Principi costituzionali in materia penale: il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli
I limiti temporali all’applicabilità della legge penale
In uno Stato liberale di diritto vi è la fondamentale esigenza di assicurare che il cittadino sia in grado di conoscere, prima di agire, se dal suo comportamento potrà derivare una responsabilità penale e, eventualmente, quali siano le sanzioni in cui potrà incorrere. Solo sulla base di queste condizioni il cittadino può compiere libere scelte di azione, dalle quali poi far discende la responsabilità dell’autore in relazione ai comportamenti effettivamente posti in essere. Nel nostro ordinamento vige il principio di irretroattività della legge penale tale per cui, nelle ipotesi di successione di leggi – di pari rango – nel tempo, “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
In tale prospettiva, la tutela del cittadino appare arricchita dall’introduzione di siffatto principio che garantisce che l’an[1] e il quantum[2] della punizione siano determinati soltanto dalla legge in vigore al momento della commissione del fatto.
A ben vedere, dunque, ciò che conta è che il cittadino sia libero di autodeterminarsi nel proprio agire, arginando – nel contempo – la possibilità che lo Stato o l’autorità giudiziaria dispongano ex post della sua libertà personale[3].
Le fonti del principio di irretroattività penale
In via generale, l’articolo 11 delle Preleggi stabilisce che la legge non dispone che per l’avvenire. La portata della disposizione è assai ampia e si riferisce non solo alle norme penali, ma anche a quelle civili e amministrative, tale per cui – in linea di massima – tali norme si applicano solo pro futuro ai fatti avvenuti dopo la loro entrata in vigore.
Tanto premesso, è interessante sottolineare che, nell’ambito del diritto penale, l’avvento della Costituzione ha segnato definitivamente uno dei capisaldi della materia: a norma dell’articolo 25, comma 2, infatti, il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli è cristallizzato quale valore fondamentale dell’ordinamento italiano. Di conseguenza, la differenza con le altre materie non attiene tanto all’operatività del principio, quanto alla forza dello stesso. In particolare, nel diritto civile e amministrativo l’irretroattività è prevista da una legge di rango primario, mentre in materia penale il principio è espressamente enunciato nella Carta fondamentale. Invero, il principio era già previsto a livello di normativa penale primaria a norma dell’articolo 2, commi 1 e 4 c.p., ma solo con l’avverto della Carta costituzionale ha assunto forza vincolante e inderogabile, sia per il legislatore che per l’autorità giudiziaria.
Nell’ambito di tale contesto, l’anima del principio è duplice in quanto, da un lato, mira a garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze giuridiche derivanti dalla trasgressione del precetto penale. Ciò, al fine di garantirgli non solo libere scelte di azione, ma anche, nell’ottica del procedimento penale, libere scelte difensive sulla base di ragionevoli ipotesi circa i concreti scenari sanzionatori prospettabili. D’altronde, in secondo luogo, solo in questo modo è possibile porre il cittadino al riparo dall’arbitro del legislatore e, in tale prospettiva, il divieto in parola erige una cruciale garanzia dell’individuo contro persecuzioni arbitrarie.
Del resto, data la ratio del principio e i valori di cui si fa portavoce, è altresì evidente che si tratta non solo di un principio assoluto e inderogabile, ma – anche alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale – di un principio supremo, un controlimite alla possibilità di procedere a revisione costituzionale ex articolo 139 Cost[4].
A tutto ciò va aggiunto che il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole al reo è espressamente enunciato in svariate fonti sovranazionali: a norma dell’articolo 7 CEDU e, in termini pressoché coincidenti, dell’articolo 49 Carta di Nizza. Il principio ha pertanto rango costituzionale anche attraverso l’intermediazione dell’articolo 117, comma 1 Cost., che vincola il legislatore al rispetto degli obblighi internazionali e dell’ordinamento comunitario[5].
Ripercussioni sul sistema penale
Il principio di irretroattività della legge penale ha altresì notevoli ripercussioni sulla configurazione e sul funzionamento del sistema penale. In tal senso, il principio – al pari del principio di legalità – è condizione necessaria perché la pena sia strumento di prevenzione generale: se infatti il fine della pena è quello intimidatorio, tale funzione è assolta solo laddove il comportamento vietato sia fissato dalla legge prima della sua commissione.
