I confini giuridici che gli influencer marketing devono rispettare durante una campagna promozionale per garantire una corretta pubblicità nei social medi

 

L’influencer marketing diventa la “nuova moda”

Il mondo della comunicazione sta vivendo una fase di vorticosa accelerazione in cui Internet adotta, sempre più velocemente, strategie e modalità pubblicitarie sofisticate e innovative. I progressi tecnologici degli ultimi due decenni non sono altro che il riflesso di una potente rivoluzione che ha stravolto i paradigmi tradizionali di comunicare e di veicolare un certo messaggio ai consumatori. I cambiamenti che le maison di moda e, più in generale, i fashion brand stanno mettendo in atto coinvolgono in primis l’advertising, ovvero la pubblicità.

Tanto premesso, sarebbe ovviamente riduttivo nonché fuorviante concepire l’advertising online come la mera trasposizione in chiave digitale delle strategie di comunicazione che, fino a qualche anno fa, guidavano le imprese di moda nella pubblicità tradizionale. I nuovi canali hanno impattato sulle relazioni tra impresa-clienti, permettendo a quest’ultimi di ricevere in tempo reale una pubblicità che, in inglese, viene definita “customized, ovvero ideata e progettata in base ai loro gusti e preferenze.

Quest’ultima circostanza è tanto più vera quando all’interno della rete si assiste ad un passaggio epocale verso il cosìddetto “Web 2.0”, stadio dell’evoluzione di Internet caratterizzato dall’esplosione dei social network.

Tra i social più visitati vi sono Facebook e Instagram (che ad oggi conta circa un miliardo di utenti attivi mensilmente), ed è su quest’ultimo che i fashion brand hanno iniziato ad investire gran parte del proprio budget[1], in quanto permette di pubblicare immagini particolarmente curate e creative, simili a fotografie professionali.

Ma vi è di più. In questo nuovo palcoscenico un ruolo preponderante viene rivestito dai c.d. “influencer”; nonostante l’assenza di una qualsivoglia definizione giuridica degli stessi, essi possono definirsi come “soggetti che hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. Si tratta di soggetti che hanno acquisito particolare prestigio e autorevolezza per l’esperienza e la conoscenza maturata in un certo ambito o settore, come ad esempio noti blogger che hanno online un largo seguito di pubblico”[2].

Attraverso lo sfruttamento di personaggi famosi che genera (come è inevitabile che sia) un effetto pubblicitario di cui il brand non può che avvantaggiarsi, l’“influencer marketing[3] rappresenta una modalità sempre più virale e consolidata per pubblicizzare/supportare prodotti di una determinata maison.

Ebbene, proprio in questi casi il consumatore si imbatte in comunicazioni commerciali di natura pubblicitaria, le cui regole devono essere ben seguite onde evitare che lo stesso venga fuorviato o comunque ingannato dal contenuto del messaggio.

Alla luce di tali premesse, per comprendere se e in quali circostanze la condotta dell’influencer  possa integrare gli estremi di una pratica commerciale scorretta, bisogna innanzitutto esaminare le condizioni affinché tale fattispecie possa configurarsi.

 

I profili giuridici dell’influencer marketing

L’art. 20 par. 2 del Codice del consumo (D.lgs. 206/2005) così recita: “Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”.

Lo stesso Codice, dopo aver affermato nel medesimo articolo (par.1) che le pratiche commerciali sono vietate, fa rientrare nelle stesse sia le pratiche ingannevoli[4] che quelle aggressive[5].

Nello specifico, una pratica viene definita ingannevole quando contiene informazioni non rispondenti al vero o che induce in errore il consumatore medio e, in ogni caso, lo induce ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe preso altrimenti (art. 21 Codice del consumo).

È considerata, invece, “aggressiva una pratica commerciale che mediante molestie/coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è ideona a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio” (art 24 Codice del consumo).

