I crimini contro l’umanità nell’ambito del diritto internazionale: la disciplina dello Statuto di Roma e l’analisi del caso Furundžija
I crimini contro l’umanità nello Statuto di Roma
I crimini contro l’umanità, nell’ambito del diritto internazionale, sono definiti ai sensi dell’articolo 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale. Detto anche Statuto di Roma, venne approvato nel 1998, ma entrò in vigore solamente nel 2002 in seguito al sessantesimo strumento di ratifica, così come previsto dallo stesso statuto[1].
Insieme ai crimini contro l’umanità sono disciplinati il genocidio e i crimini di guerra rispettivamente agli articoli 6 e 8.
Per il crimine di aggressione, invece, non venne trovata una definizione condivisa al momento della redazione dello Statuto: l’articolo 5 disponeva, infatti, che la Corte avrebbe potuto esercitare la competenza in materia di crimine di aggressione solo dopo il suo futuro inserimento ai sensi degli articoli 121 e 123 (rispettivamente in materia di emendamenti e revisione dello Statuto).
Nel 2010, durante la Conferenza di revisione di Kampala, si trovò un accordo per una definizione condivisa del crimine di aggressione e sul meccanismo di attivazione, ma gli emendamenti entrarono in vigore solo nel 2017[2].
L’articolo 7 dello Statuto di Roma
L’articolo 7 è strutturalmente composto da tre paragrafi.
Nel primo paragrafo vengono elencati tutta una serie di atti (acts) che costituiscono crimini contro l’umanità, se commessi quali attacchi diffusi e sistematici a danno della popolazione civile e se vi è una chiara intenzione di commetterli (non è, invece, strettamente necessario che l’attacco si verifichi nel contesto di un conflitto armato).
Gli elementi costitutivi del crimine contro l’umanità sono dunque tre:
- l’atto deve rientrare tra quelli espressamente elencati;
- l’attacco deve essere diffuso e sistematico;
- deve esservi l’elemento della volontà di commettere l’attacco con le caratteristiche sopra riportate.
Gli atti sono elencati in maniera precisa e sono, in particolare, i seguenti:
- omicidio;
- sterminio;
- riduzione in schiavitù;
- deportazione o trasferimento forzato della popolazione;
- imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale;
- tortura;
- stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità;
- persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte;
- sparizione forzata delle persone;
- apartheid;
- altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale[3].
Il termine acts contiene un riferimento implicito sia ad azioni di carattere fisico, sia ad azioni che mirano a colpire la sfera psicologica. Questa accezione del termine venne ripresa dalla Carta di Norimberga (articolo 6)[4]. Il termine “esteso” fa riferimento ad un requisito quantitativo: si intende un numero elevato di vittime coinvolte nell’attacco ovvero una vastità della zona geografica colpita. Il termine “sistematico”, invece, integra un requisito qualitativo dell’attacco: si fa riferimento alla “natura organizzata degli atti di violenza” e al carattere politico dell’attacco (è il disegno politico-militare dello Stato che prevede l’organizzazione di attacchi alla popolazione civile)[5].
Il caso Furundžija: un esempio di prassi giurisprudenziale in materia di crimini contro l’umanità
Anto Furundžija era comandante locale dei Jokers, un’unità militare del Consiglio di difesa croato (HVO), nel comune di Vitez nella Bosnia ed Erzegovina centrale. Dall’inizio della Guerra croato-musulmana (18 ottobre 1992 – 23 febbraio 1994) era impegnato, in qualità di combattente attivo, nel conflitto armato contro la comunità musulmana nella zona della Lašva Valley. Furundžija aveva partecipato personalmente, in particolare, ad un attacco nella zona che mirava all’espulsione dei musulmani dalle abitazioni, con il fine di favorire l’espansione delle truppe del Consiglio di difesa croato[6].
Il 2 giugno 1998, l’Ufficio del Procuratore depositò un atto con il quale modificò i capi d’imputazione: venne ritirata l’accusa per gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra e Furundžija venne accusato formalmente di tortura, oltraggio alla dignità personale (incluso lo stupro) e di violazioni delle leggi e consuetudini di guerra, rispettivamente ai sensi degli articoli 7 (1) e 3 dello Statuto del Tribunale[7]. Le accuse si basavano, nello specifico, su fatti avvenuti nel maggio 1993 nel corso dell’interrogatorio di una donna, la quale venne sottoposta a violenze e umiliazioni con il fine di estorcerle informazioni.
I giudici del Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia del processo Furundžija si trovarono a dover decidere in merito a numerose questioni di diritto sostanziale, preliminari rispetto alla decisione.
La discussione si focalizzò in particolare sulla definizione di tortura e stupro come crimini contro l’umanità. La Corte, nel decidere riguardo le accuse di tortura, oltraggio alla dignità personale e violazioni delle consuetudini di guerra, rivolse la propria attenzione, naturalmente, anche ai principi di diritto internazionale umanitario:
- il rispetto della dignità personale, che è fondamento, se non addirittura la stessa ragion d’essere, del diritto internazionale umanitario;
- il principio del nullum crimen sine lege, quale principio generale di ogni processo; le garanzie previste ex articolo 3 comune alle Convenzioni di Ginevra.
