La ricetta del panettone, come quella del pandoro, della colomba ed altri prodotti dolciari, è tutelata e protetta dalla Legge italiana

 

Il nostro protagonista: il panettone

È senza dubbio il dolce più iconico del Natale italiano, che gradualmente sta conquistando anche i mercati esteri in virtù della sua bontà: è il panettone. Ma dietro ad un simile capolavoro culinario, sono state necessariamente introdotte diverse tutele per lo stesso, visto che il suo successo induce produttori in cerca di guadagno ad imitarlo, risparmiando però sui costi di produzione mediante l’utilizzo di ingredienti meno nobili di quelli che la tradizione prevede. Prima di procedere all’analisi delle tutele di cui il dolce meneghino gode, vi anticipo che no, in questo articolo non verrà fornita la ricetta del panettone: d’altronde nemmeno io credo particolarmente nelle mie doti di cuoco.

 

Riconoscimento P. A. T. (Prodotto agroalimentare tradizionale italiano)

Al panettone viene innanzitutto garantito il riconoscimento del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali come prodotto agroalimentare tradizionale italiano. Più specificamente, viste le origine meneghine, il prodotto è incluso nella lista P. A. T. lombarda[1]. Tale riconoscimento, istituito con la Legge 350/1999[2], definisce prodotti agroalimentari tradizionali “quelli le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo” (art. 1). A ragione, quindi, la ricetta del panettone viene inclusa nel novero di tali prodotti, riconoscendone il ruolo nella tradizione lombarda ed italiana.

Un altro dolce natalizio iconico è certamente il pandoro, al quale allo stesso modo viene riconosciuta l’etichetta P. A. T., nel suo caso nell’elenco della regione Veneto, viste le origini veronesi[3].

 

Il Decreto Ministeriale 22 luglio 2005

Per la ricetta del panettone non è però sufficiente il riconoscimento P. A. T. nell’ottica di garantirne l’autenticità ed il rispetto della tradizione, specie nella produzione di largo respiro per le grandi distribuzioni. È in tale spirito che viene adottato il Decreto Ministeriale 22 luglio 2005, di cui si parlerà in questo paragrafo.

La legislazione avente ad oggetto il cibo non è certo una novità: nel tempo si sono susseguite infatti più leggi o decreti normanti tale settore, e non solo a livello nazionale.

Una base importante per la legislazione alimentare a livello europeo è data dal Regolamento (CE) n. 178/2002[4], stabilente i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituente l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissante procedure nel campo della sicurezza alimentare[5].

Tra le altre cose, viene fornita la definizione di alimento all’art. 2[6] ed all’art. 18 statuita l’importanza della tracciabilità dei prodotti, con conseguenze che possiamo riscontrare nei prodotti che consumiamo quotidianamente[7].

Sempre la normativa europea si prefigge, come da art. 169 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), di proteggere i consumatori: è da tale precetto che muove la Legge Finanziaria del 2004, analiticamente la 350/2003 quando, al comma 66 dell’art. 4 statuisce che, mediante Decreti dei Ministeri delle Attività Produttive e delle Politiche agricole e forestali, sono definite le condizioni di uso delle denominazioni di vendita dei prodotti italiani di salumeria e dei prodotti da forno[8].

Non solo, nel successivo comma, il 67°, disciplina la materia sanzionatoria qualora i precetti di cui al sopracitato comma vengano violati: l’uso improprio delle denominazioni dei prodotti regolati da tale regime è quindi punibile con una multa tra i 3.000 ed i 15.000 Euro, mentre la confisca amministrativa è disposta in ogni caso[9].

Proprio in osservanza di tali commi è stato stilato, come anticipato al primo paragrafo, il Decreto 22 luglio 2005 del Ministero delle Attività Produttive disciplinante “la produzione e la vendita di taluni prodotti dolciari da forno propri della tradizione culinaria italiana”[10].

Tale provvedimento, per ogni prodotto, fornisce una definizione dello stesso e contestualmente ne descrive forma, aspetto e sapore, ne elenca gli ingredienti considerati fondamentali, quali invece è possibile aggiungere e le relative proporzioni, indicando pure il procedimento di preparazione, quest’ultimi due aspetti regolati dai relativi allegati, I e II.

Per quanto concerne invece i prodotti tradizionali oggetto del provvedimento, ai primi sei articoli troviamo, oltre al panettone, il pandoro, la colomba, il savoiardo, l’amaretto e l’amaretto morbido, per ognuno dei quali sono appunto indicati i sopracitati aspetti.

