La tutela processuale garantita alle minoranze linguistiche storiche sulla base dell’art. 6 della Costituzione italiana

 

Excursus storico e fondamento giuridico

La presenza di minoranze linguistiche esiste, ed è sempre esistita, in ogni paese: essa dipende da molteplici fattori, diversi tra loro, vecchi e nuovi, che partono dalle migrazioni costanti delle tribù nomadi passando per guerre e conflitti fino ad arrivare a spinte di natura economica.

La questione relativa alle minoranze linguistiche viene sovente in rilievo, purtroppo, per l’aspetto di minori diritti e tutele che le stesse si vedono attribuite, ed in molti paesi del mondo tale minorità di diritti non si limita a difficoltà burocratiche o processuali, ma si concretizza in vere e proprie persecuzioni.

Fortunatamente non è questo il caso dell’Italia, ove le minoranze linguistiche sono riconosciute sin dal livello costituzionale, e dove le tutele loro riservate necessitano di particolari accorgimenti su piani sì importanti, ma alla base dei quali è un dato certo lo stesso riconoscimento di diritti.

Ciò non significa che la legislazione italiana non presenti criticità e lacune sul punto.

Facendo un passo indietro, vediamo innanzi tutto che il fondamento di questa tutela si ritrova nell’art. 6 Cost: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Tale disposizione è riconosciuta come la principale espressione del diverso indirizzo politico adottato in relazione alle minoranze dopo la caduta del regime fascista, ponendo le basi di uno Stato democratico: essa infatti vieta ogni discriminazione in proposito e garantisce una tutela positiva all’insegna del pluralismo e della tolleranza[1].

La messa in pratica di questo principio fondamentale è avvenuta con la legge 482/1999[2], la quale, pur con 50 anni di ritardo, ha individuato dodici comunità linguistiche storiche[3]: Albanese, Catalana, Croata, Francese, Franco-provenzale, Friulana, Germanica, Greca, Ladina[4], Occitana, Sarda e Slovena.

Si tratta di una tutela giuridica di tipo “collettivo” che è in primo luogo lo Stato a dover difendere: viene infatti riconosciuta un’autonomia regionale, ma la stessa deve essere garantita e delineata alla base da disposizioni inderogabili statali, le uniche che possono qualificare una minoranza linguistica come tale[5].

In ogni caso, la l. 482/1999 “non esaurisce ogni forma di riconoscimento e sostegno la pluralismo linguistico” e le leggi regionali ben possono andare ad aumentare il sostegno degli specifici e diversi patrimoni linguistici e culturali[6].

 

Differenze territoriali e diversi livelli di tutela. Le criticità della tutela processuale

Le diverse -e numerose-  comunità minoritarie sono tradizionalmente collocate in tre diverse tipologie di aree geografiche:

  • regioni di confine (come Valle D’Aosta, Trentino e Friuli-Venezia Giulia, che peraltro spesso godono di maggiore autonomia regionale ed amministrativa);
  • regioni insulari (Sardegna);
  • ed aree non identificabili geograficamente ma che per motivi più che altro storici vedono in varie parti del territorio l’insediamento specifiche comunità (come quelle franco-provenziali, albanesi e greche)[7].

 

Si può dire inoltre che la legge 482/1999 sia andata a porre le basi a tre diversi livelli di tutela in particolare:

  1. un livello burocratico,
  2. un livello culturale ed
  3. uno processuale[8].

 

A livello burocratico, si parla ad esempio di garanzia di accesso agli atti ed ottenimento di detti atti in più lingue, nonché di uso delle lingue tutelate nell’esercizio di funzioni pubbliche quali i consigli comunali ed altri organi amministrativi collegiali[9].

A livello culturale e scolastico, sono previste disposizioni quali la garanzia di studio della lingua minoritaria nelle aree territoriali ove la stessa è radicata storicamente, l’utilizzo di tali idiomi anche come lingua di insegnamento e la promozione della formazione e aggiornamento degli insegnanti sul punto[10]. A ciò si uniscono numerosissime leggi regionali che, ciascuna per la propria area, vanno a sottolineare l’importanza non solo delle minoranze linguistiche ufficialmente conosciute ma anche dei singoli dialetti, promuovendo iniziative culturali -per quanto non obbligatorie- ad hoc proprio in un’ottica di conservazione culturale.

