Perché il linguaggio giuridico è così complesso? Cosa ci può aiutare nella comprensione di un linguaggio così tecnico e specifico?
Cos’è il linguaggio giuridico?
Il linguaggio giuridico è un linguaggio settoriale della lingua italiana. Un linguaggio settoriale è quello proprio di uno specifico ambito, in particolare tecnico o scientifico. Esso viene utilizzato in testi di vario genere: dalle norme di legge, alle sentenze, alle ordinanze, fino alle monografie e agli articoli[1].
Una caratteristica distingue il linguaggio giuridico dagli altri linguaggi settoriali: descrive ed al tempo stesso crea il diritto. Ad esempio, se la parola utilizzata per descrivere una fattispecie di reato è assente in un ordinamento, in quell’ordinamento un certo comportamento non configurerà reato e non sarà perseguibile dalla legge.
Proprio per questo motivo è importante che il linguaggio giuridico sia semplice e preciso. Se il diritto serve a fornire ai singoli individui che compongono la società le regole per una corretta convivenza non è forse logico che essi siano messi nella condizione di comprendere[2] simili regole?
Dando poi per vero che gli stessi problemi di comprensione non si ripropongano per gli operatori del diritto (cioè coloro che, a vario titolo, con il diritto ci lavorano ogni giorno), è comunque possibile osservare la mutevolezza del linguaggio nei vari tipi di atti giuridici. Si pensi alla differenza tra il linguaggio utilizzato in una sentenza della Corte di Cassazione e quello utilizzato in una disposizione di legge o un atto amministrativo.
Stiamo quindi partendo dal presupposto che gli addetti ai lavori comprendano bene il linguaggio giuridico, ma, se al momento di utilizzarlo, essi producono testi non chiari e non efficaci, è davvero così oppure esiste uno spazio residuale in cui possono insinuarsi dei ragionevoli dubbi?
Una lunga tradizione…
La trasparenza comunicativa riguarda tutti i settori, non solo quello giuridico, ma in questo caso la chiarezza del linguaggio utilizzato sembrerebbe una scelta politica: una maggiore o minore trasparenza dei contenuti è sinonimo della volontà di coinvolgere il cittadino. In altre parole, trasparenza è sinonimo di democraticità.
Tutto questo in teoria, ma storicamente il linguaggio giuridico è ancora un po’ quello descritto da Manzoni nell’Azzeccagarbugli o del brigadiere alle prese con la “fedele” trascrizione di un interrogatorio nell’Antilingua di Calvino.
A parere di chi scrive ci troviamo di fronte ad un caso di elephant in the room, ossia di fronte ad un problema del tutto evidente che (quasi) nessuno “nella stanza” ha però ha il coraggio di riconoscere e affrontare.
… Alla quale possiamo sostituirne di nuove
Il tecnicismo è presente perché, entro un certo limite, svolge quella funzione creatrice del diritto di cui parlavamo poco fa. Così come un’arteria è cosa diversa da una vena, una legge è cosa diversa da un decreto legge ed è necessario e funzionale che i due concetti vengano lessicalmente distinti.
È però la morfosintassi a creare numerosi grattacapi per chi non “mastica” il diritto. La morfosintassi è quella branca della linguistica che studia il rapporto tra le varie parole di una frase affinché siano correttamente coordinate tra loro. Ad esempio, l’uso di congiunzioni tra periodi, di participi e di forme impersonali sembra a volte finalizzato solo a rendere la frase più formale che a comunicare efficacemente un concetto.
Quella che a prima vista sembrerebbe una banale questione stilistica ha invece un impatto del tutto pratico-concreto sulla vita delle persone. Per ovviare a questo genere di problemi, oltre che ai criteri di chiarezza e precisione, Danovi suggerisce[3] di rifarsi a quelli di:
- Logicità,
- Completezza,
- Sintesi.
