La strada in salita del ddl Zan: una legge contro l’omotransfobia a breve?

 

I diritti LGBT in Italia

Una delle proposte di legge più discusse degli ultimi mesi è senza dubbio il ddl Zan, meglio nota come “legge contro l’omotransfobia”. Al momento in cui si scrive, la discussione della proposta di legge in sede di Camera dei deputati è stata ufficialmente posticipata ad ottobre[1]. Se approvato, il testo dovrà affrontare un ulteriore passaggio in Senato; difficilmente riuscirà ad entrare in vigore entro la fine dell’anno.

A partire dal 1982 la normativa italiana prevede la possibilità di ottenere la rettifica dei documenti anagrafici perché possano corrispondere alle caratteristiche sessuali ottenute a seguito di interventi chirurgici. Nel caso delle coppie omosessuali, fino all’approvazione della legge sulle unioni civili era la giurisprudenza – sulla scia dell’orientamento tracciato dalla Corte costituzionale – ad attribuire, in casi specifici, taluni trattamenti analoghi a quelli previsti per le coppie sposate (sent. 138/2010).

Con l’adozione della legge 76/2016, le coppie dello stesso sesso possono avere un riconoscimento legale della propria unione, qualificata come “formazione sociale” e a cui corrisponde un nucleo inderogabile di diritti e doveri reciproci, analogo sotto molti profili a quanto previsto dalla disciplina codicistica sul matrimonio[2]. Dal punto di vista del diritto antidiscriminatorio, in Italia è presente il decreto legislativo n. 216/2003, che recepisce una diretta europea contro la discriminazione sul posto di lavoro verso alcuni soggetti “a rischio” tra cui la comunità LGBT.

Tuttavia, manca una disciplina che abbia la finalità specifica di contrastare l’omotransfobia, l’avversione nei confronti delle persone LGBT.

 

Perché una legge contro l’omotransfobia?

La proposta di legge esamina condotte già previste come reato dal codice penale italiano. La legge 205/1993, meglio nota come legge Mancino ha introdotto sanzioni penali per la violenza o istigazione alla violenza nel caso in cui tali atti siano motivati da odio razziale, etnico o religioso. Viene altresì punita la costituzione e partecipazione ad associazioni aventi lo scopo di propagandare idee basate sulla supremazia razziale, etnica o religiosa.

Durante il dibattito sul disegno di legge Mancino, fu discussa a lungo la possibilità – esclusa nel testo finale – di inserire l’orientamento sessuale tra i “motivi d’odio” assieme all’appartenenza ad un determinato gruppo etnico, razziale o religioso.

Nota anche come “legge anti-naziskin”, la legge Mancino è nata con la finalità di contrastare atti penalmente rilevanti motivati da ideologie di stampo neofascista o neonazista e compiuti nei confronti di soggetti ritenuti “inferiori” a causa della propria appartenenza ad un determinato gruppo sociale. Ad essere colpita, dunque, non è solo l’integrità fisica della vittima ma anche la sua dignità umana e sociale. In altri termini, le previsioni della legge 205/1993 possono essere ritenute una specificazione dell’aggravante dei “futili motivi” che qui trova un fondamento criminologico nella necessità di contrastare qualsiasi nuova manifestazione dell’ideologia fascista, imposta dalla XII disposizione transitoria della Costituzione italiana.

La proposta di legge ad iniziativa Zan-Scalfarotto mira a colmare questo vuoto per estendere la legge Mancino e le previsioni degli artt. 604bis e ter del codice penale al caso in cui l’aggressione sia motivata dall’orientamento sessuale o identità di genere della vittima. Se il termine di “orientamento sessuale” si riferisce all’attrazione sessuale e/o romantica, la seconda definizione invece riguarda la percezione di sé che ha il soggetto. Quando il genere assegnato alla nascita non corrisponde alla propria identità di genere si parla di transgenderismo.

Le numerose indagini svolte sulla popolazione LGBT hanno rilevato come la componente più vulnerabile e a maggior rischio di violenza e autolesionismo sia proprio l’identità trans[3]; è quindi auspicabile l’inserimento di questa seconda definizione nell’ottica general-preventiva a cui il diritto penale deve ispirarsi.

L’articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini della Repubblica godano di pari dignità sociale di fronte alla legge, senza distinzione per le proprie condizioni personali e sociali. Tuttavia, la Costituzione non si limita ad affermare l’uguaglianza formale di tutti i cittadini dal momento che vincola lo Stato ad adottare azioni finalizzate a “rimuovere gli ostacoli” per una piena uguaglianza e dignità sociale dei propri cittadini (uguaglianza in senso sostanziale). Al riconoscimento formale dell’affettività LGBT dato dalla legge 76/2016 (legge Cirinnà) non corrisponde una speculare svalutazione, da parte dello Stato, dell’atteggiamento di odio o avversione nei confronti di queste soggettività. Diversi Paesi europei, come Belgio e Svezia, prevedono misure specifiche per contrastare i crimini d’odio verso le persone LGBT: solo con una normativa specifica l’omotransfobia può diventare uno degli ostacoli all’uguaglianza sostanziale di cui è lo Stato è vincolato ad occuparsi.

È in questa prospettiva che la seconda parte del testo di legge Zan introduce una giornata nazionale contro l’omotransfobia per sensibilizzare la collettività su questo tema e impone all’ISTAT di effettuare indagini statistiche ufficiali sui fenomeni di aggressione omotransfobica. Viene incrementato inoltre il fondo per le pari opportunità a sostegno di progetti statali contro l’omotransfobia, quali la creazione di un sistema di case rifugio.

Al momento, tuttavia, il disegno di legge deve ancora essere discusso in assemblea alla Camera e, se approvato, passerà in esame al Senato. Tra gli emendamenti proposti, si segnala l’approvazione della clausola “salva-idee” che afferma sia in ogni caso «consentita la libera espressione di convincimenti ed opinioni, nonché le condotte legittime, riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte». La formulazione, considerata eccessivamente generica dalla Commissione Affari Costituzionali, pone delle incertezze soprattutto in relazione alla sua interpretazione in sede giurisdizionale e sulla sua (a dire il vero poco convincente) potenziale qualifica di scriminante nel caso di condotte penalmente rilevanti.

 

Conclusione

Qualche mese fa la Germania ha introdotto una legge per criminalizzare la conversion therapy, la terapia psicologica finalizzata a modificare l’orientamento sessuale del minore per “farlo diventare eterosessuale”, bandita da diversi Paesi europei[4]. Priva di alcun fondamento scientifico, la conversion therapy si è rivelata dannosa nei confronti della salute mentale del minore, tanto da essere stata definita come una forma di tortura dall’International Rehabilitation Council for Torture Victims. Terapie psicologiche finalizzate alla “conversione dell’orientamento sessuale”, in ogni modo, restano al di fuori del testo attuale del disegno di legge Zan.

L’ambito medico e sanitario in generale non viene toccato dal testo. In altri termini, la proposta di legge contro l’omotransfobia si caratterizza nella sua essenza come una proposta di estensione della legge Mancino confinata all’ambito penalistico.

Tuttavia, nonostante tali limiti e l’incognita dell’emendamento Costa (la cd “clausola salva-idee”), si tratterrebbe del primo strumento che imporrebbe allo Stato di occuparsi di un problema a lungo passato sotto silenzio, almeno sul piano giuridico: l’avversione verso le persone LGBT. Ed è il suo impatto culturale, forse, quello realmente temuto.