Perché la custodia cautelare in carcere in Russia è stata oggetto di critiche?
La custodia cautelare in Russia
La custodia cautelare in carcere è la più afflittiva delle misure cautelari contemplate da un sistema penale perché è quella che maggiormente limita la libertà personale di in indagato che, fino alla sentenza definitiva di condanna, si presume innocente.
I presupposti, la durata, le modalità di esecuzione e di presentazione delle istanze di riesame sono un buon modo per tastare il polso di un ordinamento penale e coglierne tratti illiberali. Tanto più un istituto sensibile come la custodia cautelare presenta presupposti operativi poco stringenti, tanto più esso si presta a poter essere impiegato come mezzo di repressione (quand’anche non di prevenzione) del crimine, rischiando di dar luogo a veri e propri abusi. Dei requisiti di impiegabilità molto deboli possono infatti spingere ad utilizzare tale misura cautelare come un comodo strumento di controllo sociale. Una buona “spia” del possibile uso illiberale della custodia cautelare è rappresentato dal catalogo di reati per i quali è possibile richiedere la restrizione anticipata della libertà. Perché, dunque, proprio la custodia cautelare in Russia?
Talora la Federazione Russa è stata accusata di strumentalizzare il potere giudiziario favorendo un uso politicizzato dei procedimenti penali e del sistema sanzionatorio. Senza prendere posizione su questa affermazione, concentrarsi sulla custodia cautelare in Russia può essere d’interesse. Secondo il recente dato aggiornato al gennaio 2021 la popolazione carceraria russa è pari a 482.888 individui. Di questi il 21,6 % si trova in custodia cautelare per un numero pari a 104.220 soggetti ristretti[1]. Sempre secondo i medesimi dati 72 persone ogni 100.00 abitanti in Russia si trovano attualmente soggetti alla misura restrittiva carceraria in attesa di sentenza definitiva di condanna. Sicché, il dato non deve spaventare: la percentuale di detenuti in cautelare in Italia è, per il 2020, pari al 31,8% della popolazione carceraria. Perciò il dato numerico non pare, a primo avviso, preoccupante.
Una situazione controversa
Attualmente l’amministrazione delle carceri russe, che si serve in parte di strutture ereditate dal sistema carcerario sovietico (il più famoso è la celebre Butyrka, a Mosca), in parte di strutture di nuova costruzione, è attribuita al Servizio Penitenziario Federale (Federalnaya Sluzhba Ispolneniya Nakazaniy). Dal 1996 è posto sotto la direzione del Ministero della Giustizia, a seguito delle pressioni del Consiglio d’Europa: fino ad allora era stato infatti diretto dal Ministero degli Interni, dando luogo ad accuse di eccessivi condizionamenti politici nella gestione delle carceri del nuovo Stato russo. L’organizzazione dell’ente, le piante organiche, il personale ed altri aspetti amministrativi sono stati oggetto di profonde riforme nel 1998, in una delicata era di passaggio fra le presidenze di Eltsin e di Putin.
Tuttavia, prima di osservare la disciplina normativa, qualche premessa di attualità. Il sistema penitenziario e, in più nello specifico, le strutture destinate ad accogliere i soggetti ristretti in regime di custodia cautelare in Russia sono oggetto di critiche da parte della stampa e di parte dell’opinione pubblica qualificata del Paese (ONG, giuristi, avvocati, parte della stampa). In primo luogo, le voci critiche lamentano il sovraffollamento delle strutture. Secondo l’organo rappresentativo dall’avvocatura penale russa il problema sarebbe connesso anzitutto all’elevato numero di reati per i quali le porte delle carceri si spalancano in via preliminare. L’inclusione di crimini di poco conto, soprattutto per violazioni delle leggi in materia di immigrazione, avrebbe portato spesso cittadini stranieri nelle strutture destinate alla custodia cautelare, frequentemente uzbeki, georgiani e tagiki. Quest’ultima affermazione non sembra corretta: secondo le statistiche indipendenti, la percentuale di reclusi stranieri non eccederebbe il 3,8% sul totale dei detenuti al 2021.