La norma non manca di regolare quei prodotti quali, per esempio, sono variazioni della tradizione, quali il panettone o la colomba senza canditi: essi rientrano infatti nei prodotti di cui all’art. 7, denominati “prodotti speciali e arricchiti”.

 

Cosa è “Panettone” per legge?

Tornando dunque alla nostra protagonista, vale a dire alla tradizionale ricetta del panettone, il legislatore (e non il cuoco) ci dice che il dolce meneghino è “prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida” (art. 1, c. 1), contenente i seguenti ingredienti (c. 2):

  1. farina di frumento;
  2. zucchero;
  3. uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo;
  4. materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al 16%;
  5. uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al 20%;
  6. lievito naturale costituito da pasta acida;
  7. sale.

 

Sempre lo stesso articolo, al comma 3, elenca anche gli ingredienti che il produttore ha la facoltà di aggiungere, sempre nel rispetto delle proporzioni stabilite dal disciplinante[11].

All’allegato I, punto 1 del Decreto, vengono definite le fasi di lavorazione per la produzione del panettone, che si vanno quindi ad elencare:

  • Preparazione della pasta acida;
  • Fermentazione;
  • Preparazione dell’impasto, dosaggio degli ingredienti, aggiunta degli inerti e impastamento;
  • Porzionatura[12];
  • «Pirlatura»[13], con deposizione dell’impasto nello stampo di cottura;
  • Lievitazione;
  • «Scarpatura»[14];
  • Cottura;
  • Raffreddamento;
  • Confezionamento.

 

A completare il “pacchetto” che l’acquirente poi acquisterà, viene normata, all’art. 8, l’etichettatura del prodotto: è proprio qui che si statuisce che panettoni e pandori di dimensioni ridotte siano denominati “panettoncini” o “pandorini”.

 

La circolare 3 dicembre 2009, n. 7021, del Ministero dello Sviluppo Economico

Negli anni successivi la promulgazione del Decreto, tuttavia, nonostante l’esaustiva elencazione di ingredienti, metodi di produzione e di etichettatura dei sopracitati prodotti, le autorità, nella loro attività di vigilanza, hanno rilevato la diffusione di prodotti imitanti quelli tutelati dal Decreto stesso, soprattutto quelli più caratteristici, vale a dire il panettone, il pandoro e la colomba pasquale. Per arginare tali pratiche sleali, il legislatore si è quindi risolto alla promulgazione di una Circolare operativa, nello specifico quella del 3 dicembre 2009, n. 7021, del Ministero dello Sviluppo Economico[15].

I prodotti quindi che, nonostante rispettino formalmente le previsioni del Decreto vadano in ogni caso ad imitare i tradizionali prodotti da forno italiani, specialmente per quanto riguarda le forme e le modalità di presentazione, e creando dunque confusione nel consumatore, possono essere sanzionati per l’applicazione del Decreto Legislativo 109/1992[16].

Sono quindi da ritenere forme di concorrenza sleale le modalità di presentazione di prodotti che richiamano “in maniera inequivocabile” i lievitati della tradizione italiana sul piano:

  • Della forma del prodotto o della confezione;
  • Dell’immagine presente sulla stessa;
  • Delle denominazioni che, sebbene alternative come da Decreto, lo sono in maniera poco evidente: un esempio è l’utilizzo della dicitura “Dolce di Milano” in luogo di Panettone.

 

Sul piano pratico, anche la sola presentazione di tali prodotti sugli scaffali dei punti vendita accanto a quelli realizzati seguendo le indicazioni del Decreto può essere considerata una modalità di concorrenza illecita volta a confondere il consumatore, a dire della Circolare.

Le sanzioni sono stabilite dal precedentemente citato 67° comma dell’art. 4 della legge 350/2003.

 

Il Decreto Ministeriale 16 maggio 2017

Infine, un ultimo provvedimento riguardante, tra l’altro, la ricetta del panettone è il Decreto Ministeriale del 16 maggio 2017 del Ministero dello Sviluppo Economico[17]. All’art. 1 infatti, le prime tre lettere sono infatti dedicate al dolce meneghino: agli ingredienti precedentemente elencati infatti vengono aggiunte alcune precisazioni, riportate sotto.

  • Anche i tuorli d’uovo devono ora provenire da uova di categoria «A»;
  • Il burro deve essere esclusivamente ottenuto da creme di latte vaccino;
  • Il sale può essere anche iodato.

