Come si approccerà l’Antitrust alle novità del mondo dell’impresa e della produzione derivanti dalla pandemia del Covid-19?
Economia, pandemia e Antitrust
Il Covid-19 ha messo in ginocchio l’economia mondiale, questo è risaputo, tanto da determinare una contrazione del PIL mondiale pari al 3% secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale. Il lockdown ha comportato il blocco di intere filiere produttive, con effetti a cascata che coinvolgono i produttori di beni e i loro fornitori, gli intermediari commerciali e i rivenditori[1]. Da qui nasce l’esigenza, da parte degli organismi di governo nazionali ed internazionali, come l’Antitrust italiano, di fornire risposte alla crisi delle imprese, sia in funzione di tutela dell’economia e dei posti di lavoro, sia in funzione di garantire l’approvvigionamento di prodotti di cui è esponenzialmente cresciuta la domanda in questi mesi, come i dispositivi di protezione individuale[2].
La comunicazione del 24 aprile 2020
Le imprese, dunque, per fronteggiare questo improvviso e forzato stravolgimento del sistema produttivo, in alcuni casi hanno optato per una collaborazione più stretta, al fine di garantire la continuità della produzione.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, presa coscienza di queste intese tra le imprese, in data 24 aprile 2020 ha diramato una comunicazione[3] tramite cui riconosce, da un lato, la straordinarietà della situazione venutasi a creare a seguito della pandemia, e dell’altro la necessità per le imprese di cooperare al fine di garantire la fornitura di beni e servizi in molti casi indispensabili per la collettività. Di conseguenza comunica l’intenzione di non intervenire nei confronti di “misure necessarie, temporanee e proporzionate, adottate per scongiurare la scarsità delle forniture”, in linea con l’analoga comunicazione precedente della Commissione Europea.
In via generale alcune fattispecie di collaborazione tra imprese potrebbero violare le disposizioni dell’art. 2 della legge 10 ottobre 1990 N. 287, che vieta le intese restrittive della libertà di concorrenza.
Le imprese, infatti, non sono libere, ad esempio, di fissare i prezzi d’acquisto dei beni o ripartire tra loro i mercati e le fonti di approvvigionamento per mezzo di accordi; ciò costituirebbe evidentemente una artificiosa modificazione del gioco libera concorrenza in un mercato nazionale o internazionale. La norma in questione riproduce il disposto dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che è la fonte giuridica di riferimento di tutte le discipline nazionali in tema di concorrenza e libero mercato.
Nello stesso articolo, però, al paragrafo 3 si ritrova la possibilità di deroga a tali disposizioni per le intese “che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico”, sempre nei limiti del raggiungimento di tali finalità (come riporta anche la comunicazione dell’antitrust nazionale).
In merito alla possibilità di deroga contenuta nel paragrafo 3 dell’art. 101 TFUE, l’art. 4 della legge 287/1990 è ancora più esaustivo, ed allarga la derogabilità anche ai miglioramenti delle condizioni di mercato in grado di fornire un beneficio ai consumatori, di garantire una migliore concorrenza nel mercato internazionale, o di veicolare un potenziamento in termini quantitativi e qualitativi della produzione di beni.
In questo preciso momento, ad esempio, le imprese del settore medico-sanitario si trovano nella condizione di dover fronteggiare una domanda di beni, come mascherine ed altri dispositivi medici, che si è accresciuta in maniera esponenziale; ciò ha messo in seria difficoltà i diversi produttori che hanno messo in comuni i loro sforzi per riuscire a mantenere un livello di produzione e fornitura adeguato alla domanda attuale.
L’altro problema rilevante che potrebbe nascere dalla collaborazione tra le imprese riguarda la comunicazione e lo scambio di informazioni protette. Il trattamento dei dati sensibili[4] di un’impresa coinvolge numerose discipline normative: dalla protezione dei dati in senso stretto (a norma del nuovo GDPR), alla tutela dei brevetti e dell’originalità dei processi produttivi delle aziende.
Vista l’elevata delicatezza della materia dei dati, soprattutto se rapportata al mondo dell’impresa, e vista la facilità delle occasioni in cui si potrebbe incorrere nella violazione di tali norme, l’AGCM nella sua comunicazione mostra l’intenzione di valutare situazioni problematiche di scambio d’informazioni in maniera più flessibile, a condizione che sia effettivamente necessario, proporzionale al suo fine e circoscritto nel tempo.
