Durante l’esame testimoniale, il teste ha un ruolo chiave nel processo penale, perché viene sottoposto a una cross-examination. Di che si tratta?
Fondamento giuridico degli elementi probatori
Per poter comprendere al meglio la fondamentale funzione dell’esame testimoniale[1], è opportuno richiamare la Costituzione.
Affinché un individuo possa essere condannato, è necessario che venga verificata la sua responsabilità a livello penale, sancita dall’articolo 27 comma 1. Per fare ciò, il pubblico ministero deve raccogliere una serie di elementi di prova, tali da permettere l’accertamento della colpevolezza dell’imputato, che il giudice utilizzerà a fondamento della propria decisione. Infatti, la Costituzione, all’articolo 27 comma 2, disciplina la “presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva”: nessun soggetto può essere considerato colpevole fino a che non sia dichiarato tale da una sentenza passata in giudicato[2]. Questo meccanismo viene definito “onere della prova”, che, nell’ambito del processo penale, ricade in capo all’accusa. Se questa non riesce a superare la presunzione di non colpevolezza, e dunque sussiste un margine di dubbio, allora il giudice non può condannare l’imputato. Questo sistema è definito “principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”.
Gli elementi probatori, raccolti tanto dall’accusa quanto dalla difesa (cosiddette indagini difensive) servono, da un lato, a fornire la ricostruzione dei fatti, quindi capire come si sono svolti gli eventi; e dall’altro lato, appurata l’esistenza di una condotta da parte dell’accusato, a confermare o escludere la sua colpevolezza e punibilità, a seconda che la prova sia stata assunta, rispettivamente, dal pubblico ministero o dall’avvocato difensore.
In particolare, il soggetto viene assolto se:
- il fatto non sussiste: l’evento non si è verificato;
- il fatto non è stato commesso dall’imputato: l’evento si è verificato, ma non è stato compiuto dal soggetto oggetto di giudizio;
- il fatto non è previsto dalla legge come reato: l’evento esiste, è stato commesso dall’accusato, ma manca l’elemento soggettivo (dolo o colpa), oppure si è verificata una causa di giustificazione, per esempio, la legittima difesa;
- il fatto non costituisce reato: l’evento sussiste, è stato commesso dall’accusato, il quale ha violato la legge, ma è intervenuta una causa di esclusione della punibilità, per esempio, nel caso in cui la condotta sia conseguenza di un’alterazione psicofisica non voluta dall’agente.
- il pubblico ministero non è riuscito a provare la sussistenza di uno degli elementi precedenti.
Le prove possono essere:
- dirette, ossia in grado di provare esplicitamente un fatto. Per esempio: una registrazione nella quale si vede il soggetto scippare la vittima; oppure
- indirette (anche dette indizi), quando non provano l’esistenza di quella condotta in modo univoco, ma nel loro insieme riesco a far presumere, con elevata probabilità, la sua sussistenza. Alcuni esempi: ci sono testimoni che collocano il soggetto nelle vicinanze del luogo del reato; sotto casa dell’accusato è stata rinvenuta la borsa della vittima; l’imputato, nullatenente, pochi giorni dopo lo scippo ha comprato una cosa del valore pari alla refurtiva, ecc.
In relazione a ciò, per poter condannare un individuo, la legge prevede che gli elementi indiziari debbano essere gravi, precisi e concordanti tra di loro.
L’importanza della testimonianza nel processo penale
La prova chiave all’interno del processo penale è, senza ombra di dubbio, l’esame testimoniale, che può essere operato tanto dal pubblico ministero quanto dall’avvocato difensore, mai dal giudice, a differenza di quanto avviene nel giudizio civile.
La ragione di tale scelta normativa dimora nel principio del giusto processo, sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo prima e dalla Costituzione poi, che presuppone la parità d’armi tra le parti nel contraddittorio. Questo implica che le parti del procedimento, accusa e difesa, debbano avere a disposizione i medesimi strumenti.
Nonostante siano le parti a condurre l’esame, è necessario richiedere l’ammissione della prova al giudice, il quale, valutata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, assume la prova in giudizio.
Chi può testimoniare?