A livello processuale la questione è invece più controversa.

 

La tutela processuale delle minoranze linguistiche

Sebbene parrebbe logico che le minoranze sopraindicate potessero godere di uso della propria lingua in maniera partitaria nel corso dei processi, la questione non è tanto affrontata dalla legge statale quanto dalle specifiche disposizioni regionali che tutelano minoranza per minoranza.

Se da un lato ciò si può comprendere proprio perché una legge statale dettagliata sul punto non avrebbe potuto trovare adeguata efficacia (non potendo stabilire un criterio generale viste le differenze di ogni minoranza e di ogni area geografica che le ospita), d’altro canto anche la mancanza di una linea guida di massima pare una lacuna.

Vediamo infatti che, se è vero che nelle province e regioni di cui fanno parte comuni nei quali è riconosciuta una lingua di minoranza, è possibile che all’interno degli organi pubblici collegiali e nel corso della loro attività siano utilizzate anche le lingue minoritarie tutelate, è comunque stabilito che, qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due (i più) lingue, producano effetti giuridici soltanto quelli in lingua italiana[11]. Negli uffici delle amministrazioni pubbliche è “consentito” l’uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela, ma sempre con la clausola restrittiva appena enunciata[12].

L’unica vera disposizione di apertura è rappresentata dall’art. 9 co. 3, prima parte, l. 482/1999: “Nei procedimenti davanti al giudice di pace è consentito l’uso della lingua ammessa a tutela”. Detto assunto è però immediatamente mitigato dalla seconda parte: “Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 109 del codice di procedura penale”. Ciò significa quindi che, non solo in tutti i gradi di procedimento superiori al Giudice di Pace deve essere utilizzata esclusivamente la lingua italiana, ma ciò varrà anche nei procedimenti avanti al Giudice di Pace qualora si tratti di ambito penale e non civile.

Se è poi vero che tanto nel processo penale[13] quanto in quello civile[14] deve sempre essere garantito un interprete all’imputato o alle parti qualora le stesse non comprendano adeguatamente la lingua italiana, ciò vale per qualsiasi soggetto straniero ed è una garanzia fornita all’individuo in generale, non una tutela delle minoranze linguistiche riconosciute.

Anche la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4/1948 afferente allo Statuto speciale per la Valle d’Aosta, sottolinea sì la parità fra la lingua francese e italiana, introducendo un totale bilinguismo nella redazione degli atti pubblici, ma fa salva l’eccezione della redazione in italiano dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria[15].

 

Lo spiraglio di testi di legge statali ad hoc e della legislazione delle Regioni a Statuto Speciale. Conclusioni

Maggiore tutela viene fornita, in alcuni casi, alle singole regioni e quindi alle singole minoranze linguistiche.

La legge 38/2001[16], destinata peraltro ad applicarsi anche in deroga alle disposizioni della legge generale sulle minoranze linguistiche, prevede, tra gli altri, il diritto all’uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, nonché il diritto di avere documenti bilingui (pur mantenendo fermo il carattere ufficiale della lingua italiana)[17].

Particolarmente all’avanguardia è la Regione Trentino-Alto Adige, il quale Statuto proclama solennemente la parità di diritti dei cittadini dei diversi gruppi linguistici. Ciò si è fino ad ora concretizzato in quattro modi:

  • con una particolare forma di tutela giurisdizionale della Corte Costituzionale: se una proposta di legge regionale, lesiva della parità dei diritti, viene approvata nonostante l’opposizione di un gruppo linguistico presente nel consiglio regionale, la maggioranza del gruppo stesso può impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale (unico caso di ricorso diretto di minoranza consiliare alla Corte costituzionale)[18];
  • con il divieto di proposizione di referendum abrogativi per leggi regionali esistenti a tutela di una minoranza linguistica[19];
  • con il potere della Presidenza del Consiglio regionale o provinciale di respingere un progetto di legge di iniziativa popolare qualora esso sia in contrasto con il principio di tutela delle minoranze linguistiche[20];
  • con il D.P.R. 574/1988 “Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari“, il quale viene appunto realizzata in concreto la garanzia dell’uso della lingua nei rapporti dei cittadini con l’autorità giudiziaria.

