Oggetto di studio del presente articolo è la revisione costituzionale in generale, l’articolazione del relativo procedimento nell’ordinamento costituzionale italiano e i limiti posti alla revisione stessa

 

Introduzione: l’uso della revisione costituzionale

La Costituzione è posta a fondamento del nostro ordinamento ed uno dei suoi caratteri è la rigidità, ossia la possibilità che sia modificata con un procedimento aggravato[1] rispetto all’ordinario procedimento legislativo. Per quanto riguarda l’Italia, il procedimento di revisione costituzionale è molto meno usato rispetto ad altri Paesi[2].

Dal 1948 – data di entrata in vigore della Costituzione – ad oggi sono state approvate 43 leggi costituzionali, ma non tutte hanno modificato la Costituzione. Ricordo infatti che legge costituzionale non sempre è uguale a modifica sostanziale della Carte costituzionale. In altre parole, è sì vero che la legge costituzionale è quell’atto legislativo conseguente al procedimento ex art. 138 Cost., ma non sempre la legge costituzionale è strettamente collegata ad una modifica della Costituzione.

Basti pensare che gli statuti delle Regioni a statuto speciale possono essere modificati esclusivamente da una legge costituzionale, a differenza di quelli delle Regioni ordinarie. Oppure si pensi a quelle leggi costituzionali che hanno integrato disposizioni costituzionali: si pensi alla l. cost. 1/1948 e alla l. cost. 1/1953, riguardanti il funzionamento della Corte Costituzionale[3].

 

Il procedimento di revisione costituzionale

Si è detto come il procedimento costituzionale sia un procedimento aggravato, e tale procedimento aggravato deriva dalla rigidità della nostra Carta costituzionale. Il fondamento della revisione costituzionale, esso è rinvenibile nell’art. 138 Cost., il quale stabilisce che:

le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione”.

 

Ebbene, l’art. 138 Cost. pone accanto alle leggi di revisione della Costituzione “le altre leggi costituzionali”, proprio perché – come si è avuto modo di dire in precedenza – la legge costituzionale non sempre e non necessariamente porta alla modifica della Costituzione.

L’art. 138 Cost. prevede un procedimento aggravato rispetto all’ordinario procedimento legislativo per evitare che la Costituzione venga modificata dalla maggioranza di Governo: infatti, se questa vuole modificare la Costituzione necessariamente dovrà trovare l’appoggio degli altri partiti in seno al Parlamento, affinché si possano raggiungere le maggioranze previste per l’approvazione della legge costituzionale. La Costituzione, infatti, richiede nella seconda deliberazione – che deve avvenire non prima di 3 mesi successivi alla prima deliberazione – la maggioranza dei 2/3 dei membri di ciascuna Camera affinché la legge costituzionale possa essere approvata definitivamente e promulgata dal Presidente della Repubblica, e in pratica affinché la proposta di legge costituzionale possa essere legge a tutti gli effetti.

 

I tempi del procedimento

Il procedimento di emanazione della legge costituzionale comunque si distingue da quello ordinario non solo per le maggioranze, ma anche per i tempi (che sono decisamente più lunghi, dato che la seconda deliberazione può avvenire non prima di 3 mesi dalla prima) ed anche perché vi è un’eventuale partecipazione popolare mediante referendum costituzionale[4].

Ma andiamo per ordine. L’art. 138 Cost. stabilisce che la legge costituzionale viene adottata da ciascuna Camera con due successive deliberazioni. L’ordinario procedimento legislativo, infatti, prevede una sola deliberazione di ciascuna Camera, le quali devono approvare lo stesso testo; all’approvazione segue la promulgazione da parte del Capo dello Stato. L’art. 138 Cost., però, prevede due deliberazioni di ciascuna Camera, e pertanto in tutto le deliberazioni saranno quattro, sul medesimo testo, contro le due del procedimento legislativo ordinario: in pratica, si avranno due deliberazioni per ogni ramo del Parlamento (una per ogni ramo del Parlamento nel procedimento ordinario).

Il procedimento di adozione di una legge costituzionale inizia in seno ad una Camera e si avrà la prima deliberazione, la quale è a maggioranza relativa: è necessario quindi che i “sì” superino i “no”. In tale fase, così come nel procedimento ordinario, le Camere possono apportare emendamenti al progetto di revisione costituzionale, e pertanto avrà luogo la classica navetta parlamentare tra Camera e Senato, tante volte quante sono necessarie per ottenere il voto favorevole di entrambi i rami del Parlamento sullo stesso testo.

Successivamente, avrà luogo la seconda deliberazione, la quale non può avvenire prima che sia decorso un termine di 3 mesi dalla prima deliberazione. Ecco perché il procedimento di revisione costituzionale è un procedimento lungo, e tale periodo, non minore di 3 mesi, aggrava il procedimento stesso. Inoltre, nella seconda deliberazione sono vietati gli emendamenti[5]. Pertanto la seconda deliberazione sarà volta esclusivamente ad approvare oppure non approvare la riforma costituzionale: infatti, qualora non si raggiungano le maggioranze richieste, allora il procedimento di revisione costituzionale (o di emanazione della legge costituzionale) decade.

Tale seconda deliberazione, qualora si raggiungano le maggioranze richieste, può dar luogo a due ordini di conseguenze differenti.

Qualora la legge costituzionale sia approvata da ciascuna Camera con la maggioranza qualificata dei 2/3 dei membri di esse, allora il progetto di legge costituzionale si trasforma in legge costituzionale vera e propria e viene promulgata dal Presidente della Repubblica.