Inoltre, il principio di irretroattività impone al legislatore di includere fra i presupposti dell’applicazione della pena la colpevolezza dell’agente, tale per cui all’individuo possa essere addebitata la responsabilità penale solo a fronte di libere scelte di azione. Egli conosceva o poteva conoscere la norma penale che vietava la realizzazione del fatto?
Tanto premesso, specularmente, è evidente che nelle ipotesi in cui il legislatore introduca una legge che abolisca una fattispecie di reato, ovvero modifichi la disciplina dello stesso in senso favorevole al reo non troverà applicazione il principio di irretroattività in questione. Bensì, a norma dell’articolo 2, commi 2, 3 e 4 c.p., queste ipotesi sono regolate dal diverso principio di retroattività favorevole della legge penale.
L’ambito di applicazione
Come si è già avuto modo di osservare, il principio di irretroattività della legge penale è volto alla tutela dell’affidamento e della libertà di autodeterminazione dell’individuo nonché, nel contempo, a garantirlo contro eventuali abusi del potere legislativo e politico, nei confronti del quale opera come limite invalicabile. In questa prospettiva, infatti, l’articolo 25, comma 2 Cost. vieta al legislatore di attribuire efficacia retroattiva ad una legge che contenga una nuova incriminazione, mentre l’articolo 2, comma 1 c.p. vieta al giudice di applicare retroattivamente una legge di tale contenuto.
Appare dunque evidente come il principio operi in primis laddove il legislatore introduca con legge nuove fattispecie incriminatrici, ovvero nuove figure criminose che amplino il campo applicativo di quelle già preesistenti. Più precisamente, si configura una nuova incriminazione quando la legge individui una figura di reato integralmente nuova, comprensiva cioè di una classe di fatti che in base alla disciplina previgente erano tutti penalmente irrilevanti. E, ancora, si ha nuova incriminazione quando il legislatore intervenga su disposizioni di parte speciale, ovvero di parte generale, ampliando le figure di reato già esistenti.
D’altra parte, il principio di irretroattività vieta al legislatore di attribuire efficacia retroattiva anche alle leggi che inaspriscano il trattamento sanzionatorio di un fatto già previsto da norme preesistenti come reato. Peraltro, l’articolo 2, comma 4 c.p. ribadisce tale divieto nei confronti del giudice. Ne consegue che non possono essere applicate retroattivamente leggi che prevedano pene principali, pene accessorie ed effetti penali della condanna più severi di quanto previsto nella legge vigente al momento della commissione del reato.
Da ultimo, si rileva che non possa trovare applicazione retroattiva una legge che modifichi in senso sfavorevole al reo la disciplina di istituti che, in vario modo, incidano sul trattamento penale. Si tratta, a titolo esemplificativo, delle circostanze del reato, della sospensione condizionale della pena, delle pene sostitutive e delle misure alternative alla detenzione. Il giudice, per stabilire se la legge sopravvenuta sia favorevole o meno, deve effettuare un giudizio in concreto, operato mediante il confronto dei risultati derivanti dall’applicazione delle due discipline nel caso di specie.
Conclusione
In definitiva, sebbene la Carta Costituzionale e la Consulta, nel corso degli anni, abbiano posto un importante freno di sistema agli arbitri legislativi che retroagiscano in malam partem sulla sfera di libertà del reo, la cornice culturale in cui questi valori si inquadrano non lascia, certo, messaggi rassicuranti. A fronte di una agenda politico-criminale incalzata da slogan che inseguono la “passione contemporanea” del “punire”, la “certezza della pena” declinata come “certezza del carcere”, il quale è inteso sempre più come luogo di marcescenza e non di recupero o di risocializzazione dell’individuo, si comprende chiaramente la grandezza dell’assunto giuridico-valoriale alla base del principio di irretroattività penale[6].
Proprio in questo sfondo assiologico, la doppia anima del principio di irretroattività costituisce un importante baluardo di giustizia e legalità, modellato appunto – come evidenziato sin dal preambolo della Convenzione EDU e della stessa Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 – sull’idea di preeminenza del diritto (prééminece du droit/rule of law) e sulla soggezione ad esso del potere e della voluntas principis, che evocano il valore della certezza giuridica intesa in senso oggettivo[7].
