In Italia esiste il diritto al cognome materno? È possibile trasmettere al figlio il doppio cognome oppure solo il cognome della mamma?
Diritto al cognome materno: introduzione e cenni artistici
Fino a qualche tempo fa usare il cognome materno era considerato un vezzo da pseudonimo artistico. Basti pensare al pittore Pablo Picasso, che utilizzò il cognome della madre come nome d’arte perché più originale di Ruiz, che era il cognome paterno; oppure a Catherine Deneuve che scelse come pseudonimo il cognome materno.
Oggi in Francia il figlio può ricevere il cognome di uno o dell’altro genitore oppure di entrambi. In Spagna vige la regola del doppio cognome, per cui ogni individuo porta il primo cognome di entrambi i genitori, nell’ordine deciso in accordo tra essi. In alcuni Paesi, come l’Etiopia e il Tibet, il problema non sussiste in quanto i cognomi non esistono.
L’articolo in questione si occupa della disciplina italiana relativa al diritto al cognome materno, della posizione della Corte Costituzionale e del vuoto legislativo non ancora colmato dal Parlamento per via della mancanza di un accordo sulla definizione di una legge.
Consuetudine italiana in tema di cognome
Ai sensi dell’articolo 6 del codice civile ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome ed il cognome. Ad esempio, il nome “Beatrice Alba” è costituito dal prenome “Beatrice” e dal cognome “Alba”.
Con riferimento al figlio nato in costanza di matrimonio c’è la presunzione di paternità a favore del marito della madre, per cui il bimbo nato da una coppia sposata porterà il cognome di quest’ultimo.
In virtù di una consuetudine, quello che si trasmette al figlio è il cognome paterno. Tale consuetudine è confermata dall’articolo 262 c.c.
Quest’ultimo, rubricato “Cognome del figlio nato fuori del matrimonio”, prevede che:
- se il riconoscimento viene effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assuma il cognome del padre;
- se il riconoscimento viene effettuato in due momenti diversi il figlio assuma il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto;
- se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata (artt. 269 ss.) o riconosciuta (artt. 250 ss.) successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio possa assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.
La ratio di tale tradizione consiste nel fatto che l’attribuzione del cognome del padre rappresenta il riconoscimento formale della paternità. Mentre tale necessità non sussiste nei confronti della madre, dato che la maternità è sempre certa.
Sentenza 286/2016 della Corte Costituzionale
Il fatto che con l’attribuzione del cognome paterno la paternità venga rivendicata in modo giuridico, non esclude la possibilità di trasmettere al figlio anche il cognome della mamma.
Nel 2016 il caso di una famiglia che desiderava dare il cognome della madre insieme a quello del padre al figlio nato fuori dal matrimonio portò ad una svolta.
Nel caso di specie il Tribunale ordinario di Genova aveva respinto il ricorso avverso il rigetto, da parte dell’ufficiale di stato civile, della richiesta di attribuire al figlio dei ricorrenti il cognome materno, in aggiunta a quello paterno. La Corte d’appello di Genova osservò che dal sistema normativo italiano fosse possibile desumere la regola circa l’automatica attribuzione del cognome paterno, anche in presenza di una diversa volontà dei genitori. Pertanto, sollevò la questione di legittimità costituzionale.
Il figlio della coppia aveva la doppia cittadinanza, italiana e brasiliana, e, per questo, veniva identificato diversamente nei due Stati: in Italia con il solo cognome del padre ed in Brasile con il doppio cognome, paterno e materno. La difesa delle parti ricorrenti sottolineò che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato, nella sentenza Cusan Fazzo contro Italia del 7 gennaio 2014, che l’impossibilità per i genitori di far iscrivere il figlio nei registri dello stato civile attribuendogli alla nascita il cognome della madre, anziché quello del padre, integra violazione dell’art. 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della CEDU.
La Corte Costituzionale[1] ritenne che la richiesta fosse costituzionale e rilevò l’incompatibilità della regola italiana con i valori costituzionali dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Inoltre, evidenziò che la preclusione della possibilità per la madre di attribuire al figlio, sin dalla nascita, il proprio cognome, nonché la possibilità per il figlio di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome della madre pregiudicasse il diritto all’identità personale del minore e, al contempo, costituisse un’irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi che non trovava alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell’unità familiare.
L’attribuzione del solo cognome del padre è stata definita “un retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”.
La Corte dichiarò incostituzionale l’articolo 262 c. 1 c.c. nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno. Per le medesime ragioni la dichiarazione di illegittimità costituzionale fu estesa all’art. 299 c. 3 c.c. per la parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione.
La Consulta, quindi, ha riconosciuto la possibilità di dare il doppio cognome a tutti i bimbi nati o adottati dal 28 dicembre 2016 in poi. Il provvedimento non è retroattivo.
In assenza dell’accordo dei genitori, invece, residua la previsione dell’attribuzione del cognome paterno, in attesa di un intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia.
Inerzia del Parlamento italiano
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 2016, la Direzione centrale per i Servizi demografici che fa capo al Ministero dell’Interno aveva emanato una circolare sul tema che stabiliva l’obbligo per l’ufficiale di stato civile di “accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano attribuire il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita o al momento dell’adozione”.
