La disciplina dei proxy advisor: cosa sono, che ruolo svolgono e quale impatto hanno sulle scelte di voto

 

La nozione di proxy advisor

I proxy advisor[1] sono società specializzate nell’analisi delle informative societarie e nel fornire consulenza agli investitori su come votare all’assemblea generale degli azionisti. Poiché gli investitori istituzionali e i gestori attivi detengono generalmente nei propri portafogli un gran numero di partecipazioni in società, i proxy advisors svolgono un ruolo fondamentale nel fornire utili raccomandazioni di voto, soprattutto in caso di partecipazioni transfrontaliere.

L’investimento in una società coinvolge vari aspetti del processo decisionale. Infatti, se da un lato le decisioni aziendali quotidiane di una società per azioni risultano, in ultima istanza, una responsabilità della direzione e del consiglio di amministrazione, gli azionisti votano su una serie di questioni importanti che possono influire sul valore delle loro azioni. Tale voto, rappresentante l’aspetto amministrativo dei diritti riconosciuti all’azionista, si manifesta nell’assemblea dei soci. L’assemblea, in particolare quella ordinaria, ha competenza su una serie di temi di fondamentale rilevanza, quali, fra gli altri: la nomina e la revoca degli amministratori, dei sindaci e del presidente del collegio sindacale, determina il compenso di amministratori e sindaci[2] e approva il bilancio. Inoltre, alla luce del principio della passivity rule (o board neutrality) l’assemblea delibera in merito all’adozione di strategie difensive in caso la quotata diventi target di un’OPA[3].

La presenza dei tipici costi di agenzia[4], legati al rapporto tra principal (proprietà-investitore) e agent (controllo-amministratore), unita alla peculiare posizione degli investitori istituzionali determina, per questi ultimi, elevati costi da sostenere in termini di due diligence ed esercizio informato del voto, accentuato dal fatto che tali investitori detengono partecipazioni in società eterogenee e inquadrate in ordinamenti giuridici spesso diversi gli uni dagli altri. Ciò ha portato all’emergere delle società di consulenza per delega (le c.d proxy firms) come input fondamentali per gli investitori istituzionali. Queste società, a loro volta, hanno una notevole influenza sull’esito delle deleghe aziendali nonché sulle decisioni di governance assunte dalle società.

La figura del proxy advisor nasce nell’esperienza societaria statunitense, ma si è progressivamente affermata anche in ambito europeo trovando regolamentazione dapprima nella c.d Shareholders Rights Directive o SHRD[5] e successivamente nella Direttiva (UE) 2017/828, nota come Shareholders Rights Directive II[6]. La figura dei proxy advisors è espressamente presa in considerazione dalla Proposta della Commissione Europea di modifica della Direttiva sui diritti degli azionisti[7]. Tale Proposta, che diverrà la pietra angolare su cui poggerà la SHRDII, muove dall’assunto che la consulenza nel voto sia un istituto rientrante nella sfera tematica della disciplina societaria e che la sua funzione consista nel ridurre i costi di agenzia indotti dal gap tra gli interessi degli amministratori e quelli dei soci.

 

Il proxy advisor nel quadro normativo europeo

Come accennato, i due punti chiave nella disciplina europea dei proxy advisors sono la SHRD e la SHRDII. In particolare quest’ultima, emendando la precedente, riconosce che i consulenti in materia di voto, alla luce della loro importanza, debbano essere soggetti a particolari requisiti di trasparenza e rimette agli Stati Membri il dovere di assicurare che i consulenti siano soggetti a un codice di condotta sulla cui efficace implementazione gli stessi saranno chiamati a riferire.

La trasparenza è dunque alla base dell’intervento del legislatore europeo del 2017, che si preoccupa di specificare all’Art.3-undecies come i consulenti in materia di voto (vale a dire i proxy advisors) debbano comunicare al pubblico (tramite messa a disposizione sul proprio sito internet) una lista di informazioni in relazione all’elaborazione delle loro ricerche, dei loro consigli e delle loro raccomandazioni di voto, che lungi dall’avere presunzione di completezza detta invece standard minimi di trasparenza. Tali informazioni riguardano:

  1. le caratteristiche essenziali delle metodologie e dei modelli applicati;
  2. le principali fonti di informazione utilizzate;
  3. le procedure messe in atto per garantire la qualità delle ricerche, dei consigli e delle raccomandazioni di voto nonché le qualifiche del personale coinvolto;
  4. se e in che modo tengono conto delle condizioni giuridiche, regolamentari e del mercato nazionale nonché delle condizioni specifiche delle società;
  5. le caratteristiche essenziali delle politiche di voto applicate per ciascun mercato;
  6. se intrattengono un dialogo con le società oggetto delle loro ricerche, dei loro consigli o delle loro raccomandazioni di voto e con i portatori di interesse della società e, in caso affermativo, la portata e la natura del dialogo;
  7. la politica relativa alla prevenzione e alla gestione dei potenziali conflitti di interesse.