Ai sensi di quest’ultima disposizione sono assolutamente vietati tutti gli atti di violenza che attentino alla vita o alla salute della persona, quali omicidio, mutilazioni, trattamenti crudeli e tortura, nonchè oltraggi alla dignità personale (in particolare trattamenti disumani e degradanti).
È proprio sulla base di questi principi, in particolare il divieto di tortura (che costituisce addirittura ius cogens) e di oltraggi alla dignità personale, che la Corte basò la propria decisione di condanna nei confronti di Furundžija[8].
La Trial Chamber del Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, con sentenza del 10 dicembre 1998, condannò Anto Furundžija alla pena detentiva di dieci anni di reclusione, sulla base della responsabilità penale individuale ex articolo 7 (1) dello Statuto del Tribunale, per tortura e oltraggi alla dignità personale, incluso lo stupro. La Appeals Chamber rigettò tutti i motivi di impugnazione e confermò la decisione di primo grado con sentenza del 21 luglio 2000. Furundžija scontò la pena detentiva in un carcere in Finlandia[9].
Conclusioni
In questo articolo è stata analizzata la disciplina contenuta nello Statuto di Roma in materia di crimini contro l’umanità. In particolare, sono stati messi in luce gli elementi costitutivi della fattispecie e tutti gli atti che, se commessi in determinate condizioni, possono dirsi parte integrante di un crimine contro l’umanità. È stato poi analizzato il caso Furundžija, un celebre caso che si svolse dinnanzi al Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia a partire dal 1998: Anto Furundžija venne condannato alla pena detentiva di dieci anni di reclusione, sulla base della responsabilità penale individuale ex articolo 7 (1) dello Statuto del Tribunale, per tortura e oltraggi alla dignità personale, incluso lo stupro.
Uno spunto di riflessione per concludere: quali avvenimenti più recenti potrebbero costituire la fattispecie di crimine contro l’umanità? Perché risulta particolarmente difficile processare i responsabili che si macchiano di tali crimini dinnanzi alle Corti internazionali?
Informazioni
Antonio Cassese, L’esperienza del male, Guerra, tortura, genocidio, terrorismo alla sbarra. Conversazione con Giorgio Acquaviva, Il Mulino, Bologna, 2011
Antonio Cassese, Paola Gaeta, L. Baig, M. Fan, C. Gosnell, A. Whiting, Cassese’s International Criminal Law 3rd ed., Oxford University Press, Oxford, 2013
Antonio Cassese, Paola Gaeta, John R.W.D. Jones, The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, Oxford University Press, New York, 2002
ICTY, Case information sheet Anto Furundžija, Case No. IT-95-17/1. Disponibile su https://www.icty.org/
Graziana Masiello, Il crimine di aggressione nello Statuto di Roma, in “DirittoConsenso”, 3 giugno 2021. Disponibile su http://www.dirittoconsenso.it/2021/06/03/crimine-di-aggressione-statuto-di-roma/
Mauro Politi, Giuseppe Nesi, The Rome Statute of the International Criminal Court: a challenge to impunity, Aldershot-Ashgate, 2001
Prosecutor v. Furundžija, ICTY Case No. IT-95-17/1, Trial Chamber, Judgment of 10 December 1998
Statute ICTY, 1998
Statuto di Roma, 2002
[1] Antonio Cassese, Paola Gaeta, John R.W.D. Jones, The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, Oxford University Press, New York, 2002
[2] Graziana Masiello, Il crimine di aggressione nello Statuto di Roma, in “DirittoConsenso”, 3 giugno 2021. Disponibile su http://www.dirittoconsenso.it/2021/06/03/crimine-di-aggressione-statuto-di-roma/; Statuto di Roma, artt. 5, 121, 123; Antonio Cassese, L’esperienza del male, Guerra, tortura, genocidio, terrorismo alla sbarra. Conversazione con Giorgio Acquaviva, Il Mulino, Bologna, 2011
[3] Statuto di Roma. Articolo 7: Crimini contro l’umanità; Antonio Cassese, Paola Gaeta, John R.W.D. Jones, The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, Oxford University Press, New York, 2002
[4] Mauro Politi, Giuseppe Nesi, The Rome Statute of the International Criminal Court: a challenge to impunity, Aldershot-Ashgate, 2001
[5] Antonio Cassese, Paola Gaeta, John R.W.D. Jones, The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, Oxford University Press, New York, 2002
[6] ICTY, Case information sheet Anto Furundžija, Case No. IT-95-17/1. Disponibile su https://www.icty.org/
[7] Statute ICTY. Article 3: Violations of the laws or customs of war
[8] Prosecutor v. Furundžija, ICTY Case No. IT-95-17/1, Trial Chamber, Judgment of 10 December 1998; Antonio Cassese, Paola Gaeta, L. Baig, M. Fan, C. Gosnell, A. Whiting, Cassese’s International Criminal Law 3rd ed., Oxford University Press, Oxford, 2013
[9] ICTY, Case information sheet Anto Furundžija, Case No. IT-95-17/1. Disponibile su https://www.icty.org/

Clarissa Lentini
Ciao, sono Clarissa. Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso la facoltà di Trento. Grazie all’esperienza di mobilità internazionale presso l’università di Amburgo mi sono appassionata al diritto penale internazionale e al diritto internazionale umanitario. Altre materie a cui sono interessata sono il diritto di genere e il diritto tavolare.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da giugno 2021 a gennaio 2022.