Il mercato illecito dei beni culturali è caratterizzato da alcune particolarità. Capiamo perché valore, destinazione dei beni e soggetti coinvolti determinano l’unicità del settore

 

Identificare il mercato illecito dei beni culturali

Il mercato illecito dei beni culturali riguarda l’acquisto e la vendita di questi beni. Quest’ultima categoria è individuata nel diritto internazionale così come dalle legislazioni nazionali.

Il traffico illecito dei beni culturali è vasto. Molte organizzazioni internazionali infatti sono impegnate[1] nella lotta al fenomeno. Per contrastare queste attività illecite, bisogna tenere a mente 3 aspetti del traffico illecito dei beni culturali:

  1. il patrimonio culturale è una risorsa limitata che non può essere coltivata o fabbricata (come sono invece gli stupefacenti di origine naturale o le armi),
  2. i profitti aumentano progressivamente dal momento in cui vengono rubati o estratti, al momento in cui vengono immessi nel mercato, e
  3. i beni devono essere sempre riciclati per apparire legittimi (perché altrimenti il bene “scoperto” dovrà essere restituito).

 

Prima considerazione: valutare il mercato

La prima considerazione sul mercato illecito è che vi è un serio impedimento a una quantificazione del commercio illegale dei beni culturali. Questo avviene perché gran parte delle condotte illecite si svolge al di fuori dei dati ufficiali che derivano dalle denunce dei beni andati perduti o rubati e dai dati relativi all’individuazione dei beni. La valutazione quindi dell’estensione dei crimini contro i beni culturali si presenta estremamente problematica sotto vari profili.

Sul problema dell’entità del valore del traffico illecito dei beni culturali, l’UNESCO ha stimato che il commercio di antichità valga 2,2 miliardi di dollari all’anno[2]. Nel complesso, la portata finanziaria del commercio illecito è in definitiva inconoscibile in quanto le statistiche del mercato nero sono notoriamente difficili da accertare. Natali afferma[3] che:

La valutazione dell’estensione dei crimini contro i beni culturali si presenta, dunque, estremamente problematica sotto vari profili. La maggior parte di tali crimini passa inosservata, in quanto non dichiarata alle autorità. Vi sono, poi, ulteriori impedimenti a un’adeguata misurazione dell’entità di tale mercato, come per esempio il fatto che il valore monetario degli oggetti d’arte non è mai stabile.”.

 

Il problema maggiore nel traffico dei beni culturali è senza dubbio quello relativo alla presenza di beni che siano stati saccheggiati da siti archeologici. Il saccheggio di beni culturali[4] è necessariamente un’attività clandestina e ciò rende difficile, se non impossibile, documentarne l’estensione e individuare quali beni siano stati saccheggiati. La conseguenza è che il valore economico perduto è incalcolabile.

 

Seconda considerazione: dove vanno i beni culturali rubati o illecitamente rimossi da scavi archeologici

I beni culturali illecitamente ottenuti compiono percorsi particolari. Avviene un trasferimento dallo Stato in cui il bene è stato saccheggiato allo Stato di “mercato”. Su una linea immaginaria, il bene viene quindi spostato da A a C, passando per B:

  • “A” viene indicato come Source country, cioè stato di origine del bene (perché era lì sotterrato o perché faceva parte di una collezione di un museo, etc.)
  • “C”, che è ovviamente lo Stato di destinazione, è Market country quindi è importante che il bene entri sotto mentite spoglie (perché ben nascosto oppure perché abbia un certificato che dimostri la legittimità della compravendita)
  • “B”, in cui avviene il transito, è uno Stato definito Transit country (qui il bene può rimanere per molto tempo in attesa di essere ricollocato oppure in attesa che si trovi un acquirente).

 

Ma vediamo bene quali sono questi Stati.