 

Il legislatore italiano ha recepito l’impulso della Direttiva 2017/828 attraverso il D.lgs. 10 maggio 2019, n. 49[8], il quale ha modificato il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) in particolare con riguardo agli artt. 124-quater e 124-octies introducendo una precisa definizione di “consulenti in materia di voto” e prevedendo a carico di questi particolari obblighi di trasparenza.

In particolare l’art. 124-quater TUF definisce come “consulente in materia di voto” un “soggetto che analizza, a titolo professionale e commerciale, le informazioni diffuse dalle società e, se del caso, altre informazioni riguardanti società europee con azioni quotate nei mercati regolamentati di uno Stato membro dell’Unione Europea nell’ottica di informare gli investitori in relazione alle decisioni di voto fornendo ricerche, consigli o raccomandazioni di voto connessi all’esercizio dei diritti di voto.”

In base alle nuove disposizioni poi, l’art. 124-octies TUF, rubricato “Trasparenza dei consulenti in materia di voto”, prevede che:

  • gli investitori istituzionali e i gestori attivi siano tenuti ad adottare una politica di impegno che descriva le modalità di monitoraggio e dialogo con le società nelle quali detengono partecipazioni. Tale politica di impegno, inoltre, deve essere oggetto di una comunicazione annuale sulla base del noto principio comply or explain.
  • i consulenti in materia di voto debbano pubblicare annualmente una relazione il cui contenuto minimale comprende la portata e la natura del dialogo, se del caso intrattenuto con le società oggetto delle loro ricerche e raccomandazioni, l’eventuale adesione a un codice di comportamento o, qualora non ne adottino uno, le ragioni della mancata adesione. Su tali soggetti, inoltre, la Consob può esercitare i poteri previsti dagli artt. 114 commi 5 e 6 Tuf[9] e 115 comma 1, lett. a)b), e c)[10].

A completamento delle nuove previsioni introdotte con il D.lgs. n.49/2019 il legislatore dispone un corredo sanzionatorio che prevede sanzioni amministrative pecuniarie[11], eventualmente convertibili[12] nell’ordine di eliminare le infrazioni contestate, anche indicando le misure da adottare e il termine per l’adempimento.

 

L’impatto dei proxy advisors sulle scelte degli azionisti

Uno studio condotto nel Quaderno di Finanza n.81 dell’Aprile 2015 di Consob[13] ha analizzato l’attività dei proxy advisor e il suo impatto sulle scelte degli azionisti in termini di voto, ponendo l’accento sulle modalità di voto delle politiche di remunerazione degli amministratori (c.d say-on-pay)[14]. Dall’analisi condotta sono emersi alcuni spunti particolarmente interessanti.

In particolare cattura l’attenzione lo scostamento tra il dissenso degli azionisti (basso, in linea con altri paesi) e quello degli investitori istituzionali (che è, invece, particolarmente alto) in riferimento alle politiche di remunerazione. All’interno della stessa categoria degli investitori istituzionali, tuttavia, emerge un’ulteriore discrimen[15]che vede i c.d non-blockholders[16] essere maggiormente soggetti all’influenza dei proxy advisors, a differenza di quanto accade con i blockholders (detentori di partecipazioni rilevanti), i quali in virtù degli incentivi dati dalla loro stessa posizione tendono a procedere con proprie attività di ricerca, risultando, quindi, meno sensibili alle raccomandazioni dei proxy advisors. Risulta chiaro che il voto espresso dagli investitori istituzionali è fortemente correlato all’attività svolta dai proxy advisors, con sfumature di incidenza che variano a seconda del grado di partecipazione dell’investitore.

Con riguardo all’ampiezza dell’incisività che le raccomandazioni dei proxy advisor hanno sulle scelte degli investitori, emerge come questi ultimi non facciano un uso passivo delle raccomandazioni dei consulenti, esauribile in una riproposizione pedissequa dei suggerimenti dei consulenti, bensì si focalizzino su specifiche criticità che reputano di particolare rilevanza. Nello specifico queste hanno ad oggetto la struttura della remunerazione e il suo rapporto con la creazione di valore nel lungo periodo nonché l’entità dei trattamenti di fine rapporto.

Sul piano comparativo, alcune stime preliminari evidenziate nel Quaderno, parrebbero suggerire che in Italia l’effetto delle raccomandazioni dei proxy advisors sul voto degli investitori istituzionali è altrettanto forte, se non maggiore, di quello osservato nell’esperienza statunitense. Tale visione risulta coerente con il panorama degli assetti proprietari italiani, nel quale gli investitori esteri con portafogli diversificati hanno assunto forte rilevanza nelle assemblee societarie[17]. Ciò è particolarmente vero nel caso del piccole-medie imprese (PMI), per le quali il rapporto fra costi di accesso alle informazioni e costo-beneficio del loro utilizzo può risultare sconveniente.

