La complessa e difficile compliance aziendale del modello 231 al tempo del Coronavirus

 

Premessa

La rapida diffusione del Covid-19, meglio noto come Coronavirus, sta determinando oltre ad una drammatica emergenza sanitaria, anche una crisi economica sempre più in rapida ascesa che sta mettendo a dura prova le nostre imprese. Circa quest’ultime, inizialmente, con il DPCM dell’11 marzo 2020, si era imposta, da un lato, la sospensione di numerose attività e, dall’altro, una serie di raccomandazioni per il proseguimento delle attività produttive e professionali non sospese. A causa della crescente diffusione del virus si sono rese necessarie ulteriori restrizioni che hanno determinato la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali non essenziali e non strategiche (DPCM 22 marzo 2020[1]).

Nonostante la compromissione della libertà di circolazione delle persone, sono state mantenute in attività le imprese che erogano servizi e beni essenziali, dai generi alimentari ai prodotti sanitari per citarne alcuni tra i più rilevanti, per garantire l’approvvigionamento di tali beni alla collettività.

Ciò ha determinato per le imprese, e nello specifico per alcuni soggetti dell’organigramma aziendale, il dovere di predisporre misure di prevenzione “eccezionali” anti-coronavirus per tutelare la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro e non solo.

 

I soggetti responsabili della prevenzione e il modello 231

Come anzidetto, l’impatto del Covid-19 sul mondo aziendale sta avendo notevoli ripercussioni da un punto di vista economico, ma rischia di averne anche su di un piano sanzionatorio.

Difatti, nel contesto sopra evidenziato, eventuali lacune circa l’apposizione dei presidi essenziali volti a prevenire il rischio di infezione da Coronavirus dei propri dipendenti, può determinare molteplici rischi e connesse sanzioni: da un lato, a carico delle persone fisiche inserite nell’organigramma aziendale e responsabili dell’apposizione di misure di prevenzione, dall’altro la possibilità di integrare una responsabilità a carico della persona giuridica stessa.

L’emergenza Covid-19 che interessa le imprese di tutto il territorio nazionale obbliga gli operatori ad una riorganizzazione delle misure di prevenzione. Il datore di lavoro ex art. 2087 c.c.[2] e dal Testo Unico Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008[3]) ha l’obbligo di valutare costantemente quali siano i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e sulla base di ciò, adottare le misure idonee ed opportune volte a diminuirne il rischio.

Tuttavia, oltre al datore di lavoro, all’interno della società vi sono altri soggetti responsabili:

  1. Il delegato del datore di lavoro, ossia una persona esterna al datore di lavoro a cui sono stati affidati i compiti di quest’ultimo, salvo quelli non delegabili.
  2. I dirigenti, ossia coloro che, dotati di competenze e poteri gerarchici e funzionali adeguati, attuano le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa;
  3. I preposti, ossia coloro che sono titolare sì, di un potere di sovraordinazione altrui, ma sono privi delle funzioni tipicamente “assunte” dai soggetti anzi citati (es. i capi reparto od i capi turno)
  4. a questi si aggiungono altre figure di rilievo come il Rappresentante della Sicurezza per i lavoratori (RLS – una o più persone elette e designate per rappresentare i lavoratori relativamente alle problematiche di salute e sicurezza sul lavoro col compito di vigilare sulla congruità delle misure di sicurezza e loro applicazione), il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP – normalmente un soggetto esterno all’azienda con l’incarico di assistere il datore di lavoro o suo delegato nell’individuazione delle misure di sicurezza) e il medico competente (un medico in possesso di specializzazione in medicina del lavoro e autorizzazione, incaricato dall’azienda di verificare la salute dei lavoratori sotto il profilo medico).

 

Rischi da Covid-19 e possibili sanzioni da d.lgs. 231/2001

Qualora il lavoratore contragga il Coronavirus sul luogo di lavoro a causa delle inidonee ed inefficaci misure adottate dai soggetti di cui sopra, e dal contagio ne consegua, nella peggiore delle ipotesi, il decesso, tali soggetti responsabili della prevenzione rischierebbero di incorrere nella sanzione penale di cui agli artt. 589 c.p. (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni colpose gravi) ed in un’eventuale azione civile per il risarcimento del danno[4].

