Una riflessione storica sulla legge più restrittiva d’Europa in tema di interruzione di gravidanza: la legge sull’aborto in Polonia

 

L’aborto in Polonia: cenni storici e quadro legislativo attuale

Prima di parlare dell’aborto in Polonia dobbiamo fare un passo indietro. Il primo Stato al mondo a mondo a legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza è stata l’Unione Sovietica nel 1920. La legalizzazione avvenne nel contesto di una campagna politica su vasta scala che mirava a garantire a tutte le cittadine sovietiche l’accesso a procedure mediche sicure per l’interruzione della gravidanza, indipendentemente dal proprio reddito e dalla classe sociale di appartenenza. A tale scopo l’aborto era consentito su richiesta e a titolo gratuito. Nel 1936 Josif Stalin, a seguito di un calo demografico, abroga la legislazione previgente, ripristinata nel 1955 dopo la sua morte. Sebbene riformato anche nei decenni successivi, l’impianto originario della legge sovietica sull’interruzione volontaria di gravidanza è rimasto in tutti gli ex Stati membri dell’U.R.S.S., con un’unica eccezione.

In Polonia l’aborto è stato depenalizzato nel 1932 esclusivamente per motivi terapeutici e stupro. A tali cause di giustificazione una riforma del 1956 ha aggiunto il caso in cui la madre si trovasse “condizioni di vita difficoltose”, nozione che è stata interpretata a partire dagli anni Sessanta in un senso molto ampio. La legislazione vigente in Polonia negli anni Sessanta e Settanta ha consentito, de facto, l’aborto su richiesta[1], configurandosi come una delle più liberali dell’epoca. In questo periodo la Polonia è diventata una delle principali destinazioni europee del turismo abortivo, sia per la propria legislazione che per i costi molto bassi degli interventi chirurgici. Tale fenomeno ha coinvolto un numero di donne difficile da quantificare, provenienti da altri Paesi europei in cui erano previste normative più restrittive, in particolare dalla Svezia.

Il crollo del regime comunista ha segnato un netto cambiamento di direzione. Le prime elezioni parzialmente libere, tenute nel 1989, attribuirono tutti i seggi disponibili al partito guidato da Lech Wałęsa, il leader del sindacato di ispirazione cattolica Solidarność. Il processo di democratizzazione era stato sostenuto con vigore dalla Chiesa cattolica, duramente repressa negli anni del comunismo, e a partire dagli anni Novanta le istituzioni ecclesiastiche hanno iniziato ad esercitare una forte influenza sulla società polacca. Le spinte della Chiesa e la sua visione dell’aborto hanno portato il Parlamento polacco ad introdurre progressive restrizioni all’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza già nel 1990[2]. Nel 1993 Il Parlamento approvò una riforma che eliminava definitivamente la scriminante delle “difficili condizioni di vita”, portando al regime vigente ancora oggi.

La legislazione attuale stabilisce che l’aborto non costituisca reato in tre casi tassativi: seria minaccia alla vita o alla salute della madre, attestata da due medici; stupro o incesto accertato con sentenza del tribunale; grave e irrimediabile problema di salute al feto, certificato da due medici. Con la diffusione dei test prenatali, il terzo caso corrisponde alla netta maggioranza degli aborti legalmente praticati in Polonia. È inoltre previsto il diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale medico e sanitario.

Il rapporto della Polonia nei confronti dell’interruzione volontaria rappresenta un doppio unicum: si tratta sia dell’unico Stato ex sovietico ad aver adottato una legislazione così restrittiva nei confronti dell’aborto che dell’unico Stato membro dell’Unione europea ad essere passato da una normativa pro-choice ad una proibizionista.

 

Le decisioni della CEDU in tema di interruzione volontaria di gravidanza

La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affrontato in diverse occasioni l’argomento dei diritti riproduttivi. Nella nota decisione A, B, C vs Ireland[3]la Corte di Strasburgo ha negato che l’articolo 8 (rispetto della libertà privata) sancisca un diritto all’aborto; al tempo stesso, nel caso Vo v. France[4], ha negato la qualifica di “persona” al feto nel caso di un errore medico che aveva comportato un aborto spontaneo. La scelta della Corte di Strasburgo è di lasciare al margine di apprezzamento degli Stati la valutazione se il feto sia o meno una persona e le conseguenti scelte in tema di interruzione volontaria; tuttavia, ha condannato diverse volte la Polonia per violazione dell’articolo 8 nel caso in cui tali scelte in tema di aborto hanno comportato la violazione di diritti fondamentali per le donne.

Nella sentenza R.R. v. Poland[5] del 2011 la Corte si è pronunciata su un caso di una donna che era diventata madre di una bambina affetta da una grave patologia genetica. Durante la gravidanza, a seguito di una scansione ad ultrasuoni, aveva motivo di ritenere che il proprio feto fosse portatore di un’anomalia genetica. Tuttavia, l’amniocentesi venne ripetutamente negata da medici obiettori di coscienza e fu effettuata dopo 6 settimane, comportando per la donna il superamento del limite legale previsto per poter praticare l’interruzione. In questo caso la Corte di Strasburgo ha riscontrato una violazione dell’art 3 (proibizione trattamenti inumani e degradanti) e dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) per aver ingiustificatamente negato un test genetico e aver reso l’appellante nella posizione di non poter effettuare una decisione informata in ambito medico.