In secondo luogo è stata oggetto di critica la difficoltà di comunicazione fra i soggetti ristretti e le loro famiglie e i loro legali: sarebbe molto difficile talora anche per gli stessi avvocati ottenere incontri con i loro assistiti. Discorso analogo varrebbe a proposito delle misure cautelari extramurarie. Dal 2002 il Codice di procedura penale è stato innovato con l’implementazione della misura cautelare domiciliare, ma questa misura viene di rado concessa dai giudici (e, a monte, richiesta dalle autorità inquirenti), anche se dai rapporti giudiziari successivi al 2010 si nota un miglioramento, con un incremento delle misure domiciliari. Peraltro, ampi passi sono stati compiuti in questa direzione, specie ad oggi, per cercare di limitare i contagi da Covid-19 nelle carceri. Pare in ogni caso che la custodia cautelare in Russia sia la misura maggiormente impiegata nonostante la disponibilità di altre meno afflittive. Secondo uno studio, la richiesta dei procuratori viene accolta il 90,7% delle volte[2].
L’istituto nella legge russa
Ciò posto, analizziamo da vicino la custodia cautelare in Russia. In premessa, l’art. 21 della Costituzione del 1993 sancisce l’inviolabilità della libertà personale e il divieto di trattamenti inumani e degradanti.
I presupposti per la richiesta di tale misura sono definiti dagli artt. 97 e 98 del Codice di procedura penale della Federazione Russa (legge federale n. 174/18-12-2001). Il procuratore distrettuale può chiedere la custodia cautelare dell’indagato se vi sono “sufficienti indizi idonei a supporre” che:
- l’indagato si darà alla fuga se sottoposto a misure cautelari meno pervasive.
- l’indagato continuerà a commettere ulteriori attività delittuose.
- l’indagato potrebbe minacciare o attentare alla vita o all’incolumità fisica dei testimoni o di altre parti del processo.
- l’indagato potrebbe distruggere, disperdere, rendere del tutto od in parte inservibili prove od altre tracce del reato necessarie per il processo.
- l’indagato potrebbe sottrarsi in un successivo momento all’esecuzione della sentenza o alla estradizione disposta a norma dell’art. 466 del Codice.
L’art. 108, par. 1, del Codice stabilisce che la custodia cautelare in carcere può essere richiesta dal procuratore distrettuale quando il reato per cui si procede è punito con la reclusione pari o superiore a due anni, a condizione che una misura cautelare meno afflittiva non possa essere applicata. Il termine di due anni ricomprende un numero davvero molto consistente di reati contemplati dal Codice penale federale e dalle leggi speciali, rendendo praticabile la restrizione anticipata della libertà una scelta possibile (e molto probabile) anche per coloro che abbiano commesso delitti ad offensività ridotta. Inoltre, il periodo successivo della norma stabilisce che la misura può essere disposta da un giudice anche nell’ipotesi in cui si proceda per un delitto punito con la pena della reclusione inferiore a due anni:
- se l’indagato non è legalmente soggiornante nel territorio della Federazione Russa.
- se non è stato possibile identificare l’indagato.
- se l’indagato ha violato i termini di una misura cautelare meno afflittiva.
- se l’indagato, al momento dell’arresto, ha tentato di fuggire dalla polizia giudiziaria e/o dalla caserma o dalla struttura ove tradotto per essere identificato ed interrogato.
L’art. 108, par. 2, prevede l’esclusione di una serie di reati multiforme, dalla bancarotta al furto di materiale d’interesse storico-artistico. Il catalogo pare, però, abbastanza composito e privo di una particolare logica. Sarebbe, piuttosto, il risultato di una stratificazione normativa. Per quanto concerne la durata della detenzione cautelare l’art. 109 del codice prevede che nel corso delle indagini preliminari l’indagato non possa permanere ristretto per un periodo superiore a due mesi. Questo a condizione però che le indagini possano essere concluse entro due mesi: se ciò non fosse e non emergessero ragioni per l’archiviazione del procedimento, il giudice della Corte distrettuale competente può prorogare la custodia per ulteriori sei mesi.
Nel caso di “reati gravi” il termine può essere esteso per ulteriori dodici mesi. Solo in “casi eccezionali” la detenzione base di due mesi può essere prorogata fino a diciotto mesi. In questo caso servirebbe l’assenso delle autorità inquirenti. Le richieste di proroga (così come la stessa prima richiesta) della magistratura requirente devono essere però formulate in un’apposita udienza monocratica ove siano presenti l’indagato ed il suo difensore, per una adeguata tutela dei diritti difensivi dell’indagato. Secondo i dati, la proroga sarebbe concessa nel 97,8% dei casi in cui è richiesta[3].