Sulla base di una generale considerazione per cui i requisiti per una corretta pubblicità si riassumono in trasparenza, verità, completezza e chiarezza e sull’assunto in base al quale il compito degli influencer è quello di non creare commistione tra promozione di un certo prodotto e attività della vita quotidiana, le singole autorità nazionali[6] hanno emanato delle linee guida/codici di condotta che identificano le regole che queste nuove figure devono rispettare nello svolgere l’attività promozionale.

Pertanto, oltre al Codice del Consumo in materia pubblicitaria un ruolo altrettanto fondamentale viene rivestito dall’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria (ossia lo IAP).

Da oltre cinquanta anni, l’Istituto fissa i parametri per una comunicazione commerciale “onesta, veritiera e corretta” a tutela dei consumatori e della leale concorrenza tra le imprese. L’obiettivo che l’IAP persegue, infatti, attraverso il Codice di Autodisciplina[7] è la diffusione di una comunicazione commerciale responsabile, a vantaggio di tutti: delle aziende che richiedono il rispetto delle regole della concorrenza, dei cittadini-consumatori che rifiutano messaggi ingannevoli o offensivi e dei mezzi i quali auspicano che i contenuti editoriali non vengano inquinati da messaggi non graditi al pubblico.

Proprio in materia di influencer e pubblicità online, vale la pena menzionare lo sforzo che l’IAP fece già nel 2016 quando, sulla scia della nuova portata rivoluzionaria nel settore pubblicitario, percepì l’esigenza di una regolamentazione del fenomeno redigendo la c.d “Digital Chart, documento contenente una sorta di codice di comportamento in relazione alle nuove forme di comunicazione commerciale nel mondo digitale. Tale carta digitale, sebbene non vincolante, costituisce un punto di riferimento cruciale che raccoglie le indicazioni del Codice di Autodisciplina e attribuisce alle stesse un contenuto, per così dire, più “pragmatico” affinché quest’ultimo venga rispettato anche nella comunicazione online. Le linee guida della digital chart richiedono espressamente all’influencer l’utilizzo di hashtags predeterminati, come ad esempio quello di indicare nella parte iniziale del post il termine pubblicità/advertising onde chiarire fin da subito la relazione commerciale esistente tra l’influencer stesso e il brand. Parimenti, se l’inserzionista invia occasionalmente i suoi prodotti alla celebrity/influencer e quest’ultima li cita, è sufficiente l’inserimento di un semplice disclaimer del tipo “prodotto inviato da/ gifted by/supplied by” seguito dal nome del brand.

Sempre in materia di influencer marketing, anche le “Linee guida e regole interpretative per gli influencer” redatte dalla Camera Nazionale della Moda italiana (o “CNMI”) godono di un’importanza non secondaria. La CNMI, in qualità di ente che rappresenta i principali brand del palco italiano, ha deciso di farsi portatrice delle esigenze dei propri associati, dando vita a un tavolo di lavoro per la discussione degli aspetti più rilevanti tra i maggiori fruitori dell’attività promozionale svolta dagli influencer. Ancora una volta, il documento, che non è vincolante, riassume le best practices attualmente adottate dalle aziende di moda e ha come obiettivo quello di aprire un dialogo con le istituzioni, soprattutto in vista di futuri ed eventuali interventi legislativi in materia.

 

Le best practices delineate dall’AGCM a tutela dei consumatori

Con il provvedimento n. 27787 del 22 maggio 2019, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha concluso il primo procedimento istruttorio in materia di influencer marketing, azionato nei confronti di Alitalia S.p.A, Aeffe S.p.A. – società di Alberta Ferretti – e vari personaggi noti ed influencer italiani[8].

Il procedimento è stato avviato da una segnalazione dell’Unione Nazionale dei Consumatori che contestava la diffusione di post sui profili social di persone, più o meno famose, in cui è ben visibile il simbolo di Alitalia stampato sui capi di abbigliamento a marchio Alberta Ferretti. Il problema principale era che i post delle note influencer, in cui le stesse indossavano capi della nuova divisa, erano privi di qualsiasi indicazione sulla natura pubblicitaria del post.