 

In conclusione, è possibile affermare che il principio di tutela delle minoranze linguistiche è ben radicato nel nostro ordinamento, ma tale tutela in ambito processuale è, sia a livello statale che regionale (con rare eccezioni) ancora piuttosto flebile, sovrastato dal fondamentale principio di predominanza della lingua italiana nei rapporti dei singoli con l’Autorità Giudiziaria.

Informazioni

Minoranze Linguistiche – dossier n. 493 del maggio 2017, a cura di Servizio Studi del Senato, ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura;

Lingue di minoranza in Italia, in https://miur.gov.it/

Lingue di minoranza e scuola A dieci anni dalla Legge 482/99 Il plurilinguismo scolastico nelle comunità di minoranza della Repubblica Italiana, a cura di MIUR, Quaderni della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, n. 1 dell’11.03.2010;

F. DEL GIUDICE, Compendio di Diritto Costituzionale, Edizioni Giudiriche Simone anno 2019

Legge regionale 24 giugno 1957, n. 11 “Norme sul referendum abrogativo di leggi regionali e provinciali”

Legge regionale 16 luglio 1972, n. 15 “Norme sull’iniziativa popolare nella formazione delle leggi regionali e provinciali”

Legge 38/2001 “Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia”

L. 482/1999 Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche

Corte Cost., sent. 81 del 20.03.2018

Cost., sent. 88 del 7.03.2011

[1] F. DEL GIUDICE, Compendio di Diritto Costituzionale, Edizioni Giuridiche Simone anno 2019, pp- 100-101.

[2] “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”

[3] Art. 2 l. 482/1999: “In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela le lingue e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”

[4] Il ladino è un idioma retoromanzo parlato in Trentino-Alto AdigeVeneto e Friuli-Venezia Giulia

[5] Lingue di minoranza e scuola A dieci anni dalla Legge 482/99 Il plurilinguismo scolastico nelle comunità di minoranza della Repubblica Italiana, a cura di MIUR, Quaderni della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, n. 1 dell’11.03.2010, Questione dell’autonomia ripresa e confermata da Corte Cost., sent. 81 del 20.03.2018

[6] Così Corte Cost., sent. 88 del 7.03.2011

[7] Lingue di minoranza in Italia, in miur.gov.it

[8] Rispetto all’ordinario iter del processo civile, applicabile avanti a qualsiasi Tribunale italiano e quindi anche in quelle zone ove viene in rilievo la questione delle minoranze linguistiche, si rimanda a http://www.dirittoconsenso.it/2020/09/01/uno-schema-pratico-del-processo-civile-ordinario/

[9] Minoranze Linguistiche – dossier n. 493 del maggio 2017, pp 11-12, a cura di Servizio Studi del Senato, ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura

[10] Ibidem

[11] Art. 7 co. 4 l. 482/1999.

[12] Art. 9 l. 482/1999.

[13] Art. 109 cpp

[14] Art. 122 cpc

[15] Minoranze Linguistiche – dossier n. 493 del maggio 2017, p. 17, a cura di Servizio Studi del Senato, ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura

[16] “Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia”

[17] Art. 9 l. 38/2001, esplicato in Minoranze Linguistiche – dossier n. 493 del maggio 2017, pp 14-15, a cura di Servizio Studi del Senato, ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura

[18] Ibidem

[19] legge regionale 24 giugno 1957, n. 11 “Norme sul referendum abrogativo di leggi regionali e provinciali

[20] Legge regionale 16 luglio 1972, n. 15 “Norme sull’iniziativa popolare nella formazione delle leggi regionali e provinciali”