Il diritto internazionale come chiave interpretativa delle controversie relative alle risorse naturali del Kurdistan iracheno

 

Le risorse naturali del Kurdistan iracheno negli ultimi cent’anni

La contesa delle risorse naturali del Kurdistan iracheno non è storia nuova. Sin dalla fine del diciannovesimo secolo, quando lo Stato iracheno ancora non esisteva e i territori curdi e mesopotamici erano parte dell’Impero Ottomano, l’Impero britannico, la Francia e alcune compagnie petrolifere olandesi e statunitensi provarono ad assicurarsi un accesso privilegiato alle esplorazioni delle risorse naturali dell’attuale Kurdistan iracheno, anche dopo l’indipendenza dell’Iraq del 1932[1].

Negli anni Settanta, Saddam Hussein nazionalizzò ed acquisì il controllo di tutti i giacimenti petroliferi dell’Iraq, compresi quelli del nord del Paese, provocando il malcontento della minoranza curda che ambiva ormai non soltanto all’autonomia, ma anche al controllo dei giacimenti della propria regione[2]. Nel 1992, infatti, i curdi riuscirono, grazie al supporto statunitense nel corso della prima Guerra del Golfo, ad instaurare un governo regionale semi-autonomo che iniziò, di fatto, a stringere degli accordi di esplorazione e produzione condivisa (production-sharing agreements) con alcune compagnie petrolifere straniere[3].

 

La creazione della nuova Costituzione irachena

Le tensioni tra governo regionale curdo e governo centrale iracheno si inasprirono nel 2005 con la stesura della nuova Costituzione irachena, la quale diventò parte del processo di ricostruzione del Paese che fu necessario a seguito della caduta di Saddam.

Il processo fu avviato con la creazione dell’Autorità Provvisoria della Coalizione (CPA) guidata dagli Stati Uniti, i quali avevano invaso il Paese nel 2003, e culminò con l’entrata in vigore di una Costituzione destinata a trasformare uno Stato autoritario centralizzato in un Iraq federale decentralizzato[4].

Il complesso processo di constitution-making fu caratterizzato, in una prima fase, dalla nomina di un organo che approvò un testo costituzionale provvisorio, e, successivamente, dall’elezione dell’Assemblea Costituente, che scrisse il testo definitivo. Il documento fu infine approvato dal 78% della popolazione tramite il referendum del 15 ottobre 2005[5].

I partiti maggiormente coinvolti nella stesura del testo definitivo furono quelli che avevano ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni dell’Assemblea Costituente, vale a dire l’Alleanza Nazionale Irachena e l’Alleanza Democratica Patriottica del Kurdistan[6]. Il tentativo di conciliare i diversi interessi del partito sciita e di quello curdo, nonché le pressioni esterne provenienti dagli Stati Uniti, portarono all’approvazione di una Costituzione non priva di ambiguità e lacune, soprattutto in materia di gestione ed esportazione di gas naturale e petrolio.

 

La gestione e l’esportazione delle risorse naturali del Kurdistan iracheno nella nuova Costituzione dell’Iraq

La Costituzione irachena del 2005 si differenzia da quella precedente, del 1970, in materia di decentralizzazione del potere e di gestione delle risorse naturali. Da un lato, ha dato vita a uno Stato federale diviso in 18 Governatorati e una Regione, quella curda, che è stata ufficialmente riconosciuta insieme alle sue istituzioni esistenti sin dal 1992 dagli Articoli 117 e 141 della Costituzione del 2005. Dall’altro, ha creato un quadro giuridico legato alla gestione e all’esportazione delle risorse naturali del Kurdistan iracheno e del resto dell’Iraq la cui chiarezza è alquanto discutibile e discussa. L’ambiguità del testo rende gli Articoli 110, 111, 112, 115 e 121 aperti all’interpretazione[7].