L’Antitrust ha chiuso il procedimento senza accertare l’infrazione, deliberando, tuttavia, l’obbligatorietà degli impegni proposti da ciascun professionista e ribadendo le best practices con un espresso richiamo ai principi ricavabili dagli interventi dell’Autorità e da quelli dello IAP, ivi compresa la Digital Chart.

Per tutto quanto fin qui esposto, emerge palesemente una sempre maggiore attenzione ai messaggi veicolati attraverso i social network da parte dei nuovi influencer. Ebbene, tali mezzi, da una parte, consentono al consumatore di avere un contatto diretto nonché una relazione quasi esclusiva con i personaggi noti e, dall’altra, inducono il consumatore in errore laddove i requisiti dell’online advertising non vengono rispettati.  Nonostante gli sforzi delle autorità nazionali nell’emanare codici etici e best practices, lo sforzo odierno richiesto alle aziende di moda è quello di dotarsi di policy chiare/efficienti per essere sempre più conformi ai principi di massima trasparenza e ai cambiamenti del mercato digitale.

Informazioni

Secondo le statistiche di Launchmetrics (piattaforma marketing e soluzioni di analisi dati per moda, lusso e beauty) già dal 2016 i due terzi dei brandi di moda hanno investito gran parte del proprio budget per campagne pubblicitarie con gli influencer

Sul concetto di influencer marketing, l’istituto dell’autodisciplina pubblicitaria (IAP) ha redatto le seguenti linee guida da rispettare all’estero. Per approfondimento, consultare il sito https://www.iap.it/digital-chart/linee-guida-estero/

https://www.iap.it/conoscere-iap/finalita-e-funzioni/

AGCM,  Relazione annuale sull’attività svolta, 2016,: https://www.agcm.it/pubblicazioni/dettaglio?id=31fc5b1b-3052-4f78-a075-0b9909180dbb&parent=Relazioni%20annuali&parentUrl=/pubblicazioni/relazioni-annuali .

Per il tema relativo al rapporto tra diritto alla privacy e IA, consultare il seguente link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/02/il-gdpr-e-intelligenza-artificiale/

[1] Secondo le statistiche di Launchmetrics (piattaforma marketing e soluzioni di analisi dati per moda, lusso e beauty) già dal 2016 i due terzi dei brandi di moda hanno investito gran parte del proprio budget per campagne pubblicitarie con gli influencer

[2] Definizione presente sul sito internet dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria: https://www.iap.it/digital-chart/endorsement/celebrity-influencer-blogger/

[3] Sul concetto di influencer marketing, l’istituto dell’autodisciplina pubblicitaria (IAP) ha redatto le seguenti linee guida da rispettare all’estero. Per approfondimento, consultare il sito https://www.iap.it/digital-chart/linee-guida-estero/

[4] Pratiche ingannevoli ex artt. 21, 22, 23 del Codice del Consumo

[5] Pratiche aggressive ex artt. 24, 25, 26 del Codice del Consumo

[6] In tal senso, vale la pena citare la CMA, Competition and Market Authority inglese, o la FTC, Federal Trade Commission americana, o l’AGCM, autorità della concorrenza e del mercato italiana

[7] Il Codice di Autodisciplina delinea “il costume cui deve uniformarsi l’attività di comunicazione” e detta altresì “la base normativa per l’autodisciplina della comunicazione commerciale” (art. 1 del Codice di autodisciplina). Il suddetto Codice è vincolante per “utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la conclusione di un contratto di cui al punto d) (clausola di accettazione) finalizzato alla comunicazione commerciale” https://www.iap.it/conoscere-iap/finalita-e-funzioni/

[8] AGCM, Relazione annuale sull’attività svolta, 2016, consultabile al seguente link: https://www.agcm.it/pubblicazioni/dettaglio?id=31fc5b1b-3052-4f78-a075-0b9909180dbb&parent=Relazioni%20annuali&parentUrl=/pubblicazioni/relazioni-annuali