 

Conclusioni

La figura del proxy advisor, lungi dall’essere relegata all’esperienza statunitense, ha fatto da tempo ingresso nel panorama societario europeo parallelamente all’ascesa, anche nel Vecchio Continente, degli investitori istituzionali ai vertici delle compagini azionarie degli emittenti quotati. In Italia, inoltre, l’impatto delle raccomandazioni dei consulenti in materia di voto risulta essere ancora più determinante di quanto non lo sia negli Stati Uniti, coerentemente con un sistema che vede un crescente peso degli investitori internazionali esteri[18] con portafogli diversificati nelle società di maggiori dimensioni. Questi ultimi, realisticamente, non possono conoscere approfonditamente le numerose società nelle quali investono, dovendo per tale ragione fare affidamento sui consulenti di voto, o proxy advisor. Alla luce di ciò è realistico aspettarsi che la figura del proxy advisor, già emersa nel dibattito continentale grazie ai due interventi del legislatore europeo, acquisirà sempre maggiore rilevanza all’interno delle dinamiche del governo societario degli emittenti quotati.

Informazioni

M. Belcredi, S. Bozzi, A. Ciavarella, V. Novembre; Proxy advisors and shareholder engagement, CONSOB, Quaderni di Finanza n.81 Aprile 2015.

P. Marchetti, F. Ghezzi, M. Ventoruzzo, C. Mosca, M. Bianchi, M. Milic, Uno sguardo alla governance delle società quotate italiane, Rivista delle Società, Giuffrè Editore, 2018.

Alessandra Daccò, Il ruolo degli investitori nella governance delle società, Il Testo Unico Finanziario, Zanichelli, 2020.

COMMISSIONE EUROPEA, Shareholders’ rights directive Q&A (europa.eu)

HARVARD LAW SCHOOL FORUM ON CORPORATE GOVERNANCE, Proxy Advisory Firms, Governance, Failure, and Regulation (harvard.edu)

ASSONIME, News14062019 (assonime.it)

[1] Spesso tradotto con l’espressione “consulente in materia di voto”.

[2] Ove non sia lo statuto a determinarlo.

[3] Sul tema si veda: E. Wang, L’Offerta Pubblica d’Acquisto, in DirittoConsenso, L’Offerta Pubblica d’Acquisto – DirittoConsenso

[4] I costi di agenzia sono un tipo di costo interno che un principal può sostenere a causa del problema dell’agenzia, o agency problem. Includono i costi di eventuali inefficienze che possono derivare dall’assunzione di un agent per portare a termine un determinato compito, insieme ai costi associati alla gestione del rapporto principal-agent e alla risoluzione delle diverse priorità, che possono venire a confliggere, dando luogo a un conflitto di interessi.

[5] DIRETTIVA 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate.

[6] Che modifica la DIRETTIVA 2007/36/CE per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti.

[7] Nel testo che tiene conto sia degli emendamenti proposti dal Consiglio Europeo, sia della posizione espressa dal Parlamento Europeo nel luglio 2015.

[8] In attuazione della direttiva 2017/828 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti.

[9] Potere di richiedere notizie e documenti necessari per l’informazione al pubblico.

[10] Potere di chiedere la comunicazione di notizie e documenti, di assumere notizie, di eseguire ispezioni.

[11] Per importo non inferiore a duemilacinquecento euro e non superiore a centocinquantamila euro.

[12] Quando le violazioni sono connotate da scarsa offensività o pericolosità.

[13] I “Quaderni di finanza” accolgono lavori di ricerca volti a contribuire al dibattito accademico su questioni di economia e finanza. Le opinioni espresse nei lavori sono attribuibili esclusivamente agli autori e non rappresentano posizioni ufficiali della Consob, né impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto.

[14] Utilizzando i dati sul voto espresso da ogni singolo azionista sulle politiche di remunerazione adottate dalle società quotate italiane nel 2012 e sui giudizi in materia espressi dai due principali PA attivi sul mercato italiano.

[15] Distinzione, divisione, punto di separazione.

[16] Investitori istituzionali con quote di partecipazioni inferiori alle soglie di comunicazione al mercato. Si tratta prevalentemente fondi pensione e fondi comuni con un portafoglio molto diversificato a livello internazionale.

[17] P. Marchetti, F. Ghezzi, M. Ventoruzzo, C. Mosca, M. Bianchi, M. Milic, Uno sguardo alla governance delle società quotate italiane, Rivista delle Società, Giuffrè Editore, 2018.

[18] Gli investitori istituzionali italiani sono con maggior frequenza azionisti rilevanti di imprese di piccole dimensioni e operanti nel settore industriale, mentre quelli esteri sono presenti soprattutto in società finanziarie e a elevata capitalizzazione (come illustrato dal Report del 2018 di Consob sulla corporate governance delle società quotate italiane).