La libertà di stampa tra definizione, tutele, cenni storici e attualità

 

Definizione e fonti

La libertà di stampa è un diritto riconosciuto da qualsiasi Stato che si definisca di diritto[1]. Tale libertà fa sì che ogni cittadino riceva e dia le informazioni corrette e che non siano controllate, come per esempio accade in Cina o in Russia, che sono stati caratterizzati da un governo con limiti più stretti alla libertà di stampa.

La sua rivendicazione è avvenuta con la nascita della civiltà liberale e illuministica, contrapposta a quella dell’ancien regime[2], durante la quale vi era una forte influenza dell’autorità dello Stato, il quale era incaricato di autorizzare qualsiasi manifestazione ed espressione del pensiero.

In ambito comunitario la libertà di stampa e di espressione trova base e fondamento perché considerata quale condizione basilare per il progresso della società democratica e per lo sviluppo di ciascun individuo. Tale principio, data la sua importanza, trova numerose fonti normative.

Esso è riconosciuto su larga scala dall’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani:

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere […]. Questo diritto include la possibilità di sostenere personali opinioni senza interferenze ed a cercare, ricevere ed insegnare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo informativo indipendentemente dal fatto che esso attraversi le frontiere”.

È inoltre, racchiuso anche nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, rappresentata come la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.

All’art. 10 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali[3] si legge: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiere.”. La violazione di tale articolo legittima la possibilità di poter proporre ricorso innanzi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per poter avere risarcimento dei danni subiti, nel caso in cui non sia possibile esperire rimedio giurisdizionale alternativo.

In Italia la libertà di stampa è riconosciuta espressamente dall’art. 21 della Costituzione, all’interno del suo secondo comma “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censure.” sancendo così la sacralità di questo diritto e tutelandolo.

 

Tutele in Italia

La nostra Costituzione, per evitare che l’autorità pubblica (come avveniva in passato) danneggi tale libertà, prevede che il sequestro degli stampati avvenga solo nei casi in cui ci si trovi nelle fattispecie dei reati d’opinione, per i quali la legge sulla stampa lo autorizzi o nel caso in cui siano violate le norme relative all’indicazione dei responsabili delle pubblicazioni.

Più di preciso, “si può procedere a sequestro[4] soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa[5] espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore successive, fare denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto.”.

Questi ultimi si definiscono “reati di opinione”[6], ossia crimini che si sostanziano nella manifestazione di un’opinione che sia evidentemente aggressiva, non rispettosa dei parametri che la Costituzione prevede perché ci possa essere una corretta espressione di pensiero. Tali disposizioni servono a sopprimere il c.d. controllo della stampa (che sia preventivo o successivo) ed evitano che il sequestro da parte delle pubbliche autorità, che durante il periodo fascista era fortemente politicizzato, venga utilizzato in maniera illimitata.

L’art 21 della Costituzione infatti prevede una riserva di legge (ossia prevede che sia il legislatore a determinare quali siano i delitti per cui si applichi il sequestro) e la riserva di giurisdizione. Perciò è solo l’autorità giudiziaria titolare del diritto d’ordinare il sequestro, che può essere esercitato nei casi di necessità e urgenza, in maniera provvisoria, anche dalla polizia giudiziaria.

Inoltre, la Costituzione si preoccupa anche di dettare i principi per garantire la trasparenza dei mezzi di finanziamento della stampa periodica (cioè la stampa pubblicata in periodi prestabiliti, come i quotidiani o i mensili)[7].

 

Cenni storici

La nascita di questo concetto è da rilevarsi con l’invenzione della stampa a caratteri mobili attuata da Johannes Gutenberg nel 1453-1455. Quest’invenzione fu una vera e propria rivoluzione, perché facilitò la diffusione del sapere prima e del giornalismo poi. Contemporaneamente nascevano anche i mezzi di repressione e di controllo da parte delle autorità pubbliche che facevano di tutto affinché il sapere non si diffondesse ad ampio raggio.

Basti pensare alla bolla papale emanata da Alessandro VI nel 1501, con la quale introdusse la censura preventiva, prevedendo che i giornali non potessero stampare senza previa autorizzazione degli ordini religiosi. Bisogna osservare quindi, che durante il periodo degli assolutismi la libertà di stampa come anche la libertà di espressione erano molto limitate, in quanto le poche riviste e periodici esistenti erano nelle mani dei sovrani, che li utilizzavano come strumenti di propaganda della propria immagine e del proprio pensiero.

La svolta vera e propria si ebbe con la Rivoluzione francese la quale introdusse all’art. 11 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789) il principio di libertà di stampa.

Successivamente, tale principio fu poi recepito nella Costituzione americana all’interno del primo emendamento: “il Congresso non legifererà per […] limitare la libertà di parola o di stampa, o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea”.

In Italia la prima disposizione dedicata alla libertà di stampa fu all’interno dello Statuto Albertino del 1848[8], la quale recitava all’art. 28: “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia, le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo”.

Nel XX secolo, con l’avvento dei regimi totalitari, questo principio subì una regressione, poiché tale periodo storico si distinse per la forte applicazione della censura sui mezzi d’informazione. Infatti, nel 1923 le prime leggi fasciste introdussero le prime limitazioni per le quali la stampa e i giornalisti dovevano allinearsi al pensiero fascista. La censura si accentuò ancora di più con le leggi Fascistissime e la legge sulla stampa (1925-1926), le quali prevedevano che i giornali dovevano possedere un direttore scelto dal Prefetto. La libertà di espressione aveva solo scopi propagandistici per esaltare la figura del duce e del movimento.

