Già nei ‘Dei delitti e delle pene’ di Cesare Beccaria viene sottolineata l’importanza dell’educazione per prevenire i reati

 

Perché è fondamentale l’educazione per prevenire i reati

Cesare Beccaria sottolinea come il modo più sicuro, ma più difficile, di prevenire la commissione di reati è perfezionare l’educazione[1] distogliendo i consociati dal commettere azioni scorrette, educandoli all’ordine sociale e al rispetto delle regole e delle leggi. L’autore crede che vi sono due tipi di educazione necessaria: quella della famiglia e quella della scuola.

L’educazione primaria e sicuramente più importante è quella che si impara e si interiorizza in famiglia: il bambino impara prima di tutto tra le mura di casa e poi a scuola. È fondamentale per i bambini avere regole ben precise e sapere che la violazione di quelle regole porterà a conseguenze o punizioni: solo così sapranno come si devono comportare.

 

Educazione e punizione

Bisogna tenere bene a mente che sia l’educazione che la punizione sono utili quando generano nel minore un cambiamento e un miglioramento.

Ma allora perché qualche minore delinque o agisce in maniera scorretta e qualche altro no?
Ci possono essere diversi motivi sottesi ad un’azione sbagliata perpetrata da un minore, prima tra tutti la mancanza di considerazione, quando si sente abbandonato a se stesso. La maniera più semplice per richiamare l’attenzione è commettere un’azione eclatante. Come ben sottolinea il libro “Punire perché. L’esperienza punitiva in famiglia, a scuola, in istituto, in tribunale, in carcere: profili giuridici e psicologici” se il bambino può scegliere tra un abbraccio e uno schiaffo, sicuramente sceglierà l’abbraccio e quindi agirà nel modo corretto per sentirsi bene, per sentirsi elogiato dalla famiglia. Se invece il bambino può scegliere solo tra uno schiaffo e l’indifferenza dei genitori, sicuramente sceglierà lo schiaffo per sentirsi parte di qualcosa e per non sentirsi ignorato.

In altre parole, ci sono dei minori che fanno di tutto per essere puniti pur di essere presi in considerazione poiché l’indifferenza non educa.

Non è detto che se un minore delinque allora sarà delinquente a vita, ci possono essere malesseri interiori provenienti dal nucleo familiare che lo spingono a commettere dei reati. Non sempre, infatti, i minori sono recidivi, anzi, nella maggior parte dei casi[2] le azioni che infrangono la legge sono commesse solo per sentirsi parte di un qualcosa, da cui si sentono emarginati.

Parlando di minori, quindi di soggetti che cambiano giornalmente e apprendono tutto quello che possono dall’ambiente circostante, qual è la differenza tra educare e punire? O meglio, dove sta il confine se c’è? Sia la punizione che l’educazione devono mirare al cambiamento in meglio del minore, ma quando questo cambiamento non è possibile l’educazione lascia spazio alla punizione, che assume una valenza educativa quando consente l’apprendimento di regole comportamentali. È proprio in questa differenza che si percepisce l’importanza dell’educazione per prevenire i reati. Spesso gli adolescenti che delinquono rispettano regole che sono state date loro, dalla sottocultura, dall’ambiente in cui sono cresciuti sia in famiglia sia tra amici. Se i genitori invitano il figlio a spacciare, questi rispetterà le regole date solo spacciando, ma il rispetto delle regole che gli sono state date non farà di lui un soggetto che rispetta la legge e, per questo, potrà essere punito in sede di procedimento penale.

 

L’educazione in famiglia e a scuola

Un bambino «apprende le regole essenzialmente dai modelli e dall’insegnamento dei genitori e delle altre figure educanti con cui viene a contatto; e, per lo più, interiorizza le regole tramite la testimonianza ricevuta»[3].

È difficile capire quale sia il modo più corretto di educare, ma soprattutto capire il perché e il quando punire un bambino.

Ci sono famiglie che non stabiliscono regole, che lasciano i figli liberi di fare le loro esperienze e di sbagliare e solo dopo che il figlio ha commesso un errore spiegano perché è sbagliato e come avrebbe dovuto agire. Dall’altra parte, ci sono anche famiglie molto (a volte troppo) rigide che creano l’effetto opposto: crescono i figli punendoli per ogni singolo errore, danno troppe regole e non raggiungono comunque l’effetto desiderato.

Ma la famiglia non è l’unico soggetto che ha il dovere di educare il bambino. Chiunque esercita una posizione di autorità, che siano i genitori, la scuola o lo Stato, deve assumere le proprie responsabilità educative attraverso le modalità e i meccanismi tipici del ruolo, anche punendo quando è necessario.

