Il sistema di protezione internazionale per i richiedenti asilo e i rifugiati SOGI è complesso. Di che si tratta?
I rifugiati SOGI e il rischio di persecuzione
I rifugiati SOGI, “SOGI based asylum claimers”[1], sono persone che richiedono ed ottengono asilo perché perseguitati a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. Le persone LGBTQ sono esposte a notevoli rischi di violazione dei loro diritti fondamentali nei Paesi dove le relazioni tra persone dello stesso sesso sono criminalizzate.
La richiesta d’asilo è possibile in base alla protezione fornita dalla Convenzione di Ginevra del 1951[2], infatti il sistema di protezione internazionale assicura tutela giuridica, attraverso garanzie processuali e procedimentali, alle persone che fuggono dal loro Paese d’origine a causa di persecuzione per motivi di razza, religione, opinioni politiche, cittadinanza ed appartenenza a un determinato gruppo sociale.
Ed è proprio grazie al riferimento che si ricava dal temine “gruppo sociale” ed al lavoro del UNHCR[3] che, nei primi anni 2000, si estese la tutela prevista dal sistema di protezione internazionale anche alle persone LGBTQ che, nel loro Paese d’origine, a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere (SOGI) vengono perseguitate rischiando ogni giorno la vita[4].
Il concetto di “persecuzione” a livello giuridico, che si ricava dalla Convenzione di Ginevra e su cui si basa la protezione internazionale, comprende gravi violazioni dei diritti umani che possono manifestarsi come minacce alla vita e alla libertà dei rifugiati SOGI. Con “minaccia” si intende un grave danno comprensivo di tutte le sue implicazioni minatorie, che costituisce una condotta persecutoria da parte del Paese d’origine.
Per questo motivo la richiesta d’asilo può essere presentata anche interamente sul “fondato timore di persecuzione“: esistono infatti Paesi dove la criminalizzazione dell’omosessualità non è esplicita, però viene fatta rientrare in disposizioni penali che puniscono comportamenti “indecenti” o “immorali”. In questo caso i rifugiati SOGI che hanno presentato la domanda, a causa ad esempio del loro orientamento sessuale, non hanno bisogno di dimostrare – per ottenere protezione internazionale – che le autorità del loro Paese d’origine erano informate di ciò prima che lui/lei/* lasciasse il Paese, esattamente come accade per le richieste d’asilo fondate sul timore di persecuzione per motivi legati ad opinioni politiche. La fondatezza del timore in questi casi si basa sulla valutazione delle conseguenze che un richiedente con un determinato orientamento sessuale o una determinata identità di genere dovrebbe affrontare, se tornasse nel proprio Paese d’origine.
Ad ogni modo è bene sottolineare che, pur essendo garantita dal diritto internazionale tutela giuridica, la disciplina rimane a discrezione dei singoli Stati.
Richieste d’asilo per SOGI
In Italia vige l’art. 10 comma 3 della Costituzione[5]. Allo stato attuale non è propriamente corretto riferirsi ad un diritto d’asilo costituzionale: è decisamente più corrispondente, alla situazione odierna, fare riferimento ad un sistema articolato e composito di protezione, dove le fonti interne sono affiancate a fonti esterne di derivazione soprattutto europea[6]. Non esiste ancora una disciplina organica della materia.
I passaggi per ottenere lo status di rifugiati SOGI sono complessi perché sono interessati da un’ampia eteronormatività data dai diversi Paesi in cui si opera, e perché i richiedenti sono soggetti all’onere della prova e all’esame di credibilità.
Inoltre bisogna prendere in considerazione il fatto che alcuni richiedenti non sono in grado di fornire prove documentali, come possono essere ad esempio le dichiarazioni di testimoni, probabilmente perché può essere particolarmente difficile parlare di argomenti così intimi, considerati nel Paese d’origine tabù e fonte di persecuzione, in questo caso gli operatori devono fare affidamento esclusivamente sulla credibilità della testimonianza della storia di vita vissuta del richiedente.
La procedura di richiesta d’asilo
Vediamo ora gli aspetti più pragmatici della presentazione della richiesta d’asilo, tenendo sempre presente la fragilità del diritto d’asilo, soprattutto in questo periodo di forte crisi umanitaria.
La domanda deve essere presentata alla questura competente per il luogo di dimora del richiedente, oppure all’ufficio di polizia di frontiera. Ricevuta la richiesta, viene redatto il verbale delle dichiarazioni del richiedente, allegando tutti i documenti necessari.