La pronuncia P. and S. v. Poland[6] del 2012, invece, riguardava il caso di una 14enne polacca rimasta incinta a seguito di violenza sessuale. La minore si era rivolta presso l’ospedale pubblico di Lublino. I medici però l’avevano fatta incontrare senza avvertimento con un sacerdote al fine di persuaderla a non abortire. Dopo numerosi tentativi falliti di ottenere risposte dal personale sanitario, alla madre della minore era stata tolta dal Tribunale dei minori la custodia della 14enne con l’accusa di aver convinto lei la figlia ad abortire. A seguito di un’ufficiale protesta al Ministro della Salute, la minore è riuscita ad abortire presso una clinica situata oltre 500 km dalla propria abitazione ed è tornata presso la propria famiglia. La Corte EDU ha in questo caso riconosciuto una grave violazione del rispetto della vita privata e familiare.

 

Criticità e prospettive future

Sebbene la legge non abbia subito cambiamenti dal 1993, l’aborto resta uno degli argomenti più scottanti nel dibattito pubblico in Polonia.

I tentativi di restringere ulteriormente i casi ammessi per arrivare ad un’abolizione pressoché totale sono stati numerosi negli ultimi anni; in particolare, il caso più frequente di aborto – gravi anomalie genetiche del feto – è stato accusato di rappresentare un tentativo di eugenetica da esponenti di spicco del governo[7]. Nel 2016 una legge di iniziativa popolare, sostenuta da un gruppo pro-life, è stata discussa in Parlamento e, se approvata, avrebbe proibito l’aborto in tutti casi ad eccezione del pericolo di vita per la madre. A seguito delle Czarny Protests, che hanno coinvolto oltre 30mila donne polacche, il Parlamento ha deciso di ritirare la proposta di legge.

In queste settimane, una nuova proposta di iniziativa popolare in tale direzione sarà sottoposta a discussione alla Sejm (Parlamento). I movimenti femministi, a causa delle restrizioni per fronteggiare l’epidemia di covid-19, hanno deciso di protestare con iniziative online non potendo tenere manifestazioni pubbliche[8].

Tra le maggiori criticità denunciate vi è il problema degli aborti clandestini[9]. Gli aborti praticati ufficialmente ogni anno si aggirano tra i 1000 e i 2000, ma si stima che il totale arrivi ad 80mila aborti l’anno. La stragrande maggioranza degli aborti, infatti, avviene clandestinamente o all’estero[10]. Tra le destinazioni principali del turismo abortivo vi sono Slovacchia, Ucraina, Germania e Regno Unito[11]. Gruppi femministi pro-choice offrono aiuto logistico e anche economico alle donne polacche costrette ad abortire, rischiando sanzioni penali: il codice penale polacco, infatti, sanziona anche il concorso in interruzione volontaria di gravidanza[12].

Sebbene la maggioranza dei polacchi si affermi contraria all’aborto per motivi etico-religiosi, il tasso di laicizzazione presso le nuove generazioni è molto elevato e lascia prospettare un cambiamento radicale nei prossimi decenni[13]. Il dibattito sull’aborto in Polonia, ad ogni modo, non riguarda solo la dimensione etica: si lega a stabili eredità storiche e alle scelte fondative alla base dello Stato polacco post-sovietico. In quanto tali, non saranno facili da sradicare.

Informazioni

Jerome S. Legge, Abortion Policy: An Evaluation of the Consequences for Maternal and Infant Health, State University of New York Press

A. Kulczucki, The Abortion Debate in the World Arena, edizioni Palgrave Macmillian

Abbiamo anche parlato dei diritti di ogni uomo, in questo articolo di Perla Lo Giudice

[1] Jerome S. Legge, Abortion Policy: An Evaluation of the Consequences for Maternal and Infant Health, State University of New York Press, pag. 62.

[2] A. Kulczucki, The Abortion Debate in the World Arena, edizioni Palgrave Macmillian, pag. 111.

[3] Corte Europea Diritti dell’Uomo, ricorso 25579/05, http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-102332

[4] Corte Europea Diritti dell’Uomo, Grande Camera, ricorso 5324/00, http://hudoc.echr.coe.int/eng-press?i=003-1047783-1084371

[5] Corte Europea Diritti dell’Uomo, ricorso 27617/04, http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-104911

[6] Corte Europea Diritti dell’Uomo, ricorso 57375/08, http://hudoc.echr.coe.int/fre?i=001-114098

[7] https://rmx.news/article/article/polish-president-calls-eugenic-abortion-murder

[8] https://notesfrompoland.com/2020/04/14/as-abortion-ban-returns-to-parliament-polish-women-find-ways-to-protest-amid-lockdown/

[9] A. Kulczucki, The Abortion Debate in the World Arena, edizioni Palgrave Macmillian, pag 113-114.

[10] https://edition.cnn.com/2018/03/23/europe/poland-abortion-bill-germany-intl/index.html

[11] https://time.com/poland-abortion-laws-protest/

[12] https://abortion.eu

[13] http://thenews.pl/1/11/Artykul/385757,Church-attendance-in-Poland-plummeting-report?fbclid=IwAR1aSCzeJpmDccdW6pNiUknePlRgC7Gq72-3V_5sBSS-1JjNr22zUvskDNM