 

Source, transit e market countries

L’esempio A, B e C è per rendere l’idea di come generalmente si muovano i beni nel mercato illecito di beni culturali. La realtà però è più complessa. In base ad un fenomeno notoriamente transnazionale possiamo considerare il passaggio attraverso gli Stati di transito come fondamentale per favorire le operazioni di riciclaggio[5] di un bene nel mercato legittimo.

Analizzando il fenomeno su scala globale possono essere fatte delle considerazioni sugli Stati.

Nella categoria di source countries rientrano l’Italia, la Grecia[6], l’Africa, gli Stati del Sud-est asiatico[7] e del Medio Oriente[8], l’Afghanistan[9] e, in forme minori, l’America meridionale[10].

Nella categoria di market countries sono molto attivi gli Stati Uniti[11], la Gran Bretagna[12] e più di recente Cina[13] e Russia[14].

Il passaggio attraverso Stati di esportazione e Stati di importazione avviene spesso attraverso le già citate transit countries. A volte si tratta di punti strategici che nell’economia moderna hanno acquisito un ruolo fondamentale nella logistica o nelle comunicazioni. Si tratta sia di Stati, come la Svizzera[15], sia di singole città che, dotate di grandi infrastrutture, possono influenzare il commercio illecito dei beni culturali. Per il sud-est asiatico tra i più importanti centri si possono citare Singapore, Hong Kong, Macao[16]. In questi contesti la legislazione o quantomeno la sua concreta applicazione rende possibile svolgere le trattative e poi creare un titolo lecito di possesso del bene.

In più, è bene considerare che la distinzione tra Stati di origine, ricchi di antichità e di opere d’arte, e Stati di mercato, potenti attrattori di questi beni, corrisponde spesso alla divisione tra Stati dotati di una forte economia e Stati più svantaggiati sul piano sia economico che sociale. Una distinzione che ricalcherebbe la nota distinzione delle relazioni internazionali tra Stati Occidentali e Stati del terzo mondo o concentrati a sud del mondo. In Yates infatti si legge[17]:

“… il moderno mercato internazionale dell’arte… è socialmente ed economicamente strutturato per favorire l’ovest/il nord globale a scapito dell’est/del sud. Ha sfruttato le risorse del patrimonio culturale dei paesi poveri per alimentare le prerogative del mondo dell’alta cultura che si è sviluppato prevalentemente nei paesi ricchi.

 

Questa dicotomia però è imprecisa: in tema di mercato dei beni culturali gli scenari in cui si trovano i beni sono molto complessi. A volte infatti sono proprio gli Stati di mercato ad essere fonte di antichità e diventare, a loro volta, oggetto di saccheggi come nel caso dell’Italia[18].

Inoltre alcuni Stati possono essere il terreno fertile del traffico illecito interno. Si pensi ad un oggetto scavato illecitamente da un contesto archeologico e che sia venduto ad un compratore nello stesso stato.

 

Terza considerazione: chi opera nel mercato illecito dei beni culturali

Lo studio da cui sono partito per l’analisi dei soggetti operanti nel mercato illecito dei beni culturali è quello di Campbell[19]. Lo studioso, che individua 4 fasi in cui si divide il traffico in questione, fa combaciare a ciascuno stadio soggetti diversi che vengono in possesso del bene. In breve:

  1. Quando il bene è rubato (stolen), vi è chi ha fisicamente rimosso il bene dal suo contesto archeologico o paleontologico;
  2. Quando è trasportato (transported), vi è uno o più soggetti che saranno identificati come intermediari iniziali;
  3. Quando è oggetto di riciclaggio (laundered), il bene richiama e richiede una conoscenza specifica rilevante: qui il bene deve essere riciclato da un intermediario che sia molto vicino al grande mercato dell’arte;
  4. Quando è oggetto di acquisto (purchased), spicca il collezionista, sia esso persona fisica o giuridica.

 

Con una sequenza tale, non bisogna cadere nell’errore che questi soggetti siano necessariamente legati tra loro. Questi infatti interagiscono raramente e senza continuità. In altri termini, non si tratta di organizzazioni criminali o associazioni a delinquere ma più spesso di realtà criminali perché ciascun soggetto non necessariamente ha conoscenza di chi e di quanti altri siano nella rete criminale[20].

