, che si sviluppano a partire “dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle” (Eco U., Come vincere l’ossessione dei complotti fasulli, in Repubblica, 27.6.2015). In merito si veda: Comunello F., Oltre le filter bubbles. Una riflessione sulla controversia vaccinale nei social media, in Rivista italiana di Medicina Legale, fasc. 1/2018. [D’Errico S. – Polimeni J. – Martelloni M. – Frati P., Autismo e vaccinazioni: la buona scienza nelle giuste mani. Un primo passo verso la «certificazione» dell’expert witness?, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 5, 2015, pag. 1747 e ss. DA TOGLIERE]

[2] Peraltro, in merito le reazioni non si sono fatte attendere: è del 27.2.2018 la sentenza del T.A.R. Lazio, chiamato ad esprimersi sulla richiesta di annullamento degli atti e provvedimento adottati in attuazione del D.L. n. 73/2017

[3] Analoghe normative sono state adottate in paesi di Common Law come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. I primi in particolare, con il National Childhood Vaccine Injury Act del 1985, risposero al dilagante fenomeno che, negli anni ’80, vide il proliferare negli U.S.A. di cause intentate contro le case farmaceutiche produttrici di vaccini contro la difterite, il tetano e la pertosse, per il risarcimento di danni neurologici permanenti che si assumevano fossero stati provocati proprio dalle predette vaccinazioni. Il legislatore britannico è intervenuto in materia, invece, a seguito della c.d. Thalidomide tragedy, dal nome della molecola sintetizzata in Svizzera nel 1953 e subito commercializzata senza prevenivi adeguati trials clinici, alla cui azione teratogena furono ricondotte numerose lesioni da cui risultarono affetti i bambini nati da madri che, durante la gravidanza, avevano fatto uso di farmaci contenenti detta sostanza. Dalla querelle giudiziaria che ne scaturì e dalle pressioni di varie associazioni, il Parlamento britannico giunse all’approvazione del Vaccine Damage Payments Act.

[4] Corte Cost., 14.12.2017, n. 268

[5] Cass. civ., sez. un., 11.1.2008, n. 577

[6] Cass. civ., sez. III, 6.12.2018, n. 31543; Cass. civ., sez. III, 22.8.2018, n. 20909

[7] Locatelli L., Danno no fault da vaccinazioni obbligatorie e facoltative e diritto all’indennizzo, in Responsabilità civile e previdenza 2012, p. 1893 e ss

[8] D’Errico S. – Pomara C. – Turilazzi E., Ancora in tema di “vaporizzazione giurisprudenziale” del nesso di causa: se e quando il sapere scientifico si sottomette all’umana solidarietà, in Responsabilità civile e previdenza 2014, p. 344

[9] Queste decisioni con altre tre che, al contrario, non riconoscono l’esistenza del nesso causale tra l’insorgere della malattia invalidante e la somministrazione del vaccino, sono state oggetto di uno studio condotto dal Laboratorio Interdisciplinare Diritti e Regole della Scuola Superiore Sant’Anna, compendiato nell’articolo: R. Domenici – M. Gerbi – B. Guidi, Vaccini e Autismo: scienza e giurisprudenza a confronto, in Danno e Responsabilità 2016, pp. 513 e ss

[10] Corte d’App. Bologna, sez. lav.,13.2.2015, n. 1764.

[11] Trib. Napoli, sez. lav., 25.6.2013

[12] Corte d’App. Perugia, sez. lav., 30.6.2014, n. 109. In tal senso anche: Trib. Chieti, sez. lav., 15.5.2018, n. 172

[13] L. Locatelli, Causalità omissiva e responsabilità civile del medico: credibilità razionale o regola del “più probabile che non”? in Responsabilità civile e previdenza 2008, p. 332 e ss

[14] Art. 2727 c.c.

[15] Ovvero la capacità persuasiva del fatto noto rispetto a quello ignoto

[16] Ovvero il grado di determinatezza dei fatti noti e del ragionamento inferenziale nel complesso

[17] Ovvero la convergenza di tutti gli indizi verso il fatto ignoto

[18] Art. 2729 c.c.

[19] Parziale A., Danno da vaccinazione e incertezza causale: il ruolo della prova per presunzioni, in Rivisita italiana di Medicina Legale 2017, fasc. n. 3

[20] R. Breda, Danno da vaccinazione tra indennizzo e risarcimento del danno, in Rivista italiana di Medicina Legale 2018, fasc. 1.

[21] D’Errico S. – Polimeni J. – Martelloni M. – Frati P., Autismo e vaccinazioni: la buona scienza nelle giuste mani. Un primo passo verso la «certificazione» dell’expert witness?, in Responsabilità civile e previdenza 2015, pp. 1751-1752

[22] Parziale A., op. cit

[23] Cass. civ., sez. III, 27.4.2011, n. 9406

[24] Parziale A., op. cit.

[25] “Un risque ne devrait être retenu que lorsqu’il est suffisamment documenté. Il ne devrait s’appuyer que sur des preuves scientifiques et non reposer que sur de simples hypothèses ou des positions purement académiques” Fauran B., Précaution, prévention et gestion des risques dans le domaine du médicament: la nécessité d’une application rationalisée, in Revue de Droit Sanitaire et Social 2010, p. 1113 ss

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