Fonti, titolari e forme di tutela della libertà sindacale nell’ordinamento giuridico italiano

 

Introduzione alla libertà sindacale

La libertà sindacale è una libertà antica nel contesto europeo, ma che non per questo bisogna dare per scontata.

Per esempio in Egitto e in Tunisia esistono organizzazioni sindacali simili a quelle che noi abbiamo in Italia, ma ancora legate al potere politico. Il sindacato con più iscritti al mondo si trova nella Repubblica popolare cinese, ma esso è da considerarsi come un ponte tra la massa dei lavoratori e lo Stato partito.

Vi sono Paesi, quindi, in cui questa libertà è ancora in via di sviluppo.

Oggi in Italia, a differenza di quello che avveniva durante il periodo corporativo, la libertà sindacale è effettiva perché è ammesso il pluralismo sindacale grazie al comma 1 dell’art. 39 Cost., l’unica parte dell’articolo che ha avuto effettiva attuazione.

 

Le fonti della libertà sindacale

Per quanto concerne le basi giuridiche di questa libertà, dobbiamo distinguere tra:

  • le fonti internazionali,
  • le fonti del diritto dell’Unione europea, e
  • le fonti nazionali.

 

Tra le prime, il ruolo predominante è svolto dalle convenzioni OIL (Organizzazione Internazionale del lavoro) n. 87/1948 e n. 98/1949. La convenzione del 1948 vieta qualunque ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio dei diritti sindacali, mentre quella del 1949 interviene sui rapporti interpersonali tra lavoratori e datori di lavoro, stabilendo il diritto dei primi a non essere discriminati per ragioni sindacali.

Entrambe le convenzioni sono state ratificate da numerosi Paesi. È importante, però, tenere presente che la convenzione n. 87/1948 non è stata ratificata in Paesi importanti come gli Stati Uniti d’America, il Brasile e l’Arabia Saudita.

Un’altra fonte fondamentale è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), il cui articolo 11, rubricato “Libertà di riunione e associazione”, è stato preso in considerazione dalla Corte Costituzionale quando è stata chiamata ad occuparsi di libertà sindacale. Nella sentenza 120/2018, ad esempio, la Corte ha ritenuto incompatibile proprio con l’art. 11 CEDU il divieto per i militari di costituire associazioni sindacali.

Tra le fonti del diritto europeo si trova la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), conosciuta anche come Carta di Nizza, perché firmata nel 2000 proprio in questa città. Nella Carta trovano riconoscimento la libertà di associazione sindacale, la negoziazione collettiva e il diritto di azione collettiva (sciopero e serrata). Il peso rivestito dalla CDFUE diventa ancora più importante se si pensa che l’ultimo paragrafo art. 153 TFUE indica, tra le materie escluse dalla competenza dell’Unione europea, proprio quelle che riguardano i fenomeni sindacali, ovvero le retribuzioni, il diritto di associazione, il diritto di sciopero e il diritto di serrata. I temi cardine del diritto sindacale hanno quindi trovato riconoscimento nella CDFUE, che dal 2009 ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Tra le fonti nazionali, infine, vi sono l’art 39 c. 1 Cost. e i titoli II e III dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970).

 

Accezioni della libertà sindacale

Che cosa si intende per libertà sindacale? Quando si tratta questo tema è utile tenere a mente che l’espressione può avere una molteplicità di accezioni.

La libertà sindacale in senso statico si contrappone alla libertà in senso dinamico.

La prima è quella tutelata dalla convenzione OIL n. 87/1948. Quindi, può essere definita come libertà da interferenze da parte dello Stato e da parte dei soggetti privati (in particolare dei datori di lavoro). Essa riceve protezione dall’art. 17 St. lav., il quale vieta i cd. sindacati di comodo, cioè quei sindacati che ricevono dei benefici dal datore di lavoro. Un sindacato genuino non deve in alcun modo essere sostenuto dalla parte con cui dovrà trattare e firmare contratti collettivi.

L’accezione dinamica si riferisce alla libertà di svolgere attività sindacale ed è tutelata dalla legislazione di sostegno che si trova nello Statuto dei lavoratori.

Un’altra distinzione è quella tra libertà sindacale positiva e negativa.

L’accezione positiva è espressa dall’art. 14 St. lav., la norma di apertura del titolo II, che sancisce il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale.

L’accezione negativa, al contrario, consiste nella libertà di disinteressarsi del fenomeno sindacale, non iscrivendosi ad alcun sindacato e non partecipando alle iniziative sindacali, come gli scioperi indetti dalle organizzazioni sindacali.