Informazioni
https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/2020_6_30_Marsilio.pdf.
M. DONINI, Il diritto penale di fronte al “nemico”, in Cassazione Penale 2016, n. 2.
G. LEO, Automatismi sanzionatori e principi costituzionali, in Diritto Penale Contemporaneo, 2014.
F. MANTOVANI, Umanità e razionalità del diritto penale, CEDAM, 2008
G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale – Parte Generale, IX ed., Milano, Giuffrè, 2020.
http://www.antoniocasella.eu/archica/manes_mazzacuva_23mar20.pdf.
http://www.antoniocasella.eu/archica/manes_mazzacuva_23mar20.pdf.
P- WACHSMANN, La prééminence du droit dans la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, in Le droit des organisations internationales – Recueil d’études à la mémoire de J. Schwob, Bruxelles, 1997.
https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/2020_5_11_Massaro.pdf.
W. SHABAS, The European Convention on Human Rights. A Commentary, Oxford, 2017.
http://www.dirittoconsenso.it/2019/07/09/diritto-penale-e-garanzie-costituzionali-supreme/.
[1] Locuzione di origine latina in uso nella pratica giudiziaria, tradotta letteralmente con “se”, per indicare la questione concernente l’esistenza del diritto di cui si chiede tutela
[2] Locuzione di origine latina in uso nella pratica giudiziaria, tradotta letteralmente con “quanto”, per indicare la valutazione che il giudice deve compiere, dopo aver accertato l’esistenza del diritto vantato, per quantificare in denaro la prestazione dovuta dalla parte soccombente
[3] È del tutto conseguente che il principio di irretroattività sia stato violato più volte dalla Germania nazista che, introducendo con la legge del 22 giugno 1938 il nuovo reato di blocco stradale a scopo di rapina punito con la pena di morte, stabilì espressamente l’entrata in vigore della medesima legge “con effetto dal 1° gennaio 1936”. Cfr. G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale – Parte Generale, IX ed., Milano, Giuffrè, 2020, p. 114.
[4] V. vicenda Taricco, ove la Corte costituzionale, investita del caso, ha promosso a sua volta rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia prospettando l’eventualità di azionare i controlimiti e sottolineando come «anzitutto, si tratta di stabilire se la persona potesse ragionevolmente prevedere, in base al quadro normativo vigente al tempo del fatto, che il diritto dell’Unione, e in particolare l’art. 325 del TFUE, avrebbe imposto al giudice di non applicare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. in presenza delle condizioni enunciate dalla Corte di giustizia in causa Taricco. È questo un principio irrinunciabile del diritto penale costituzionale. Occorre infatti che la disposizione scritta con cui si decide quali fatti punire, con quale pena, e, nel caso qui a giudizio, entro quale limite temporale, permetta «una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo». Cfr. Corte cost., ord. 24 del 2017, punto 5.
[5] Per approfondire il nullum crimen europeo v. http://www.dirittoconsenso.it/2021/02/17/il-nullum-crimen-europeo/.
[6] V. i rilievi critici di F. FIORENTIN, Sicurezza e diritti fondamentali nella realtà del carcere: una coesistenza (im)possibile?, in Diritto penale e processo, 2019, p. 1602.
[7] Per approfondire, v. P. WACHSMANN, La prééminence du droit dans la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, in Le droit des organisations internationales – Recueil d’études à la mémoire de J. Schwob, Bruxelles, 1997 e W. SHABAS, The European Convention on Human Rights. A Commentary, Oxford, 2017

Elena Stinchelli
Ciao, sono Elena. Sono nata nel 1996 a Narni e mi sono trasferita a Milano all'età di 16 anni. Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano, con una tesi in diritto processuale penale minorile. Il diritto penale e, in particolare, il penale minorile mi appassionano e affascinano da sempre. Nel corso degli studi universitari, ho avuto l'opportunità di svolgere un tirocinio curricolare presso il Tribunale per i minorenni di Milano, dove ho approfondito le tematiche riguardanti il diritto processuale penale minorile, soprattutto in fase dibattimentale. Attualmente sto svolgendo il tirocinio presso il Tribunale di Milano.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da marzo ad ottobre 2021.