Un’ancora di salvezza per il minore irregolare per condotta o per carattere: le misure amministrative di rieducazione

 

La peculiarità delle misure amministrative di rieducazione

Le misure amministrative di rieducazione appartengono alla famiglia delle misure ante delictum. In altri termini, si tratta di misure che possono essere adottate nei confronti di chi non ha ancora commesso un fatto reato. Queste misure soddisfano una funzione puramente educativa, ossia cercano di evitare, anzi, prevenire la commissione di un reato da parte di un soggetto minorenne.

La disciplina a cui sono sottoposte le misure amministrative di rieducazione è contenuta nell’art. 25 del Regio Decreto Legge 1404 del 1934[1] nel quale si stabilisce che quando un minore degli anni 18 dà manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere, il procuratore della Repubblica, l’ufficio di servizio sociale minorile, i genitori, il tutore, gli organismi di educazione, di protezione e di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza, possono riferire i fatti al Tribunale per i minorenni, il quale, a mezzo di uno dei suoi componenti all’uopo designato dal presidente, esplica approfondite indagini sulla personalità del minore, e dispone con decreto motivato una delle seguenti misure: 1) affidamento del minore al servizio sociale minorile; 2) collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico. Il provvedimento è deliberato in Camera di consiglio con l’intervento del minore, dell’esercente la patria potestà o la tutela, sentito il pubblico ministero. Nel procedimento è consentita l’assistenza del difensore. Le spese di affidamento o di ricovero, da anticiparsi dall’Erario, sono a carico dei genitori. In mancanza dei genitori sono tenuti a rimborsare tali rette gli esercenti la tutela, quando il patrimonio del minore lo consente“.

Tuttavia, per poter comprendere l’odierna disciplina, è necessario fare qualche passo indietro osservando come le misure amministrative di rieducazione si sono evolute nel tempo.

 

Le misure amministrative di rieducazione: la disciplina originaria

La formulazione dell’art. 25 è cambiata nel corso degli anni, infatti la disciplina originaria stabiliva che “quando un minore degli anni 18, per abitudini contratte, dia manifeste prove di traviamento e appaia bisognevole di correzione morale, l’autorità’ di pubblica sicurezza, il procuratore del Re, i genitori, il tutore, il curatore, l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia, l’Opera nazionale Balilla, possono riferire i fatti al tribunale per i minorenni, il quale assunte le opportune informazioni, ordina, con decreto motivato insindacabile, che il minorenne venga internato in un riformatorio per corrigendi. Il provvedimento è deliberato in camera di consiglio senza intervento di difensori, sentiti l’autorità’ di pubblica sicurezza provinciale, il pubblico ministero, il minorenne e l’esercente la patria, potestà o la tutela. Il Ministero di grazia e giustizia assegna il minore ad un riformatorio governativo o a un riformatorio gestito da pubbliche istituzioni, con le quali’ abbia stipulato apposite convenzioni. Le rette di mantenimento nei riformatori sono a carico dei genitori o degli ascendenti. Se mancano genitori e ascendenti, gli esercenti la tutela sono tenuti a rimborsare tali rette quando il patrimonio del minore lo consente. Il tribunale, prima di disporre l’assegnazione di un minore al riformatorio, può affidarlo ad una delle persone o istituti indicati nell’art. 23 perché ne curi l’educazione. In tal caso ogni tre mesi il minore sarà interrogato da un componente il tribunale per gli opportuni accertamenti sul successo dell’opera di rieducazione”.

Leggendo con attenzione l’art. 25 nella sua versione originaria possiamo facilmente individuare il destinatario di tali misure, le quali, in origine, venivano applicate nei confronti di minori di 18 anni che, per abitudini contratte, diano manifeste prove di traviamento e appaiano bisognevoli di correzione morale. Il ragazzo che presentava tali caratteristiche doveva necessariamente essere segnalato al tribunale per i minorenni, il quale avrebbe disposto l’applicazione della misura amministrativa di rieducazione che si traduceva nel mero collocamento del minore nel riformatorio per corrigendi.

La segnalazione al tribunale poteva essere presentata da una vasta rosa di soggetti come, ad esempio, l’autorità di pubblica sicurezza, i genitori, il tutore, il curatore, il procuratore del Re, l’opera nazionale Balilla e l’opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia.