Innanzitutto, non tutti i soggetti possono essere chiamati a testimoniare, ma vi sono delle incompatibilità; non possono testimoniare:
- il giudice, i suoi ausiliari, la difesa, l’accusa, l’investigatore del procedimento;
- il coimputato nel medesimo procedimento;
- il coimputato in un procedimento connesso: l’esame testimoniale viene svolto con particolari garanzie, in quanto subentra l’istituto della cosiddetta testimonianza assistita. In questo caso, è presente anche il difensore del coimputato, normalmente non necessario per il testimone, e il giudice non può utilizzare, in sede di motivazione di condanna, le dichiarazioni autoincriminanti eventualmente rese;
- il responsabile civile: chi è obbligato a risarcire il danno commesso dall’imputato qualora quest’ultimo non sia in grado di farlo come, per esempio, il tutore o il genitore nel caso di accusato minorenne.
Aldilà di queste circostanze, chiunque può essere sentito come testimone, anche un bambino di pochi anni, salvo l’utilizzo di strumenti e/o accorgimenti volti a tutelare il minore.
Segnatamente, è il giudice che verifica se sussistono le condizioni fisiche o mentali per poter rendere la testimonianza. Infatti, normalmente l’esame è condotto dalle parti, a seconda di chi richieda l’assunzione della prova, ma qualora vi siano soggetti da tutelare, è il giudice, o un suo funzionario, che si occupa di sostenere l’esame dei testimoni. Questa è una deroga al principio del contraddittorio, in quanto prevale l’interesse di tutela del testimone considerato particolarmente fragile, rispetto al diritto di avere un processo nella parità d’armi tra le parti. Ciò avviene, appunto, nel caso del testimone minorenne, che viene affiancato da un familiare o da uno psicologo, oppure qualora vi sia un teste infermo di mente.
Ovviamente l’esame viene condotto sulla base delle domande poste dalle parti, previa valutazione da parte dei professionisti circa l’appropriatezza della richiesta.
L’esame testimoniale per chi è chiamato a testimoniare
Sono posti dei limiti in relazione all’oggetto di prova, per esempio, è fatto divieto deporre sulla moralità dell’imputato: il giudizio penale è un processo ai fatti e non alla persona dell’accusato.
Il giudice non può fondare il proprio convincimento sulla base di apprezzamenti personali o opinioni del teste. Difatti, l’oggetto della testimonianza deve riguardare fatti determinati, ovviamente nei limiti del possibile perché non si può sapere esattamente cosa dirà il teste. Per esempio, non è possibile domandare “Mi parli un po’ dell’accaduto”.
Inoltre, sono previsti degli obblighi in capo al testimone:
- Obbligo di presentarsi all’udienza, in caso contrario le forze dell’ordine possono portare il soggetto davanti al giudice con la forza;
- Obbligo di rispondere secondo verità, altrimenti commette il reato di falsa testimonianza;
- Obbligo di astensione sui fatti coperti da segreto di Stato, qualora siano chiamati a testimoniare pubblici ufficiali, pubblici impiegati, incaricati di pubblico servizio;
- Facoltà di astensione, possono decidere di non rendere testimonianza, i prossimi congiunti non querelanti o denuncianti dell’accusato e le persone tenute al segreto professionale, come gli psicologici, gli avvocati, i medici, ministri religiosi, investigatori privati, ecc.
La cross-examination
L’origine dell’istituto della cross-examination si rinviene nell’esperienza statunitense, per molti anni restata estranea al sistema penale italiano. Sul finire del secolo scorso, però, si è dato via via sempre più peso al principio dell’equo processo, e ciò ha permesso che si sviluppasse tale istituto processuale, nonché consentito lo svolgimento delle indagini difensive da parte del difensore dell’imputato, in precedenza condotte solo dalla polizia giudiziaria (accusa). Infatti, sono le parti che decidono quali testi sentire e cosa chiedere, previa autorizzazione del giudice, il quale deve rimanere estraneo all’esame per poter decidere in modo imparziale.
La cross-examination si fonda su un sistema di esame-controesame del teste da parte dell’accusa e difesa.