Il governo regionale curdo ritiene quindi che il petrolio ed il gas che si trovano nella propria Regione siano di proprietà della popolazione residente nel Kurdistan iracheno, e afferma di avere il diritto di gestire ed esportare il petrolio ed il gas non estratti prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 2005[8]. Di conseguenza, nel 2007, ha emanato una Oil & Gas Law per gestire le risorse naturali del Kurdistan iracheno e ha stretto accordi di produzione condivisa con piccole, medie e grandi compagnie petrolifere straniere[9]. Inoltre, tra il 2012 ed il 2013, ha trovato un accordo con Ankara per poter trasportare il petrolio “curdo” fino al confine turco attraverso un oleodotto che passa per Kurdistan iracheno ed elude il controllo del governo federale. Dal 2014, tale petrolio viene condotto fino al porto di Ceyhan, per poi essere esportato in tutto il mondo[10].

Secondo l’interpretazione del governo federale iracheno, al contrario, è tutta la popolazione irachena a detenere il possesso delle risorse naturali del Paese, indipendentemente dalla Regione o Governatorato in cui si trovino[11]. Baghdad sostiene anche di avere il diritto di gestire tutti i giacimenti presenti, intesi come esistenti, e non come funzionanti al momento dell’entrata in vigore della costituzione, come invece intende il governo curdo.

In sintesi, poiché il governo federale ritiene di essere l’unico organo a poter gestire ed esportare gas e petrolio iracheni, compresi quelli presenti nella Regione del Kurdistan, sostiene anche che le esportazioni autonome del governo curdo sono illegali. Per questo motivo, dal 2014 il governo federale ha preso misure legali a livello nazionale e internazionale sia contro il governo curdo, accusandolo di aver eluso l’autorità del governo centrale, sia contro il governo turco, per aver concesso a quello curdo di trasportare il petrolio fino al porto di Ceyhan senza il proprio consenso. Baghdad ha inoltre creato una lista nera delle compagnie petrolifere che collaborano con Erbil ed ha impedito loro di operare anche nel resto dell’Iraq[12].

 

I tentativi di raggiungere un compromesso

Le diverse interpretazioni riguardanti la gestione e l’esportazione delle risorse naturali del Kurdistan iracheno da parte del governo federale dell’Iraq e del governo regionale del Kurdistan hanno condotto il processo di approvazione di una normativa nazionale su gas e petrolio ad uno stallo. L’approvazione di tale legge non è soltanto una disposizione prevista dall’Articolo 112 della Costituzione del 2005, ma potrebbe anche rivelarsi un’occasione per colmare le lacune del testo costituzionale e fornirne un’interpretazione univoca[13].

Alla luce dei tentativi fallimentari di far approvare questa legge dal parlamento iracheno, i due governi nel 2014, nel 2017 e nel 2019, hanno provato a stringere nuovi accordi, le cui condizioni non sono state rispettate da nessuna delle parti. In particolare, al governo regionale sarebbe stato concesso di esportare il petrolio attraverso il nuovo oleodotto, a patto che versasse al governo federale una percentuale prestabilita del ricavo delle esportazioni. Ad oggi la questione giuridica interna sembra ancora bloccata in una impasse[14].

 

Le risorse naturali nel diritto internazionale

Dal punto di vista del diritto internazionale, le risorse naturali, divise tra rinnovabili e non rinnovabili, sono generalmente definite come materie prime che hanno un potenziale valore economico o che sono in grado provvedere al sostentamento degli esseri umani[15]. Tuttavia, il diritto internazionale non gode di un quadro giuridico specifico che regolamenti le risorse. Per questo motivo si fa spesso riferimento ad altri principi del diritto internazionale che possano aiutare a comprenderne le caratteristiche legali[16].

Alcuni dei principi a cui si può ricorrere sono la sovranità territoriale, la sovranità permanente sulle risorse naturali, il patrimonio comune dell’umanità e lo sviluppo sostenibile[17]. Di questi, i primi due permettono di dare una prospettiva internazionale alla controversia in merito alle risorse naturali del Kurdistan iracheno. Godendo lo Stato della sovranità sul proprio territorio, è proprio ad esso che il diritto internazionale attribuisce anche la sovranità sulle risorse naturali[18]. Allo stesso modo, per quanto riguarda la sovranità permanente sulle risorse naturali, si ritiene che sia lo Stato ad avere il diritto di gestirle autonomamente rispetto ad attori esterni[19].

