L’Unione Europea e i suoi vicini di casa: le Politiche di Vicinato. Una politica estera sottovalutata?

 

La geopolitica della nuova Commissione Europea

Alla prima conferenza stampa della nuova Commissione Europea designata nel dicembre 2019, la neopresidente Ursula Von der Leyen aveva dichiarato che avrebbe guidato una Commissione più “geopolitica” di quella del suo predecessore Jean-Claude Juncker. Che cosa intendeva dire la presidente Von der Leyen? La volontà della nuova leader della Commissione Europea era chiara: sotto la sua direzione l’UE avrebbe volto lo sguardo verso l’esterno, al di là dei propri confini, e in particolare, con un occhio di riguardo ai suoi vicini di casa. Per questo si parla di Politiche di Vicinato.

Questo articolo trae le mosse da questa dichiarazione-programma della Presidente della Commissione Europea per cogliere l’occasione di trattare delle politiche di Vicinato dell’Unione, che ancora oggi, a 16 anni dalla loro istituzione, risultano poco conosciute ai più.

 

Storia che ha portato all’istituzione delle Politiche di Vicinato

Fin dalle origini della Comunità del Carbone e dell’Acciaio, l’obiettivo dell’Unione Europea è sempre stato quello di garantire la pace attraverso l’integrazione e la prosperità economica.

Con le Politiche di Vicinato dell’Unione Europea si ripropone il medesimo obiettivo, ambendo alla sua realizzazione anche al di là dei confini dell’Europa.

The European Neighbourhood Policy, quindi, nasce con l’intenzione di promuovere e incoraggiare la stabilità e prosperità che l’Unione Europea è riuscita a raggiungere nei suoi Stati Membri, anche nei paesi del Vicinato, attraverso “The closest political association and the greatest possible degree of economic integration”.

Nasce così nel 2004 questo ambizioso progetto, che va a istituire una sezione ad hoc delle politiche estere dell’Unione Europea, promuovendo accordi bilaterali e partnership multilaterali coi paesi confinanti dell’UE.

In un mondo sempre più globalizzato, infatti, era chiaramente emerso come la realtà che si verificava nei Paesi a noi vicini si riflettesse all’interno dei confini europei, come facce di una medesima medaglia. Le guerre e le turbolenze politiche dell’area dell’Africa del Nord, ad esempio, si traducevano in un incremento incontrollabile di immigrazione irregolare verso l’Europa. Similmente, la mancata promozione di valori fondamentali legati alla democrazia e ai diritti umani nel Medio Oriente facilitavano il radicarsi di organizzazioni terroristiche con conseguenze terrificanti in Europea. La realizzazione di obiettivi ecologici e politiche volte alla lotta al riscaldamento globale perdevano di significato se realizzate esclusivamente dentro ai confini europei, senza coordinamento alcuno coi nostri vicini di casa.

Agli inizi del XXI secolo, dunque, urgeva la necessità di creare una cooperazione con i Paesi vicini dell’Unione Europea, così da garantire la pace, la stabilità e la sicurezza non solo in Europa, ma anche attorno all’Unione Europea. Tale cooperazione si fondava sull’impegno reciproco allo sviluppo di determinate politiche e sul rispetto di valori comuni.

Vennero così stabiliti gli obiettivi delle Politiche di Vicinato dell’UE quali l’integrazione economica, la democrazia e il buon governo, lo sviluppo sociale; fondando la propria azione sul rispetto dei diritti umani e lo stato di diritto.

I quattro settori di azione delle Politiche di Vicinato sono dunque schematizzati in:

  • Human rights, democracy and good governance;
  • Economic development;
  • Security (Counter-terrorism and bord management);
  • Migration and mobility partnership[1].

 

La base normativa delle Politiche di Vicinato

Ad oggi, le Politiche di Vicinato trovano la propria base legale nell’articolo 8 del Trattato dell’Unione Europea: “L’Unione sviluppa con i paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell’Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione. 2. Ai fini del paragrafo 1, l’Unione può concludere accordi specifici con i paesi interessati. Detti accordi possono comportare diritti e obblighi reciproci, e la possibilità di condurre azioni in comune. La loro attuazione è oggetto di una concertazione periodica”, e più in generale nel titolo V del TUE dedicato all’azione esterna dell’Unione Europea.