Nel giugno 2017 un’altra circolare aveva precisato che il cognome materno avrebbe potuto seguire, ma mai precedere quello paterno.
Nel febbraio 2021 la Corte Costituzionale si è trovata ancora una volta a decidere circa la questione del cognome materno. Una coppia di Bolzano aveva chiesto al Tribunale di consentirgli di dare al proprio figlio il solo cognome della madre. La legge italiana, però, non lo consente.
La Consulta ha sottolineato l’ingiustizia di tale situazione e ha evidenziato la necessità di una nuova legge su questa materia che faccia chiarezza.
Aggiunta del cognome materno da adulti
In Italia esiste la possibilità di aggiungere il cognome materno a quello paterno da adulti. La richiesta deve essere presentata al Prefetto della provincia di residenza o del luogo nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova registrato l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce.
L’istante può motivare la richiesta facendo leva sull’importanza della figura materna durante la propria vita. Comunque, anche senza particolari motivazioni, la domanda è generalmente accettata.
È necessario presentare l’assenso sottoscritto da parte di parenti (genitori, sorelle e fratelli, nonni e bisnonni se ancora in vita) che portano il cognome attuale e quello che il richiedente intende aggiungere.
Il costo dell’aggiunta del cognome materno è contenuto, anche perché è possibile avviare la pratica autonomamente, senza l’aiuto di un avvocato o altro professionista. Dovranno essere apposte tre marche da bollo, ognuna da sedici euro: la prima sulla domanda di cambiamento del cognome, la seconda sul decreto del Prefetto che autorizza le affissioni e l’ultima sul decreto definitivo. Dopodiché, sarà necessario aggiornare tutti i documenti: carta d’identità, codice fiscale, tessera sanitaria, passaporto e patente. Inoltre, sarà necessario sostituire il proprio nominativo sul conto corrente, le utenze (acqua, luce, gas, telefono, internet) e i vari contratti (busta paga, affitto…). Per poter procedere sarà necessario esibire il decreto del prefetto che attesta l’avvenuto cambiamento. È consigliabile richiedere una nuova emissione di attestati e diplomi di laurea e in generale di tutta la documentazione che potrebbe essere richiesta in futuro (per partecipare ad un concorso pubblico ad esempio).
Se chi modifica il proprio cognome ha dei figli minorenni, la sua scelta si trasmetterà anche a loro. Se, invece, ha dei figli maggiorenni, questi avranno un anno di tempo dal momento della conoscenza della modifica per avvalersi della possibilità di mantenere il cognome precedente tramite una dichiarazione all’ufficiale di stato civile del comune di nascita.
Riassumendo sul diritto al cognome materno
A seguito della sentenza 286/2016 della Consulta è possibile dare al figlio il doppio cognome, purché i genitori siano d’accordo e purché quello materno segua il cognome paterno.
Se la coppia è unita in matrimonio non è possibile scegliere di trasmettere il solo cognome materno.
Se, invece, i genitori non sono coniugati è possibile optare per il solo cognome materno attraverso un escamotage: al momento della nascita solo la madre dovrà riconoscere il bambino in modo da assegnargli il proprio cognome. Dopodiché, il padre potrà riconoscerlo e la procedura verrà confermata dal Tribunale dei Minori che deciderà se lasciare al bimbo il solo cognome materno, aggiungere quello del padre o sostituire quello materno con quello paterno.
È possibile aggiungere il cognome materno al proprio anche in età adulta, presentando la richiesta alla Prefettura competente.
Nel corso degli anni sono stati presentati vari disegni di legge con l’intento di disciplinare il diritto al cognome materno, ma il Parlamento non è ancora riuscito a trovare un accordo.
Informazioni
A. Fabbricotti, Il diritto al cognome materno. Profili di diritto civile italiano, di diritto internazionale, dell’unione europea, comparato ed internazionale privato, Jovene, 1 marzo 2017.
F. Ruscello, Diritto di famiglia, Pacini Giuridica, 2020.
R. Caterina, Le persone fisiche, Giappichelli, 2020.
[1] Si parla del procedimento di revisione costituzionale qui: http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/19/la-revisione-costituzionale-tra-procedimento-e-limiti/

Beatrice Alba
Ciao, sono Beatrice. Classe 1997. Abito nella città dei gianduiotti, ma nelle mie vene scorre sangue siculo. Collaboro con DirittoConsenso dal 2020. Nel 2021 ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza e nel 2022 ho portato a termine un Master di II° livello in Diritto dei mercati agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Attualmente svolgo la pratica forense presso uno studio legale in cui mi occupo di diritto civile, diritto penale e diritto del lavoro. È quindi chiaro che l’indiscusso protagonista del mio percorso professionale è il diritto. Sono una persona ottimista, affidabile ed estremamente organizzata. La pianificazione delle giornate è un ingrediente fondamentale per portare a termine con successo tutte le attività della professione forense e ritagliarmi del prezioso tempo libero (indispensabile per ricaricare le energie).