Pantouflage: quando passare dal settore pubblico al privato e viceversa minaccia l’imparzialità della Pubblica Amministrazione
Cos’è il pantouflage?
Transparency International definisce il pantouflage (alla francese) o revolving doors (all’inglese) il fenomeno del passaggio sospetto dei funzionari pubblici dal settore pubblico a quello privato e viceversa, per sfruttare la loro posizione precedente presso il nuovo datore di lavoro. Tra i settori più esposti vi sono quello della salute, dell’agricoltura, della finanza, dell’energia e della difesa[1].
Il passaggio da un ambiente all’altro riguarda principalmente le posizioni di vertice amministrativo ora del pubblico ora del privato: un dirigente d’impresa uscente può ricevere un incarico pubblico, in cui potrà favorire l’impresa di origine nella sua attività decisionale; un funzionario pubblico di alto livello può sfruttare la sua posizione a posteriori, trasferendosi in un’impresa dove esercitare un lobbismo che si serve della rete di contatti costruita in precedenza.
Apparentemente il tutto potrebbe sembrare innocuo, in quanto ogni lavoratore porta con sé la propria esperienza professionale: una sorta di spin-off strategico applicato su una risorsa umana di alto livello che lascia un settore e si dirige verso un altro portando con sé le sue conoscenze. Tuttavia il rischio emergente consiste in una forma di conflitto di interessi a posteriori che minaccia l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione, costituzionalmente garantito (art. 97 Cost.).
Come l’ordinamento italiano disciplina il pantouflage?
Un primo accenno di contrasto al fenomeno del pantouflage lo troviamo, anche se latamente, all’art. 2105 del Codice Civile, relativo al cosiddetto “obbligo di fedeltà”, che vieta al lavoratore di arrecare pregiudizio al proprio imprenditore trattando affari per interesse proprio o di terzi. Questo lo porrebbe in una condizione di poco onesta concorrenza con il datore di lavoro, sfruttando la propria posizione lavorativa attuale a vantaggio di un soggetto esterno.
Da qui l’obbligo di segretezza per salvaguardare il know-how dell’impresa in questione, che va al di là di ciò che è coperto da brevetto. Correttezza, buona fede, fedeltà sono alla base del rapporto di lavoro subordinato, anche all’interno della PA, giustificando nei casi più gravi anche un eventuale licenziamento.
La Legge 190/2012 sul contrasto alla corruzione[2] ha modificato anche il Testo Unico del Pubblico Impiego (D. lgs. 165/2001), il cui art. 53 recita:
“Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture (della PA – n.a.) deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.”.
La Legge vieta inoltre ai dipendenti, che negli ultimi tre anni abbiano ricoperto posizione di vertice con potere decisionale e negoziale presso la PA, di esercitare un impiego presso soggetti privati che sono stati destinatari dell’attività di quella PA. Tra le conseguenze di un’eventuale assunzione in violazione di tale disposizione vi è la nullità del contratto, assieme all’obbligo di restituzione dei compensi in caso ricevuti.
La volontà del legislatore di salvaguardare l’imparzialità della PA anche quando il rapporto di lavoro cessa o deve ancora avere inizio si manifesta anche negli artt. 4 e 7 del Decreto sulle inconferibilità e incompatibilità degli incarichi (D. lgs. 39/2013).
Coloro che negli ultimi due anni hanno svolto incarichi o ricoperto cariche presso enti privati finanziati dalla PA (statale, regionale, locale), non possono ricevere incarichi pubblici di vertice e dirigenza nelle stesse amministrazioni statali, regionali o locali. Il biennio di astensione dal conflitto di interessi a posteriori diventa il criterio base per evitare inopportune occasioni di influenza esterna.
L’inconferibilità di incarichi di vertice amministrativo presso Regioni ed enti locali vale anche per coloro che nello stesso territorio hanno ricoperto nel biennio precedente la carica di consigliere o assessore o di amministratore delegato presso un ente soggetto a controllo pubblico da parte della stessa amministrazione territoriale.
Il dipendente pubblico deve tener conto dei propri rapporti di lavoro precedenti anche in virtù del codice di condotta, la cui violazione comporta una responsabilità disciplinare. Gli artt. 4 e 6 del DPR 62/2013 ci delucidano a riguardo: il dipendente deve informare all’atto di assunzione il dirigente dei rapporti di collaborazione con soggetti privati nel triennio precedente se tali soggetti hanno un interesse nell’attività o nelle decisioni del suo ufficio pubblico e se i parenti del dipendente hanno ancora dei rapporti finanziari con quei soggetti privati. Il dipendente non “accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza.”