L’entrata in vigore della Costituzione ha, tuttavia, cambiato le carte in tavola, poiché in breve tempo il legislatore italiano ha cominciato a sentire la necessità di modificare la disciplina delle misure amministrative di rieducazione, una modifica che si concretizzò con la legge n. 888 del 1956. Nello specifico, attraverso la legge n.888 il legislatore ha scelto di riscrivere l’art.25 prevedendo che tali misure potevano trovare applicazione nei confronti di un minore di 18 anni irregolare per condotta o per carattere. In altri termini, l’intervento del legislatore ha profondamente mutato il presupposto applicativo delle misure amministrative che, dal 1956, mirano non più a punire soggetti ritenuti pericolosi, ma ciò che si intende punire è il comportamento posto in essere dal minore[2].

 

Le misure amministrative di rieducazione: problemi di compatibilità costituzionale ed evoluzione storica

Come è accaduto per l’irrilevanza del fatto[3], anche in materia di misure amministrative di rieducazione sono stati sollevati dei forti dubbi circa la compatibilità di tale istituto con alcune disposizioni costituzionali. Si cominciò a ritenere che il presupposto applicativo delle misure amministrative fosse così tanto vago e generico da ledere gli artt.25 e 13 della Costituzione. Infatti, da un lato si riteneva che il presupposto delle misure dovesse essere molto più specifico affinché potesse rispettare il principio di legalità contenuto nell’art.25 della Costituzione e, dall’altro lato, si riteneva che, sulla scorta dell’art.13 della Costituzione, i presupposti che limitano la libertà personale devono essere sufficientemente indicati e descritti dalla legge e l’art.25 del R.D.L. n.1404 del 1934 era fin troppo vago e generico per giustificare una limitazione della libertà personale.

Tutti questi problemi legati ad una possibile incompatibilità costituzionale di tale istituto si attenuarono molto rapidamente nel 1977 con l’entrata in vigore di nuove tipologie di misure amministrative; nello specifico, venne introdotto l’affidamento al servizio sociale minorile, l’istituto medico psicopedagogico e la casa di rieducazione. Tuttavia solo l’affidamento al sevizio sociale minorile vide la luce, poiché le altre due misure vennero quasi immediatamente abrogate, senza essere mai state attuate, con la legge n. 616 del 1977. Quasi 20 anni dopo, le misure amministrative subirono un altro importante cambiamento: con la legge n. 269 del 1998 venne introdotto l’art. 25-bis nel quale trovano disciplina i provvedimenti amministrativi.

Questa nuova tipologia di misure amministrative nasce contemporaneamente all’entrata in vigore di due nuove fattispecie di reato, ossia la prostituzione minorile e la pedopornografia; ed ecco che il minore di 18 anni coinvolto in uno dei neo reati diviene il perfetto destinatario dei provvedimenti amministrativi, grazie ai quali il giovane riceve assistenza e protezione attraverso l’affidamento ai servizi sociali[4].

 

Le misure amministrative di rieducazione oggi

Leggendo le diverse disposizioni che oggi disciplinano questo particolare istituto della giustizia penale minorile, possiamo sinteticamente affermare che le misure amministrative di rieducazione trovano concreta applicazione nei confronti di minori di 18 anni che:

  1. pongono in essere comportamenti pregiudizievoli per la loro salute psicofisica;
  2. vengono plagiati da soggetti adulti;
  3. risultano essere non imputabili, ma che hanno commesso reati che per quantità e qualità fanno ritenere che la loro personalità si stia formando secondo modelli criminali.

 

Oltre a ciò, ex art.26 del R.D.L. n.1404 del 1934, le misure amministrative di rieducazione possono, altresì, essere applicate anche nei confronti del minore non autore di reato che abbia subito una condotta pregiudizievole da parte di genitori, del minore autore di reato al quale non è possibile applicare una custodia cautelare, nel caso di difetto di imputabilità, nel caso di concessione del perdono giudiziale[5] o di sospensione condizionale della pena.

Come accadeva nella disciplina originaria, il minore deve essere segnalato al tribunale per i minorenni e, tale segnalazione, può provenire dal P.M., dai genitori, dal curatore, dal tutore, dall’autorità di pubblica sicurezza, dall’ufficio del servizio sociale minorile e dall’opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia. Una volta che la misura amministrativa viene disposta e applicata dal tribunale per i minorenni, il minore viene continuamente monitorato sia dal tribunale stesso sia da servizi sociali, esattamente come accade per la messa alla prova[6], i quali, in collaborazione con il ragazzo, redigono un progetto educativo che deve essere seguito e rispettato per tutta la durata della misura amministrativa[7].