Dopo il Grande Conflitto, l’ONU riconobbe questo principio all’interno del già richiamato art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e, successivamente, tutte le Costituzioni rigide, s’impegnarono a introdurlo nel proprio ordinamento, liberandolo da vincoli di natura governativa, perché sorretta da maggiori garanzie.

 

La libertà di stampa nel mondo

Mentre in Italia è riconosciuto e tutelato questo principio, vi sono paesi nei quali il governo “filtra” l’informazione, lasciando passare solo ciò che sembra conforme alla propria ideologia.

Il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) ha realizzato una classifica dei paesi in cui il diritto di espressione e la libertà di stampa non sono osservati, bensì soppressi.

La prima a classificarsi è l’Eritrea, in cui vi è un vero e proprio monopolio da parte del governo su tutti i sistemi e le fonti d’informazione, qui i giornalisti sono costretti ad attenersi a delle linee guida editoriali, per evitare di essere arrestati. Sono più di dieci i giornalisti che in Eritrea sono stati incarcerati e ai quali è stato negato il diritto ad un processo.

All’interno dell’escalation vi è inoltre la Cina, dove il Partito Comunista controlla tout court l’informazione all’interno del paese. Il Partito Comunista si serve della tecnologia per controllare la popolazione, perciò per garantire questo controllo, tutte le applicazioni che consentono uno scambio di informazioni quali Facebook, Whatsapp, Twitter, Telegram sono proibite, e sono state create delle applicazioni affini di matrice cinese. Tale forma di controllo è stata avviata tramite un progetto nel 1998 denominato “Golden Shield Project” gestito dal Ministero di pubblica sicurezza della Repubblica Popolare Cinese. La finalità di questo progetto può essere esplicata con una frase lapidaria pronunciata dal leader Deng Xiaoping durante il periodo di riforma economica della Cina: “Se si aprono le finestre per fare entrare aria fresca, è necessario aspettarsi che alcune mosche entrino”. Infatti l’intento era quello di raggiungere un equilibrio tra la nuova apertura al mondo occidentale e far sì che il popolo stesse alla larga dalle più libere ideologie occidentali.

Mentre, in Cina le forme di controllo dell’informazione sono radicate da tempo, in Russia una progressiva censura è iniziata nel 2017, anno in cui vi furono i primi segni di un internet meno libero, avendo il governo russo intensificato i controlli su tutto ciò che era considerato pericoloso per la sicurezza nazionale. Il primo novembre 2019 è stata approvata e firmata dal presidente Putin la legge sulla Sovranità dell’internet (Sovereign Internet Law), la quale approvava l’applicazione dei sistemi Deep Packet Inspections, che si occupano di filtrare i contenuti diffusi in web. Per cui la censura russa si muove lungo due linee guida: diffondere contenuti informativi da parte di media che appoggino la politica del governo russo ed eliminare quelli che sono ritenuti contrari alla legislazione russa.

Questi sono alcuni dei paesi che emergono dalla classifica, che adottano le più disparate restrizioni per reprimere questo diritto, chiudendo siti web, ma anche utilizzando le “maniere forti”, arrestando ed uccidendo giornalisti, ledendo il più delle volte non solo il diritto ad esprimersi ma anche l’inviolabilità della persona.

Informazioni

[1] Stato di diritto: consiste in una forma di stato che assicura e salvaguarda il rispetto dei diritti e delle libertà dell’uomo.

[2] Termine coniato da Tocqueville, per indicare il sistema di governo che aveva preceduto la Rivoluzione francese.

[3] Convenzione ratificata dall’Italia con la l. 4 agosto del 1955 n. 848

[4] Relativamente al processo penale il sequestro può assumere valore probatorio (artt. 253 ss.) che è diretto a verificare l’accertamento dei fatti per cui si procede garantendo così l’integrità delle fonti di prova, conservativo (artt. 316 ss.) al fine di evitare che vengano a mancare o si disperdano beni destinabili al pagamento delle pene pecuniarie delle spese di giustizia e delle obbligazioni civili nascenti dal reato, o preventivo (art. 321 ss.) se caratterizzato dall’esigenza di natura cautelare di impedire la prosecuzione dello stesso reato o la commissione di nuovi reati.

[5] Legge n. 47/1948 delitti previsti dagli artt. 13 al 20.

[6] I reati di opinione sono una categoria di reati rientranti nella categoria dei delitti contro la personalità dello stato, con particolare riguardo ai reati di propaganda ed apologia sovversiva, nonché di vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali. Essi sono previsti nel titolo I, Libro II del codice penale, modificati dalla l. 85/2006.

[7] BIN R.- G. PITRUZZELLA, Diritto Costituzionale, G. Giappichelli Editore.

[8] Statuto Albertino: Costituzione di natura flessibile, concessa dal re Carlo Alberto, sovrano del regno di Sardegna. Essendo una Costituzione di natura flessibile quest’ultima richiedeva per le sue modifiche un procedimento ordinario e non aggravato, come invece accade per la nostra Costituzione.