 

Si aggiornano inoltre le previsioni sull’etichettatura: infatti, il Regolamento europeo 1169/2011 “relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori” ha reso obsoleto il Decreto Legislativo 109/1992, divenendo così il riferimento legislativo fondamentale in materia di etichettatura.

Infine, sempre in osservanza delle misure europee introdotte dopo il 2005, viene aggiunto al Decreto 22 luglio 2005 l’articolo 8-bis, che permette, in accordo con il Regolamento europeo 828/2014 “relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti”, di produrre panettoni, pandori, ed altri prodotti da forno della tradizione italiana utilizzando ingredienti che non apportino glutine.

 

Conclusione

In definitiva, questa è la storia della ricetta del panettone, perlomeno quella sotto la tutela della legge italiana: compiendo la stessa analisi è possibile approfondire la ricetta del pandoro, della colomba, o degli altri prodotti da forno caratteristici della tradizione del Bel Paese. In quest’articolo tuttavia si voleva rendere omaggio al dolce più iconico del natale, senza nulla togliere al pandoro, che anche in questo Natale 2020 sarà un degno “sfidante” nell’ambito dell’eterno dibattito pandoro-panettone.

Cari lettori, buone feste da DirittoConsenso!

Informazioni

Circolare 3 dicembre 2009, n. 7021, del Ministero dello Sviluppo Economico.

Decreto 22 luglio 2005 – Ministero delle Attività Produttive.

Decreto Ministeriale 16 maggio 2017.

Legge 350/1999.

Legge 350/2003.

Regolamento (CE) 178/2002.

Ventesima revisione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali.

[1] Ventesima revisione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Link: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15132. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[2] L. 350/1999, Normattiva. Link: https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1999-10-12&atto.codiceRedazionale=099G0423&atto.articolo.numero=0&qId=e6837180-ee5d-4675-92cc-32c4d9ba5e07&tabID=0.6925578267719961. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[3] Per altri riconoscimenti e denominazioni, v’è un articolo di Roberto Giuliani su DirittoConsenso, incentrato sulla disciplina in ambito vitivinicolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/11/25/le-denominazioni-del-vino/.

[4] Reg (CE) 178/2002, Eur-Lex. Link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:02002R0178-20190726&from=EN. Consultato l’ultima volta il 17/11/2020.

[5] Per approfondire la storia dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, è possibile consultare l’articolo di Valeriya Topolska su DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/07/lautorita-europea-per-la-sicurezza-alimentare/.

[6] “[…] si intende per «alimento» […] qualsiasi sostanza o prodotto tra­ sformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad es­sere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. […]”.

[7] L’esempio più evidente nella vita quotidiana è rappresentato dal sistema di tracciamento delle uova.

[8] L. 350/2003. Camera. Link: https://www.camera.it/parlam/leggi/03350l.htm. Consultato l’ultima volta il 17/11/2020.

[9] Ibidem.

[10] Decreto 22 luglio 2005 – Ministero delle Attività Produttive. Gazzetta Ufficiale. Link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2005/08/01/05A07670/sg. Consultato l’ultima volta il 19/11/2020.

[11] Latte e derivati; miele; malto; burro di cacao; zuccheri; lievito avente determinati requisiti; aromi naturali; emulsionanti; i conservanti acido sorbico e/o il conservante sorbato di potassio (art. 1, c. 3).

[12] Porzionatura: “Suddivisione o preparazione di qualcosa in porzioni”. Treccani. Link: https://www.treccani.it/vocabolario/porzionatura_%28Neologismi%29/. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[13]Pirlatura: arrotondare un impasto, dandogli una forma sferica, per mettere in tensione e dare forza. agrodolce.it. Link: https://www.agrodolce.it/2020/03/24/piccolo-vocabolario-della-panificazione-casalinga/. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[14] Scarpatura: incisioni a croce della superficie del panettone volti a formare dei lembi o orecchie. agrodolce.it. Link: https://www.agrodolce.it/2014/12/23/come-si-prepara-un-panettone/. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[15] Circolare 3 dicembre 2009, n. 7021, del Ministero dello Sviluppo Economico. izs.it. Link: https://www.izs.it/bollettino_segn_legislative/bollettini_2009/dicembre_09/dicembre_09.htm. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.

[16] Abrogato dal D. Lgs. 231/2017, di cui si parlerà in seguito.

[17] Decreto Ministeriale 16 maggio 2017. Aea. Link: https://aeaconsulenzealimentari.it/wp-content/uploads/2017/10/decreto-16-maggio-2017.pdf. Consultato l’ultima volta il 28/11/2020.