Qualche considerazione in chiusura
Quanto al riesame, il procedimento è disciplinato dagli artt. 123 e seguenti del codice. Il direttore della struttura carceraria ha il dovere di trasmettere alla Corte distrettuale competente l’istanza di riesame formulata dall’indagato. Le censure possono riguardare tanto il difetto dei presupposti per l’imposizione della custodia cautelare quanto vizi di carattere procedurale. Il soggetto ristretto ha diritto ad ottenere un provvedimento di accoglimento o di rigetto del giudice entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza da parte degli ufficiali della Corte (art. 125). Il termine non è, tuttavia, perentorio.
Nel 2012 la Corte di Strasburgo ha condannato la Russia (caso Ananyev e altri v. Russia) avendo accertato che le condizioni detentive nei centri di custodia cautelare violassero l’art. 3 della Convenzione per la sottoposizione dei soggetti trattenuti a trattamenti inumani e degradanti. La sentenza è particolarmente importante poiché, trattandosi di sentenza – pilota, contiene una serie di preziose indicazioni che il legislatore russo potrà seguire per rendere maggiormente compatibili con la Cedu le strutture penitenziarie del Paese. Queste spaziano da indicazioni di carattere generale fino a più puntuali raccomandazioni di adeguamento della metratura delle celle, della funzionalità dei servizi igienici, delle condizioni delle brande e delle ore di riposo per i carcerati. Inoltre le indicazioni riguardano i meccanismi per garantire con maggiore effettività la sicurezza degli indagati (e condannati) e la formazione del personale di custodia. Qualche anno fa l’avvocatura penale ha invocato profonde riforme del sistema penitenziario: segno che, forse, c’è ancora qualcosa da fare per soddisfare i giudici della Corte Edu e migliorare la situazione della custodia cautelare in Russia[4].
Informazioni
Per un panorama generale sulla custodia cautelare in Russia: http://www.pretrialrights.org/russia/
Dati sulla popolazione carceraria: www.prisonstudies.org/country/russian-federation
Costituzione della Federazione Russa (in italiano): www.art3.it/Costituzioni/cost RUSSA.pdf
Codice di procedura penale russo (in inglese): www.wipo.int/edocs/lexdocs/laws/en/ru/ru065en.pdf
Per un approfondimento su alcune criticità dell’ordinamento penale russo: I. V. PONKIN, Indirizzi e tendenze di sviluppo nella legislazione penale russa, in Diritto Penale Contemporaneo, 2/2016, p. 1 ss.
G. VENTURIN, Le indagini preliminari e la tutela dell’indagato, in www.dirittoconsenso.it 04 gennaio 2021
E. CANCELLARA, I poteri della polizia giudiziaria, in www.dirittoconsenso.it 15 febbraio 2021
[1] www.prisonstudies.org/country/russian-federation
[2] Sul punto: R. DEMBER, Russia’s Pretrial Prisons Vulnerable as COVID-19 Spreads,www.hrw.org/news/2020/03/24
[3] R. DEMBERG, Russia’s Pretrial, cit.
[4] L’articolo può essere letto per esteso, in inglese: Russia’s prison dilemma As the Russian penitentiary system considers its first major reforms in 20 years, human rights advocates don’t like what they see, 19 luglio 2019, in www.meduza.io (link: https://meduza.io/en/feature/2019/07/19/russia-s-prison-dilemma )

Alvise Accordati
Ciao, sono Alvise. Veneziano, classe 1996, ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Ferrara nel luglio 2021 con una tesi in Giustizia costituzionale. Materia, questa, che si colloca al vertice dei miei interessi giuridici, seguita dal diritto penale e dal diritto amministrativo. Da cattolico, inoltre, ho sempre amato indagare il rapporto tra Fede e diritto. Amo, infine, la Storia (antica e contemporanea) e le lettere classiche. Attualmente svolgo il tirocinio formativo ex art. 73, decreto legge n. 69 del 2013, presso la Corte d'appello di Venezia.