Il legislatore con il decreto legislativo n. 121 del 2018 è intervenuto specificamente sull’ordinamento penitenziario minorile conformandone le disposizioni al dettato costituzionale

 

L’ordinamento penitenziario minorile, il d. lgs. 121 del 2018

L’art. 79 ordinamento penitenziario, Legge 26 luglio 1975 n.354, sottolineava che, in attesa di una normativa e di un ordinamento penitenziario ad hoc per gli imputati minorenni, agli stessi si dovevano applicare le norme previste per gli adulti. La Corte Costituzionale si è trovata più volte a dichiarare l’illegittimità di norme che equiparavano i minori agli adulti senza disciplinare per gli imputati più deboli un trattamento diverso. La mancanza di norme specifiche costituiva una grave lacuna legislativa e l’equiparazione dei minori agli adulti era assolutamente inadeguata. Il legislatore, con il decreto legislativo n. 121 del 2018, è intervenuto specificamente sull’ordinamento penitenziario minorile colmando così le lacune create dalle sentenze della Corte Costituzionale, cercando di conformare le disposizioni al dettato costituzionale.

«Tutte le misure limitative della libertà a carico dei minori (misure cautelari, misure alternative, sanzioni sostitutive, pene detentive e misure di sicurezza) si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell’esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, ma non ancora il venticinquesimo, ovvero quando l’esecuzione abbia inizio dopo il compimento del diciottesimo anno di età, e sempre che, per quanti abbiano già compiuto il ventunesimo anno di età, non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal giudice competente»[1].

 

Il principio di specialità delle norme applicabili agli imputati minorenni

L’art. 1 comma 1[2] del d. lgs. n.121 del 2018[3] enuncia il principio di specialità del medesimo decreto e la sussidiarietà delle norme contenute nel codice di procedura penale, nella legge dell’ordinamento penitenziario e le norme del DPR 448/1988 per le materie non disciplinate dal decreto.

Nella sentenza n. 323 del 21 luglio 2000[4] la Corte Costituzionale si è espressa evidenziando l’importanza di applicare al minorenne la pena che sia per lui più favorevole anche quando nel caso concreto si debba utilizzare una norma sussidiaria e non una norma specifica «non si può omettere di considerare, in primo luogo, che il legislatore ha inteso stabilire, nei riguardi dei minori, una disciplina della custodia cautelare più limitativa rispetto a quella dettata per gli indagati maggiorenni: in conformità al criterio del favor minoris che domina anche la materia penale, nonché alle direttive internazionali relative al diritto penale minorile, ispirate al principio per cui il ricorso alla custodia in carcere per i minori non può che rappresentare una ultima ratio cui far ricorso solo quando ciò risulti strettamente indispensabile».

 

L’importanza dell’istruzione e della crescita personale del minore detenuto

Il dettato dell’art. 18 del decreto legislativo 121/2018 evidenzia quanto il legislatore abbia voluto sottolineare l’importanza dell’istruzione e della crescita professionale dei minori che debbano scontare la pena presso un istituto penale:

«I detenuti sono ammessi a frequentare i corsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale all’esterno dell’istituto, previa intesa con istituzioni, imprese, cooperative o associazioni, quando si ritiene che la frequenza esterna faciliti il percorso educativo e contribuisca alla valorizzazione delle potenzialità individuali e all’acquisizione di competenze certificate e al recupero sociale».

 

I minori, infatti, devono studiare e possono uscire, pur seguendo regole ben precise, per andare a lavorare e svolgere attività socialmente utili, così che abbiano concrete possibilità di crescere professionalmente.

La formazione scolastica e professionale, per l’ordinamento penitenziario minorile, non è importante solo perché consente di ottenere uno sconto della pena, ma soprattutto perché si deve evitare in tutti i modi che il minore possa sentirsi abbandonato una volta uscito dall’istituto. «Gli interventi sul minore devono attuarsi in maniera multidisciplinare e a mezzo di operatori a tal fine formati. La detenzione va sempre intesa quale extrema ratio, limitando l’uso della carcerazione preventiva. Inoltre prescrive una adeguata razionalizzazione della presenza delle strutture minorili sul territorio (principio di territorialità legato alla necessità di reinserimento sociale) e interpello dei famigliari in ordine al luogo di detenzione del minore medesimo. In particolare si sofferma sul trattamento inframurario: al fine di individuare sempre un programma individualizzato volto al progressivo reinserimento nella società, stabilisce che bisogna offrire al minore attività volte alla formazione scolastica e professionale, da svolgersi possibilmente fuori dal carcere, tentando di assicurare il prosieguo delle stesse anche dopo l’uscita dal circuito penale. Si prevede anche di passare almeno otto ore fuori dalla cella, di cui due all’aria aperta, con previsione di attività significative per festività e weekend»[5].

 

L’art. 24 dell’ordinamento penitenziario minorile, d. lgs. 121/2018 

Tutte le attività che il minore compie mentre sconta la pena sono importanti anche per il suo futuro una volta che sarà “libero”, finalità ben evidenziata dall’art. 24 del d. lgs. n. 121 del 2018:

«Nei sei mesi precedenti, l’ufficio di servizio sociale per i minorenni, in collaborazione con l’area trattamentale, prepara e curala dimissione:

  1. elaborando, per i condannati cui non siano state applicate misure penali di comunità, programmi educativi, di formazione professionale, di lavoro e di sostegno all’esterno;
  2. curando i contatti con i familiari di riferimento e con i servizi socio-sanitari territoriali, ai fini di quanto previsto nell’articolo 12, comma 4;
  3. rafforzando, in assenza di riferimenti familiari, i rapporti con i servizi socio-sanitari territoriali e con le organizzazioni di volontariato, per la presa in carico del soggetto;
  4. attivando sul territorio le risorse educative, di formazione, di lavoro e di sostegno, in particolare per i condannati privi di legami familiari sul territorio nazionale, ovvero la cui famiglia sia irreperibile o inadeguata, e individuando le figure educative o la comunità di riferimento proposte dai servizi sociali per i minorenni o dai servizi socio-sanitari territoriali».