In primo luogo, il soggetto che ha richiesto l’assunzione della prova si occupa di svolgere l’esame diretto del testimone. In questo caso, l’interlocutore ha un obiettivo dimostrativo:
- nel caso si tratti del pubblico ministero, questo ha come fine quello di provare la sussistenza del fatto, oppure la condotta illecita dell’imputato;
- qualora sia il difensore ha condurre l’esame, quest’ultimo ha come obiettivo quello di dimostrare l’inesistenza dell’evento, oppure l’estraneità dell’imputato al fatto contestatogli, o ancora l’esistenza di cause di giustificazione o di non punibilità che lo scagionino, ed infine, cerca di mettere in dubbio la veridicità di quanto affermato dall’accusa (da non dimenticare che il dubbio è sufficiente per prosciogliere l’imputato), per esempio, presentando un ulteriore (e alternativo!) potenziale colpevole.
In particolare, sono posti dei limiti all’attività dell’esaminatore, al fine di evitare che le informazioni fornite dal teste possano essere manipolate. Per questo, il legislatore vieta l’utilizzo di domande suggestive e nocive da parte dell’interlocutore:
- le prime sono quelle che tendono a suggerire la risposta, per esempio, “Che giorno era? Era forse martedì?”;
- le seconde sono quelle che possono nuocere alla sincerità della risposta, per esempio, “Era rossa o blu la macchina?” pur essendo a conoscenza del fatto che la macchina è nera, oppure “Sappiamo tutti come è andata. Ci racconti. Lei non può non sapere”, sottintendendo una qualche forma di minaccia.
Non è detto che un teste assunto da una parte resti favorevole a questa per tutto l’esame. Infatti, può capitare che questo diventi un testimone cosiddetto ostile e, in queste circostanze, le regole mutano perché si modifica l’intento dell’esaminatore: da esame diventa contro-esame. Oppure, può accadere l’opposto, un teste, che era stato assunto dalla controparte, fa dichiarazioni favorevoli e, anche in questo caso, si modificano i poteri del suo interlocutore.
E il contro-esame?
Successivamente, ci si imbatte in una fase solo eventuale: il contro-esame. In questo caso, i limiti posti sono differenti rispetto a quelli della fase precedente per via della diversa funzione svolta da questo passaggio: non sono ammesse domande nocive, ma è possibile porre domande suggestive.
In particolare, l’obiettivo del contro-esaminatore è quello di demolire il teste, quindi, di dimostrare al giudice che si sta sbagliando, oppure che sta mentendo, o, ancora, che non è affidabile in quanto la sua memoria vacilla, o perché non è (o non era) in quel momento totalmente in grado di intendere e di volere.
Eventualmente, solo sulla base delle circostanze emerse in sede di contro-esame, può essere richiesto un riesame da parte del soggetto che abbia richiesto inizialmente l’ammissione della prova. Questa fase implica un ulteriore “contro-riesame” qualora fosse necessario, quindi in realtà i passaggi sono quattro.
Informazioni
Costituzione italiana.
Codice di procedura penale.
“Manuale di procedura penale”, Paolo Tonini, Milano: Giuffrè Editore; 2018.
“Della prova testimoniale”, Alessandro Pisu, Milano: Giuffrè Francis Lefebvre, 2018.
[1] A questo proposito, si rimanda all’articolo “I testimoni di giustizia” pubblicato su Dirittoconsenso, www.dirittoconsenso.it/2021/05/27/testimoni-di-giustizia/
[2] Perché una sentenza passi in giudicato è necessario che siano decorsi i termini per l’impugnazione senza l’imputato abbia fatto ricorso, oppure abbia raggiunto in terzo grado di giudizio e la Cassazione abbia confermato la condanna emessa in precedenza.

Alice Strada
Ciao, sono Alice. Sono una laureanda di giurisprudenza presso l’Università Bocconi di Milano e sto scrivendo la tesi in procedura penale. Sin da piccola, ho sviluppato un particolare interesse per il mondo del crimine, appassionandomi sempre più al diritto penale, e in particolare al cosiddetto “diritto penale nero”, termine con il quale si fa riferimento ai più gravi reati previsti e puniti dal Codice Penale.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da maggio a novembre 2021.