Il crimine di genocidio nell’ambito del diritto internazionale: definizione, prassi giurisprudenziale e riferimenti all’attualità
Che cos’è il genocidio?
La nozione di genocidio comparve per la prima volta a livello normativo nel testo della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948. Tale Convenzione venne adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione 260 A (III) del 9 dicembre 1948 ed entrò in vigore il 12 gennaio 1951[1].
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale erano state commesse atrocità tali da essere in contrasto con qualsiasi principio di umanità e dignità personale. Le parti contraenti riconobbero, in seguito a tali avvenimenti, il genocidio quale violazione delle norme di diritto internazionale ed, in quanto tale, come crimine necessariamente da prevenire e reprimere.
Ai sensi dell’articolo II della Convenzione si definisce il genocidio come una serie di atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un determinato gruppo di persone che si identifichi per la propria nazionalità, etnia, razza o religione quali:
- uccidere membri del gruppo;
- causare gravi lesioni fisiche o psicologiche ai membri del gruppo;
- sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica totale o parziale;
- imporre misure volte ad impedire le nascite all’interno del gruppo;
- trasferire in maniera forzata i bambini del gruppo ad un altro[2].
L’articolo III della Convenzione sul genocidio, inoltre, specifica le fattispecie punibili:
- il genocidio;
- l’accordo di commettere genocidio;
- l’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio;
- il tentativo di commettere genocidio;
- il concorso nel genocidio[3].
Il genocidio nello Statuto di Roma
Lo Statuto di Roma venne approvato nel 1998 ed entrò in vigore il 1° luglio 2002, sei mesi dopo il deposito del sessantesimo strumento di ratifica, così come previsto dallo stesso Statuto. Si tratta del trattato internazionale istitutivo della Corte penale internazionale, competente a giudicare i soggetti responsabili dei crimini più gravi di rilevanza internazionale. Lo Statuto segnò un momento di svolta nell’ambito della giustizia penale internazionale, in particolare nella materia dei diritti umani[4].
La Corte penale internazionale, ai sensi dell’articolo 5, è competente a giudicare dei crimini internazionali più gravi quali il crimine di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Il genocidio è disciplinato dall’articolo 6, il quale riprende in maniera fedele la definizione già formulata all’interno della Convenzione sul genocidio del 1948.
In sede di redazione dello Statuto di Roma, le parti contraenti si soffermarono maggiormente sugli elementi costitutivi della fattispecie di genocidio. Il primo elemento è il c.d. elemento sistematico del genocidio. Questo consiste nell’intento di distruggere un determinato gruppo di persone che si identifichi per la propria nazionalità, etnia, razza o religione. Il secondo elemento, invece, è il c.d. atto individuale, intendendosi, con tale espressione, gli atti perpetrati contro l’integrità fisica o psicologica nei confronti dei singoli membri, con la finalità di intaccare l’esistenza biologica o culturale dell’intero gruppo. Questa espressione si interseca con il fenomeno del “genocidio culturale” che, nonostante i tentativi da parte della dottrina, risulta ancora un concetto troppo ambiguo e discusso per poter essere qualificato come tipologia di genocidio a sé stante[5].
Akayesu: un celebre caso in materia di genocidio
Jean-Paul Akayesu, quando scoppiò il genocidio in Ruanda il 7 aprile 1994, ricopriva la carica di sindaco (bourgmestre) nella città ruandese di Taba e, in quanto tale, era responsabile per il mantenimento dell’ordine pubblico nella città. Tra l’aprile e il giugno 1994 furono massacrate, nella città di Taba, circa 2.000 persone, appartenenti alla minoranza etnica dei Tutsi.[6].