 

Considerazione finale

La complessità della ricostruzione del mercato in cui si muovono i beni culturali è legato da fattori geografici, politici, culturali ed economici. È per tanti motivi che il problema del mercato nero dell’arte persiste. Ancora una volta sottolineo l’importanza di una maggiore collaborazione tra gli Stati, sfruttando appieno non solamente i meccanismi offerti dai trattati internazionali ma anche la tecnologia che può aiutare nell’individuazione dei beni culturali rimossi o rubati.

Informazioni

Polk, “Fermate questo terribile saccheggio”. Il traffico illecito di oggetti antichi analizzato come un mercato criminale, 2002

Yates, Smith and Mackenzie, The cultural capitalists: Notes on the ongoing reconfiguration of trafficking culture in Asia, Crime, Media, Culture, 2017

Natali, Patrimonio culturale e immaginazione criminologica. Panorami teorici e metodologici, in Circolazione dei beni culturali mobili e tutela penale: un’analisi di diritto interno, comparato e internazionale, Milano, 2015

International flows of selected cultural goods and services, 1994-2003: defining and capturing the flows of global cultural trade, p. 37

Cambpell, The Illicit Antiquities Trade as a Transnational Criminal Network: Characterizing and Anticipating Trafficking of Cultural Heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013

[1] Ho scritto del ruolo dell’Interpol nella lotta al traffico illecito in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2019/10/21/interpol-lotta-traffico-illecito-beni-culturali/  . Ho approfondito anche i trattati internazionali adottati grazie all’UNESCO e il sistema di protezione a livello internazionale: http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/21/unesco-trattati-contro-traffico-illecito-beni-culturali/

[2] International flows of selected cultural goods and services, 1994-2003: defining and capturing the flows of global cultural trade, p. 37 – reperibile nella rete interconnessa

[3] Natali, Patrimonio culturale e immaginazione criminologica. Panorami teorici e metodologici, in Circolazione dei beni culturali mobili e tutela penale: un’analisi di diritto interno, comparato e internazionale, Milano, 2015, p. 37

[4] Questo è noto in inglese come art looting

[5] In più è proprio nel mercato illecito di beni culturali che è possibile assistere ad operazioni di riciclaggio di denaro sporco. Ho voluto approfondire questo fenomeno così specifico e ho raccolto varie informazioni in questo articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/09/28/riciclaggio-di-denaro-e-traffico-di-beni-culturali/

[6] Nikolentzos, Voutsa and Koutsothanasis, What Does It Take to Protect Cultural Property: Some Aspects on the Fight against Illegal Trade of Cultural Goods from the Greek Point of View, in International Journal of Cultural Property, 2017

[7] Yates, Smith and Mackenzie, The cultural capitalists: Notes on the ongoing reconfiguration of trafficking culture in Asia, Crime, Media, Culture, 2017, pp. 245 – 254; Gruber, The Fight Against the Illicit Trade in Asian Cultural Artefacts: Connecting International Agreements, Regional Co-operation, and Domestic Strategies, in Asian Journal of International Law, 2013, p. 341

[8] Vlasic and Turku, Protecting Cultural Heritage as a Means for International Peace, Security and Stability: The Case of ISIS, Syria and Iraq, in Vanderbilt Journal of Transnational Law, 2016, pp. 1371 – 1416; Brodie, The Market in Iraqi Antiquities 1980-2009 and Academic Involvement in the Marketing Process in Manacorda and Chappell, Crime in the art and antiquities world : illegal trafficking in cultural property, New York, 2011, Chapter 7, p. 117-134; Campbell, The Illicit Antiquities Trade as a Transnational Criminal Network: Characterizing and Anticipating Trafficking of Cultural Heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013, p. 122 – 123