Al contrario, qualora non si raggiunga la maggioranza qualifica dei 2/3, ma si raggiunge la maggioranza assoluta in seno ad entrambe le Camere, la legge viene comunque approvata ma non si tratterà di una approvazione definitiva: infatti, il testo approvato viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ed entro 3 mesi dalla pubblicazione (quindi il procedimento si allunga ulteriormente) può essere richiesto un referendum costituzionale, in modo da sottoporre il testo ad approvazione popolare. In questo caso, toccherà al popolo decidere se approvare oppure opporsi all’entrata in vigore della legge costituzionale.

Il referendum costituzionale può essere chiesto, nelle more dei 3 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, da 500.000 elettori, da 5 Consigli regionali oppure da 1/5 dei membri di una Camera. Qualora il referendum abbia esito positivo (e quindi il popolo approva la legge costituzionale) oppure qualora questo non venga richiesto, la legge costituzionale viene promulgata dal Presidente della Repubblica ed entrerà in vigore.

È da sottolineare come la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, nell’ipotesi in cui la legge costituzionale venga approvata con la maggioranza assoluta delle Camere, è un’ipotesi di pubblicazione atipica: atipica poiché ordinariamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si ha a seguito della promulgazione del Capo dello Stato (in tal caso, invece, la pubblicazione avviene prima della promulgazione) e a seguito della pubblicazione l’atto produce i propri effetti, entrando in vigore (in tal caso, invece, la legge costituzionale non produce i propri effetti).

 

I limiti alla revisione costituzionale

Non può aversi una revisione tout-court della Costituzione, ma sussistono dei limiti previsti esplicitamente e ricavati implicitamente dal dettato costituzionale.

Innanzitutto il procedimento di revisione costituzionale è un procedimento costituito e non costituente: questo perché tale procedimento presuppone naturalmente l’esistenza di una Costituzione, e non è volto alla creazione di una nuova Carta costituzionale. Da ciò possiamo far derivare che la revisione costituzionale non può comportare la sostituzione integrale della Costituzione, in quanto non si ha esercizio del potere costituente. Questo rappresenta un primo limite implicito.

L’art. 139 Cost. stabilisce, invece, un limite esplicito: la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. L’art. 139 Cost. è l’articolo di chiusura della Costituzione, che viene ricollegato all’art. 1 Cost., il quale stabilisce che l’Italia è una Repubblica democratica, e la forma repubblicana, quindi, è considerata inscindibile dal carattere democratico della Repubblica. Pertanto, il limite esplicito ex art. 139 Cost. si allarga anche a limite implicito, poiché comporta il fatto che – come affermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza 1146/1988 – anche i principi supremi[6] della Costituzione e i diritti fondamentali della persona, che rappresentano fondamento e declinazione della forma repubblicana – costituendo essenza della dei valori sui quali si fonda la Costituzione e il nostro ordinamento democratico –, non possono essere sottoposti a revisione costituzionale, almeno nel loro nucleo essenziale. Pertanto, i diritti inviolabili ex art. 2 Cost., e quelli previsti esplicitamente dagli artt. 13 ss. Cost. costituiscono limite implicito alla revisione costituzionale.

Informazioni

R. Bin e G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, Giappichelli Editore, Torino, 2019

R. Bin, Capire la Costituzione, Editori Laterza, Bari, 2012

A. Pisaneschi, Diritto costituzionale, Giappichelli Editore, Torino, 2018

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1988&numero=1146

[1] È necessario un procedimento c.d. aggravato poiché sono necessarie maggioranze differenti. In più è prevista una lettura aggiuntiva rispetto al procedimento ordinario, comportando quindi un aggravio del procedimento anche in termini di tempi. La Costituzione italiana infatti non rientra nel gruppo delle carte costituzionali cc.dd. “flessibili”.

[2] Si pensi che in Germania le modifiche alla Costituzione devono necessariamente avere l’approvazione dei 2/3 dei membri delle Camere. In Portogallo e in Giappone, oltre all’approvazione dei 2/3 dei membri delle Camere è necessaria anche l’approvazione da parte del popolo tramite referendum. In alcuni Paesi quali il Belgio la Norvegia, la Svezia e la Danimarca è addirittura previsto lo scioglimento delle Camere e l’approvazione definitiva della riforma costituzionale da parte delle nuove Camere. In Francia, invece, è sufficiente il voto a maggioranza semplice, ma è richiesta la successiva approvazione popolare mediante referendum, e questo può essere evitato solo se le Camere approvano la revisione costituzionale con la maggioranza dei 3/5 dei loro membri.

[3] Precisamente, la l. cost. 1/1948 prevede la disciplina dei giudizi di costituzionalità delle leggi, mentre la l. cost. 1/1953 prevede le norme integrative della Costituzione concernenti la Corte Costituzionale, integrando appunto le norme già previste dalla Costituzione sul funzionamento e sulla composizione della Consulta, ma non sufficienti affinché essa potesse effettivamente esercitare le sue funzioni.

[4] Si è parlato di referendum costituzionale su DirittoConsenso qui: http://www.dirittoconsenso.it/2019/11/08/referendum-costituzionale-confermativo-od-oppositivo/

[5] Così come previsto dall’art. 123 del Regolamento del Senato e dall’art. 99 del Regolamento della Camera.

[6] Vi sono ovviamente anche le garanzie legate al diritto penale. Di questo ne ho parlato in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2019/07/09/diritto-penale-e-garanzie-costituzionali-supreme/