Dalla sua apertura, il Canale di Suez ha avuto un considerevole impatto sul mondo dei trasporti: qual è il regime giuridico che ne permette un tale fruttuoso utilizzo?

 

La realizzazione del Canale di Suez ed i primi regimi giuridici

Sin dall’antichità, le genti hanno da subito avvertito il bisogno di rendere navigabile la zona attorno all’istmo di Suez. È infatti riportato come già nel 609 a.C. fosse stata avviata la costruzione di un canale che mettesse in collegamento il delta del Nilo con, appunto, l’istmo. Gli oltre trecento anni di lavoro diedero vita ad un canale che, per quanto mirabile, non avrebbe potuto in ogni caso servire le navi che attraversano il moderno collegamento[1], aperto nel 1869, con una cerimonia da cui trae origine l’Aida di Giuseppe Verdi[2].

Per ciò che concerne la disciplina giuridica del Canale di Suez, invece, il punto d’inizio risale al 1854, ancor prima dell’avvio della realizzazione dell’opera stessa. Infatti, un firmano[3] autorizzava la costruzione di un canale e la concessione dello stesso per 99 anni alla compagnia costruttrice, la quale avrebbe avuto carattere universale[4], il tutto a condizione che lo stesso fosse accessibile a tutti gli Stati sulla base di una completa uguaglianza[5].

A tale decreto ne seguiva uno simile, del 1856, sempre emanato dal Khedive[6], dove però si poneva l’accento sulla libertà di navigazione per le sole navi commerciali, aprendo di conseguenza un dibattito sulla concessione o meno di una simile libertà di movimento alle navi da guerra.[7] I dubbi sorti a partire da quell’anno verranno poi dipanati quando, nel 1866, si giungerà alla stesura di una prima Convenzione per la neutralizzazione del passaggio attraverso il canale tra la Compagnia universale ed il Governo egiziano, approvata successivamente con apposito firmano. Tale Convenzione statuisce chiaramente al suo art. 13 come la navigazione nel canale sia permessa ad ogni tipo di nave, senza distinzioni di sorta, il tutto per l’insoddisfazione della Turchia che aveva richiesto un canale che impedisse, per sua propria struttura, il passaggio delle navi da guerra[8]. Tuttavia, l’approvazione della Convenzione a mezzo di firmano mostrava come si trattasse di una soluzione interna ed unilaterale.

 

L’apertura del Canale di Suez

Con l’apertura del Canale di Suez, l’interesse delle potenze straniere attorno alla nuova via d’acqua diventa chiaramente più intenso, con la Gran Bretagna che riesce ad accaparrarsi le quote egiziane della Compagnia universale[9], dopo la bancarotta dello stato nordafricano.

Allo stesso modo, diventa impellente anche la necessità di garantire la costante percorribilità del Canale, evitando che decisioni unilaterali dei diversi attori possano condurre ad un blocco dello stesso o ad un qualunque impedimento alla navigazione dal Mediterraneo al Mar Rosso. Scartate le proposte francesi ed inglesi, che cercavano di ottenere un mandato per garantire la protezione degli ingressi, l’Istituto di Diritto Internazionale proponeva, dal 1879, di stipulare una Convenzione internazionale[10] [11].

Il preludio alla successiva stipula fu la proposta britannica articolata in 8 punti e sottoposta ad una Conferenza convocata dal Regno Unito stesso nel 1883. Seppur in quell’occasione la Gran Bretagna non ricevette alcuna risposta, successive conferenze e la formazione, nel 1885, di una Commissione che aveva il compito di deliberare sul regolamento del Canale di Suez portarono invece, dopo lunghe trattative, alla redazione di una Convenzione, che venne poi firmata solennemente a Costantinopoli il 29 ottobre del 1888.

 

La Convenzione di Costantinopoli del 1888

Composta da 17 articoli, la Convenzione ha come obiettivo lo “stabilimento d’un regime definitivo, destinato a garantire […] il libero passaggio del Canale di Suez[12], completando così il quadro giuridico la cui realizzazione era stata avviata nel 1854.

Il primo articolo, di cui si riporta il testo integrale, è eloquente nella sua formulazione:

The Suez Maritime Canal shall always be free and of commerce or of war, without distinction of flag. Consequently, the High Contracting Parties agree not in any way to interfere with the free use of the Canal, in time of war as in time of peace. The Canal shall never be subjected to the exercise of the right of blockade.[13]

 

Viene quindi sancita la libertà indistinta di navigazione, in pace come in guerra, e riaffermato il totale divieto di blocco del Canale, che è quindi neutralizzato[14].

