Requisiti soggettivi, formali e sostanziali per il riconoscimento in Italia dei matrimoni celebrati all’estero

 

La disciplina dei matrimoni celebrati all’estero

La questioni del riconoscimento in Italia dei matrimoni celebrati all’estero attiene alla materia del Diritto Internazionale privato, regolata nel nostro ordinamento dalla L. 218/1995 e successive modifiche (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”) nonché – per i rapporti tra paesi facenti parte dell’Unione Europea – dal Regolamento UE 2201/2003 afferente alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Oltre a detti testi normativi, sono stati poi varate ulteriori disposizioni di carattere più strettamente amministrativo[1] con lo scopo di applicare concretamente le disposizioni nazionali ed europee.

Vediamo, in particolare, che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ogni futuro sposo[2] (e quindi da quella italiana per il coniuge cittadino italiano e per il coniuge straniero da quella richiesta dalla legge nazionale di detto cittadino).

Le condizioni ed i requisiti previsti dalla legge straniera per il cittadino straniero non devono comunque contrastare con i principi fondamentali dall’ordinamento italiano: a titolo di esempio, un individuo già sposato in un paese che riconosce ed accetta la bigamia, non potrà comunque contrarre un secondo matrimonio in Italia, né veder riconosciuto in Italia il suo secondo matrimonio contratto all’estero, anche se ciò è avvenuto in conformità con le leggi del proprio paese d’origine[3].

 

La validità del matrimonio

Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento[4].

Oltre al rispetto di detti requisiti formali e sostanziali, per avere valore in Italia il matrimonio celebrato all’estero deve essere trascritto presso il Comune italiano competente. Se i coniugi desiderano procedere alla trascrizione del proprio matrimonio in Italia pur continuando a risiedere all’estero, l’atto di matrimonio in originale, emesso dall’Ufficio dello Stato Civile estero e debitamente legalizzato e tradotto, dovrà essere trasmesso alla Rappresentanza diplomatico-consolare che ne curerà l’invio in Italia ai fini della trascrizione nei registri di stato civile del Comune competente[5]. In alternativa (come normalmente avviene in tutti i casi in cui i coniugi che hanno contratto matrimonio all’estero si trasferiscono in un successivo momento in Italia) gli interessati possono presentare l’atto, regolarmente legalizzato e tradotto, direttamente al Comune italiano di appartenenza[6] .

Rispetto agli incombenti di traduzione ed asseverazione, gli atti rilasciati dai Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Vienna del 1976 sul rilascio di estratti plurilingue di atti di stato civile sono esenti da legalizzazione e da traduzione[7].

 

La pubblicazione

Incombente formale ma strettamente necessario perché si possa procedere alla celebrazione del matrimonio è quello della c.d. Pubblicazione, prevista dall’art. 93 c.c. e che consiste nell’affissione in apposito albo, per un periodo non inferiore ad 8 giorni, dell’informazione attinente all’imminente matrimonio.

Tale formalità è necessaria non sono quando una coppia residente in Italia (qualunque sia la nazionalità dei nubendi) decide di sposarsi su suolo italiano, ma anche quando i nubendi residenti all’estero o in Italia desiderano sposarsi presso una rappresentanza diplomatica o consolare italiana[8] e quando gli italiani residenti all’estero desiderano sposarsi in Italia.

Nel primo caso, è innanzi tutto necessario presentare istanza di celebrazione di matrimonio consolare alla rappresentanza consolare italiana di interesse. La celebrazione può essere rifiutata quando vi si oppongono le leggi locali o quando le parti non risiedono nella circoscrizione ove è stata presentata la richiesta[9], diversamente l’Ufficio consolare dovrà accogliere l’istanza ed i nubendi potranno procedere alla richiesta delle pubblicazioni, che andranno affisse nell’apposito albo consolare (diverso a seconda della residenza di ciascuno).