Un esempio di (brutto) linguaggio giuridico
“Per l’anno 2020, al fine di rafforzare l’offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale, necessaria a fronteggiare l’emergenza epidemiologica conseguente alla diffusione del virus SARS-Cov-2 soprattutto in una fase di progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale, con l’obiettivo di implementare e rafforzare un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione di SARS-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti al fine di intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus, oltre ad assicurare una presa in carico precoce dei pazienti contagiati, dei pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, dimessi o paucisintomatici non ricoverati e dei pazienti in isolamento fiduciario, le regioni e le province autonome adottano piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale.” (primo periodo dell’Art. 1 del D.l. 19 maggio 2020, n. 34[4])
È un periodo lunghissimo – di 115 parole – che conta almeno 10 termini tecnici del linguaggio settoriale medico (tra cui spiccano per grado di tecnicismo “paucisintomatici” e “isolamento fiduciario”) senza contare il numero di subordinate che formano il periodo. Esattamente il contrario di quanto espresso nella “Guida alla redazione dei testi normativi” del 2001[5].
Infine, riporto qui un passaggio della sentenza Cass. SS.UU. num. 964/2017 che tratta proprio del binomio sinteticità-chiarezza.
“Quanto agli ulteriori aspetti della mancanza di sinteticità e chiarezza, questa Corte di Cassazione ha già avuto modo di chiarire che queste condizioni sono ora fissate nel nostro ordinamento dall’art. 3 c.p.a., comma 2, che esprime un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, la cui mancanza espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto rischia di pregiudicare l’intelligibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, con ciò ponendosi in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato con la modifica dell’art. 111 Cost., e, per altro verso, con il principio di leale collaborazione tra le parti processuali e tra queste ed il giudice risolvendosi, in definitiva, in un impedimento al pieno e proficuo svolgimento del contraddittorio processuale (cfr. Cass. n. 11199/12, Cass. n. 21297/16)” (Cass. SS.UU. num. 964/2017).
Anche in questo caso, la struttura della frase potrebbe essere migliorata, ma almeno stiamo assistendo al riconoscimento della necessità di maggior chiarezza del testo da parte della stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
Verso un diritto più vicino a tutti
Il fatto che, nella stessa sentenza appena riportata, il linguaggio giuridico potrebbe essere impiegato meglio, è prova della difficoltà che gli operatori del diritto incontrano nell’esprimersi, perché, entro un certo grado, non è possibile fare a meno di utilizzare termini tecnici onde evitare distorsioni del concetto che stanno veicolando. Allo stesso tempo, va però anche evidenziata la tendenza degli stessi a non liberarsi da vizi stilistici tipici dell’ormai passato e duri a morire.
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
A parere di chi scrive, alla luce del comma 2 dell’art. 3 della Costituzione appena riportato, un impiego più efficace del linguaggio giuridico è garanzia essenziale per il cittadino di uno Stato democratico. È pertanto (o dovrebbe essere) impegno improrogabile del legislatore incoraggiare una riforma dell’attività di produzione degli atti giuridici in modo tale che l’intenzione non resti affermata sulla carta ma diventi la quotidianità di chiunque si accinga ad utilizzare il linguaggio giuridico.
Un migliore impiego del linguaggio giuridico è garanzia essenziale per il cittadino di uno Stato democratico ed è pertanto impegno irrinunciabile procedere a una riforma dello stesso che non si fermi sulla carta, ma diventi attività esercitata quotidianamente e con coscienza da chiunque si accinga ad utilizzarlo.
Informazioni
https://www.palestradellascrittura.it/ricerche/scriverediritto/
Costituzione italiana
“Linguaggio settoriale”, voce dell’Enciclopedia Treccani
F. Danovi, Il linguaggio del processo, Giuffré Editore, 2018
F. Galgano, Le insidie del linguaggio giuridico, Il Mulino, 2010
[1] Il bell’articolo (semplice!) di Roberto Giuliani sul legal design: http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/22/legal-design/ per comprendere un nuovo tema del diritto.
[2] Sono diffusi i concetti di burocratese e giuridichese, che danno l’idea peggiorativa di una lingua.
[3] Danovi, p. 181.
[4] Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Attenzione inoltre a non confondersi tra i tanti DPCM adottati nel 2020. Su cosa siano i DPCM e sul loro uso rimando a: http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/04/dpcm-e-ordinanze-regionali-al-limite-della-legge/
[5] Sconosciuta ai più, la “Guida alla redazione dei testi normativi” del 2001 afferma che “Il precetto normativo ha la valenza di un ordine. Esso, dunque, è efficace ed autorevole solo se è preciso, sintetico e chiaro per il destinatario”.

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.