Dalla definizione codicistica di testamento olografo ai rimedi contro le sue patologie
Definizione e requisiti tipici
Il codice civile disciplina la forma testamentaria olografa all’art. 602 c.c., il quale stabilisce che il testamento olografo è quel testamento datato, redatto e sottoscritto di proprio pugno dal testatore.
Ebbene, i requisiti richiesti dalla legge affinché il testamento olografo sia valido sono:
- l’autografia, vale a dire che la scheda testamentaria sia interamente scritta dal testatore di suo pugno;
- la datazione, necessaria a indicare il momento cronologico in cui il testamento è stato confezionato e che deve contenere, in particolare, l’indicazione di giorno, mese e anno;
- la sottoscrizione, segno distintivo di colui al quale si riconducono le disposizioni testamentarie in oggetto.
Il testamento olografo costituisce una scrittura privata[1], pertanto, trovano applicazione gli articoli 2702 c.c. e 214 e ss. c.p.c., in tema di efficacia della scrittura privata e riconoscimento.
Patologie e conseguenze: il testamento olografo falso
Con il fine ultimo di tutelare la spontanea formazione della volontà testamentaria, nonché la sua libera manifestazione, scongiurandone tentativi di coartazione o alterazione, il nostro ordinamento ha individuato, al fianco delle ordinarie figure di invalidità, quali nullità e annullabilità, alcune ipotesi di inesistenza.
Il testamento falso ne rappresenta il caso principe.
Il legislatore civile ha statuito l’insanabilità del testamento apocrifo, principio cristallizzato in seconda battuta dalla Suprema Corte[2], e ha prescritto, inoltre, all’art. 463 n. 6 c.c.[3], l’esclusione dalla successione del soggetto che abbia partecipato alla formazione o che abbia anche solo fatto uso di un testamento olografo falso.
La falsificazione di un testamento comporta conseguenze non solo sul piano civile, bensì anche su quello penale. Tuttavia, se nel giudizio civile si mira esclusivamente a provare la non verosimiglianza del documento impugnato, in quello penale si vuole individuare – e di conseguenza perseguire – l’autore del falso.
La riforma del 2016[4], ha modificato il disposto dell’art. 491 c.p., ora rubricato “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito”, operando un’equiparazione dei predetti documenti agli atti pubblici, agli effetti della pena. L’art. 491 c.p. rappresenta, dunque, una fattispecie aggravante[5] dei reati di falsità materiale di cui agli artt. 476 e 482 c.p.
Le due ipotesi più comuni che integrano gli estremi del reato di cui all’art. 491 c.p. sono: la contraffazione integrale del testamento olografo, vale a dire la formazione di un atto totalmente falso che assuma forma e contenuto apparenti di atto dispositivo di ultima volontà di taluno (Cass. n. 23613/2012), e la redazione della scheda testamentaria con l’aiuto di un terzo, che si verifica quando il documento – apparentemente scritto di proprio pugno dal testatore – è stato in realtà redatto con l’aiuto materiale di un terzo soggetto, che ha guidato il testatore nella stesura (Cass. n. 51709/2014)[6].
Per le suddette condotte criminose, il legislatore penale ha previsto la condanna della reclusione da uno a sei anni, ridotta di un terzo se il fatto è commesso da un privato.
Rimedi
La legge ha previsto dei rimedi civili, atti a contestare l’autenticità del testamento olografo, esperibili mediante il ricorso a diversi strumenti processuali, sull’idoneità e l’efficacia dei quali la Suprema Corte si è espressa.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con l’obiettivo di appianare l’oramai pluridecennale contrasto tra orientamenti giurisprudenziali diacronicamente contrapposti[7], ha stabilito che la parte che voglia contestare l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, con tutte le conseguenze probatorie che derivano dall’applicazione dei principi generali operanti in materia (Cass. n. 12307/2015).
La medesima giurisprudenza di legittimità, però, ha lasciato spazio alla facoltà delle parti di ricorrere alla querela di falso, stante la maggiore ampiezza degli effetti di una relativa pronuncia.
Informazioni
Cian G., Trabucchi A., Commentario breve al codice civile – Ed. per prove concorsuali ed esami, CEDAM, Padova, 2019
Bonilini G., Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, UTET, Milano, 2017
Cass. civ., SS.UU., 15 giugno 2015 n. 12307 in De Jure (consultato il 27.10.2020)
[1] La scrittura privata è un atto sottoscritto da uno o più soggetti al fine di regolamentare una particolare situazione (economico – finanziaria, commerciale, di scambio) fra privati e che, ai sensi di legge, assume un particolare valore legale.
[2] Cass. n. 10065/2020.
[3] L’art. 463 c.c. contiene anche gli ulteriori casi di indegnità a succedere. Sul rapporto tra indegnità e diseredazione si veda l’articolo di Davide De Pasquale per DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2019/02/14/la-diseredazione/
[4] D.lg. 15 gennaio 2016, n. 7.
[5] La Cassazione ha ribadito nel corso degli anni che l’art. 491 c.p., nell’equiparare il testamento, la cambiale e il titolo di credito all’atto pubblico limitatamente alla pena applicabile, configura una circostante aggravante e non un titolo autonomo di reato.
[6] In questo caso, infatti, il documento non reca la firma autografa del testatore, così come prescritto dalla legge civile ed è per tale ragione che la predetta condotta viene sussunta sotto la fattispecie di cui all’art. 491 c.p.
[7] Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, il testamento olografo, nonostante i requisiti di forma previsti dall’art. 602 c.c., trova comunque la sua legittima collocazione tra le scritture private, sicché, sul piano della efficacia sostanziale, è necessario e sufficiente che colui contro il quale sia prodotto disconosca la scrittura. Un secondo orientamento, pur senza iscrivere il testamento olografo nella categoria degli atti pubblici, ne evidenzia tuttavia l’eccezionale rilevanza sostanziale e processuale, derivandone che la contestazione della sua autenticità debba essere sollevata esclusivamente ai sensi degli art. 221 ss. c.p.c.

Benedetta Probo
Ciao, sono Benedetta. Sono nata a Milano il 24 novembre 1994, ma ho vissuto fino al compimento della maggiore età in un paese della provincia di Lecce, Tricase. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il liceo statale locale, nel 2013 sono tornata nella mia città natale per intraprendere gli studi giuridici presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e nel luglio 2018 ho conseguito a pieni voti la laurea magistrale in giurisprudenza, discutendo una tesi in diritto pubblico comparato, dal titolo: “Profili di Ordinamento Giudiziario nel Diritto Comparato”. Successivamente ho iniziato e concluso il periodo di tirocinio della durata di 18 mesi presso la Corte d’Appello di Milano, e parallelamente ho svolto un periodo di pratica forense presso uno studio legale di diritto civile. Nella fase post lauream ho potuto approfondire il diritto civile puro, sostanziale e procedurale, senza però accantonare mai del tutto la mia passione per le materie penalistiche.