Ci si potrebbe chiedere, infine, se le minoranze, come quella curda in Iraq, godano di una particolare tutela in materia di risorse naturali. La risposta sembra essere negativa, in quanto l’unico testo giuridicamente vincolante a protezione delle minoranze a livello internazionale è l’Articolo 27 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici[20]. Tale articolo e le convenzioni non vincolanti che formano il quadro legale del diritto delle minoranze, proteggono generalmente il diritto di non discriminazione, all’esistenza, all’identità e alla sopravvivenza, il diritto di godere della propria cultura e di professare la propria religione. I diritti fondiari e sulle risorse naturali, invece, sono generalmente attribuiti alle popolazioni indigene, le quali, rispetto alle minoranze, hanno un attaccamento ancestrale e talvolta spirituale alla loro terra[21].

 

Conclusione

In conclusione, dal 2005, il governo federale iracheno e il governo regionale del Kurdistan si trovano in una impasse legale che ha spinto il governo regionale a esportare le risorse naturali del Kurdistan iracheno senza il consenso e la condivisione del governo federale, seppur agendo nella convinzione che le proprie azioni fossero conformi alla Costituzione. Il diritto internazionale, nonostante non possa risolvere la controversia, può fornire una chiave di lettura alternativa all’interpretazione della Costituzione che generalmente si basa sull’analisi del diritto interno iracheno.

Come abbiamo visto, nel diritto internazionale, le risorse naturali sono generalmente soggette alla sovranità statale, mentre le minoranze non sembrano godere di particolari tutele in merito a diritti fondiari e sulle risorse, come è invece nel caso delle popolazioni indigene. Alla luce di ciò, l’interpretazione del governo regionale, secondo cui è la popolazione del Kurdistan iracheno a possedere le proprie risorse, e non l’intera popolazione dell’Iraq, potrebbe sembrare una forzatura.

Tuttavia, nonostante i principi di sovranità e di sovranità permanente sulle risorse naturali sembrino favorire l’interpretazione del governo federale, il fatto che sia lo Stato a detenere il possesso delle risorse non implica necessariamente che la loro gestione debba essere centralizzata. Nulla sembra quindi escludere che tale gestione possa essere condivisa tra un governo federale e uno federato. Pertanto, l’unica vera soluzione alle controversie relative alle risorse naturali del Kurdistan iracheno sembra essere un nuovo e definitivo accordo tra governo federale e governo regionale.

Informazioni

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[1] Habibollah Atarodi, Great Powers, Oil and the Kurds in Mosul, Southern Kurdistan-Northern Iraq 1910-1925 (University Press of America 2003) 30.

[2] Mahdi K, ‘Iraq’s Oil Law: Parsing the Fine Print’ (2007) 24 World Policy Journal <https://www.jstor.org/stable/40210087> ultimo accesso 11 agosto 2020 15.

[3] Mills R, ‘Under the Mountains: Kurdish Oil and Regional Politics’ (2016) Oxford Institute for Energy Studies < https://www.oxfordenergy.org/wpcms/wp-content/uploads/2016/01/Kurdish-Oil-and-Regional-Politics-WPM-63.pdf> ultimo accesso 11 agosto 2020 3. Per ulteriori informazioni sull’attuale situazione relativa alla produzione di petrolio in Iraq vedere l’articolo di Annarita Silverii, “Il Medio Oriente alle Prese con il Covid-19”, DirittoConsenso, (22 luglio 2020) < http://www.dirittoconsenso.it/2020/07/22/medio-oriente-covid-19/> ultimo accesso 20 agosto 2020

[4] Romano D, ‘Iraq’s Descent into Civil War: A Constitutional Explanation’ (2014) 68 The Middle East Journal <https://www.jstor.org/stable/43698182> ultimo accesso 11 agosto 2020 549; Andrew Arato, Constitution Making under Occupation: The Politics of Imposed Revolution in Iraq (Columbia University Press 2009) 205.

[5] Ibid.

[6] Romano D, ‘Iraq’s Descent into Civil War: A Constitutional Explanation’ cit. 549.

[7] Si vedano l’Art. 13 della Costituzione irachena del 1970 e gli Articoli 110, 111, 112, 115, 117, 121 e 141 della Costituzione irachena del 2005.