Come può la scuola educare se i genitori non riescono a dare regole serie e a farle rispettare? Uno dei provvedimenti disciplinari che la scuola può adottare per allontanare gli adolescenti che non rispettano le regole comportamentali è la sospensione dalle lezioni. Ma chi può sapere che sia questo il provvedimento più adatto per gli adolescenti che non rispettano le regole? Spesso chi viene punito con la sospensione dalle lezioni è proprio chi ha più bisogno di stare tra le mura scolastiche per non essere lasciato libero di frequentare brutte compagnie fuori dalla scuola. Anche i voti bassi alcune volte sono utilizzati come metodo per punire chi si comporta male, ma non sempre prendere un voto basso insegna al minore l’utilità della scuola e dello studiare.

Si potrebbe pensare, in sostituzione al voto basso, a dare una seconda possibilità all’alunno.

Concedendo una seconda possibilità, all’alunno, l’insegnante fa comprendere che l’impegno viene ripagato. La nota negativa del non essersi fatto trovare pronto la prima volta viene superata con la concessione di una seconda possibilità, che può essere accomunata ad una specie di messa alla prova[4] svolta all’interno del procedimento minorile[5]. Allo stesso modo una seconda possibilità per studiare e farsi trovare pronti e preparati per l’interrogazione potrebbe far cancellare il voto negativo con cui l’insegnante pensava di punire nel modo corretto il proprio alunno impreparato. In questo caso la seconda possibilità potrebbe essere ben vista dall’alunno, il quale si potrà rendere conto della fiducia che l’insegnante ripone nelle sue capacità. Così facendo l’insegnante raggiunge lo scopo educativo proprio della scuola.

 

L’importanza della giusta punizione per far comprendere l’errore commesso.  La punizione in famiglia e a scuola

Il minore a casa, a scuola, così come nel procedimento penale, deve essere messo nella condizione di imparare dai propri errori e capire che ciò che ha fatto è sbagliato e che può agire in maniera diversa per non incorrere in una punizione futura.

Il minore deve essere posto di fronte ad un’alternativa chiara: azione sbagliata e punizione o azione corretta senza essere punito.

I minori che non hanno delle regole severe a casa apprendono attraverso il contesto scolastico, a riconoscere se un comportamento è adeguato o meno al contesto in cui si trovano e in cui agiscono.

Se la famiglia è il primo ambiente in cui si stabiliscono le regole è anche il primo ambiente in cui un bambino viene punito. La punizione in famiglia spesso è utilizzata per confermare le regole che sono state violate tramite un determinato comportamento. Quando i figli eccedono i limiti, violando le regole imposte dai genitori, questi le ristabiliscono subito sanzionando il comportamento errato e punendo il bambino che ha sbagliato.

Il minore impara fin da subito che la punizione è la diretta conseguenza dell’aver infranto una regola.
La scuola, quando decide di punire un alunno, deve fare attenzione al suo ambiente familiare, alle sue condizioni di vita, per far sì che la punizione abbia un fine educativo, per poter raggiungere un cambiamento che arrivi ad essere un miglioramento della personalità del minore.

«L’intervento disciplinare a scuola deve essere un atto autenticamente educativo e va programmato ed attuato con estrema responsabilità e commisurato sempre alla personalità dell’alunno e ai suoi bisogni formativi»[6].

Il compito educativo della scuola è fondamentale in quanto il minore impara come ci si comporta e come ci si rapporta con più soggetti. La scuola è il primo approccio dei bambini con un gruppo di persone diversi dai familiari. Qui si vive in un contesto che può essere considerato come una piccola rappresentazione della società. I minori dietro i banchi di scuola dovrebbero imparare a rispettare gli altri senza voler prevalere e senza commettere azioni che siano vantaggiose solo per chi le commette, provocando un danno a tutti gli altri. Così i minori possono capire che se commettono un’azione che viola la legge provocheranno un danno non solo al soggetto contro cui era rivolta l’azione, ma all’intera “società” che li punirà per ciò che hanno commesso.

 

La teoria dell’adattamento sociale di Albert Bandura

Sottolinea l’importanza dell’educazione fin dai primi anni di vita, Albert Bandura, uno psicologo canadese, che ha raggiunto la notorietà grazie alla teoria dell’adattamento sociale[7] basata su un esperimento chiamato “Bambola Bobo”.