 

Il contenuto delle misure

L’art.27 del R.D.L. n.1404 del 1934 definisce il contenuto delle misure amministrative di rieducazione stabilendo che “nel caso in cui il tribunale abbia disposto la misura prevista dal n. 1 dell’art. 25, all’atto dell’affidamento è redatto verbale nel quale vengono indicate le prescrizioni che il minore dovrà seguire, a seconda dei casi, in ordine alla sua istruzione, alla preparazione professionale, al lavoro, all’utilizzazione del tempo libero e ad eventuali terapie, nonché le linee direttive dell’assistenza, alle quali egli deve essere sottoposto. Nel verbale può essere disposto l’allontanamento del minore dalla casa paterna. In tal caso deve essere indicato il luogo in cui il minore deve vivere e la persona o l’ente che si prende cura del suo mantenimento e della sua educazione. Le prescrizioni e le direttive di cui ai commi precedenti sono date da un componente del tribunale all’uopo designato dal presidente alla presenza di un rappresentante l’ufficio distrettuale di servizio sociale minorile e delle altre persone interessate all’atto, che il predetto componente ritenga opportuno convocare. L’ufficio di servizio sociale minorile controlla la condotta del minore e lo aiuta a superare le difficoltà in ordine ad una normale vita sociale, anche mettendosi all’uopo in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita. L’ufficio predetto riferisce periodicamente per iscritto o a voce al componente del tribunale designato, fornendogli dettagliate notizie sul comportamento del minore, delle persone che si sono prese cura di lui e sull’osservanza da parte di essi delle prescrizioni stabilite, nonché su quant’altro interessi il riadattamento sociale del minore medesimo, proponendo, se del caso, la modifica delle prescrizioni o altro dei provvedimenti previsti dall’art. 29“.

Ai servizi sociali viene, quindi, affidato il compito di controllare il minore, di aiutarlo nel superamento di ostacoli e difficoltà e di riferire periodicamente, per iscritto o oralmente, al tribunale l’andamento del ragazzo. Le misure amministrative di rieducazione, ex art. 29 R.D.L. n. 1404 del 1934[8], non hanno una durata minima, ma possono durare massimo fino ai 18 anni. Tuttavia, al minore viene data la possibilità di manifestare il proprio consenso alla prosecuzione di tale istituto fino ai 21 anni.

Informazioni

[1] Per il testo completo del Regio Decreto Legge n.1404 del 1934 si veda www.gazzettaufficiale.it

[2] https://www.personaedanno.it/articolo/le-misure-applicabili-ai-minori-irregolari-alessio-anceschi

[3] Sull’argomento e sui requisiti di irrilevanza del fatto ne ho parlato in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/11/irrilevanza-del-fatto/

[4] https://www.avvorsolagiordano.it/misure-amministrative-tribunale-per-i-minorenni-di-milano/

[5] Sull’argomento rimando a questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/02/18/perdono-giudiziale-processo-penale-minorile/

[6] Ho parlato di messa alla prova in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/14/sospensione-processo-messa-alla-prova/

[7] http://www.fondazionepromozionesociale.it/PA_Indice/007/7_competenze_in_materia_di_rieducazione.htm

[8] Art.29 R.D.L. n.1404 del 1934: «Le prescrizioni stabilite a norma dell’art. 27 possono essere modificate in ogni tempo. È sempre in facoltà del tribunale trasformare qualsiasi misura disposta in altra, che appaia più idonea ai fini della rieducazione del minore e del suo progressivo reinserimento nella vita sociale. Per i minori assoggettati ad una delle misure di cui al n. 2 dell’art.  25 tale reinserimento può dal tribunale essere attuato altresì con licenza di esperimento. Il minore che ne beneficia rimane affidato al servizio sociale. Si applicano le disposizioni dell’art. 27. La cessazione delle misure disposte è ordinata in ogni tempo dal tribunale allorché il minore appaia interamente riadattato, o quando per le sue condizioni fisiche o psichiche nessuna misura rossa considerarsi idonea alla sua rieducazione. La cessazione è in ogni caso ordinata al compimento del ventunesimo anno di età o per servizio militare di leva».