Negli articoli che seguono, 2 e 3, si statuisce il rispetto delle opere connesse al Canale; agli articoli 4 e 5 si indicano invece i doveri dei belligeranti: in tempo di guerra il Canale resta aperto anche per gli Stati impegnati in un conflitto, ma nessun atto di guerra può essere condotto né al suo interno né agli ingressi (paragrafo a).

Inoltre, sempre nella zona del Canale sono vietati gli approvvigionamenti delle navi in guerra, le quali devono impegnare la via d’acqua nel più breve tempo possibile (paragrafo b).

Allo stesso modo, le navi non possono sostare nei porti d’ingresso per più di 24 ore, se non quando un’altra nave belligerante sia partita e la nave d’un contendente debba quindi attendere 24 ore prima di partire (paragrafo c). L’art. 7, d’altra parte, stabilisce che, in periodo di pace, ogni Potenza può mantenere 2 navi da guerra ormeggiate nei porti d’accesso.

Ancora, le navi dei belligeranti non sono autorizzate a qualunque tipo di sbarco; qualora esso sia in ogni caso necessario, il limite allo sbarco è stabilito alle 1,000 unità per gruppo (art. 5). Allo stesso modo, non si potranno imbarcare unità, armi od altro materiale[15].

La sorveglianza sull’esecuzione della suddetta Convenzione sarebbe stata affidata, come statuito all’art. 8, dai rappresentanti delle potenze firmatarie, tra cui, va ricordato, la Gran Bretagna aveva espresso una riserva sullo status giuridico dell’Egitto[16] (la motivazione verrà trattata in seguito).

Gli artt. 9-11 sanciscono la libertà del Cairo nel prendere decisioni riguardanti la propria sicurezza nazionale, a patto che esse non vadano ad interferire con la libertà di circolazione nel canale.

Il Canale di Suez quindi non è sottoposto ad un regime particolare di internazionalizzazione: è stabilmente parte del territorio egiziano, sottomesso però dalla Convenzione al principio di libero passaggio[17]. È interessante notare come grazie a questi articoli il Cairo sosterrà la propria posizione contro Israele quando, nei momenti di tensione successivi al secondo conflitto mondiale, deciderà, a partire dal 1949 a fasi alterne, di proibire il passaggio non solo alle navi israeliane, ma successivamente pure a qualunque naviglio diretto verso tale Stato[18] [19], partendo dalla considerazione che l’Armistizio di Rodi del 1949 non riguardasse i due stati, che quindi si trovavano ancora in guerra tra loro[20].

Nella Convenzione, la Turchia, allora Impero Ottomano, veniva trattata come Potenza con annessi privilegi contenuti nell’art. 12, i quali però sono decaduti a seguito della perdita dei territori posti ad est del Mar Rosso ed, in ogni caso, alla firma del Trattato di Losanna del 1923.

Infine, il regime è definitivo, nel senso che perdura anche successivamente la scadenza dei 99 anni di concessione del Canale alla Compagnia Universale (art. 14)[21].

 

Successive evoluzioni

Dopo l’entrata in vigore della Convenzione, una domanda che presto sorse riguardava l’assoggettamento alla stessa di Stati terzi, non firmatari: la questione, sollevata dagli Stati Uniti durante la guerra Ispano-Americana del 1898[22] ricevette il parere favorevole da parte della Gran Bretagna.

La Convenzione di Costantinopoli determina infatti lo status giuridico del Canale di Suez, ed ha quindi valenza erga omnes[23], principio riaffermato dalla Corte Internazionale di Giustizia nella risoluzione del caso S.S. Wimbledon, riguardante il canale di Kiel in Germania, dove appunto l’Impero tedesco aveva tentato di ostacolare la circolazione internazionale delle navi[24]. Tale principio è stato definitivamente eretto a fondamentale del diritto internazionale moderno, essendo stato incluso nella Convenzione di Vienna sui Trattati del 1969[25].

La riserva britannica, di cui sopra, venne infine sciolta nel 1904, alla firma dell’Intesa Cordiale tra Francia ed Inghilterra. La Gran Bretagna, infatti, aveva finalmente sciolto la questione attorno all’occupazione dell’Egitto, e di conseguenza poteva accettare ciò che la Convenzione comportava[26] [27]. Di più ancora, Londra ottenne, con i diversi trattati di pace che sancirono la fine della Grande Guerra, di sostituire il Sultano Ottomano per ciò che concerne l’art. 10[28]. Tuttavia, poco tempo dopo, l’Egitto, grazie all’indipendenza concessagli nel 1922, ottenne di sostituire il Regno Unito anche in tale sezione della Convenzione, nonostante tale indipendenza avesse un aspetto simbolico, perlomeno sino agli accordi Anglo-egiziani del 1936, dettati dall’indebolimento dell’Impero Britannico a seguito del conflitto mondiale.