Nell’esperimento erano coinvolti bambini di un’età compresa tra i 3 e i 6 anni, sia maschi che femmine, e l’esperimento si svolgeva in più fasi.

I bambini erano in una stanza con un adulto e dei giocattoli, tra cui la bambola Bobo e una mazza. In alcuni casi l’adulto gioca ignorando la bambola, in altri inizia a prendere a bastonate la bambola quasi subito. Nei casi di violenza contro la bambola l’adulto a volte viene ripreso, altre volte premiato oppure lasciato senza conseguenze. Facendo restare soli i bambini nella stanza con la bambola si notano le prime differenze.

Chi aveva assistito all’aggressione da parte dell’adulto manifesta un gioco di tipo aggressivo e sfoga la sua rabbia sulla bambola. Si nota che i bambini che hanno assistito all’aggressione dell’adulto reagiscono con un’aggressività molto maggiore nei confronti della bambola rispetto ai bambini che non avevano assistito ai comportamenti aggressivi dell’adulto.

Da ultimo si è notato come nei maschi il comportamento aggressivo sia stato di molto maggiore rispetto a quello delle femmine.

Albert Bandura ha sottolineato come i bambini spesso imitano ciò che li circonda e questa è la dimostrazione della teoria dell’apprendimento sociale. Questa teoria sottolinea ancora di più l’importanza dell’educazione per prevenire i reati dei minori fin dalla tenera età. I bambini quasi sempre copiano i comportamenti che apprendono da chi gli sta intorno e le prime esperienze sono quelle che si vivono a casa e a scuola. Per questo motivo bisogna educare i bambini al rispetto delle regole fin da subito, per prevenire che gli stessi imparino comportamenti sbagliati ritenendoli corretti.

 

Considerazioni conclusive sull’educazione per prevenire i reati

In conclusione, Cesare Beccaria, ne ‘Dei Delitti e delle Pene’, per primo ha sottolineato come sia di fondamentale importanza l’educazione per prevenire i reati e come “ogni cittadino deve sapere quando sia reo e quando sia innocente[8] allo stesso modo i minori fin da piccoli devono imparare che ad ogni azione sbagliata segue una punizione.

Si è visto come l’educazione data a casa e a scuola sia la base del comportamento di tutti i cittadini. Se un soggetto sceglie di delinquere solitamente l’ambiente in cui è cresciuto è un ambiente con poche regole o con l’indifferenza a totale dei genitori; si potrebbe però trattare anche di una famiglia con troppe regole, da cui il bambino o l’adolescente vuole scappare perché si sente oppresso dalla situazione. O ancora, il minore potrebbe essere cresciuto in una situazione svantaggiata a casa, da cui vuole riscattarsi commettendo crimini per arricchirsi facilmente e velocemente. Essendo molteplici le cause che possono spingere un soggetto, e soprattutto un minore, a delinquere il compito del procedimento penale dovrebbe essere quello di indagare cosa abbia portato il soggetto a commettere un reato per capire quale sia la pena più giusta per far sì che l’imputato capisca dove ha sbagliato e che può cambiare e migliorare per il suo bene e per il bene di tutta la società.

Informazioni

M. CAVALLO, Punire perché. L’esperienza punitiva in famiglia, a scuola, in istituto, in tribunale, in carcere: profili giuridici e psicologici, FrancoAngeli, 1993;

http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/14/sospensione-processo-messa-alla-prova/ ;

C. BECCARIA, Dei Delitti e delle Pene, Feltrinelli, 2000;

A. BANDURA, Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ. 1977.

[1] C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Feltrinelli, 2000

[2] M. CAVALLO, Punire perché. L’esperienza punitiva in famiglia, a scuola, in istituto, in tribunale, in carcere: profili giuridici e psicologici, FrancoAngeli

[3] M. CAVALLO, Punire perché. L’esperienza punitiva in famiglia, a scuola, in istituto, in tribunale, in carcere: profili giuridici e psicologici, FrancoAngeli, 1993, p.10.

[4] Per un approfondimento sull’istituto della messa alla prova si rimanda all’articolo di Giulia Pugliese: http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/14/sospensione-processo-messa-alla-prova/

[5] In estrema sintesi, con la messa alla prova si interrompe il procedimento e, in caso di esito positivo, il reato si estingue

[6] M. CAVALLO, Punire è educare…?, Punire perché. L’esperienza punitiva in famiglia, a scuola, in istituto, in tribunale, in carcere: profili giuridici e psicologici, Franco Angeli, 1993 p.199.

[7] A. BANDURA, Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ, 1977

[8] C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Feltrinelli, 2000 p. 53