L’ultima differenza è quella tra libertà sindacale individuale e collettiva.

La prima è quella che fa capo all’individuo, mentre la seconda è intesa come libertà del sindacato di scegliere il gruppo professionale del cui interesse collettivo farsi portatore e rappresentante (cd. concezione volontaristica della categoria professionale). Nella seconda accezione rientra anche la libertà delle organizzazioni sindacali di aderire alle organizzazioni di livello superiore.

 

Titolari della libertà sindacale

I titolari della libertà sindacale sono i lavoratori subordinati, ma non solo! Questa libertà è stata infatti riconosciuta anche ai lavoratori cd. parasubordinati (i quali sono dei lavoratori autonomi, che hanno delle caratteristiche assimilabili per alcuni versi al lavoro subordinato) e ai lavoratori autonomi che si trovano in condizione di dipendenza economica dal committente.

È riconosciuta in capo ai lavoratori privati, ma anche ai lavoratori pubblici. Infine, non bisogna dimenticare che sono titolari di questa libertà anche i datori di lavoro.

Per quanto riguarda i lavoratori pubblici, però, è necessario dare conto di alcune restrizioni nel godimento della libertà sindacale per alcune categorie, ovvero i militari di carriera e gli appartenenti alla polizia di stato. Essi non possono esercitare il diritto di sciopero. Prima della sent. 120/2018 della Corte Costituzionale era addirittura vietato ai militari costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della seconda parte dell’art 1475 c. 2 d. lgs. 66/2010, riconoscendo un nucleo essenziale, sia pure limitato, di libertà sindacale che non può non essere riconosciuto anche a favore dei militari. È, invece, stata salvata la parte in cui si dice “non possono aderire ad altre associazioni sindacali” perché c’è la necessità che le associazioni in questione siano composte solo da militari e, quindi, che essi non possano aderire ad associazioni diverse.

Quindi, oggi sia i militari che gli appartenenti alle forze di polizia possono costituire associazioni sindacali, purché a carattere separato, e rimane fermo, per entrambe le categorie, il diritto di sciopero. Quest’ultimo divieto incide indubbiamente in modo profondo su di un diritto fondamentale, ma è giustificato “dalla necessità di garantire l’esercizio di altre libertà non meno fondamentali e la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti” (sent. 120/2018 Corte Cost.)

 

Fondamento giuridico della libertà sindacale: tesi simmetrica e tesi asimmetrica

Per molti anni è stata controversa la base giuridica della libertà sindacale degli imprenditori e dei datori di lavoro.

La tesi asimmetrica è quella in virtù della quale si sostiene che il fondamento giuridico si ricavi dal combinato disposto degli articoli 18[1] (libertà di associazione) e 41 (libertà di iniziativa economica privata) della Costituzione. Sottolinea, quindi, la peculiarità della libertà sindacale dei datori di lavoro rispetto a quella dei lavoratori, ed il fatto che le attività associative dei datori di lavoro non siano altro che una modalità di estrinsecazione della libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost.

Secondo la tesi simmetrica, oggi prevalente, la libertà sindacale dei datori di lavoro trova il suo fondamento nell’art. 39 c. 1 Cost. che recita “L’organizzazione sindacale è libera”, proprio come quella dei lavoratori. Anche questa tesi, comunque, riconosce le peculiarità della libertà sindacale dei datori di lavoro che si manifestano nella possibilità di svolgere attività sindacale in forma individuale, e questo avviene in particolare con la serrata dell’impresa in risposta allo sciopero (lo sciopero non esiste senza una collettività di lavoratori, mentre la serrata può essere posta in essere da un singolo datore di lavoro), e nella firma del contratto collettivo aziendale (il contratto collettivo di livello aziendale può essere firmato dal solo titolare dell’impresa, mentre sul fronte dei lavoratori deve esserci un’organizzazione sindacale firmataria).

Informazioni

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2018&numero=120

M. V. Ballestrero, G. De Simone, Diritto del Lavoro, Giappichelli, Torino, 2019

A. Baylos Grau, L. Zoppoli (a cura di), La libertà sindacale nel mondo: nuovi profili e vecchi problemi. In memorie di Giulio Regeni, Napoli, Editoriale Scientifica 2019

[1] L’articolo 18 Cost. è oggetto dell’articolo che si può trovare qui http://www.dirittoconsenso.it/2020/09/14/liberta-di-riunione-e-di-associazione/