Gli articolo 206-208 TFUE, in dettaglio, poi, disciplinano gli scambi commerciali, e gli articolo 216-219 TFUE gli accordi internazionali.

 

Chi sono i nostri vicini?

Ma chi sono i nostri vicini di casa?  La domanda, per quanto possa sembrare, non è scontata.

Le Politiche di Vicinato, infatti, possono essere distinte in due macro partnerships bilaterali all’interno delle quali si sviluppano tutta una serie di ulteriori accordi multilaterali tra UE e singoli stati esteri.

Tali due partnership costituiscono la spina dorsale dell’European Nighbourhood Policy: da un lato the Eastern Partnership e dall’altro la Southern Partnership, le quali complessivamente includono 16 paesi nel Vicinato d’Europa.

 

L’Eastern Partnership

Nell’associazione coi paesi dell’Est si ritrovano sei Stati dell’ex blocco sovietico: Ucraina, Repubblica di Moldavia, Bielorussia, e i tre Stati del Sud Caucaso: Georgia, Armenia e Azerbaijan.

Questa partnership nacque nel 2009 con lo scopo di rafforzare la cooperazione con i paesi post-soviet, sottraendoli così definitivamente dall’influenza della Russia, e aiutandoli nelle riforme politiche e democratiche degli ordinamenti giuridici neo-costituitosi.

L’influenza di queste politiche in tali paesi partners si è fatta sentire inevitabilmente soprattutto con il caso dell’annessione illegittima della Crimea da parte della Russia, che l’UE non ha mai riconosciuto, ed anzi ha condannato con severe sanzioni.

Inoltre, con alcuni di questi Paesi, come ad esempio con la Moldavia e l’Ucraina, vige un regime di free-visa, per garantire e rafforzare la mobilità tra questi Stati e l’Unione Europea.

Infine, le Politiche di Vicinato intervengono in questi Paesi controllando il rispetto della democrazia e dello stato di diritto: report preoccupanti sono stati stilati in merito alla libertà dei media e l’indipendenza dei giudici in Armenia, nonostante le riforme democratiche del 2019; e preoccupazioni circa il rispetto dei diritti umani e la correttezza delle elezioni sono rivolte alla Bielorussia (paese con ancora in vigore la pena di morte), la quale per tali ragioni è esclusa dall’EURONEST- l’assemblea che annualmente riunisce il Parlamento Europeo e i parlamenti nazionali dei paesi del Vicinato dell’Est.

 

La Southern Partnership

La Southern Partnership, invece, è conosciuta come “l’Unione per il Mediterraneo”, e rappresenta la continuazione della Dichiarazione di Barcellona del 1995 circa la necessità di una cooperazione tra i paesi del Mediterraneo.

Questa partnership è particolarmente importante per quanto riguarda le politiche di mobilità e migrazione: particolari fondi economici, come il MADAD fund, sono appositamente dedicati a risolvere l’attuale drammatica crisi migratoria dei rifugiati siriani.

Dieci sono i Paesi che fanno parte della Southern Partnership: Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Libia, Libano, Giordania, Israele, Palestina e Siria. Tuttavia, tra questi, la Siria ha visto sospesa la sua partecipazione dal 2011 a causa della guerra civile, e la Libia mantiene lo status di observeur.

L’intervento europeo in questa collaborazione, oltre che nel campo economico (per le politiche di Vicinato nel ciclo finanziario del 2014/2020 sono stati stanziati oltre 15 miliardi di euro), si è sentito soprattutto in risposta alle turbolenze generate dalla cosiddetta “Primavera Araba”.