Le comfort letters
Di notevole interesse, poi, è il riferimento alle comfort letters, che l’Agenzia si riserva di utilizzare per le comunicazioni da rivolgere alle imprese per dare il proprio responso sulle singole fattispecie di intese.
Ai sensi dell’art. 13 della legge 287/1990 “le imprese possono comunicare all’Autorità le intese intercorse. Se l’Autorità non avvia l’istruttoria di cui all’art. 14 entro centoventi giorni dalla comunicazione non può più procedere a detta istruttoria, fatto il caso di comunicazioni incomplete e non veritiere”.
Dalla lettura della norma risulta subito evidente che il legislatore incoraggia lo scambio di comunicazioni tra autority ed imprese, in un’ottica di prevenzione di situazioni illegittime per le imprese, e con lo scopo ulteriore di comporre eventuali conflitti con la normativa vigente in una fase pre-giudiziale.
A tale fine spesso l’Agenzia si serve delle cosiddette comfort letters amministrative. Si tratta di uno strumento piuttosto recente, mutuato dal mondo degli affari e dell’impresa privata; nel nostro ordinamento ha trovato ampio margine di utilizzo dapprima in sede europea e poi anche dalle autorità nazionali. Sostanzialmente le comfort letters sono delle comunicazioni che l’Antitrust indirizza alle imprese che ne richiedono il parere, per mezzo della procedura di cui all’art. 13 della legge sulla concorrenza. Non sono propriamente degli atti formali, né tanto meno possiedono i crismi della pubblicità e della trasparenza che dovrebbero essere propri di qualsiasi atto amministrativo, ivi compresi quelli che originano dalle autorità amministrative indipendenti.
D’altra parte, sono strumenti molto utilizzati nella prassi per via della loro rapidità e della loro flessibilità nel procedimento di emanazione. Bisogna considerare, infatti, il peculiare ambito d’applicazione delle letters of comfort, che assolvono ad una forma di comunicazione diretta alla singola situazione presentata all’autority, per mezzo delle quali viene dato un responso non ufficiale alla domanda dell’impresa. Tanto è vero che queste non possono vincolare i giudici nell’esercizio del potere giurisdizionale, sebbene spesso fungano da fattore (quasi) determinante nel processo logico di libero convincimento del giudice.
È bene precisare, però, che l’Antitrust circoscrive l’utilizzo delle comfort letters alla sola applicazione della normativa italiana antitrust (definita come detto nella legge N. 287/1990), per rispondere a situazioni che richiedono un particolare carattere di tempestività nella decisione in questo frangente storico. L’utilizzo di questa forma di comunicazione leggera e celere richiede una sufficiente definizione del quadro presentato dalle imprese, ed in ogni caso deriverà da una valutazione discrezionale dell’Autorità per i soli casi che presentino questi requisiti.
Informazioni
Diritto Antitrust dell’Unione Europea, S. Bastianon, Giuffrè Editore
Diritto Commerciale, G.F. Campobasso, Utet Giuridica, 2017
Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea
Legge 10 ottobre 1990 N. 287
[1] Il carattere globale della pandemia ha reso ancora una volta più evidente l’interconnessione tra le economie di tutti i Paesi del mondo, rivelando come le catene produttive che portano ai prodotti finali coinvolgo una numerosa gamma di players commerciali operanti in tutto il mondo, che forniscono al produttore finale i componenti per l’assemblaggio finale
[2] http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/24/i-dpi-alla-luce-dellemergenza-coronavirus/
[3] https://www.agcm.it/media/dettaglio-notizia?id=2b88e620-408b-4444-b8be-a45fa78f78b2&parent=News&parentUrl=/media/news
[4] http://www.dirittoconsenso.it/2018/01/07/la-privacy-e-il-trattamento-dei-dati-personali/

Giuseppe Nicolino
Ciao, sono Giuseppe. Sono nato a Vibo Valentia nel 1998 e attualmente vivo a Bologna. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico “Michele Morelli”, nel 2017 ho iniziato a studiare Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. I temi che più mi interessano riguardano il diritto costituzionale, il diritto privato ed il diritto d’impresa. Sono inoltre affascinato dalle idee sul federalismo europeo come modello politico di sviluppo dell’Unione Europea.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da agosto 2018 a novembre 2020.