Nel secondo caso, gli italiani residenti all’estero che desiderano sposarsi in Italia dovranno richiedere le pubblicazioni di matrimonio alla Rappresentanza diplomatica o consolare italiana del luogo ove risultano iscritti, la quale compiuto detto incombente delegherà celebrazione il Comune italiano prescelto ai sensi dell’art. 109 c.c.

Se uno o entrambi i nubendi non sono italiani, altro documento necessario sarà il nulla osta di matrimonio (per gli Stati aderenti alla Convenzione di Monaco del 1980) oppure il certificato di capacità matrimoniale (per gli Stati non aderenti a detta Convenzione) da richiedere all’autorità competente presso il proprio paese d’origine.

Gli italiani che si sposano all’estero, invece, non sono soggetti alla disciplina delle pubblicazioni a meno che la stessa non sia egualmente richiesta dal Paese nel quale intendono sposarsi[10].

 

Gli ultimi interventi normativi in materia

Le cose si sono ulteriormente evolute, in Italia, con l’introduzione della legge 76/2016 (meglio conosciuta come “Legge Cirinnà”) storica nel nostro ordinamento poiché finalmente, seguendo la scia di molti altri paesi europei ed extraeuropei, ha introdotto riconoscimento e tutela delle Unioni Civili[11].

Ed infatti, a seguito dell’introduzione di questa nuova normativa, oggi è possibile trascrivere in Italia (con le relative tutele che ciò comporta) sia i matrimoni che le Unioni Civili tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, con la precisazione che i matrimoni avranno in Italia l’effetto delle Unioni Civili.

Su tale distinzione si è discusso e si discute ancora molto, sulla scia del fatto che la Legge Cirinnà – pur potendo essere considerata un grande passo avanti – non equipara totalmente i diritti di omosessuali ed eterosessuali sul punto.

Tuttavia, la disciplina del riconoscimento dei matrimoni celebrati all’estero e della relativa trascrizione può dirsi più prettamente amministrativa e burocratica, e come tale segue pedissequamente i mutamenti normativi legati ai diritti sostanziali che, si auspica, possano continuare ad evolversi nel senso di una maggiore tutela per ogni individuo.

Informazioni

G. NOVELLI, Compendio di diritto internazionale privato, ed Simone 2019

Direttive del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazione – sezione Italiani nel mondo, in www.esteri.it

DirittoConsenso http://www.dirittoconsenso.it/2019/01/11/le-unioni-civili/ e http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/15/legge-cirinna-e-successive-conseguenze/

L. 218/1995 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”

DPR 396/2000 Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127

D.L. 71/2011, Ordinamento e funzioni degli uffici consolari, ai sensi dell’articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246.

Convezione di Vienna del 1976

[1] A titolo esemplificativo e non esaustivo: DPR 396/2000 Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127; D.L. 71/2011 Ordinamento e funzioni degli uffici consolari, ai sensi dell’articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246.

[2] Art. 27 l. 218/1995

[3] G. NOVELLI, Compendio di diritto internazionale privato, ed Simone 2019

[4] Art 28 l. 218/1995

[5] Direttive del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazione – sezione Italiani nel mondo, in www.esteri.it

[6] Art. 12, comma 11, del DPR 396/2000 Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127”

[7] I Paesi che hanno ratificato la Convenzione sono Austria, Belgio, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Capo Verde, Croazia, Estonia, Francia, Germania, Italia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Moldova, Montenegro, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Turchia. Si segnala che la Convenzione non può essere attualmente applicata per la Grecia che, sebbene Paese firmatario, non ha ancora provveduto alla ratifica.

[8] art. 12 del D. Lgs. 71/2011

[9] Ibidem

[10] Direttive del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazione – sezione Italiani nel mondo, in www.esteri.it

[11] Sul punto si richiamano gli articoli “Le Unioni Civili” e “Legge Cirinnà e successive conseguenze”, in DirittoConsenso rispettivamente http://www.dirittoconsenso.it/2019/01/11/le-unioni-civili/ e http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/15/legge-cirinna-e-successive-conseguenze/