Sembra che, in un primo momento, Akayesu avesse tentato di impedire l’accesso delle truppe che stavano mettendo in atto il massacro dei Tutsi. Il 18 aprile 1994, si tenne un’assemblea tra i sindaci dei territori confinanti e i membri del Governo provvisorio in cui si discusse della situazione: successivamente all’incontro, Akayesu mutò il suo punto di vista rispetto al massacro e permise l’accesso dei soldati nella città, probabilmente per non intaccare i rapporti politici con gli esponenti del Governo. Nei mesi successivi, non solo Akayesu tollerò le violenze nei confronti dei Tutsi, ma ne divenne addirittura istigatore e autore egli stesso. Nell’ottobre 1995, venne arrestato in Zambia per essere sottoposto a processo dinnanzi al Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda[7].
In un primo momento, le accuse a carico di Akayesu erano genocidio, concorso in genocidio e istigazione al crimine di genocidio. Il Procuratore del TPIR allegò prove relative ai brutali interrogatori che venivano ordinati ed eseguiti, nel corso dei quali i Tutsi venivano torturati ed uccisi. L’attenzione venne posta anche ai discorsi pubblici che il sindaco aveva tenuto, i quali istigavano alla violenza e alla persecuzione del gruppo etnico. Le norme di riferimento per i relativi capi d’imputazione erano gli articoli 2 e 3 della Convenzione sul Genocidio del 1948.[8]
Il caso Akayesu, sebbene poco incisivo dal punto di vista procedurale, è considerato uno dei casi più rilevanti degli ultimi tempi dal punto di vista sostanziale. Una delle questioni più importanti affrontate durante il processo fu il significato da attribuire al c.d. intento di commettere genocidio (genocidial intent), cioè quel particolare elemento soggettivo che deve sussistere affinché il genocidio possa ritenersi tale. Anche chiamato dolus specialis, consiste nella specifica volontà di distruggere un gruppo che si identifichi per la propria nazionalità, razza, religione, o etnia. In processo, risulta particolarmente complesso provare tale elemento soggettivo[9]. La complessità deriva, tra le altre cose, anche dal numero elevato di persone che solitamente sono coinvolte in uno sterminio di massa: sarebbe necessario dimostrare, che ognuna delle persone coinvolte abbia agito con la specifica volontà di distruggere il gruppo. Complessa risulta la situazione, ad esempio, dell’imputato che dichiari di aver agito per vendetta, per obbedienza ad un ordine ovvero per altri motivi che non siano specificatamente la distruzione del gruppo[10].
Il 2 settembre 1998, Jean-Paul Akayesu venne condannato, in primo grado, dal Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda per 9 dei 15 capi d’imputazione alla pena dell’ergastolo. Oggi sta scontando la pena in un carcere in Mali. La sentenza Akayesu, del 1998, rappresenta la prima condanna per genocidio. La Corte precisò inoltre che lo stupro, la violenza sessuale e le altre forme di aggressione a sfondo sessuale costituiscono anch’esse parte integrante del genocidio, e quindi essi stessi atti di genocidio, quando perpetrati con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo di persone protetto dalla Convenzione sul Genocidio del 1948[11].
Il conflitto tra Israele e Palestina: si può parlare di crimine di genocidio?
Per comprendere cosa stia accadendo attualmente tra Israele e Palestina è necessario indagare riguardo le origini del conflitto. L’inizio del conflitto israelo-palestinese si colloca nel 1800, quando in tutta Europa iniziarono a sorgere movimenti anti-semiti. Gli ebrei europei decisero così di scegliere un territorio ove potessero fondare il proprio stato e vivere in pace: la scelta ricadde sulla Palestina, terra però già occupata dall’Impero ottomano e interamente abitata dagli arabi.
La convivenza tra i due popoli fu pacifica fino al 1917 quando gli inglesi, che durante la Prima Guerra Mondiale avevano preso il controllo del territorio palestinese, emisero la Dichiarazione di Barfour. La stessa consentiva ufficialmente agli ebrei europei di migrare in Palestina.
