Le lesioni gravi e gravissime, due reati o semplici aggravanti? Cerchiamo di esaminare le soluzioni proposte dalla dottrina e dalla giurisprudenza
Premessa generale
Il delitto di lesione personale è normato ex art. 582 c.p.. Si trova all’interno del titolo XII del secondo libro del codice penale, ove sono tipizzati i delitti contro la persona. In particolare, le lesioni sono una fattispecie che tutela i beni giuridici, costituzionalmente protetti, della salute e della integrità fisica.
I caratteri generali dell’art. 582 sono i seguenti:
- Si tratta di un reato comune poiché il Legislatore prevede che “chiunque” possa compierlo.
- L’elemento soggettivo è il dolo generico[1] perché per perfezionale il delitto è sufficiente che l’agente abbia l’intenzione di cagionare l’evento dannoso tipizzato.
- Come appena detto, si tratta di un reato di evento poiché per configurarsi il delitto è necessario che dalla condotta derivi “una malattia del corpo o nella mente”.
La dottrina e la giurisprudenza dibattono sull’interpretazione del concetto di “malattia”. Possiamo rintracciare, infatti, due indirizzi ermeneutici:
- il primo considera perfezionato il delitto di lesione allorquando la vittima riporta una “qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo”[2];
- mentre il secondo ritiene che il delitto di lesione si perfezioni quando la vittima riporti “un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo”[3]. Attualmente prevale quest’ultimo orientamento che si uniforma alla nozione “medico-legale” di malattia.
Lesioni gravi e gravissime
Il Legislatore affianco al delitto di lesione regola all’art. 583 c.p. le lesioni gravi e gravissime. Per comprendere le peculiarità delle due tipizzazioni procediamo all’analisi dell’articolo.
La lesione è grave:
- “se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni”. La prima ipotesi classifica la lesione grave quando la condotta è causa di una malattia o di una incapacità per un tempo superiore ai quaranta giorni. È necessario specificare che il Legislatore si riferisce non solo alla riduzione della capacità lavorativa, ma a qualsiasi diminuzione delle capacità di compiere attività lecite.
- “se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo”. Per capire questa seconda ipotesi è necessario interpretare il significato di “indebolimento”, che è inteso come una apprezzabile menomazione della funzionalità del senso o dell’organo danneggiato. Un esempio può essere la perdita del senso della vista ad un occhio.
Passiamo ora all’analisi del secondo comma dell’art. 583, ove sono regolate le conseguenze a seguito delle quali è configurabile l’ipotesi di lesione gravissima.
Se dal fatto deriva:
- “una malattia certamente o probabilmente insanabile”. Nel primo caso si tipizza la lesione gravissima quando l’evento dannoso è una malattia dalla quale vi è una alta probabilità di non guarire oppure è esclusa la guarigione.
- “la perdita di un senso”. In questa seconda ipotesi, a differenza di quella menzionata prima per le lesioni gravi, il Legislatore configura la lesione gravissima quando la vittima è privata completamente uno dei cinque sensi. Si pensi ad esempio alla perdita totale dell’udito.
- “la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella”. Nella terza ipotesi si fa riferimento alla perdita irreversibile della capacità di usare un arto, della funzionalità di un organo, della capacità riproduttiva e dell’uso della parola.
Rimane ancora discusso sia in dottrina sia in giurisprudenza se la perdita volontaria della capacità procreativa possa configurare il delitto di lesioni. Vi sono due indirizzi: il primo, legato maggiormente ad una cultura conservatrice, ritiene che il reato si perfezioni; invece il secondo, che si basa su una ampia concezione di libero arbitrio, non ammette la configurazione del reato. Quest’ultima linea interpretativa è la più recente e si conforma all’evoluzione culturale successiva alla emanazione del codice penale.
Due delitti o mere circostanze?
Questo è uno dei punti controversi dell’analisi del delitto di lesioni. Non si tratta di una semplice distinzione del nome, ma la scelta di una o dell’altra impostazione ha delle conseguenze sistematiche. Passiamo quindi ad analizzare le due linee interpretative per comprenderne appieno le ripercussioni.
Il primo indirizzo è quello menzionato nella “Relazione ministeriale sulla sul progetto del codice penale”, ove le lesioni gravi e gravissime sono considerate quali aggravanti del delitto di lesioni personali. In particolare tale tesi è sostenuta dal contesto letterale del codice poiché il Legislatore titola l’art.583 c.p. con il nome di “circostanze aggravanti”. Inoltre nel predetto articolo vi sono svariati riferimenti al delitto di lesioni personali.
Il secondo indirizzo, sostenuto dalla dottrina più recente[4], asserisce che le lesioni gravi e gravissime sono fattispecie autonome rispetto alla lesione personale. Il primo argomento a favore della tesi è che alcuni eventi dannosi menzionati nell’art.583 c.p., come ad esempio “l’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni”, sono delle nuove tipizzazioni e non delle specificazioni, come ci si aspetterebbe per delle circostanze aggravanti. In aggiunta l’art.585 c.p. è titolato anch’esso come “circostanze aggravanti”, pertanto sarebbe problematica l’ammissione del concetto di “aggravante dell’aggravante”.
Nell’ipotesi in cui si accogliesse questa linea è necessario rimodulare l’elemento soggettivo del reato. Se le lesioni gravi o gravissime sono una fattispecie autonoma è necessario, infatti, che l’agente si prefiguri uno degli eventi dannosi normato all’art.583 c.p e non la generica “malattia nel corpo o nella mente” prevista “ex” art. 582 c.p.
Conclusioni
Il quadro sopra esposto tenta di far comprendere che sia la dottrina sia la giurisprudenza non hanno ancora trovato una soluzione unanime sul rapporto fra le lesioni personali, le lesioni gravi e quelle gravissime. Rimane assodato, in ogni caso, che entrambe le tesi hanno argomenti “forti” ed altri “critici”, pertanto è l’interprete che deve scegliere l’indirizzo da prendere e valutare le scelte sistematiche conseguenti.
Informazioni
F. Antolisei, Manuale di diritto penale-Parte speciale I, VIII edizione, Giuffré editore,1982
G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale parte speciale, Vol. II, tomo primo, i delitti contro la persona, Zanichelli Editore, 2013
F. Mantovani, DIRITTO PENALE. Parte generale, X edizione, CEDAM, 2017
[1] Sul concetto di dolo generico: L.Lotti, Il reato di rissa: un reato plurisoggettivo , Dirittoconsenso.it, 27 ottobre 2020
[2] G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale parte speciale, Vol. II, tomo primo, i delitti contro la persona, Zanichelli Editore, 2013
[3] G. Fiandaca – E. Musco, op.cit.
[4] Fra gli studiosi sostenitori della tesi ricordiamo Francesco Antolisei

Marco Fanari
Ciao, sono Marco. Nato nel 1998 a Cagliari, ho studiato al liceo L.B. Alberti dove ho conseguito la maturità scientifica. Attualmente frequento la facoltà di giurisprudenza all'Università di Cagliari. Sono affascinato dalle problematiche del diritto penale e del diritto pubblico, anche se mi piace tenermi aggiornato sulle tematiche di diritto privato e commerciale