Cosa fa l’institore? E chi rappresenta? Tra rappresentanza commerciale e differenze con procuratori e commessi
L’institore e la sua posizione nell’impresa
L’institore è il direttore generale dell’impresa, di una filiale o di un settore produttivo. Ai sensi dell’articolo 2203 c.c. “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale. La preposizione può essere limitata all’esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa”[1].
Si tratta dunque di un lavoratore subordinato con qualifica di dirigente, il quale opera al vertice dell’impresa in forza di un atto di preposizione dell’imprenditore[2].
Se preposto all’intera impresa (vertice assoluto), l’institore dipende solo dall’imprenditore e solo a lui deve rendere conto del suo operato. Se preposto ad una filiale o ad un ramo dell’impresa (vertice relativo) potrebbe trovarsi in posizione subordinata rispetto ad altro institore (tipicamente al vertice assoluto).
L’institore è investito dall’imprenditore di un potere di gestione generale e non circoscritto ad un determinato settore funzionale dell’impresa.
Ammettendo la coesistenza di più institori preposti all’esercizio dell’impresa, l’art. 2203, 3° comma dispone che in tal caso questi possano “agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto”.
L’articolo 2205 c.c. delinea gli obblighi che, alla luce della sua posizione nell’impresa, fanno capo all’institore. Congiuntamente con l’imprenditore, l’institore è tenuto all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili della impresa o della sede secondaria cui è preposto.
In forza dell’articolo 227 della Legge Fallimentare, l’institore è suscettibile di applicazione delle sanzioni penali gravanti sull’imprenditore, in caso di fallimento di quest’ultimo. Solo l’imprenditore, tuttavia, potrà essere dichiarato fallito ed esposto alle conseguenze personali e patrimoniali del fallimento.
La rappresentanza commerciale: rappresentanza sostanziale e processuale dell’institore
Se il fenomeno della rappresentanza è regolato in via generale dagli artt. 1387 ss. del codice civile, l’istituto della rappresentanza commerciale è regolato da norme speciali in quanto avente ad oggetto il compimento di atti inerenti all’esercizio di impresa commerciali da parte di ausiliari subordinati (institori, procuratori e commessi), destinati ad entrare costantemente in contatto con i terzi e a concludere affari per l’imprenditore.
La disciplina generale della rappresentanza prevede che, affinché un soggetto possa essere incaricato di agire in nome dell’interessato con imputazione diretta degli effetti degli atti posti in essere, sia necessario l’espresso conferimento del potere di rappresentanza con specifica dichiarazione di volontà: la procura.
Quando si tratta di rappresentanza commerciale, tuttavia, secondo la disciplina speciale fissata dagli articoli 2203-2213 c.c., institori, procuratori e commessi sono automaticamente investiti del potere di vincolare direttamente l’imprenditore. Tale potere di rappresentanza non si fonda, quindi, sulla presenza di una valida procura ma è l’effetto naturale della collocazione dell’ausiliario nell’impresa ad opera dell’imprenditore, il quale può modificare il contenuto legale del potere di rappresentanza con atto specifico, opponibile ai terzi solo se portato a loro conoscenza nelle forme stabilite dalla legge.
Tale disciplina speciale mira a facilitare le contrattazioni dell’impresa riducendo i rischi a cui è esposto chi conclude affari con gli ausiliari dell’imprenditore. Il terzo contraente non ha, infatti, l’onere di verificare il conferimento della rappresentanza, dovendo assicurarsi unicamente che l’imprenditore non abbia modificato i naturali poteri rappresentativi dell’ausiliario.
L’ampiezza del potere di rappresentanza facente capo agli ausiliari subordinati varia a seconda della rispettiva posizione funzionale nell’impresa. L’institore esercita un ampio e generale potere di rappresentanza, sia sostanziale che processuale.
Ai sensi dell’articolo 2204 del codice civile, l’institore può compiere in nome “dell’imprenditore tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa” o della sede o del ramo di impresa cui è preposto. Si tratta di rappresentanza sostanziale, il cui contenuto, tuttavia non si estende al compimento di atti che esorbitano dalla gestione dell’impresa.
L’institore dunque non è legittimato, ad esempio, a modificare l’oggetto dell’attività, a vendere o affittare l’azienda e gli è espressamente vietato di alienare o ipotecare beni immobili del preponente salvo specifica autorizzazione. Tale divieto non opera quando oggetto dell’impresa è proprio il commercio di immobili.
Per quanto riguarda la rappresentanza processuale, l’institore può stare in giudizio sia come attore (rappresentanza processuale attiva), sia come convenuto (rappresentanza processuale passiva), non solo per gli atti da lui compiuti, ma anche per quelli posti in essere dall’imprenditore o a quest’ultimo imputabili.
L’imprenditore può ampliare o limitare i poteri rappresentativi dell’institore, sia all’atto della preposizione sia successivamente. Le limitazioni sono opponibili ai terzi solo se la procura originaria o il successivo atto di limitazione siano stati pubblicati nel registro delle imprese. In assenza di tale pubblicità legale, la rappresentanza si reputa generale, salvo prova da parte dell’imprenditore che i terzi erano a conoscenza di tali limitazioni al momento della conclusione dell’affare[3].