 

La pena detentiva come extrema ratio

Essendo la reclusione nell’istituto penale minorile l’extrema ratio, vi accedono i minori che hanno già beneficiato di misure alternative[6] e che non sono stati reputati in grado di comprenderle e di trarne i benefici auspicati, rendendo così necessario un maggiore controllo degli operatori, i quali principalmente dovranno indagare le motivazioni per cui non sono risultate adeguate le misure alternative.

«L’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. In via prioritaria, mediante l’esecuzione si tende a favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero»[7].

È di fondamentale importanza che anche i minori obbligati ad essere ospitati in un istituto penale entrino in contatto con persone che possano agevolare la loro crescita personale e facciano di tutto per impedire una ricaduta nel crimine. Per questo motivo i minorenni devono essere separati dai giovani adulti e chi non ha accesso a permessi premio o libere uscite non può stare a contatto con chi può uscire dall’istituto per qualche ora.

«L’art. 14 del d.lgs. n. 121 del 2018 dispone, al primo comma, che la permanenza negli istituti penali per minorenni si deve svolgere in conformità a un progetto educativo predisposto entro tre mesi basato sulla personalizzazione delle prescrizioni tenendo conto delle attitudini e delle caratteristiche della sua personalità e contrassegnato da una flessibilità esecutiva. Ma, oltre al progetto educativo, necessario perché il minore possa nel periodo di detenzione maturare da un punto di vista sociale adattandosi alle regole che verranno prescritte, è necessario che l’esperienza del minore in un istituto penale per minorenni non sia afflittiva più di quanto lo sia già in se stessa privando il minore, oltre che della sua libertà personale, degli affetti, delle sue radici»[8].

 

L’importanza della territorialità nell’ordinamento penitenziario minorile

L’art. 22 del medesimo decreto conferma, inoltre, l’importanza della territorialità dell’esecuzione penale:

«Salvo specifici motivi ostativi, anche dovuti a collegamenti con ambienti criminali, la pena deve essere eseguita in istituti prossimi alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle famiglie, in modo da mantenere le relazioni personali e socio-familiari educativamente e socialmente significative». La pena, infatti, va eseguita presso istituti che siano prossimi all’indirizzo di residenza del minore e della sua famiglia per preservare le relazioni personali, sempre che queste ultime non siano negative.

La disciplina dei colloqui di cui il minore può beneficiare quando si trova all’interno di un istituto penale minorile è contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n.121 del 2018, che ne stabilisce il numero, otto mensili, e la durata tra 60 e 90 minuti. Per i detenuti privi di validi rapporti familiari sono previsti colloqui con volontari e il supporto psicologico. Per i detenuti che non usufruiscono di permessi premio è prevista la possibilità di prolungare la durata delle visite.

 

Conclusioni

Trattandosi di un imputato minorenne, secondo quanto stabilito dall’ordinamento penitenziario minorile, anche la detenzione in un istituto penale deve essere volta alla rieducazione e al recupero del minore. Il ragazzo, infatti, grazie alle figure professionali che lo affiancano per tutta la durata della pena auspicabilmente comprende l’errore commesso e impara come non ripeterlo in futuro.

Informazioni

Stati Generali dell’Esecuzione penale, Esecuzione penale nel procedimento minorile, Tavolo 14

Il decreto legislativo n.121 del 2018 è integralmente consultabile al link: http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/10/d-lgs-121-2018.pdf

Sent. 323 del 21 luglio 2000, tratta da www.giurcost.org

L. KALB, prefazione a La nuova esecuzione penale minorile, Maggioli editore, 2019, p.11.

S. LARIZZA, l’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni, Commento al d.lgs. 2 ott. 2018, n.121, Giappichelli, 2019 p. 87.

[1] Stati Generali dell’Esecuzione penale, Esecuzione penale nel procedimento minorile, Tavolo 14 p.3.

[2] Art.1 comma 1 d.lgs. 121/2018: Nel procedimento per l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità a carico di minorenni, nonché per l’applicazione di queste ultime, si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n. 354, del relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.230, e del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272.

[3] Il decreto legislativo n.121 del 2018 è integralmente consultabile al link: http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/10/d-lgs-121-2018.pdf

[4] Sent. 323 del 21 luglio 2000, tratta da www.giurcost.org.

[5] Stati Generali dell’Esecuzione penale, Esecuzione penale nel procedimento minorile, Tavolo 14 p.7.

[6] Al riguardo si veda l’articolo di Giulia Pugliese dal titolo La sospensione del processo con messa alla prova, consultabile al link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/14/sospensione-processo-messa-alla-prova/

[7] L. KALB, prefazione a La nuova esecuzione penale minorile, Maggioli editore, 2019, p.11.

[8] S. LARIZZA, l’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni, Commento al d.lgs. 2 ott. 2018, n.121, Giappichelli, 2019 p. 87.