[9] Sull’Afghanistan ho voluto approfondire le cause del perché questo Stato sia martoriato sia dal traffico illecito che dalla distruzione dei beni culturali. Link all’articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2021/02/22/afghanistan-traffico-illecito-beni-culturali/

[10] Lopes Fabris, South-South Cooperation on the Return of Cultural Property: The Case of South America, in Case Western Reserve Journal of International Law, 2017, pp. 173 – 196; Saliba and Lopes Fabris, O retorno de bens culturais., in Revista de Direito Internacional, 2017, p. 490

[11] Particolarmente attivi risultano gli acquisti di beni culturali da parte di istituzioni e musei americani. Tra i tanti acquisti però sono stati scoperti anche beni illecitamente esportati da uno Stato o beni scavati illegalmente. Molti accordi sono stati stabiliti tra l’Italia e istituzioni culturali straniere come spiegato in Scovazzi, La restituzione dei beni culturali rimossi con particolare riguardo alla pratica italiana, Milano, 2014

[12] Vozza, La prevenzione e il contrasto al traffico illecito di beni culturali mobili fra spunti comparati e prospettive di riforma, in Circolazione dei beni culturali mobili e tutela penale: un’analisi di diritto interno, comparato e internazionale, Milano, 2015, pp. 217 ss.

[13] Il ruolo della Cina nel mercato globale dell’arte è aumentato negli ultimi 15 anni. Nei dati riportati in Bialynicka-Birula, si legge: “The value of sales on the art market in China in the 2004-2014 period increased from 860 million USD in 2004 to 10 billion USD in 2014.” ; Yates, Smith and Mackenzie, The cultural capitalists: Notes on the ongoing reconfiguration of trafficking culture in Asia, in Crime, Media, Culture, 2017, p. 247

[14] European Commission, Moving art – A guide to the export and import of cultural goods between Russia and the EU, 2007, http://eeas.europa.eu/delegations/russia/documents/eu_russia/moving_art_07_en.pdf

[15] Vozza, La prevenzione e il contrasto al traffico illecito di beni culturali mobili fra spunti comparati e prospettive di riforma, in Circolazione dei beni culturali mobili e tutela penale: un’analisi di diritto interno, comparato e internazionale, Milano, 2015, pp. 203 ss

[16] Alder, C., Chappell, D., Polk, K., Perspectives on the organisation and control of the illicit traffic in antiquities in South East Asia, in Manacorda, S., Organised Crime in Art and Antiquities, ISPAC, 2009, p. 121 ss.

[17] Yates, Smith and Mackenzie, The cultural capitalists: Notes on the ongoing reconfiguration of trafficking culture in Asia, Crime, Media, Culture, 2017, p. 246. Testo originale in lingua inglese: “… the modern international art market … is socially and economically structured to benefit the global west/north at the expense of the east/south. It has exploited the cultural heritage resources of poor countries to feed the prerogatives of the world of high culture which has developed predominantly in rich countries.

[18] Polk, “Fermate questo terribile saccheggio”. Il traffico illecito di oggetti antichi analizzato come un mercato criminale, 2002 – reperibile nella rete interconnessa. Oltre alla fonte menzionata, si rimanda all’incredibile storia del Cratere di Eufronio, un vaso usato per mescolare acqua e vino risalente al V secolo a.C. e che fu esposto al pubblico per la prima volta nel 1972 al Metropolitan Museum di New York, un oggetto scoperto durante il c.d. Caso Medici

[19] Cambpell, The Illicit Antiquities Trade as a Transnational Criminal Network: Characterizing and Anticipating Trafficking of Cultural Heritage, in International Journal of Cultural Property, 2013, p. 117

[20] Lo stesso Campbell dice: “By focusing on a structural approach rather than specific individuals or crimes, behaviour is explained as opposed to simply describing observable actions. During interactions participants are motivated based on personal risk and specialization, often with no cognizance of the preceding or proceeding nodes in the network. Money is exchanged at each interaction rather than collaborating together as a chain and partitioning profits after the final sale, so personal profit is a result of risk and specialization.”