Parimenti, la revoca dell’atto di preposizione è opponibile ai terzi solo se pubblicata o se l’imprenditore prova la loro effettiva conoscenza.
Responsabilità dell’institore
La disciplina generale in materia di rappresentanza prevede il cosiddetto principio della contemplatio domini, in forza del quale il rappresentante deve rendere noto al terzo con cui contratta la sua veste affinché l’atto compiuto ed i relativi effetti siano imputabili al rappresentato. In caso di mancato rispetto di tale regola, il rappresentante obbliga solo sé stesso ed il terzo non può far valere i propri diritti nei confronti del rappresentato.
In materia di rappresentanza institoria, invece, l’articolo 2208 del codice civile detta una disciplina in parte diversa. L’institore che ometta di render noto al terzo che tratta per il preponente, è personalmente responsabile per gli atti compiuti. In particolare però, alla responsabilità personale dell’institore si aggiunge quella dell’imprenditore preponente allorché gli atti posti in essere dall’institore “siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto”[4].
L’intento del legislatore è stato quello di rafforzare la tutela dell’affidamento dei terzi che concludono affari con gli ausiliari dell’imprenditore. La disposizione, infatti, tutela il terzo contraente sottraendolo al rischio di comportamenti dell’institore volti a generare incertezze relative al soggetto realmente interessato all’affare. Se l’atto è pertinente all’esercizio dell’impresa, nei confronti del terzo risponderanno solidalmente sia l’institore che l’imprenditore. Sarà poi questione interna a questi ultimi stabilire a chi debbano essere imputati gli obblighi derivanti dall’atto compiuto.
Differenze tra institore ed altre figure tipiche di ausiliari subordinati
Oltre agli institori sono ausiliari subordinati all’imprenditore anche i procuratori ed i commessi.
- I procuratori sono ausiliari di grado inferiore rispetto all’institore in quanto non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo o di una sede secondaria. Il potere decisionale dei procuratori, inoltre, è circoscritto ad uno specifico settore operativo dell’impresa o ad una serie specifica di atti. In mancanza di specifiche limitazioni iscritte nel registro delle imprese, così come gli institori, anche i procuratori sono investiti di diritto di un potere di rappresentanza generale dell’imprenditore (generale rispetto alla specie di operazioni per cui hanno potere decisionale). Diversamente dall’institore, il procuratore non ha rappresentanza processuale dell’imprenditore, neppure per gli atti da lui stesso posti in essere, se tale potere non è stato espressamente conferito. Il procuratore, inoltre, non è tenuto all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili cui invece è tenuto l’institore e non è soggetto alla disciplina di cui all’articolo 2208 del codice civile: non si configura responsabilità solidale dell’imprenditore in caso di atti pertinenti all’esercizio dell’impresa compiuti da un procuratore senza spendita del nome dell’imprenditore rappresentato.
- I commessi sono ausiliari subordinati incaricati dello svolgimento di mansioni esecutive e materiali. Si pensi, ad esempio, al commesso di negozio, all’impiegato di banca, al cameriere di ristorante. Il potere di rappresentare l’imprenditore riconosciuto a tali soggetti è decisamente più limitato rispetto a quello degli institori e dei procuratori. I commessi, ai sensi dell’art. 2210 del codice civile, sono legittimati al compimento di atti che “ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati”. L’imprenditore può sempre ampliare o limitare i poteri dei commessi, per i quali tuttavia non è previsto un sistema di pubblicità legale. Tali limitazioni, dunque, sono opponibili a terzi solo se rese note agli stessi con mezzi idonei o se si prova l’effettiva conoscenza.
In conclusione, è evidente come institore e procuratore siano le figure più vicine all’imprenditore, dotate di poteri decisionali e di rappresentanza sostanziale di gran lunga più consistenti rispetto a quelli di cui è investito il commesso. L’institore inoltre, proprio perché a differenza del procuratore è posto al vertice dell’impresa, di una sede secondaria o di un ramo di essa, è soggetto ad un maggior carico di responsabilità ed è pertanto considerato l’alter ego dell’imprenditore.
Informazioni
G. F. Campobasso, Diritto commerciale vol.1, Utet Giuridica, 7a ed., 2015
[1] Art. 2203 1° e 2° comma, codice civile.
[2] Sulla figura dell’imprenditore e del concetto di impresa si rinvia all’approfondimento di Leonardo Rubera per DirittoConsenso. Link all’articolo: http://www.dirittoconsenso.it/2021/09/08/imprenditore-e-impresa/ .
[3] Articolo 2207 del codice civile.
[4] Articolo 2208 del codice civile.

Antonella Pirrelli
Ciao, sono Antonella. Laureata in giurisprudenza presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi con una tesi sulla responsabilità da reato degli enti. Sono interessata ai temi di diritto penale societario e procedura penale ma anche alle questioni in materia di proprietà intellettuale e tutela del diritto d'autore.
Ho fatto parte di DirittoConsenso da aprile a ottobre 2021.