Durante la Seconda Guerra Mondiale numerosi ebrei scapparono dall’Europa e trovarono rifugio in Palestina. Nel 1947 l’ONU spartì in maniera ufficiale il territorio conteso: ai Palestinesi venne attribuito il territorio di Gaza e la Cisgiordania, mentre agli ebrei spettava il resto (costituito in gran parte dal deserto del Negev). La notte stessa cominciarono gli attentati da parte dei palestinesi nei confronti degli ebrei per opporsi a questa divisione territoriale. Gli ebrei risposero agli attentati con violenti attacchi a danno della popolazione civile palestinese e nel 1948 Ben Gurion, leader del popolo ebreo, dichiarò la nascita dello stato di Israele.
Fu da questo momento che iniziò la guerra vera e propria: tutti gli stati arabi confinanti con la Palestina (Iraq, Siria, Libano, Egitto…) dichiarano guerra allo stato di Israele, il quale, tuttavia, trasformò la guerra di difesa in guerra di conquista, espandendosi e ottenendo il controllo sull’80% del territorio palestinese.
Nel 1967 circolò la voce di un imminente attacco dell’Egitto nei confronti di Israele. Nel giugno Israele attaccò l’Egitto in maniera preventiva e conquistò anche Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est (unici territori rimasti ancora sotto il controllo arabo). Da questo momento i palestinesi, privi di qualsiasi territorio, cominciarono a vivere da profughi e si sviluppò un profondo sentimento di odio nei confronti degli israeliani che, ancora oggi, è motivo di continui conflitti, attentati, attacchi tra israeliani e palestinesi[12].
Svolta tale premessa riguardo le origini del conflitto israelo-palestinese è necessario fare riferimento al tema del genocidio. È possibile inquadrare nella fattispecie di genocidio gli attacchi reciproci tra israeliani e palestinesi? La questione è sicuramente molto complessa e per tale ragione è impossibile esaurire la discussione in questa sede. È tuttavia necessario fornire alcuni spunti di riflessione.
Secondo Miko Peled, autore e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme, le azioni dello stato israeliano nella zona di Gaza a danno dei palestinesi dal 1948 in poi, possono essere qualificate quali parte integrante di un genocidio. Il riferimento normativo andrebbe all’articolo II della Convenzione contro il genocidio nei primi tre punti.
Le condotte del popolo israeliano a danno dei palestinesi potrebbero essere ricondotte al crimine di genocidio in quanto siano stati esercitati atti quali:
- uccidere membri del gruppo;
- causare gravi lesioni fisiche o psicologiche ai membri del gruppo;
- sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica totale o parziale.
A tal proposito, ormai da decenni circa 2,2 milioni di abitanti palestinesi vivono nella Striscia di Gaza in mancanza di acqua potabile, cibo, medicine ed elettricità[13].
Conclusioni
In questo articolo abbiamo visto la disciplina internazionale in materia di crimine di genocidio, analizzando la definizione e le fattispecie punibili. È stato presentato uno dei più celebri casi in materia che si svolse dinnanzi al Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, il quale rappresenta la prima condanna per genocidio in assoluto.
Infine, il riferimento al contemporaneo conflitto tra Israele e Palestina mirava a compiere delle riflessioni sulla possibile applicazione della disciplina in materia di genocidio anche agli avvenimenti odierni. Tale paragrafo non voleva essere né esaustivo della questione, vista la complessità della stessa, né una occasione per schierarsi a favore di uno o dell’altro popolo.