L’esame dell’istanza spetta alle Commissioni territoriali istituite dalla legge n. 189 del 2002, queste sono composte da quattro elementi:
- Un funzionario della carriera prefettizia, che assumerà il ruolo di presidente;
- Un funzionario della Polizia di Stato;
- Un componente designato dall’UNHCR;
- Un rappresentante dell’ente territoriale.
I rifugiati SOGI in sede di esame sono sottoposti a domande di accertamento che non possono essere ricalcate da immagini stereotipate della comunità LGBTQ, ovvero non si può ad esempio presumere che se il richiedente SOGI è un uomo debba presentare un atteggiamento particolarmente “flamboyant”[7]; è importante quindi che i richiedenti vengano intervistati da funzionari formati e ben informati delle problematiche specifiche che le persone LGBTQ si ritrovano ad affrontare. Le criticità maggiormente riscontrabili sono la mancanza della presenza istituzionalizzata per legge della figura del Mediatore culturale[8], e l’assenza di centri dedicati all’accoglienza dei rifugiati SOGI completamente LGBTQ friendly[9].
Riflessioni conclusive
Ancora troppe persone LGBTQ sono costrette a lasciare la propria casa a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere, proprio perché fortemente discriminati e perseguitati dalle leggi del loro Paese d’origine. I rifugiati SOGI meritano di avere tutte le garanzie disponibili che assicurino loro l’effettività dei loro diritti, e che arginino la fragilità intrinseca del sistema di accoglienza.
Infatti il diritto d’asilo è un diritto fragile ed articolato, perché ha una natura sia procedimentale che sostanziale, come si è potuto osservare leggendo il presente articolo. Vi è la necessità di maggiori garanzie che scongiurino il rischio della sua inefficacia.
È perciò auspicabile che presto venga realizzata una politica unitaria internazionale il più possibile organica, che non lasci i singoli Stati da soli alla mercé di rocamboleschi bilanciamenti d’interesse.
Informazioni
Nota dell’UNHCR contenente indicazioni sulle domande di status di rifugiato nell’ambito della Convenzione del 1951 relative a orientamento sessuale e identità di genere e sito dell’UNHCR: https://www.refworld.org/cgi-bin/texis/vtx/rwmain/opendocpdf.pdf?reldoc=y&docid=5513c5c24 e https://www.unhcr.org/it/
L’omofobia e i rifugiati LGBTQ – https://www.unhcr.org/it/risorse/carta-di-roma/fact-checking/lomofobia-rifugiati-lgbti/
Rifugiati Lgbti in Europa : quando il pregiudizio porta al respingimento, di L. Liboni – https://openmigration.org/analisi/rifugiati-lgbti-in-europa-quando-il-pregiudizio-provoca-il-respingimento/
Opportunità e sfide delle migrazioni: l’ approccio della comunità internazionale, di R. Scita per DirittoConsenso – http://www.dirittoconsenso.it/2020/08/29/opportunita-e-sfide-delle-migrazioni-lapproccio-della-comunita-internazionale/
[1] “Richiedenti asilo su base SOGI (orientamento sessuale e identità di genere)”.
[2] La Convenzione di Ginevra del 1951 è un trattato internazionale che definisce lo status del rifugiato e gli obblighi di protezione degli Stati.
[3] UNHCR è l’acronimo dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
[4] Per rimanere aggiornati su questo tema si consiglia di visionare i report dell’ILGA.
[5] L’art 10 comma 3 della Costituzione prevede il diritto di asilo nei territori della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
[6] La cooperazione allo sviluppo dell’UE, di D. Veraldi per DirittoConsenso – http://www.dirittoconsenso.it/2021/03/10/cooperazione-allo-sviluppo-ue/
[7] Termine che significa “vistoso”, “appariscente”.
[8] Il Mediatore culturale è un agente bilingue che “media” tra soggetti monolingue, ma non è un semplice traduttore, è una persona qualificata costantemente informata sulle culture delle due comunità linguistiche differenti.
[9] “LGBTQ friendly” è un atteggiamento aperto, accogliente e non discriminatorio nei confronti di persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.

Veronica Fantaguzzi
Ciao, sono Veronica. Studio giurisprudenza all’Università degli studi di Torino. Il mio interesse nel campo del diritto si rivolge principalmente all’ottenimento e alla tutela dei diritti civili.