È infine interessante notare come la Convenzione costituisca un modello per successive normazioni afferenti a contesti simili a quello del Canale di Suez: gli esempi principali sono il Trattato di Hay-Pancefote del 1901 regolante il Canale di Panama ed la Convenzione di Losanna del 1923 (parte dell’omonimo trattato tra Alleati e la neonata Repubblica di Turchia), che s’occupa invece dello Stretto dei Dardanelli, del Mare di Marmara e dello Stretto del Bosforo, sostituita poi dalla Convenzione di Montreux del 1936.

 

Dalla nazionalizzazione sino ai giorni nostri

Il Canale di Suez infine, dopo la rivoluzione del 1952, venne nazionalizzato da Nasser nel 1956, portando come conseguenza ad un breve conflitto con Francia, Israele e Regno Unito[29]. Nello stesso anno, coerentemente con quanto statuito nella Convenzione del 1888, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dell’Assemblea Generale richiamarono al rispetto della stessa per ciò che concerne la sovranità e l’integrità territoriale egiziana, promuovendo un utilizzo pacifico del Canale[30].

Successiva alla nazionalizzazione, ordinata per decreto[31], l’Egitto ha in ogni caso riconosciuto il suo obbligo a garantire l’universalità d’utilizzo del Canale mediante una Dichiarazione unilaterale  datata 24 aprile 1957 ed allegata ad una lettera inviata dal Ministro degli Esteri egiziano al Segretario Generale delle Nazioni Unite[32].

La nazionalizzazione ha comportato l’esclusione della Compagnia Universale dalla gestione del Canale, venendo essa sostituita dall’Autorità del Canale di Suez, compagnia di Stato. Tale autorità è soggetta alla legge egiziana, più precisamente dal Decreto 30/1975[33] emendata dalla legge 4/1998[34] e non può prendere misure contrarie alla Convenzione di Costantinopoli[35].

Inoltre, sempre nella stessa Dichiarazione viene accettata la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia come organo per regolare le controversie senza necessità di dover addivenire ad accordi speciali[36].

Infine, le norme adottate dall’Egitto per completare la disciplina del Canale di Suez riguardano le vere e proprie regole di navigazione all’interno dello stesso: requisiti e responsabilità, con un occhio di riguardo ai carichi pericolosi (normati in un’appendice del 1977)[37] ed ai pericoli riguardanti l’inquinamento nella zona del canale, nell’ottica di evitare e punire efficacemente gli autori di disastri ambientali[38].

Essendo le regole di navigazione stabilite dall’Autorità, alcune dei canoni imposti hanno generato malcontento, soprattutto a causa dell’unilateralità durante la redazione delle stesse: un esempio è dato dall’interdizione per due anni dall’attraversamento del Canale nel caso in cui le informazioni richieste per l’ingresso non siano corrette; se rifiutare l’ingresso ad una nave che non rispetti i requisiti è sostanzialmente corretto, non è nello spirito della Convenzione di Costantinopoli il reiterato rifiuto di passaggio per un prolungato periodo di tempo. Sintsova (v. fonte), di conseguenza, propone che anche le regole tecniche di navigazione, così come le relative sanzioni, vengano concordate, nello spirito della Convenzione del 1888, dai partecipanti alla stessa, di modo da garantire il totale rispetto del documento[39] ed il continuo, fruttuoso, utilizzo del Canale di Suez.

Informazioni

Allain, Jean (2004). Ch. 2 – Imperial Attitude toward the Suez Canal. International Law in the Middle East: Closer to Power Than Justice. London: Ashgate Publishing. ISBN 978-0-7546-2436-3.

Bono S., Il Canale di Suez e l’Italia. Mediterranea – Ricerche Storiche, Anno III – Dicembre 2006.

Caffio F., Le navi iraniane a Suez e l’allarme di Israele. Affarinternazionali, 23 febbraio 2011. Link: https://www.affarinternazionali.it/2011/02/le-navi-iraniane-a-suez-e-lallarme-di-israele/.

Constantinople Convention, 1888. Fonte: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/ConstantinopleConvention.aspx.

Decreto Legge 30/1975. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/ARepublicanDecreeLawNo.30of1975.aspx.