Informazioni
Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, 1948
Benedetta Candelise, L’immunità degli Stati e la tutela dei diritti umani, su “DirittoConsenso”, 8 aprile 2020. Disponibile su http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/08/immunita-degli-stati-e-tutela-diritti-umani/
Federica Carenini, Definire il genocidio: il caso del sindaco ruandese Akayesu, in “Diritto internazionale in Civica”, 5 giugno 2017
Antonio Cassese, Guido Acquaviva, Mary Fan, Alex Whiting, International Criminal Law: Cases & Commentary, Oxford University Press, New York, 2011
Gwynne Dyer, Le origini del conflitto tra Israele e Palestina, su “Internazionale”, 2 novembre 2017. Disponibile su https://www.internazionale.it/opinione/gwynne-dyer/2017/11/02/balfour-anniversario-israele-palestina
Paola Gaeta, The UN Genocide Convention: a commentary, Oxford University Press, New-York, 2009
Miko Peled, Il genocidio di Israele a Gaza continua, ma l’Europa ne sta finalmente prendendo atto?, su “Centro Studi Sereno Regis”, 29 dicembre 2020.
Claudia Pividori, Corte penale internazionale: introduzione, composizione e struttura, “I dossier del Centro Diritti Umani”, Padova, 2017. Disponibile su https://unipd- centrodirittiumani.it/
Mauro Politi, Giuseppe Nesi, The Rome Statute of the International Criminal Court: a challenge to impunity, Aldershot-Ashgate, 2001
Prosecutor v. Akayesu, ICTR Case No. ICTR-96-4, Trial Chamber, Judgment of 2 September 1998
United States Holocaust Memorial Museum, Ruanda. La prima condanna per genocidio, in Holocaust Encyclopedia. Disponibile su https://encyclopedia.ushmm.org/
[1] Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio 1948
[2] Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, 1948
[3] Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, 1948
[4] Claudia Pividori, Corte penale internazionale: introduzione, composizione e struttura, “I dossier del Centro Diritti Umani”, Padova, 2017. Disponibile su https://unipd- centrodirittiumani.it/ ; Mauro Politi, Giuseppe Nesi, The Rome Statute of the International Criminal Court: a challenge to impunity, Aldershot-Ashgate, 2001; Benedetta Candelise, L’immunità degli Stati e la tutela dei diritti umani, su “DirittoConsenso”, 8 aprile 2020. Disponibile su http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/08/immunita-degli-stati-e-tutela-diritti-umani/
[5] Paola Gaeta, The UN Genocide Convention: a commentary, Oxford University Press, New-York, 2009
[6] Antonio Cassese, Guido Acquaviva, Mary Fan, Alex Whiting, International Criminal Law: Cases & Commentary, Oxford University Press, New York, 2011
[7] United States Holocaust Memorial Museum, Ruanda. La prima condanna per genocidio, in Holocaust Encyclopedia. Disponibile su https://encyclopedia.ushmm.org/ ; Federica Carenini, Definire il genocidio: il caso del sindaco ruandese Akayesu, in “Diritto internazionale in Civica”, 5 giugno 2017
[8] Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide
[9] Prosecutor v. Akayesu, ICTR Case No. ICTR-96-4, Trial Chamber, Judgment of 2 September 1998
[10] Antonio Cassese, Guido Acquaviva, Mary Fan, Alex Whiting, International Criminal Law: Cases & Commentary, Oxford University Press, New York, 2011
[11] Prosecutor v. Akayesu, TC Judgment, 8. Verdict
[12] Gwynne Dyer, Le origini del conflitto tra Israele e Palestina, su “Internazionale”, 2 novembre 2017. Disponibile su https://www.internazionale.it/opinione/gwynne-dyer/2017/11/02/balfour-anniversario-israele-palestina
[13] Miko Peled, Il genocidio di Israele a Gaza continua, ma l’Europa ne sta finalmente prendendo atto?, su “Centro Studi Sereno Regis”, 29 dicembre 2020.

Clarissa Lentini
Ciao, sono Clarissa. Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso la facoltà di Trento. Grazie all’esperienza di mobilità internazionale presso l’università di Amburgo mi sono appassionata al diritto penale internazionale e al diritto internazionale umanitario. Altre materie a cui sono interessata sono il diritto di genere e il diritto tavolare.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da giugno 2021 a gennaio 2022.