Nel 2011, infatti, le politiche di Vicinato sono state rinnovate per rispondere alle più recenti esigenze di riforme democratiche e anticorruzione di questi paesi, e il principio “more for more” è stato introdotto. La nuova filosofia dell’European Neighourhood Policy da allora prevede che più sforzi un Paese mostri di fare per la democratizzazione del proprio ordinamento giuridico, e più supporto economico-finanziario riceverà dall’Unione Europea.

Sempre in relazione a tale Unione per il Mediterraneo, poi, si ricorda che l’UE gioca un ruolo fondamentale nel Middle East Peace Process, con la nomina nel 2018 di Susann Terstal come “Special Representative” nei negoziati di risoluzione della questione israelo-palestinese. L’Unione Europea, inoltre, sostiene l’Autorità Palestinese con aiuti finanziari erogati grazie al MEDA- Middle East and Developing Africa- fund.

 

Questioni irrisolte

In realtà come anticipato, non è così semplice definire aprioristicamente chi siano i nostri vicini di casa.

I Trattati costitutivi dell’Unione Europea non indicano in alcun articolo i confini dell’Unione, perché intrinsecamente mirano ad un allargamento senza limiti di questa Unione di popoli. L’articolo 49 del TUE, in tal senso allora, domanda allo Stato che intenda aderire all’Unione Europea di soddisfare due requisiti: deve essere uno Stato europeo e deve rispettare i valori comuni dell’UE, impegnandosi alla loro promozione[2].

Ma che cosa vuol dire essere uno “Stato europeo”? Da un punto di vista geografico, come possiamo definire che cosa sia “Europa”? Dove finisce l’Unione Europea, fino a dove può espandersi?

Se, ad esempio, permettiamo alla Turchia di procedere ai negoziati di adesione all’UE (di cui la candidatura è in bilico dal 1987), perché non possiamo considerare candidabili altresì i Paesi del Caucaso, che invece qualifichiamo esclusivamente come paesi del Vicinato?

Se la Romania è uno dei 27 Stati membri, perché la Moldavia non può esserlo?

E se l’obiettivo delle Politiche di Vicinato è la condivisione di valori comuni e il rispetto dello stato di diritto, è possibile che uno dei paesi delle Politiche di Vicinato arrivi a soddisfare i requisiti richiesti da quell’art. 49 TUE sopramenzionato, e dunque diventi candidabile all’UE?

Queste domande non trovano oggi risposta nelle Politiche di Vicinato dell’Unione Europea, che, da un lato, continuano fermamente a sottolineare che un Paese Vicino non è un Paese candidato, e dall’altro, restano piuttosto fumose nella volontà di definire i confini dell’UE una volta per tutte.

 

Conclusione

Quel che è certo è che per la sopravvivenza dell’Unione Europea non basta una solidarietà tra gli Stati Membri, ma è necessario circondarsi di una cerchia di amici. Il covid-19 mai come prima ci ha dimostrato quanto abbiamo bisogno dell’altro. Allo stesso tempo, questa pandemia ha posto l’Europa di nuovo preda dell’influenze delle grandi potenze estere, mutando la scacchiera internazionale tra le esaltazioni generali degli aiuti ricevuti da paesi comunisti, come Cina e Cuba, e l’inabissarsi dell’ideale americano sul Titanic di Trump.

Essere “Europei” oggi non significa soltanto credere e condividere gli ideali dell’Unione Europea. In un mondo che è sempre più globalizzato, non possiamo più guardare solo al nostro piccolo giardino verde. In tal senso, le Politiche Europee di Vicinato rappresentano uno dei più importanti strumenti per il futuro dell’Unione Europea, proprio perché ci permettono di guardare oltre i nostri confini.

Informazioni

European External Action Service report https://www.euneighbours.eu/en

Lorenzo Venezia, Il futuro allargamento dell’Unione Europea, dicembre 2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/12/01/il-futuro-allargamento-dellunione-europea/

[1] European External Action Service report https://www.euneighbours.eu/en

[2] Per un approfondimento circa il processo di allargamento dell’Unione Europea, si rinvia all’articolo di Lorenzo Venezia, Il futuro allargamento dell’Unione Europea, dicembre 2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/12/01/il-futuro-allargamento-dellunione-europea/