Giannini, A. (1935). IL REGIME GIURIDICO DEL CANALE DI SUEZ. Oriente Moderno, 15(7), 297-307. Retrieved July 28, 2020, from www.jstor.org/stable/25809497.

Hamza, M., & Abdellatif, M. (2003). The Construction Of The Suez Canal. WIT Transactions on the Built Environment, 65.

Legge 4/1998. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/LawNo4.aspx.

Nationalisation decree. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/NationalizationDecree.aspx.

T.A. Sintsova, The regime of navigation in the Suez Canal, Marine Policy,Volume 12, Issue 3, 1988,Pages 263-270,Link: https://doi.org/10.1016/0308-597X(88)90065-6.

de Visscher P., “Les aspects juridiques fondamentaux de la question de Suez,” Revue Générale de Droit International Public, Vol. 62 (1958).

[1] Hamza, M., & Abdellatif, M. (2003). The Construction Of The Suez Canal. WIT Transactions on the Built Environment, 65.

[2] Bono S., Il Canale di Suez e l’Italia. Mediterranea – Ricerche Storiche, Anno III – Dicembre 2006.

[3] Firmàno, decreto del Sultano.

[4] I cui azionisti quindi potevano e dovevano avere una provenienza alquanto variegata.

[5] Giannini, A. (1935). IL REGIME GIURIDICO DEL CANALE DI SUEZ. Oriente Moderno, 15(7), 297-307. Retrieved July 28, 2020, from www.jstor.org/stable/25809497

[6] Viceré egiziano sotto l’Impero Ottomano.

[7] Giannini, op. cit.

[8] Ibidem.

[9] Hamza et al., op. cit.

[10] Giannini, op. cit.

[11] T.A. Sintsova, The regime of navigation in the Suez Canal, Marine Policy,Volume 12, Issue 3, 1988,Pages 263-270,Link: https://doi.org/10.1016/0308-597X(88)90065-6.

[12] Giannini, op. cit.

[13] Constantinople Convention, 1888. Fonte: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/ConstantinopleConvention.aspx, consultato l’ultima volta il 28/7/2020.

[14] Sintsova, op. cit.

[15] Ibidem.

[16] Dell’attuale situazione nel paese della Sfinge si parla recentemente su DirittoConsenso, a cura di Annarita Silverii. Link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/07/22/medio-oriente-covid-19/

[17] de Visscher P., “Les aspects juridiques fondamentaux de la question de Suez,” Revue Générale de Droit International Public, Vol. 62 (1958).

[18] Caffio F., Le navi iraniane a Suez e l’allarme di Israele. Affarinternazionali, 23 febbraio 2011. Link: https://www.affarinternazionali.it/2011/02/le-navi-iraniane-a-suez-e-lallarme-di-israele/. Consultato il 28/07/2020.

[19] La situazione verrà poi risolta dal trattato di pace del 1979, facente seguito agli accordi di Camp David del 1978, il quale prevede che le “Navi di Israele […] godranno del diritto di libertà di transito attraverso il Canale di Suez […] sulla base della Convenzione del 1888…”. (Caffio, op. cit.)

[20] de Visscher P., op. cit.

[21] Giannini, op. cit.

[22] La flotta spagnola voleva rifornirsi di carbone: sorse il dubbio sulla legittimità o meno dell’atto.

[23] Giannini, op. cit.

[24] Sintsova, op. cit.

[25] Ibidem.

[26] Allain, Jean (2004). Ch. 2 – Imperial Attitude toward the Suez Canal. International Law in the Middle East: Closer to Power Than Justice. London: Ashgate Publishing. ISBN 978-0-7546-2436-3.

[27] Sintsova, op. cit.

[28] Giannini, op. cit.

[29] Hamza, op. cit.

[30] Sintsova, op. cit.

[31] Nationalisation decree. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/NationalizationDecree.aspx. Consultato il 28/07/2020.

[32] Sintsova, op. cit.

[33] Decreto Legge 30/1975. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/ARepublicanDecreeLawNo.30of1975.aspx. Consultato il 29/07/2020.

[34] Legge 4/1998. Suez Canal Authority. Link: https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/LawNo4.aspx. Consultato il 29/07/2020.

[35] Sintsova, op. cit.

[36] Ibidem.

[37] Ibidem.

[38] Per un approfondimento focalizzato sul Belpaese, v’è l’articolo di Roberto Giuliani sul disastro ambientale. Link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/06/17/il-disastro-ambientale/.

[39] Ibidem.