Tra i settori che potrebbero essere interessati al fenomeno del pantouflage vi è certamente quello degli appalti pubblici, soprattutto in riferimento ai membri delle commissioni giudicatrici in fase di aggiudicazione di un appalto, che non possono aver ricoperto nel biennio antecedente cariche pubbliche presso l’Amministrazione Appaltante (art 77 D. lgs. 50/2016). All’art. 102 del Codice Appalti ritroviamo la stessa logica applicata ai collaudatori, che non possono aver svolto un lavoro per l’operatore economico appaltatore nel triennio precedente.
Conclusioni
Il rischio del pantouflage all’interno della pubblica amministrazione è quello di compromettere l’imparzialità e la trasparenza[3] nella presa di decisioni da parte degli agenti pubblici, ricoprenti posizioni di vertice e di potere: questi potrebbero da una parte avvantaggiare il soggetto privato per cui andranno a lavorare; dall’altra parte una volta assunto dal privato potrebbero utilizzare il proprio know-how acquisito nel pubblico per avvantaggiare l’impresa, che avrebbe delle relazioni più privilegiate con l’ente pubblico.
Risulta rischioso il passaggio quasi immediato dal settore pubblico al settore privato (pantouflage inverso), quando si è assunta una passata posizione pubblica di potere e decisionale che ha inciso sull’attività dell’impresa privata per cui poi si è stati assunti. La promessa di un impiego nel privato alla fine dell’incarico pubblico può diventare la merce di scambio di un’azione a favore del privato già durante l’esercizio della funzione pubblica.
Un esempio internazionale celebre è quello di un ex vicepresidente della Monsanto[4], il quale avrebbe – in anni precedenti alla carica presso la multinazionale agroindustriale – ricoperto un incarico presso la FDA (Food and Drugs Administration) degli USA, l’agenzia americana che ha regolamentato proprio in quel periodo il settore delle biotecnologie agroalimentari (fonte Transparency International).
Il fenomeno del pantouflage sembrerebbe collidere con un mercato dinamico dove la trasmissione di esperienze fa da spillover con conseguente sviluppo del settore economico interessato. Tuttavia tale passaggio di “conoscenze” non deve diventare strumentale a un tornaconto personale, a un do ut des generatore di conflitti di interesse seppur differito, minando l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Un agente pubblico non può essere soggetto ad influenza esterna, legata al suo precedente lavoro o a una promessa di lavoro futura, perché ne verrebbe meno il perseguimento imparziale e trasparente dell’interesse collettivo, il fine ultimo dell’azione della Pubblica Amministrazione, presso cui l’agente lavora o lavorerà.
Per salvaguardare l’immagine e il buon andamento della PA il nostro legislatore ha predisposto codici di condotta e principi normativi che devono guidare il conferimento di incarichi.
Tra le varie soluzioni più diffuse negli Stati, che come il nostro adottano una legislazione anticorruttiva, vi è quella di imporre un periodo di “raffreddamento” (suggerito da Transparency International) di almeno due anni, durante il quale il dipendente pubblico non può ricoprire incarichi presso soggetto privato che trae vantaggio dall’attività della PA di appartenenza.
Informazioni
D. lgs. 33/2013, Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, (G.U. n. 80 del 5 aprile 2013)
D. lgs. 39/2013, Disposizioni in materia di inconferibilita’ e incompatibilita’ di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190, (GU Serie Generale n.92 del 19-04-2013)
L. 190/2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalita’ nella pubblica amministrazione, (12G0213)
DPR 62/2013, Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, (G.U. 4 giugno 2013, n. 129)
D. lgs. 50/2016, Codice dei contratti pubblici, (G.U. n. 91 del 19 aprile 2016)
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf
Transparency International “Réglement du pantouflage”, https://issuu.com/transparencyinternational/docs/2010_ti-workingpaperrevolvingdoors_fr
[1] Transparency International, Réglement du pantouflage, https://issuu.com/transparencyinternational/docs/2010_ti-workingpaperrevolvingdoors_fr
[2] Per il tema del contrasto alla corruzione nella PA si consiglia l’articolo di Deborah Veraldi: http://www.dirittoconsenso.it/2020/10/08/lotta-alla-corruzione-pubblica-amministrazione/
[3] Per il tema della trasparenza nella PA si consiglia l’articolo di Beatrice Berzano: http://www.dirittoconsenso.it/2021/03/05/principio-della-trasparenza/
[4] Per il caso Monsanto si consiglia il numero di Internazionale 1214 (21/27 luglio 2017), https://www.internazionale.it/sommario/1214

Deborah Veraldi
Ciao, sono Deborah. Nata a Reggio Calabria nell’anno in cui Nelson Mandela diventa presidente del Sud Africa (1994), sono laureata in Politiche Europee ed Internazionali. Ho studiato e lavorato in Italia ed in Francia. Nel 2019 ho svolto una fellowship in ambito diplomatico in un’organizzazione internazionale. Impegnata nel campo del volontariato, sono appassionata di diritti umani.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da luglio 2020 a settembre 2021.