Ma non solo. Così facendo, se da tali reati si ravvisasse un interesse od un vantaggio per l’impresa e la mancata adozione ed attuazione di un idoneo modello 231, sarebbe possibile contestare alla persona giuridica il reato di cui all’art. 25-septies d.lgs. 231/2001[5], con la possibilità per l’ente di incorrere in sanzioni pecuniarie particolarmente elevate, che in caso di omicidio colposo possono giungere fino 1,5 milioni di euro, e nelle temute sanzioni interdittive[6].

Questa è sicuramente l’area di rischio di maggior rilevo, ciononostante non l’unica.

Si osservi, ad esempio, come il Covid-19 abbia costretto le imprese, che abbiano la possibilità di poter svolgere l’attività produttiva al proprio domicilio o a distanza, ad utilizzare modalità di lavoro agile, il c.d. smartworking[7].

Dunque, in tale situazione emergono nuove aree di rischio che possano determinare la commissione di ulteriori reati:

  1. Reati contro la PA, si pensi ai rapporti con i Prefetti circa l’autorizzazione per la prosecuzione delle attività ai sensi del DPCM 11 marzo 2020.
  2. Delitti contro l’industria e commercio, come la produzione e/o commercializzazione di DPI contraffatti[8].
  3. Delitti informatici o violazione diritto d’autore, derivante dal possibile accesso abusivo ai sistemi informatici dell’azienda ad opera dei c.d. smartworker.
  4. Delitti tributari[9], come il beneficiare di detrazioni, deduzioni e dei crediti d’imposta previsti dal D.L. 18 marzo 2020 “Cura Italia”.

 

Il fondamentale ruolo dell’Organismo di Vigilanza  

Proprio a causa delle possibili sanzioni in cui può incorrere l’ente, diviene fondamentale il ruolo di controllo svolto dall’Organismo di Vigilanza (ODV) sulle misure adottate.

In primis, l’ODV dovrà verificare che i soggetti responsabili della sicurezza e salute dei luoghi di lavoro abbiano effettuato una corretta identificazione dei rischi connessi al Covid-19, in secundis che abbiano predisposto idonee misure precauzionali e che queste siano state efficacemente attuate.

Una serie di raccomandazioni su tali misure sono delineate dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020[10]. Si tratta di 13 raccomandazioni da poter integrare e migliorare secondo la tipologia specifica di attività produttiva:

  1. Obblighi di informazione circa le disposizioni impartite dalle Autorità volte al contrasto del virus;
  2. Regolamentazione degli ingressi in azienda del personale dipendente;
  3. Regolamentazione modalità di accesso dei fornitori esterni, secondo procedure di ingresso, transito ed uscita per ridurre al minimo le occasioni di contatto;
  4. Pulizia e sanificazione degli ambienti di lavoro giornaliera e periodica;
  5. Precauzioni igienico-sanitarie personali come lavarsi spesso le mani ed utilizzare gel igienizzanti;
  6. Dispositivi di protezione individuale, come mascherine protettive, mantenimento delle distanze con il personale ecc.;
  7. Gestione degli spazi comuni contingentati;
  8. Organizzazione aziendale riguardo alle modalità di svolgimento dell’attività produttiva. Da applicare, ove possibile, lo smartworking, utilizzare una maggiore turnazione dei lavoratori, ricorso agli ammortizzatori sociali ecc.;
  9. Gestione entrata-uscita del personale dipendente;
  10. Spostamenti interni e riunioni da sospendere e limitare prediligendo la formazione continua del personale “a distanza”;
  11. Gestione di una persona sintomatica in azienda, secondo le direttive del personale sanitario, (isolamento, ricostruzione possibili contagi, quarantena…), nel rispetto e nella tutela della privacy del soggetto;
  12. Sorveglianza sanitaria/medico competente/RLS da implementare, ricorrendo ad un maggiore flusso di informazioni;
  13. Aggiornamento del Protocollo di regolamentazione e costituzione di un Comitato di Crisi per l’applicazione del Protocollo di Regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS.

 

La stessa Confindustria si è espressa su tali raccomandazioni attraverso la predisposizione di un fac-simile[11] al fine di agevolare le imprese nell’adozione delle misure di sicurezza declinate dal Protocollo in questione. Anche l’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro (AiFOS) ha elaborato un documento nel quale sono raccolte le buone prassi per lo svolgimento di corsi di formazione e per i sopralluoghi e consulenze aziendali (Linea guida AiFOS per formatori, consulenti, RSPP e datori di lavoro in tema di gestione del rischio biologico da coronavirus)[12].