[8] ‘Oil and Gas Law (Introduction to the Laws of Kurdistan, Iraq Working Paper Series)’ (2018) Stanford Law School and The American University of Iraq <https://law.stanford.edu/wp-content/uploads/2018/04/ILEI-Oil-and-Gas-Law.pdf> ultimo accesso 11 agosto 2020 10.

[9] Mills R, ‘Under the Mountains: Kurdish Oil and Regional Politics’ cit. 7.

[10] Ibidem 21.

[11] ‘Oil and Gas Law (Introduction to the Laws of Kurdistan, Iraq Working Paper Series)’ cit. 10.

[12] Mills R, ‘Under the Mountains: Kurdish Oil and Regional Politics’ cit. 7; Richard Kraemer, ‘The Iraq-Turkey Pipeline Dispute: Opportunity in an Arbitration’ Just Security (22 agosto 2019) <https://www.justsecurity.org/65893/the-iraq-turkey-pipeline-dispute-opportunity-in-an-arbitration/> ultimo accesso 11 agosto 2020; Energy Information Administration, Background Reference: Iraq (2019) <https://www.eia.gov/beta/international/analysis_includes/countries_long/Iraq/iraq_bkgd.pdf> ultimo accesso 11 agosto 2020 1.

[13] Energy Information Administration, Background Reference: Iraq (2019) cit. 2; Zhelwan Z Wali, ‘How can Erbil Respond to Baghdad’s Budget Cuts?’ Rûdaw (Erbil, 28 aprile 2020) <https://www.rudaw.net/english/middleeast/iraq/280420201> ultimo accesso 11 agosto 2020.

[14] Ibid.

[15] Nico Schrijver, Development Without Destruction: The UN and Global Resource Management (Indiana University Press 2010) 2.

[16] Ibid 2.

[17] Ibid 5.

[18] La sovranità è una delle caratteristiche principali degli Stati sin dalla Pace di Vestfalia del 1648. La Corte Permanente di Arbitrato ha chiarito, esprimendosi in merito alla contesa dell’Isola di Palmas, che la sovranità, nel rapporto tra Stati, significa indipendenza, e perciò possibilità di esercitare le funzioni statali, ad esclusione di tutti gli altri attori internazionali. Ibid 7.

[19] Il principio di sovranità permanente sulle risorse naturali è un concetto che ha continuato ad evolversi sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, attraverso una serie di risoluzioni adottate da vari organi delle Nazioni Unite. Nel corso dei decenni, ne è cambiata più volte l’attribuzione della soggettività. Vale a dire che, inizialmente, solamente popoli, nazioni, paesi in via di sviluppo, e per un certo periodo anche popolazioni soggette ad un’occupazione straniera, erano i soggetti del diritto di sovranità permanente sulle risorse naturali. Tuttavia, le più recenti interpretazioni del principio specificano che sono tutti gli Stati ad avere il diritto di gestire autonomamente le proprie risorse. Nico Schrijver, Sovereignty Over Natural Resources: Balancing Rights and Duties (Cambridge University Press 1997) 8.

[20] Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (adottata il 16 dicembre 1966, entrata in vigore il 23 marzo 1976) 999 UNTS 171 (ICCPR) art. 27; Alfredsson G and Ferrer E, revised by Ramsay K, ‘Minority Rights: A Guide to United Nations Procedures and Institutions’ (2004) Minority Rights Group International and Raoul Wallenburg Institute of Human Rights and Humanitarian Law <https://minorityrights.org/wp-content/uploads/old-site-downloads/download-52-Minority-Rights-A-Guide-to-United-Nations-Procedures-and-Institutions-updated-and-revised.pdf> ultimo accesso 11 agosto 2020 9; Pejic J, ‘Minority Rights in International Law’ (1997) 19 Human Rights Quarterly <https://www.jstor.org/stable/762728> ultimo accesso 11 agosto 2020 667; Alam A, ‘Minority Rights Under International Law’ (2015) 57 Journal of the Indian Law Institute <https://www.jstor.org/stable/44782787> ultimo accesso 11 agosto 2020 382; UNHCR, ‘Minority Rights: International Standards and Guidance for Implementation’ (2010) UN Doc HR/PUB/10/3 7.

[21] UNHCR, ‘Minority Rights: International Standards and Guidance for Implementation’ cit, 8.