 

Conclusioni

Oltre a quanto sopraesposto, l’ODV dovrà svolgere un’ulteriore attività di controllo e verifica che riguarderà il modello 231 adottato dall’impresa.

Con riguardo alla tutela e sicurezza degli ambienti di lavoro giova precisare che gli art. 5 e 6 d.lgs. 231/2001 risentano della normativa dettata dal Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (d.lgs. 81/2008) volta ad indirizzare il contenuto del modello 231 all’adempimento degli obblighi giuridici indicati dalla legislazione antinfortunistica. Difatti al fine di escludere una responsabilità della persona giuridica per il reato di cui all’art. 25 septies d.lgs. 231/2001, il modello di organizzazione e gestione deve prevedere quanto statuito dall’art. 30 d.lgs. 81/2008[13].

Ne consegue come il modello 231 possa concretamente essere già idoneo per affrontare le aree di rischio venutesi a creare a seguito del Covid-19, indi per cui l’aggiornamento non deve essere automatico.

Tuttavia, diviene quantomai essenziale che l’ODV aumenti la propria attività di vigilanza al fine di verificare che i presidi di prevenzione vengano concretamente rispettati, ed inoltre accertare se il modello 231 adottato ante rischio pandemico risultasse essere “lungimirante” circa i rischi diretti ed indiretti connessi al Covid-19.

A modesto parere dello scrivente, l’ODV per poter verificare l’adeguatezza, il funzionamento e l’osservanza del modello 231 dovrà concentrarsi su particolari aspetti, di cui alcuni già trattati in precedenza:

  1. sul potenziamento dei flussi informativi secondo i canali adottati nel modello, soprattutto con il Comitato di Crisi;
  2. sul rispetto degli obblighi di cui all’art. 30 d.lgs. 81/2008, in particolare circa l’idoneità del sistema aziendale adottato per far fronte al rischio biologico da contagio Covid-19;
  3. sullo svolgimento di un “pressante” monitoraggio sul rispetto delle normative e direttive dell’Autorità; e
  4. sull’idoneità del modello 231 circa la prevenzione degli “altri reati” (delitti contro la PA, delitto contro Industria e Commercio, ecc…) dovuti alla creazione di nuovi processi per fronteggiare la situazione emergenziale.

Informazioni

M. Grassi, “L’Organismo di Vigilanza alla prova del Coronavirus. Spunti operativi.”, in AODV231;

C. Corsaro – M. Zambrini, “Compliance aziendale, tutela dei lavoratori e gestione del rischio pandemico”, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 3.

[1] http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/dpcm_20200322.pdf

[2] “è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”

[3] https://www.ispettorato.gov.it/it-it/in-evidenza/Documents/Testo-unico-salute-sicurezza-gennaio-2020.pdf

[4] Cfr. M. Grassi, L’Organismo di Vigilanza alla prova del Coronavirus. Spunti operativi.”, in AODV231; C. Corsaro – M. Zambrini, “Compliance aziendale, tutela dei lavoratori e gestione del rischio pandemico”, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 3.

[5] Si consenta di rinviare al mio precedente articolo http://www.dirittoconsenso.it/2020/01/21/il-rapporto-tra-modello-231-e-giurisprudenza/

[6] Art. 9, co. 2 d.lgs. 231/2001: “Le sanzioni interdittive sono:

a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

c) il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.”

[7] Per una puntuale analisi del fenomeno dello smartworking rinvio a http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/20/lo-smart-working/

[8] Per un’attenta osservazione sul punto rinvio a http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/24/i-dpi-alla-luce-dellemergenza-coronavirus/

[9] Si consenta nuovamente di rinviare ad un mio precedente scritto http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/13/lingresso-dei-reati-tributari-nel-d-lgs-231-2001/

[10] https://www.uil.it/documents/protocollo_condiviso.pdf

[11] https://www.confindustriafirenze.it/coronavirus-fac-simile-protocollo-e-modulo-trattamento-dei-dati-personali/

[12] https://aifos.org/inst/aifos/public/data/general/files/news/documenti/2020/febbraio/linee-guida-rischio-biologico-corona-virus-2.pdf

[13] Tali obblighi riguardano: a) il rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; b) le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;  c) le attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;  d) le attività di sorveglianza sanitaria;  e) le attività di informazione e formazione dei lavoratori;  f) le attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;  g) l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;  h) le periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.